TAR Friuli sent. 301 del 26 maggio 2008
in tema di bonifiche nel sito inquinato di Trieste
in tema di bonifiche nel sito inquinato di Trieste
N. 00301/2008 REG.SEN.
N. 00335/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 335 del 2007, proposto da:
Alder Spa, rappresentato e difeso dagli avv. Guido Barzazi, Giovanni Borgna, con domicilio eletto presso Giovanni Borgna Avv. in Trieste, via S.Nicolo\' 21;
contro
Ministero dell\'Ambiente e della Tutela del Territorio, rappresentato e difeso dall\'Avvocatura dello Stato, domiciliata per legge in Trieste, piazza Dalmazia 3; Ministero della Salute, Ministero delle Attivita\' Produttive, Iss - Istituto Superiore di Sanita\', Regione Friuli-Venezia Giulia, Agenzia Regionale per la Protezione dell\'Ambiente del Friuli-Venezia Giulia, Comune di Trieste, Provincia di Trieste, Asl 101 - Triestina, Ente Zona Industriale Trieste - E.Z.I.T.;
nei confronti di
B. Pacorini Spa, Med.Con. Spa;
per l\'annullamento
previa sospensione dell\'efficacia,
-del decreto del Ministero dell\'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare - Direz. gen. per la qualità della vita n. 3606 bis/ QDV/DI/B dd. 7 maggio 2007, e della precitata nota accompagnatoria;
-dei verbali delle seguenti conferenze di servizi decisorie richiamate nella predetta nota e nel predetto decreto: 27 aprile 2005; 19 maggio 2005; 22 giugno 2005; 13 ottobre 2005; 22 novembre 2005; 13 marzo 2006; 7 settembre 2006; 31 ottobre 2006; nonchè del decreto del Ministero dell\'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare .- Dir. gen. per la qualità della vita prot. n. 3605bis/QDV/DI/B dd. 7 maggio 2007, e della precitata nota accompagnatoria:
del verbale della conferenza di servizi decisoria dd. 14 febbraio 2007 allegato alla stessa nota ed al decreto;
-della nota di A.R.P.A. F.V.G. dd. 10 novembre 2006, con la quale sono state formulate alcune osservazioni e prescrizioni dell\'estratto del parere reso da ARPA per la conferenza di servizi istruttoria dd. 30 ottobre 2006;
-della nota dell\'Ist. Sup. di sanità n. 0000558 AMPP/IA.12 dd. 10 maggio 2006;
-delle note del Comune di Trieste, Area pianificazione territoriale, dd. 28 luglio 2005;.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l\'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell\'Ambiente e della Tutela del Territorio;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell\'udienza pubblica del giorno 12/12/2007 il dott. Vincenzo Antonio Borea e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in esame si impugnano taluni verbali della Conferenza di servizi insediata presso il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, l’ultimo dei quali relativo alla seduta del 14 febbraio 2007 concernenti lo stato di inquinamento del sito nazionale di Trieste, nonché i conclusivi provvedimenti contenuti nei decreti ministeriali datati 7 maggio 2007 (ai quali, contrariamente a quanto sembra suggerire la difesa resistente, si deve la concreta attualizzazione del concreto contenuto lesivo delle prescrizioni impartite dalla conferenza di servizi) nella parte in cui si stabiliscono misure finalizzate al disinquinamento dell’area di proprietà della ricorrente società, area situata appunto all’interno della perimetrazione che individua il sito in questione.
A quanto è dato di comprendere dalla non chiarissima ricostruzione in fatto operata dalla parte ricorrente (la quale, tra l’altro, ha prodotto una serie di documenti che poco o nulla hanno a che fare con l’area di sia proprietà, come ad esempio taluni verbali di sedute della suddetta conferenza di servizi nel corso delle quali si sono prese in esame soltanto le situazioni di tutt’altri soggetti e società titolari di altre aree ricomprese all’interno del suddetto sito nazionale di Trieste, verbali ciononostante fatti oggetto, tra gli altri, di formale impugnativa) si può comunque ricostruire la vicenda che qui interessa nei seguenti termini:
1) La ricorrente, svolge da decenni, in uno stabilimento sito in località Cadamosto (TS) l’attività industriale di trasformazione e utilizzazione di formaldeide (che si trova in natura come gas e che costituisce materia prima per la fabbricazione di svariati prodotti, dai disinfettanti alle materie plastiche), e, a seguito della perimetrazione del sito nazionale di cui sopra, all’interno del quale, si ripete, si trova lo stabilimento in questione, ha ritenuto a suo tempo di rendersi disponibile ad intraprendere, per quanto di interesse, le procedure di disinquinamento dell’area, a tal fine dapprima predisponendo il piano di caratterizzazione dell’area stessa, piano debitamente approvato, sia pur con prescrizioni, dalla conferenza di servizi decisoria del 15 dicembre 2004, e, in seguito ( e si vedrà poi quali conseguenze da ciò si dovranno trarre), di offrirsi ugualmente come disponibile a far fronte sia alle opere di messa in sicurezza di emergenza (mediante recinzione) che di definitiva bonifica dei suoli di pertinenza , in un primo momento mediante asfaltatura, e, da ultimo, in accoglimento di specifica richiesta della P.A., mediante completa rimozione del terreno inquinato e trasferimento a discarica , opere resesi necessarie a seguito degli esiti del suddetto piano di caratterizzazione e cioè, in concreto, a seguito del rilevato superamento dei limiti previsti per talune sostanze riscontrate nel sottosuolo e considerate pericolose;
2) merita di essere segnalato il fatto che tra le sostanze (analiti) oggetto di indagine con il suddetto piano di caratterizzazione non era prevista la formaldeide, né in sede di approvazione del medesimo la P.A. aveva sollevato obiezioni, specificandosi anche, da parte ricorrente, che mai in precedenza l’ARPA aveva riscontrato valori positivi di formaldeide, peraltro debitamente soggetta a monitoraggi periodici;
3) solo a distanza di sette mesi dall’approvazione del piano di caratterizzazione, in seguito di una segnalazione del Comune di Trieste resa con nota in data 28 luglio 2005 (recante misteriosamente nell’oggetto un incomprensibile riferimento all’aeroporto FVG di Ronchi dei Legionari) , con la quale si richiedeva di includere la formaldeide tra gli analiti da analizzare nel sito occupato dalla Pacorini s.p.a., in quanto situato a valle dello stabilimento Alder, il Ministero rivolgeva un quesito all’Istituto Superiore di Sanità al fine di conoscere i valori limite di accettabilità dell’elemento in questione ex DM 471/99;
4) con nota 3 maggio 2006 il suddetto Istituto Superiore di Sanità, rispondendo al parere richiesto, da un lato si esprimeva nel senso che la formaldeide, in anni recenti sospettata, con diversi approcci peraltro da parte di vari istituti di ricerca, di essere cancerogena, in quanto non prevista nel DM n. 471/99 può peraltro, dal punto di vista del comportamento ambientale e tossicologico, essere assimilata al benzene, e dall’altro indicava le concentrazioni di riferimento in termini di mg. 0,1/kg con riguardo al suolo residenziale ovvero verde pubblico, di mg. 2/kg per suoli ad uso industriale e commerciale, e, infine, di microgrammi (mcg) 1/l per le acque sotterranee.;
5) quanto sopra veniva portato a conoscenza della ricorrente in occasione della conferenza di servizi istruttoria del 30 ottobre 2006 nella quale si stabilì di proporre di prescrivere alla ricorrente la ricerca del parametro formaldeide nel suo sito, e invano quest’ultima, con nota 4 dicembre 2006 diretta all’Istituto Superiore di Sanità, e con nota 15 dicembre 2006 rivolta direttamente alla competente Direzione generale del Ministero dell’Ambiente, da un lato opponeva che, sulla scorta di autorevoli ricerche, la tossicità e pericolosità rilevabile riguarda soltanto la formaldeide allo stato gassoso nell’atmosfera, e non nel suolo o nelle acque sotterranee anche potabili, a supporto di tali indicazioni richiamandosi il DM 28 febbraio 2006 in tema di classificazione, imballaggio ed etichettatura delle sostanze pericolose, tra le quali la formaldeide non è ricompresa, come del resto non è compresa nel DM n. 471/99, contestandosi anche in proposito la disposta assimilazione con il benzene, e, dall’altro, facendo notare che il Ministero dell’Ambiente, ben sapendo che la formaldeide costituisce oggetto dell’attività della ricorrente da un quarantennio avrebbe dovuto e potuto porsi il problema sin dall’inizio, e non già ad indagine di caratterizzazione (avviata quasi un anno e mezzo prima) e ormai ultimata;
6) si arriva così alla conferenza di servizi decisoria del 14 febbraio 2007, con la quale nei confronti della soc. ricorrente si venivano ad assumere, per quel che qui interessa alla luce delle dedotte doglianze, le seguenti determinazioni:
a), quanto alla formaldeide, si conferma in via decisoria la richiesta già esplicitata nella conferenza istruttoria del 30 ottobre 2006 di ricercare il parametro formaldeide sia nei suoli che nelle acque di falda, secondo un piano esecutivo da concordare con l’ARPA;
b), quanto agli esiti del piano di caratterizzazione approvato nella conferenza del 15 dicembre 2004, e cioè a seguito dell’avvenuto riscontro del superamento nel suolo, sia all’esterno che all’interno dello stabilimento, dei valori limite relativi ad alcune sostanze (zinco, mercurio, rame, cromo ecc), si prende atto che l’azienda, con nota 23 gennaio 2007, ha comunicato di aver completamente rimosso il terreno contaminato con conferimento del materiale a discarica autorizzata, e si delibera di chiedere all’azienda le opportune verifiche sulle pareti dello scavo risultante dopo la rimozione del materiale inquinato e all’ARPA di trasmettere la validazione dei risultati relativi alle dette verifiche;
c) per contro,sempre con riguardo agli esiti del piano di caratterizzazione, con riguardo all’inquinamento non più del suolo bensì delle acque sotterranee, nel rilevare, per quel che qui interessa, che le acque prelevate dal pozzo n. 15, utilizzate come acque di raffreddamento e in seguito scaricate al mare dal quale provengono con formale autorizzazione della Regione, contengono sostanze quali boro e manganese con indici superiori ai limiti previsti per le acque sotterranee, si dispone che le acque in questione debbano essere trattate in impianti a ciò autorizzati secondo la normativa sui rifiuti.
Tutto quanto sopra (faticosamente) ricostruito, va in primo luogo escluso che la materia del contendere, nonostante la generica doglianza relativa alla pretesa illegittimità della imposizione da parte della P.A. di bonificare il sito, possa riguardare le sostanze ritrovate nel suolo alle quali si è fatto cenno sub 6b), posto che, come ricordato, non solo la società ricorrente aveva presentato il relativo piano di caratterizzazione, ma, in seguito, una volta respinta dalla P.A. la proposta di sanare l’area isolandola mediante asfaltatura, si è risolta nel senso radicale di asportare il terreno inquinato, operazione che risulta allo stato eseguita ed accettata dalla P.A. , salvo le verifiche opportune in sostanza affidate all’ARPA e i cui esiti, ove negativi, potranno eventualmente essere oggetto di altra e distinta impugnazione. Ne consegue che ove anche il ricorso mirasse a contestare l’imposizione di bonificare i suoli, se ne dovrebbe rilevare in parte qua l’inammissibilità per carenza di interesse ovvero per acquiescenza.
Come infatti si è visto, il contenuto lesivo delle determinazioni impugnate e cioè, in sostanza, dell’ordine di disporre la bonifica di cui si è detto, riguarda, dunque, ed esclusivamente, in via principale, la formaldeide (punto 6°a) e, in subordine (attribuendo al termine il valore che risulta dalla stessa impostazione data in ricorso alle doglianze mosse) la sorte da riservarsi alle acque di raffreddamento del pozzo n. 15 (6c).
Ciò detto, e venendo alla formaldeide, ritiene il Collegio che le doglianze dedotte in proposito siano in parte fondate.
Premesso che in questa sede non è certo consentito mettere in dubbio la possibilità che, in certe condizioni, l’esposizione a tale sostanza possa costituire, specialmente se prolungata e/o di tipo professionale, un rischio, al limite estremo anche mortale, per la salute umana (con ciò non potendosi condividere quindi il radicale assunto secondo il quale la predetta sostanza, che in natura si presenta allo stato gassoso, sarebbe fonte di pericolo soltanto nell’aria e non nei suoli e nelle acque sotterranee, come invece si teme ex adverso), appare certo comunque che, sul piano istruttorio e procedimentale le misure adottate per contrastare il rischio di inquinamento da formaldeide nelll’area di proprietà della società ricorrente non appaiono immuni da vizi.
In primo luogo ha buon gioco quest’ultima a sottolineare il fatto che la conferenza di servizi del 15 dicembre del 2004 aveva approvato il piano di caratterizzazione presentatole senza nulla eccepire sulla mancanza, tra gli elementi da ricercare, della formaldeide, e ciò per quanto ovviamente il pur severissimo responsabile della Direzione per la Qualità della Vita del Ministero dell’Ambiente, nonché regista dei lavori delle conferenze di servizi previste dalla legge, dovesse necessariamente sapere che la formaldeide costituisce oggetto primario dell’attività produttiva svolta da alcuni decenni, con la conseguenza che ben si sarebbe potuto, se non dovuto, includere semmai sin dall’inizio tale sostanza, pur se non presa in considerazione dal DM 471/99 (circostanza questa che non appare peraltro ex sé priva di significato) tra quelle da indagare nel piano di caratterizzazione: viceversa la P.A. soltanto a mesi di distanza dalla approvazione del suddetto piano, e ciò in forza di un fatto in qualche modo casuale se non anomalo, e cioè a seguito della sopra ricordata generica e del tutto indiretta segnalazione del Comune di Trieste, ha dato segno di percepire il problema, immediatamente investendone, come pure ricordato, l’Istituto Superiore di Sanità, per poi pervenire, sentita anche l’ARPA competente la quale pure in precedenza, come si afferma incontestatamente, nulla aveva eccepito sui monitoraggi periodicamente effettuati al riguardo, all’adozione della impugnata misura concernente ricerca, e, ove occorra, disinquinamento e bonifica dei suoli e delle acque sottostanti dalla formaldeide.
Ciò posto, occorre aggiungere, come rileva opportunamente parte ricorrente, che del tutto inascoltate sono rimaste le due note di rimostranza sopra ricordate dalla medesima inviate sia all’Istituto Superiore di Sanità che al suddetto Responsabile della Direzione per la Qualità della vita, note con le quali, come sopra si è ricordato, da un lato si sono opposte talune incertezze e contraddizioni sia nella dottrina scientifica che nelle prescrizioni normative in ordine al grado reale di pericolosità della formaldeide nei suoli e nelle acque sotterranee, tra l’altro individuandosi nel parere dell’ISS un errore marchiano nell’indicazione del punto di ebollizione (19 °C anziché -°19), per non dire della denunciatà improprietà della disposta assimilazione “comportamentale”, a giudizio dell’ISS, della formaldeide al benzene, e, dall’altro, si è fatta valere l’ improvvido, tardivo (ed assai costoso, per la società ricorrente) ripescaggio della formaldeide ad indagine di caratterizzazione debitamente approvata dalla stessa P.A. ed ormai conclusa.
Si deve infatti osservare che, prima di determinarsi nel senso di imporre gli oneri di un nuovo piano di caratterizzazione, la P.A. avrebbe dovuto darsi carico (non a caso invocandosi da parte ricorrente l’art. 10 della L. n. 241/90), di rispondere alle puntuali e documentate contestazioni oppostele, anziché trincerarsi dietro un assoluto silenzio, dimostrandosi in tal modo in buona sostanza, come pure si conclude, l’insufficienza della attività istruttoria compiuta e quindi dell’accertamento del reale grado di pericolosità che la lavorazione della formaldeide (in atto, si ripete, da decenni) che ora, e ora soltanto, ha portato all’adozione della impugnata misura.
Insufficienza di attività istruttoria, si conclude, che si può desumere anche dalla circostanza per la quale, senza che, prima di recepire passivamente come limiti di concentrazione cui pervenirsi in caso di necessità quelli individuati dall’ISS e sopra ricordati, sia stato disposto alcun accertamento preventivo in ordine al valore di fondo naturale della presenza in sito della formaldeide, valore al quale viceversa si deve fare riferimento, ove superiore a quello ottimale, in forza delle disposizioni contenute da un lato nell’art. 4, comma 2, del DM n. 471/99 e dall’altro nell’art. 240, comma 1 lett. B) del D.L.vo n. 152/06 (essendo evidentemente incongruo pretendere una bonifica che il risultato ottimale non potrà mai raggiungere).
Anche le doglianze avverso l’imposizione di avviare ad impianto autorizzato le acque prelevate dal pozzo n. 15 (punto 6c) nell’esposizione che precede) sono fondate.
Premesso, come sopra ricordato, che allo stato le suddette acque, utilizzate a fini di raffreddamento, vengono restituite al mare dal quale provengono previa specifica autorizzazione regionale, va qui precisato che la determinazione impugnata trova fondamento nel fatto che agli esiti dei prelievi disposti in attuazione del piano di caratterizzazione la concentrazione di due elementi, boro e manganese, è risultata superiore ai limiti previsti dalla tabella “acque sotterranee” dell’allegato 5 , parte IV, titolo V del D.L.vo n. 152/06.
Ciò posto, ha buon gioco in primo luogo la ricorrente a richiamare anche qui il mancato preventivo accertamento del valore di fondo naturale degli elementi considerati, assumendosi in proposito che le acque di mare, da cui provengono le acque del pozzo in questione, possono a volte presentare valori di concentrazione superiori a quelle previste come limite.
In secondo e determinante luogo, poi, appare condivisibile il richiamo a quanto dispone l’art. 243 del D.L.vo n. 152/06 cit., ove espressamente si consente che le acque emunte dalle falde sotterranee nell’ambito di interventi di bonifica vengano scaricate, direttamente o dopo essere state utilizzate in un ciclo produttivo (come nel caso, a fini di raffreddamento) in acque superficiali, ovviamente nel rispetto dei limiti di emissione delle acque reflue industriali.
E poiché, come si è sopra accennato, la società ricorrente è in possesso di regolare autorizzazione regionale allo scarico a mare, nel rispetto, come incontestatamente si afferma, dei limiti a tal fine previsti, che sono di gran lunga più elevati di quelli richiamati dalla P.A. per le acque sotterranee (cfr. il surrichiamato allegato 5, parte IV, titolo V del D.L.vo n. 152/06 con la tabella 3 dell’allegato 4 parte III del medesimo D.L.vo, intitolata :valori limite di emissione in acque superficiali e in fognatura e fedelmente riproduttiva della analoga tabella contenuta nell’allegato 5 al D.Lvo n. 152/99 espressamente richiamato nelle premesse del decreto regionale di autorizzazione allo scarico) la doglianza in esame deve ritenersi fondata.
In conclusione il ricorso, nei limiti di cui in motivazione, deve essere accolto, con annullamento delle impugnate determinazioni e con assorbimento di ogni altra doglianza.
Considerata comunque l’estrema delicatezza delle questioni poste le spese possono essere compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Friuli-Venezia Giulia, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie nei limiti indicati in motivazione e per l’effetto annulla gli atti impugnati.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall\'autorità amministrativa.
Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 12/12/2007 con l\'intervento dei Magistrati:
Vincenzo Antonio Borea, Presidente, Estensore
Lorenzo Stevanato, Consigliere
Vincenzo Farina, Consigliere
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 26/05/2008
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
N. 00335/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 335 del 2007, proposto da:
Alder Spa, rappresentato e difeso dagli avv. Guido Barzazi, Giovanni Borgna, con domicilio eletto presso Giovanni Borgna Avv. in Trieste, via S.Nicolo\' 21;
contro
Ministero dell\'Ambiente e della Tutela del Territorio, rappresentato e difeso dall\'Avvocatura dello Stato, domiciliata per legge in Trieste, piazza Dalmazia 3; Ministero della Salute, Ministero delle Attivita\' Produttive, Iss - Istituto Superiore di Sanita\', Regione Friuli-Venezia Giulia, Agenzia Regionale per la Protezione dell\'Ambiente del Friuli-Venezia Giulia, Comune di Trieste, Provincia di Trieste, Asl 101 - Triestina, Ente Zona Industriale Trieste - E.Z.I.T.;
nei confronti di
B. Pacorini Spa, Med.Con. Spa;
per l\'annullamento
previa sospensione dell\'efficacia,
-del decreto del Ministero dell\'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare - Direz. gen. per la qualità della vita n. 3606 bis/ QDV/DI/B dd. 7 maggio 2007, e della precitata nota accompagnatoria;
-dei verbali delle seguenti conferenze di servizi decisorie richiamate nella predetta nota e nel predetto decreto: 27 aprile 2005; 19 maggio 2005; 22 giugno 2005; 13 ottobre 2005; 22 novembre 2005; 13 marzo 2006; 7 settembre 2006; 31 ottobre 2006; nonchè del decreto del Ministero dell\'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare .- Dir. gen. per la qualità della vita prot. n. 3605bis/QDV/DI/B dd. 7 maggio 2007, e della precitata nota accompagnatoria:
del verbale della conferenza di servizi decisoria dd. 14 febbraio 2007 allegato alla stessa nota ed al decreto;
-della nota di A.R.P.A. F.V.G. dd. 10 novembre 2006, con la quale sono state formulate alcune osservazioni e prescrizioni dell\'estratto del parere reso da ARPA per la conferenza di servizi istruttoria dd. 30 ottobre 2006;
-della nota dell\'Ist. Sup. di sanità n. 0000558 AMPP/IA.12 dd. 10 maggio 2006;
-delle note del Comune di Trieste, Area pianificazione territoriale, dd. 28 luglio 2005;.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l\'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell\'Ambiente e della Tutela del Territorio;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell\'udienza pubblica del giorno 12/12/2007 il dott. Vincenzo Antonio Borea e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in esame si impugnano taluni verbali della Conferenza di servizi insediata presso il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, l’ultimo dei quali relativo alla seduta del 14 febbraio 2007 concernenti lo stato di inquinamento del sito nazionale di Trieste, nonché i conclusivi provvedimenti contenuti nei decreti ministeriali datati 7 maggio 2007 (ai quali, contrariamente a quanto sembra suggerire la difesa resistente, si deve la concreta attualizzazione del concreto contenuto lesivo delle prescrizioni impartite dalla conferenza di servizi) nella parte in cui si stabiliscono misure finalizzate al disinquinamento dell’area di proprietà della ricorrente società, area situata appunto all’interno della perimetrazione che individua il sito in questione.
A quanto è dato di comprendere dalla non chiarissima ricostruzione in fatto operata dalla parte ricorrente (la quale, tra l’altro, ha prodotto una serie di documenti che poco o nulla hanno a che fare con l’area di sia proprietà, come ad esempio taluni verbali di sedute della suddetta conferenza di servizi nel corso delle quali si sono prese in esame soltanto le situazioni di tutt’altri soggetti e società titolari di altre aree ricomprese all’interno del suddetto sito nazionale di Trieste, verbali ciononostante fatti oggetto, tra gli altri, di formale impugnativa) si può comunque ricostruire la vicenda che qui interessa nei seguenti termini:
1) La ricorrente, svolge da decenni, in uno stabilimento sito in località Cadamosto (TS) l’attività industriale di trasformazione e utilizzazione di formaldeide (che si trova in natura come gas e che costituisce materia prima per la fabbricazione di svariati prodotti, dai disinfettanti alle materie plastiche), e, a seguito della perimetrazione del sito nazionale di cui sopra, all’interno del quale, si ripete, si trova lo stabilimento in questione, ha ritenuto a suo tempo di rendersi disponibile ad intraprendere, per quanto di interesse, le procedure di disinquinamento dell’area, a tal fine dapprima predisponendo il piano di caratterizzazione dell’area stessa, piano debitamente approvato, sia pur con prescrizioni, dalla conferenza di servizi decisoria del 15 dicembre 2004, e, in seguito ( e si vedrà poi quali conseguenze da ciò si dovranno trarre), di offrirsi ugualmente come disponibile a far fronte sia alle opere di messa in sicurezza di emergenza (mediante recinzione) che di definitiva bonifica dei suoli di pertinenza , in un primo momento mediante asfaltatura, e, da ultimo, in accoglimento di specifica richiesta della P.A., mediante completa rimozione del terreno inquinato e trasferimento a discarica , opere resesi necessarie a seguito degli esiti del suddetto piano di caratterizzazione e cioè, in concreto, a seguito del rilevato superamento dei limiti previsti per talune sostanze riscontrate nel sottosuolo e considerate pericolose;
2) merita di essere segnalato il fatto che tra le sostanze (analiti) oggetto di indagine con il suddetto piano di caratterizzazione non era prevista la formaldeide, né in sede di approvazione del medesimo la P.A. aveva sollevato obiezioni, specificandosi anche, da parte ricorrente, che mai in precedenza l’ARPA aveva riscontrato valori positivi di formaldeide, peraltro debitamente soggetta a monitoraggi periodici;
3) solo a distanza di sette mesi dall’approvazione del piano di caratterizzazione, in seguito di una segnalazione del Comune di Trieste resa con nota in data 28 luglio 2005 (recante misteriosamente nell’oggetto un incomprensibile riferimento all’aeroporto FVG di Ronchi dei Legionari) , con la quale si richiedeva di includere la formaldeide tra gli analiti da analizzare nel sito occupato dalla Pacorini s.p.a., in quanto situato a valle dello stabilimento Alder, il Ministero rivolgeva un quesito all’Istituto Superiore di Sanità al fine di conoscere i valori limite di accettabilità dell’elemento in questione ex DM 471/99;
4) con nota 3 maggio 2006 il suddetto Istituto Superiore di Sanità, rispondendo al parere richiesto, da un lato si esprimeva nel senso che la formaldeide, in anni recenti sospettata, con diversi approcci peraltro da parte di vari istituti di ricerca, di essere cancerogena, in quanto non prevista nel DM n. 471/99 può peraltro, dal punto di vista del comportamento ambientale e tossicologico, essere assimilata al benzene, e dall’altro indicava le concentrazioni di riferimento in termini di mg. 0,1/kg con riguardo al suolo residenziale ovvero verde pubblico, di mg. 2/kg per suoli ad uso industriale e commerciale, e, infine, di microgrammi (mcg) 1/l per le acque sotterranee.;
5) quanto sopra veniva portato a conoscenza della ricorrente in occasione della conferenza di servizi istruttoria del 30 ottobre 2006 nella quale si stabilì di proporre di prescrivere alla ricorrente la ricerca del parametro formaldeide nel suo sito, e invano quest’ultima, con nota 4 dicembre 2006 diretta all’Istituto Superiore di Sanità, e con nota 15 dicembre 2006 rivolta direttamente alla competente Direzione generale del Ministero dell’Ambiente, da un lato opponeva che, sulla scorta di autorevoli ricerche, la tossicità e pericolosità rilevabile riguarda soltanto la formaldeide allo stato gassoso nell’atmosfera, e non nel suolo o nelle acque sotterranee anche potabili, a supporto di tali indicazioni richiamandosi il DM 28 febbraio 2006 in tema di classificazione, imballaggio ed etichettatura delle sostanze pericolose, tra le quali la formaldeide non è ricompresa, come del resto non è compresa nel DM n. 471/99, contestandosi anche in proposito la disposta assimilazione con il benzene, e, dall’altro, facendo notare che il Ministero dell’Ambiente, ben sapendo che la formaldeide costituisce oggetto dell’attività della ricorrente da un quarantennio avrebbe dovuto e potuto porsi il problema sin dall’inizio, e non già ad indagine di caratterizzazione (avviata quasi un anno e mezzo prima) e ormai ultimata;
6) si arriva così alla conferenza di servizi decisoria del 14 febbraio 2007, con la quale nei confronti della soc. ricorrente si venivano ad assumere, per quel che qui interessa alla luce delle dedotte doglianze, le seguenti determinazioni:
a), quanto alla formaldeide, si conferma in via decisoria la richiesta già esplicitata nella conferenza istruttoria del 30 ottobre 2006 di ricercare il parametro formaldeide sia nei suoli che nelle acque di falda, secondo un piano esecutivo da concordare con l’ARPA;
b), quanto agli esiti del piano di caratterizzazione approvato nella conferenza del 15 dicembre 2004, e cioè a seguito dell’avvenuto riscontro del superamento nel suolo, sia all’esterno che all’interno dello stabilimento, dei valori limite relativi ad alcune sostanze (zinco, mercurio, rame, cromo ecc), si prende atto che l’azienda, con nota 23 gennaio 2007, ha comunicato di aver completamente rimosso il terreno contaminato con conferimento del materiale a discarica autorizzata, e si delibera di chiedere all’azienda le opportune verifiche sulle pareti dello scavo risultante dopo la rimozione del materiale inquinato e all’ARPA di trasmettere la validazione dei risultati relativi alle dette verifiche;
c) per contro,sempre con riguardo agli esiti del piano di caratterizzazione, con riguardo all’inquinamento non più del suolo bensì delle acque sotterranee, nel rilevare, per quel che qui interessa, che le acque prelevate dal pozzo n. 15, utilizzate come acque di raffreddamento e in seguito scaricate al mare dal quale provengono con formale autorizzazione della Regione, contengono sostanze quali boro e manganese con indici superiori ai limiti previsti per le acque sotterranee, si dispone che le acque in questione debbano essere trattate in impianti a ciò autorizzati secondo la normativa sui rifiuti.
Tutto quanto sopra (faticosamente) ricostruito, va in primo luogo escluso che la materia del contendere, nonostante la generica doglianza relativa alla pretesa illegittimità della imposizione da parte della P.A. di bonificare il sito, possa riguardare le sostanze ritrovate nel suolo alle quali si è fatto cenno sub 6b), posto che, come ricordato, non solo la società ricorrente aveva presentato il relativo piano di caratterizzazione, ma, in seguito, una volta respinta dalla P.A. la proposta di sanare l’area isolandola mediante asfaltatura, si è risolta nel senso radicale di asportare il terreno inquinato, operazione che risulta allo stato eseguita ed accettata dalla P.A. , salvo le verifiche opportune in sostanza affidate all’ARPA e i cui esiti, ove negativi, potranno eventualmente essere oggetto di altra e distinta impugnazione. Ne consegue che ove anche il ricorso mirasse a contestare l’imposizione di bonificare i suoli, se ne dovrebbe rilevare in parte qua l’inammissibilità per carenza di interesse ovvero per acquiescenza.
Come infatti si è visto, il contenuto lesivo delle determinazioni impugnate e cioè, in sostanza, dell’ordine di disporre la bonifica di cui si è detto, riguarda, dunque, ed esclusivamente, in via principale, la formaldeide (punto 6°a) e, in subordine (attribuendo al termine il valore che risulta dalla stessa impostazione data in ricorso alle doglianze mosse) la sorte da riservarsi alle acque di raffreddamento del pozzo n. 15 (6c).
Ciò detto, e venendo alla formaldeide, ritiene il Collegio che le doglianze dedotte in proposito siano in parte fondate.
Premesso che in questa sede non è certo consentito mettere in dubbio la possibilità che, in certe condizioni, l’esposizione a tale sostanza possa costituire, specialmente se prolungata e/o di tipo professionale, un rischio, al limite estremo anche mortale, per la salute umana (con ciò non potendosi condividere quindi il radicale assunto secondo il quale la predetta sostanza, che in natura si presenta allo stato gassoso, sarebbe fonte di pericolo soltanto nell’aria e non nei suoli e nelle acque sotterranee, come invece si teme ex adverso), appare certo comunque che, sul piano istruttorio e procedimentale le misure adottate per contrastare il rischio di inquinamento da formaldeide nelll’area di proprietà della società ricorrente non appaiono immuni da vizi.
In primo luogo ha buon gioco quest’ultima a sottolineare il fatto che la conferenza di servizi del 15 dicembre del 2004 aveva approvato il piano di caratterizzazione presentatole senza nulla eccepire sulla mancanza, tra gli elementi da ricercare, della formaldeide, e ciò per quanto ovviamente il pur severissimo responsabile della Direzione per la Qualità della Vita del Ministero dell’Ambiente, nonché regista dei lavori delle conferenze di servizi previste dalla legge, dovesse necessariamente sapere che la formaldeide costituisce oggetto primario dell’attività produttiva svolta da alcuni decenni, con la conseguenza che ben si sarebbe potuto, se non dovuto, includere semmai sin dall’inizio tale sostanza, pur se non presa in considerazione dal DM 471/99 (circostanza questa che non appare peraltro ex sé priva di significato) tra quelle da indagare nel piano di caratterizzazione: viceversa la P.A. soltanto a mesi di distanza dalla approvazione del suddetto piano, e ciò in forza di un fatto in qualche modo casuale se non anomalo, e cioè a seguito della sopra ricordata generica e del tutto indiretta segnalazione del Comune di Trieste, ha dato segno di percepire il problema, immediatamente investendone, come pure ricordato, l’Istituto Superiore di Sanità, per poi pervenire, sentita anche l’ARPA competente la quale pure in precedenza, come si afferma incontestatamente, nulla aveva eccepito sui monitoraggi periodicamente effettuati al riguardo, all’adozione della impugnata misura concernente ricerca, e, ove occorra, disinquinamento e bonifica dei suoli e delle acque sottostanti dalla formaldeide.
Ciò posto, occorre aggiungere, come rileva opportunamente parte ricorrente, che del tutto inascoltate sono rimaste le due note di rimostranza sopra ricordate dalla medesima inviate sia all’Istituto Superiore di Sanità che al suddetto Responsabile della Direzione per la Qualità della vita, note con le quali, come sopra si è ricordato, da un lato si sono opposte talune incertezze e contraddizioni sia nella dottrina scientifica che nelle prescrizioni normative in ordine al grado reale di pericolosità della formaldeide nei suoli e nelle acque sotterranee, tra l’altro individuandosi nel parere dell’ISS un errore marchiano nell’indicazione del punto di ebollizione (19 °C anziché -°19), per non dire della denunciatà improprietà della disposta assimilazione “comportamentale”, a giudizio dell’ISS, della formaldeide al benzene, e, dall’altro, si è fatta valere l’ improvvido, tardivo (ed assai costoso, per la società ricorrente) ripescaggio della formaldeide ad indagine di caratterizzazione debitamente approvata dalla stessa P.A. ed ormai conclusa.
Si deve infatti osservare che, prima di determinarsi nel senso di imporre gli oneri di un nuovo piano di caratterizzazione, la P.A. avrebbe dovuto darsi carico (non a caso invocandosi da parte ricorrente l’art. 10 della L. n. 241/90), di rispondere alle puntuali e documentate contestazioni oppostele, anziché trincerarsi dietro un assoluto silenzio, dimostrandosi in tal modo in buona sostanza, come pure si conclude, l’insufficienza della attività istruttoria compiuta e quindi dell’accertamento del reale grado di pericolosità che la lavorazione della formaldeide (in atto, si ripete, da decenni) che ora, e ora soltanto, ha portato all’adozione della impugnata misura.
Insufficienza di attività istruttoria, si conclude, che si può desumere anche dalla circostanza per la quale, senza che, prima di recepire passivamente come limiti di concentrazione cui pervenirsi in caso di necessità quelli individuati dall’ISS e sopra ricordati, sia stato disposto alcun accertamento preventivo in ordine al valore di fondo naturale della presenza in sito della formaldeide, valore al quale viceversa si deve fare riferimento, ove superiore a quello ottimale, in forza delle disposizioni contenute da un lato nell’art. 4, comma 2, del DM n. 471/99 e dall’altro nell’art. 240, comma 1 lett. B) del D.L.vo n. 152/06 (essendo evidentemente incongruo pretendere una bonifica che il risultato ottimale non potrà mai raggiungere).
Anche le doglianze avverso l’imposizione di avviare ad impianto autorizzato le acque prelevate dal pozzo n. 15 (punto 6c) nell’esposizione che precede) sono fondate.
Premesso, come sopra ricordato, che allo stato le suddette acque, utilizzate a fini di raffreddamento, vengono restituite al mare dal quale provengono previa specifica autorizzazione regionale, va qui precisato che la determinazione impugnata trova fondamento nel fatto che agli esiti dei prelievi disposti in attuazione del piano di caratterizzazione la concentrazione di due elementi, boro e manganese, è risultata superiore ai limiti previsti dalla tabella “acque sotterranee” dell’allegato 5 , parte IV, titolo V del D.L.vo n. 152/06.
Ciò posto, ha buon gioco in primo luogo la ricorrente a richiamare anche qui il mancato preventivo accertamento del valore di fondo naturale degli elementi considerati, assumendosi in proposito che le acque di mare, da cui provengono le acque del pozzo in questione, possono a volte presentare valori di concentrazione superiori a quelle previste come limite.
In secondo e determinante luogo, poi, appare condivisibile il richiamo a quanto dispone l’art. 243 del D.L.vo n. 152/06 cit., ove espressamente si consente che le acque emunte dalle falde sotterranee nell’ambito di interventi di bonifica vengano scaricate, direttamente o dopo essere state utilizzate in un ciclo produttivo (come nel caso, a fini di raffreddamento) in acque superficiali, ovviamente nel rispetto dei limiti di emissione delle acque reflue industriali.
E poiché, come si è sopra accennato, la società ricorrente è in possesso di regolare autorizzazione regionale allo scarico a mare, nel rispetto, come incontestatamente si afferma, dei limiti a tal fine previsti, che sono di gran lunga più elevati di quelli richiamati dalla P.A. per le acque sotterranee (cfr. il surrichiamato allegato 5, parte IV, titolo V del D.L.vo n. 152/06 con la tabella 3 dell’allegato 4 parte III del medesimo D.L.vo, intitolata :valori limite di emissione in acque superficiali e in fognatura e fedelmente riproduttiva della analoga tabella contenuta nell’allegato 5 al D.Lvo n. 152/99 espressamente richiamato nelle premesse del decreto regionale di autorizzazione allo scarico) la doglianza in esame deve ritenersi fondata.
In conclusione il ricorso, nei limiti di cui in motivazione, deve essere accolto, con annullamento delle impugnate determinazioni e con assorbimento di ogni altra doglianza.
Considerata comunque l’estrema delicatezza delle questioni poste le spese possono essere compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Friuli-Venezia Giulia, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie nei limiti indicati in motivazione e per l’effetto annulla gli atti impugnati.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall\'autorità amministrativa.
Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 12/12/2007 con l\'intervento dei Magistrati:
Vincenzo Antonio Borea, Presidente, Estensore
Lorenzo Stevanato, Consigliere
Vincenzo Farina, Consigliere
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 26/05/2008
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO