 Cass.Sez. III n. 5029 del 9 febbraio 2012 (Ud.18 ott. 2011)
Cass.Sez. III n. 5029 del 9 febbraio 2012 (Ud.18 ott. 2011)
Pres.De Maio Est.Franco Ric.Ventura e altro
Urbanistica.Violazione di sigilli e comunicabilità ai concorrenti
In tema di violazione di sigilli, la circostanza aggravante della qualità di custode prevista dall'art. 349, secondo comma, cod. pen. ha natura soggettiva e si comunica ai concorrenti quando sia servita ad agevolare l'esecuzione del reato. (Fattispecie relativa a compartecipe avente la qualità di coniuge dell'agente e pienamente a conoscenza della nomina di quest'ultimo come custode).
REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:        Udienza pubblica
 Dott. DE MAIO  Guido             - Presidente  - del 18/10/2011
 Dott. FIALE    Aldo              - Consigliere - SENTENZA
 Dott. FRANCO   Amedeo       - est. Consigliere - N. 2097
 Dott. RAMACCI  Luca              - Consigliere - REGISTRO GENERALE
 Dott. ROSI     Elisabetta        - Consigliere - N. 4576/2011
 ha pronunciato la seguente: 
SENTENZA
 sul ricorso proposto da:
 Ventura Cristoforo Antonio, nato a Gela il 4.9.1968;
 e da Gallo Vincenza, nata a Gela l'8.8.1970;
 avverso la sentenza emessa il 18 novembre 2010 dalla corte d'appello  			di Caltanissetta;
 udita nella pubblica udienza del 18 ottobre 2011 la relazione fatta  			dal Consigliere Dr. Amedeo Franco;
 udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore  			Generale Dott. Mazzotta Gabriele, che ha concluso relativamente al  			Ventura per l'annullamento senza rinvio delle sentenze di primo e  			di secondo grado con trasmissione degli atti al tribunale di Gela e,  			relativamente alla Gallo, per l'annullamento della sentenza  			impugnata con rinvio alla corte d'appello di Caltanissetta.  			CONSIDERATO IN FATTO
 1. Il giudice del tribunale di Gela con sentenza 11.12.2009 dichiarò  			Ventura Cristoforo Antonio e Gallo Vincenza colpevoli dei reati:
 A) di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c); B) di  			violazione delle norme sul cemento armato; C) di violazione delle  			norme antisismiche; D) di violazione dei sigilli; e li condannò alla  			pena ritenuta di giustizia, con la sospensione condizionale della  			pena e l'ordine di demolizione del manufatto abusivo.  			2. La corte d'appello di Caltanissetta, con la sentenza in epigrafe,  			concesse al Ventura il beneficio della non menzione e confermò nel  			resto la sentenza di primo grado.
 3. Il Ventura propone ricorso per cassazione deducendo:
 1) violazione di legge e vizio di motivazione per avere erroneamente  			i giudici rigettato l'eccezione di nullità del decreto di citazione  			a giudizio del Ventura e degli atti successivi, perché il decreto  			era stata notificazione non nel domicilio eletto ma nel suo domicilio  			effettivo a mani della moglie Gallo. Osserva che l'eccezione era  			stata tempestivamente proposta con note scritte depositate alla  			udienza del 21.12.2007 e che comunque non vi era la prova che quello  			fosse il suo vero domicilio reale.
 2) violazione dell'art. 114 disp. att. c.p.p. per non avere i giudici  			dichiarato la nullità del sequestro per omesso avviso  			all'interessato presente della facoltà di farsi assistere da un  			difensore di fiducia. Osserva che la nullità è stata regolarmente  			eccepita entro il termine di cui all'art. 491 c.p.p., comma 1.  			3) violazione di legge e vizio di motivazione perché mancava la  			prova che egli fosse presente all'episodio del 22 luglio 2006 e  			comunque che avesse commesso la violazione dei sigilli.  			4) violazione degli artt. 59 e 349 c.p. perché l'aggravante di cui  			all'art. 349 c.p., comma 2, non poteva estendersi a lui, non  			essendoci la prova che egli avesse conoscenza della qualità di  			custode del concorrente.
 4. La Gallo propone a sua volte ricorso per cassazione deducendo:
 1) la stessa doglianza di cui al secondo motivo del Ventura.  			2) violazione di legge e mancanza o manifesta illogicità della  			motivazione perché è stata condannata solo perché proprietaria  			dell'immobile abusivo mentre non vi è alcuna prova che avesse  			concorso nei reati contestati. Nè il concorso poteva presumersi  			perché l'immobile abusivo era in campagna a distanza di 7 Km dalla  			sua abitazione ed era destinato a deposito di attrezzi agricoli.  			La teste Gallo Emanuela aveva poi dichiarato che la sorella non era  			d'accordo col marito nella esecuzione dei lavori abusivi e per questo  			per un certo tempo era anche andata a vivere da lei.
 3) in ordine al capo D) avrebbe dovuto essere ravvisata la  			fattispecie colposa di cui all'art. 350 c.p..
 RITENUTO IN DIRITTO
 1. Il primo motivo del Ventura è manifestamente infondato. E  			difatti, secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte, "La  			notificazione della citazione dell'imputato effettuata presso il  			domicilio reale a mani di persona convivente, anziché presso il  			domicilio eletto, non integra necessariamente una ipotesi di  			"omissione" della notificazione ex art. 179 c.p.p., ma da luogo, di  			regola, ad una nullità di ordine generale a norma dell'art. 178  			c.p.p., lett. c), soggetta alla sanatoria speciale di cui all'art.  			184, comma 1, alle sanatorie generali di cui all'art. 183 e alle  			regole di deducibilità di cui all'art. 182, oltre che ai termini di  			rilevabilità di cui all'art. 180, sempre che non appaia in astratto  			o risulti in concreto inidonea a determinare la conoscenza effettiva  			dell'atto da parte del destinatario, nel qual caso integra invece la  			nullità assoluta ed insanabile di cui all'art. 179 c.p.p., comma 1,  			rilevabile dal giudice di ufficio in ogni stato e grado del processo"  			(Sez. Un., 27.10.2004, Palumbo, m. 229540; Sez. 2, 7.11.2007,  			Spitalero, m. 238509; Sez. 2, 15.5.2008, Fina, m. 240613).  			Nel caso di specie, il decreto di citazione a giudizio in appello è  			stato notificato presso il domicilio reale dell'imputato a mani della  			moglie convivente e coimputata, sicché la notificazione non può  			considerarsi inesistente, e quindi equiparabile ad una notificazione  			"omessa". Pertanto plausibilmente la notificazione è stata reputata  			in concreto idonea a determinare la conoscenza dell'atto da parte  			dell'imputato non essendo stato ravvisato un ragionevole sospetto che  			essa non avesse raggiunto il suo scopo. Il vizio di notificazione  			difforme dal modello legale, quindi, non ha provocato nel caso in  			esame alcuna violazione del diritto di conoscenza e di intervento  			dell'imputato. Si è dunque determinata una nullità non assoluta, ma  			generale e di natura intermedia, che avrebbe dovuto essere  			tempestivamente eccepita nel giudizio dinanzi al tribunale, nel quale  			invece il difensore di fiducia non ha proposto la relativa eccezione,  			pur essendo indubbiamente a conoscenza di non avere ricevuto come  			domiciliatario il decreto di citazione diretto all'imputato.  			Il Ventura sostiene nel ricorso di avere tempestivamente dedotto in  			primo grado l'irregolarità della notifica alla udienza del  			22.12.2007. Sennonché, come già rilevato dalla sentenza impugnata,  			dal verbale di detta udienza e dalla memoria in quella occasione  			depositata - atti che, trattandosi della deduzione di un vizio  			procedurale, questa Corte è legittimata ad esaminare - non risulta  			che l'eccezione fosse stata effettivamente sollevata.  			2. Col ricorso il Ventura eccepisce altresì che comunque non vi è  			prova che quello in cui avvenne la notificazione alla moglie  			convivente fosse l'effettivo domicilio dell'imputato. Si tratta però  			di una eccezione nuova, che non è stata dedotta con i motivi di  			appello e che non può quindi essere proposta per la prima volta in  			questa sede di legittimità.
 3. È manifestamente infondato anche il secondo motivo del Ventura.  			E difatti, secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte, "La  			violazione dell'obbligo, da parte della polizia giudiziaria, di  			avvertire l'indagato della facoltà di farsi assistere da un  			difensore di fiducia (art. 114 disp. att. c.p.p.) nel corso di una  			perquisizione o sequestro integra una nullità generale a regime  			intermedio e, pertanto deve essere eccepita o prima del compimento  			dell'atto o immediatamente dopo ai sensi dell'art. 182 c.p.p.,  			intendendosi con tale formula che la nullità deve essere eccepita  			dal difensore subito dopo la sua nomina" (Sez. 3, 11.10.2006, n.  			41625, Moldoveanu, m. 235545). Nella specie risulta che l'imputato  			nominò un difensore di fiducia già col verbale di sequestro del 22  			giugno 2006, mentre l'eccezione fu proposta non immediatamente dopo  			(eventualmente con una richiesta di riesame) bensì solo dopo circa  			un anno e mezzo, alla udienza del 21 dicembre 2007.
 4. Il terzo motivo del Ventura si risolve in una censura in punto  			di fatto della decisione impugnata, con la quale si richiede una  			nuova e diversa valutazione delle risultanze processuali riservata al  			giudice del merito e non consentita in questa sede di legittimità,  			ed è comunque manifestamente infondato avendo i giudici del merito  			fornito congrua, specifica ed adeguata motivazione sulla  			responsabilità del Ventura anche in ordine al reato di violazione  			dei sigilli. I giudici del merito hanno invero osservato che il  			Ventura era presente al momento in cui i sigilli furono apposti e  			la moglie convivente Gallo fu nominata custode, e che era ancora  			presente sul posto il 22 luglio 2006 allorché i carabinieri, in  			occasione del terzo sopralluogo, constatarono la violazione dei  			sigilli medesimi.
 5. È infine manifestamente infondato anche il quarto motivo del  			Ventura, il quale peraltro costituisce anch'esso un motivo nuovo.  			Con l'atto di appello, infatti, il Ventura si era limitato ad  			eccepire che le qualità personali della coimputata Gallo non  			potevano essere a lui trasmesse trattandosi di reato comune. Sul  			punto la corte d'appello ha esattamente osservato che la circostanza  			aggravante di cui all'art. 349 c.p., comma 2, costituisce una  			circostanza soggettiva che si comunica al compartecipe quando sia  			servita, come nel caso di specie in forza del rapporto di coniugio  			tra i concorrenti, ad agevolare l'esecuzione del reato. In ogni caso  			la conoscenza da parte del Ventura della qualità di custode in  			capo alla moglie è stata chiaramente ritenuta ed adeguatamente  			motivata dalla sentenza impugnata, laddove ha affermato che il  			Ventura era presente allorché la moglie fu nominata custode e  			laddove ha affermato che il rapporto di coniugio con la compartecipe  			custode aveva agevolato l'esecuzione del reato di violazione dei  			sigilli.
 6. Il primo motivo della Gallo è manifestamente infondato per le  			stesse ragioni dianzi indicate in relazione al secondo motivo del  			Ventura.
 7. Il secondo motivo della Gallo si risolve in una censura in punto  			di fatto della decisione impugnata, con la quale si richiede una  			nuova e diversa valutazione delle risultanze processuali riservata al  			giudice del merito e non consentita in questa sede di legittimità,  			ed è comunque manifestamente infondato, in quanto i giudici del  			merito hanno fornito congrua, specifica ed adeguata motivazione sulla  			ragioni per le quali hanno ritenuto che la Gallo fosse concorrente  			anche nei reati edilizi contestati, in considerazione non solo della  			sua qualità di comproprietaria dell'immobile abusivo in costruzione,  			ma anche e soprattutto della circostanza che la edificazione abusiva  			recava vantaggio comune ad entrambi i coniugi, il che dimostrava  			l'esistenza anche di un interesse personale della Gallo alla  			esecuzione dei lavori.
 8. È infine manifestamente infondato anche il terzo motivo della  			Gallo avendo la corte d'appello plausibilmente osservato che  			l'imputata non aveva fatto nulla per impedire la violazione dei  			sigilli, il che confermava una condivisione degli illeciti già  			consumati o ancora in itinere, e che il reato di agevolazione colposa  			di cui all'art. 350 c.p. non è ravvisabile quando il custode abbia  			mancato volontariamente al suo dovere giuridico di impedire la  			violazione dei sigilli, mentre nella specie tutte le circostanze del  			fatto ed i rapporti personali e patrimoniali sussistenti tra i due  			imputati attestavano che la condotta della custode Gallo (che  			traeva vantaggio dall'azione illecita del coniuge) era stata  			dolosamente diretta a favorire la violazione dei sigilli.  			9. I ricorsi devono pertanto essere dichiarati inammissibili per  			manifesta infondatezza dei motivi.
 10. Tenuto conto del fatto che il corso della prescrizione è stato  			sospeso dal 3.4.2009 al 16.10.2009, per un totale di mesi 6 e giorni  			13, i reati contravvenzionali si prescriveranno solo il 4 febbraio  			2012.
 In ogni modo, anche qualora non si potesse tener conto delle  			sospensioni, poiché il ricorso è inammissibile per manifesta  			infondatezza dei motivi, la circostanza che la prescrizione delle  			contravvenzione fosse eventualmente maturata in una data successiva a  			quella in cui è stata emessa la sentenza impugnata, è irrilevante  			perché, a causa della inammissibilità dei ricorsi non si è formato  			un valido rapporto di impugnazione il che preclude a questa Corte la  			possibilità di rilevare e dichiarare le eventuali cause di  			estinzione del reato, ivi compresa la prescrizione, verificatesi in  			data posteriore alla pronuncia della decisione impugnata (Sez. Un.,  			22 novembre 2000, De Luca, m. 217.266; giur. costante).  			11. In applicazione dell'art. 616 c.p.p., segue la condanna di  			ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, in  			mancanza di elementi che possano far ritenere non colpevole la causa  			di inammissibilità dei ricorsi, al pagamento in favore della cassa  			delle ammende di una somma, che, in considerazione delle ragioni di  			inammissibilità, si ritiene congruo fissare in Euro 1.000,00.  			P.Q.M.
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
 Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascuno dei ricorrenti  			al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00  			in favore della cassa delle ammende.
 Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione,  			il 18 ottobre 2011.
 Depositato in Cancelleria il 9 febbraio 2012
 
                    




