NOVITA’
IN MATERIA DI RESPONSABILITA’ DELLE PERSONE GIURIDICHE PER ILLECITI AMBIENTALI
di Maurizio ARENA, Avvocato
1-
L’introduzione della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche
nell’ordinamento italiano
Il
nostro ordinamento giuridico non conosce ancora forme di responsabilità
punitiva diretta delle persone giuridiche in materia di illeciti ambientali, pur
avendo ormai da più di tre anni recepito il principio secondo cui societas
delinquere potest (art 11 legge n. 300 del 2000 e d.lg. n. 231 del 2001).
Come
è noto, con la legge 29/9/2000 n. 300 lo Stato italiano ha provveduto a
ratificare e a dare esecuzione alla Convenzione sulla tutela degli interessi
finanziari delle Comunità europee (26/7/1995), alla Convenzione relativa alla
lotta contro la corruzione nella quale sono coinvolti funzionari delle Comunità
europee o degli Stati membri dell’Unione europea (26/5/1997) e alla
Convenzione O.C.S.E. sulla lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri
nelle operazioni economiche internazionali (17/12/1997).
Il
Parlamento ha inserito nel corpo della stessa legge (art 11) una delega al
Governo per la disciplina della responsabilità amministrativa delle persone
giuridiche (eccetto lo Stato e gli enti pubblici che esercitano pubblici poteri)
e delle società, associazioni od enti privi della personalità giuridica che
non svolgono funzioni di rilievo costituzionale.
Oltre agli altri reati specificamente indicati, il decreto delegato avrebbe dovuto prevedere “la responsabilità in relazione alla commissione dei reati in materia di tutela dell'ambiente e del territorio, che siano punibili con pena detentiva non inferiore nel massimo ad un anno anche se alternativa alla pena pecuniaria, previsti:
- dalla legge 31 dicembre 1962, n. 1860 (Impiego pacifico dell'energia nucleare);
- dalla legge 14 luglio 1965, n. 963 (Disciplina della pesca marittima);
- dalla legge 31 dicembre 1982, n. 979 (Disposizioni per la difesa del mare);
- dalla legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni (Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie);
- dal decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431 (Disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale);
- dal decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203 (Attuazione delle direttive CEE numeri 80/779, 82/884, 84/360 e 85/203 concernenti norme in materia di qualità dell'aria, relativamente a specifici agenti inquinanti, e di inquinamento prodotto dagli impianti industriali, ai sensi dell'art. 15 della legge 16 aprile 1987, numero 183);
- dalla legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette);
- dal decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95 (Attuazione delle direttive 75/439/CEE e 87/101/CEE relative alla eliminazione degli olii usati);
- dal decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99 (Attuazione della direttiva 86/278/CEE concernente la protezione dell'ambiente, in particolare del suolo, nell'utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura);
- dal decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230 (Attuazione delle direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 92/3/Euratom e 96/29/Euratom in materia di radiazioni ionizzanti);
- dal decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni (Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio);
- dal decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152 (Disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole);
- dal decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334 (Attuazione della direttiva 96/82/CE relativa al controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose);
- dal decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372 (Attuazione della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento);
- dal decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, a norma dell'articolo 1 della L. 8 ottobre 1997, n. 352).
La
delega non è stata tuttavia attuata in modo completo da d.lg. 8 giugno 2001 n.
231 (1).
2
– I tratti essenziali del sistema di responsabilità degli enti collettivi
Il
sistema attualmente in vigore prevede una responsabilità della persona
giuridica derivante dal reato della persona fisica.
Gli
enti – forniti o meno di personalità giuridica – rispondono infatti in
relazione ai reati commessi “nel loro interesse o a loro vantaggio” dai
soggetti di vertice (c.d. imputazione oggettiva del reato), sempre che non
abbiano adottato ed efficacemente attuato – prima della commissione dei reati
- appositi “modelli di organizzazione, gestione e controllo” idonei a
prevenire il rischio della commissione di reati del tipo di quello verificatosi
(c.d. imputazione soggettiva del reato).
Si
parla quindi di responsabilità amministrativa, di illeciti amministrativi, di
sanzioni amministrative.
Tuttavia
è opinione comune che si tratti di responsabilità penale vera e propria, non
qualificata come tale per evitare un aperto scontro frontale con il principio di
personalità della responsabilità penale di cui all’art 27 Cost.
All’interprete
attento non potrà sfuggire la “truffa delle etichette”: ci si trova di
fronte ad una responsabilità derivante da un fatto di reato, accertata dal
giudice penale nell’ambito del procedimento penale (artt 34 e 36 d.lg. n.
231), nel quale l’ente è equiparato all’imputato (art 35 d.lg. n. 231).
In
questa ricostruzione sostanziale si dovrà considerare in particolare il
principio di autonomia della responsabilità dell’ente (art 8 d.lg.), in
relazione al quale potrà darsi un processo penale senza persona fisica: si
pensi, ad esempio, alle ipotesi in cui il processo continui nei confronti
dell’ente una volta uscito di scena l’amministratore con il patteggiamento
(o con le cause di estinzione del reato diverse dall’amnistia).
3-
Le ragioni dell’estensione della responsabilità in ambito ambientale
Ad
avviso di chi scrive l’introduzione di una responsabilità punitiva diretta
degli enti potrebbe rivelarsi particolarmente fruttuosa nel campo della tutela
dell’ambiente.
L’intervento del legislatore in materia ambientale dovrebbe essere specialmente improntato a quella funzione “promozionale” del diritto penale che, lungi dall’essere meramente accessoria rispetto a quella propriamente punitivo-retributiva, consentirebbe il consolidamento e la diffusione della cultura del rispetto della natura, in quanto tale ed in quanto “luogo” ove si svolge la vita e l’attività dell’essere umano.
Si
tenga conto che nel d.lg. n. 231 emerge con chiarezza la “tecnica del bastone
e della carota”: sono previste sanzioni gravose e dissuasive, ma anche
significative vie d’uscita in caso di condotte riparatorie del danno e delle
conseguenze pericolose del reato (art 12 d.lg).
Tali
comportamenti potranno portare ad una riduzione della sanzione pecuniaria e
all’esclusione delle più invasive sanzioni interdittive (le quali possono
essere applicate anche in via cautelare).
Ad
avviso di chi scrive, l’adozione di misure preventive in relazione agli
illeciti ambientali, ai sensi del d.lg. 231, è, già da oggi, pur non rilevando
ancora direttamente ai fini della responsabilità amministrativa delle persone
giuridiche, potenzialmente foriera di conseguenze favorevoli per le società.
Bisogna
partire infatti dalla constatazione che la commissione di un illecito ambientale
da parte di un dipendente o di un soggetto apicale può comportare
l’irrogazione di misure lato sensu sanzionatorie a carico dell’ente,
pur al di fuori del sistema normativo di cui al d.lg. 231.
Innanzitutto
giusta il disposto di cui all’art 197 c.p. (Obbligazione
civile delle persone giuridiche per il pagamento delle multe e delle ammende):
“Gli
enti forniti di personalità giuridica, eccettuati lo Stato, le regioni, le
province ed i comuni, qualora sia pronunciata condanna per reato contro chi ne
abbia la rappresentanza, o l’amministrazione, o sia con essi in rapporto di
dipendenza, e si tratti di reato che costituisca violazione degli obblighi
inerenti alla qualità rivestita dal colpevole, ovvero sia commesso
nell’interesse della persona giuridica, sono obbligati al pagamento, in caso
di insolvibilità del condannato, di una somma pari all’ammontare della multa
o dell’ammenda inflitta” (2).
Si
intende dire che se la società ha adottato ed effettivamente attuato i compliance
programs, avrà la possibilità di dimostrare al giudice che la commissione
del reato ambientale da parte di un suo soggetto apicale, non corrisponde
all’interesse – oggettivamente inteso - della società medesima.
In
tal modo potrà evitare di essere obbligata al pagamento di una somma di denaro
equivalente alla sanzione pecuniaria irrogata alla persona fisica,
nell’ipotesi di insolvibilità di quest’ultima.
In
secondo luogo, l’adozione di modelli di prevenzione può rilevare ai sensi
dell’art 6 comma 3, legge n. 689 del 1981, il quale stabilisce che se la
violazione (amministrativa) “è commessa dal rappresentante o dal dipendente
di una persona giuridica o di un ente privo di personalità giuridica o,
comunque, di un imprenditore nell’esercizio delle proprie funzioni o
incombenze, la persona giuridica o l’ente o l’imprenditore è obbligato in
solido con l’autore della violazione al pagamento della somma da questo
dovuta”.
Ovviamente
ci si riferisce alle ipotesi di illecito ambientale punito a titolo
amministrativo (ad esempio: art 50
comma 1 d.lg. 22/1997, artt 54-58 d.lg. 152/1999, art 10 d.p.r. 203/1988 ecc.).
In
queste ipotesi la società è coobbligata al pagamento della sanzione
amministrativa pecuniaria, ma potrebbe uscire indenne dalla procedura
sanzionatoria amministrativa fornendo la prova di aver adottato tutele misure
richieste dalla best practice in materia.
Tale
soluzione interpretativa, va aggiunto, è tuttavia ostacolata dalla mancanza del
riferimento – nel medesimo art 6, a differenza dell’art 197 c.p. - alla
commissione dell’illecito “nell’interesse” dell’ente.
Infine,
sotto un profilo prettamente civilistico, la predisposizione di idonei modelli
anticrimine potrebbe rilevare nelle cause per risarcimento del danno ambientale
(ad esempio ex artt 18 legge 349/1986, 17 d.lg. 22/1997, 58 d.lg. 152/1999, 22
d.lg. 206/2001).
Se
la società venisse convenuta in giudizio, potrebbe chiamare in garanzia il
terzo (id est: dipendente o soggetto apicale che ha concretamente
commesso l’illecito) per esserne manlevata.
Ovviamente
in quel processo dovrà essere fornita la prova che la società ha adottato
tutte le misure (ragionevolmente) necessarie ad impedire l’evento dannoso,
misure che sono state violate fraudolentemente – con artifizi e raggiri -
dalla persona fisica.
L’adempimento
di un simile onere probatorio “liberatorio” è del resto già previsto
dall’art 2050 c.c.
(Responsabilità per l’esercizio di attività pericolose), ai sensi del quale
“Chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di un’attività
pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto al
risarcimento, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee a evitare il
danno “.
Tra
queste misure, proprio in seguito all’entrata in vigore del d.lg. 231, non
possono non rientrare i modelli di organizzazione, gestione e controllo ex art 6
e 7.
La
società quindi, ove possibile, potrà dimostrare che l’illecito è avvenuto
contro la propria “volontà” (esprimentesi nei modelli adottati).
4-
Gli strumenti internazionali sulla responsabilità delle persone giuridiche per
reati ambientali
Sulla
tematica della responsabilità delle persone giuridiche per illeciti ambientali
va menzionata innanzitutto la Decisione Quadro n.
2003/80/Gai
del 27 gennaio 2003 (GUCE 5 febbraio 2003 n. L 29) relativa alla
protezione dell'ambiente attraverso il diritto penale, che deve esser attuata
entro il 27 gennaio 2005.
L’art
2 richiede la punizione dei seguenti reati intenzionali:
a) lo scarico, l'emissione o l'immissione nell'aria, nel suolo o nelle
acque, di un quantitativo di sostanze o di radiazioni ionizzanti che provochino
il decesso o lesioni gravi alle persone;
b) lo scarico, l'emissione o l'immissione illeciti di un quantitativo di
sostanze o di radiazioni ionizzanti nell'aria, nel suolo o nelle acque che ne
provochino o possano provocarne il deterioramento durevole o sostanziale o che
causino il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti a monumenti
protetti, ad altri beni protetti, al patrimonio, alla flora o alla fauna;
c) l'eliminazione, il trattamento, il deposito, il trasporto, l'esportazione o
l'importazione illeciti di rifiuti, compresi i rifiuti pericolosi che provochino
o possano provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti
alla qualità dell'aria, del suolo o delle acque, alla fauna o alla flora;
d) il funzionamento illecito di un impianto in cui sono svolte attività
pericolose che provochi o possa provocare, all'esterno dell'impianto, il decesso
o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell'aria, del
suolo o delle acque, alla fauna o alla flora;
e) la fabbricazione, il trattamento, il deposito, l'impiego, il trasporto,
l'esportazione o l'importazione illeciti di materiali nucleari o di altre
sostanze radioattive pericolose che provochino o possano provocare il decesso o
lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell'aria, del suolo
o delle acque, alla fauna o alla flora;
f) il possesso, la cattura, il danneggiamento, l'uccisione o il commercio
illeciti di esemplari di specie protette animali o vegetali o di parti di esse,
quantomeno ove siano definite dalla legislazione nazionale come minacciate di
estinzione;
g) il commercio illecito di sostanze che riducono lo strato di ozono, quando
sono commessi intenzionalmente.
Ciascuno Stato membro dovrà adottare i provvedimenti necessari per rendere perseguibili i reati sopra menzionati, anche nelle ipotesi di negligenza (quanto meno negligenza grave) (art 3).
E’
l’art 6 (Responsabilità delle persone giuridiche) ad interessarci in questa
sede.
Gli Stati membri dovranno adottare i provvedimenti necessari “affinché
le persone giuridiche possano essere dichiarate responsabili degli atti di cui
agli articoli 2 e 3 commessi a loro vantaggio da qualsiasi persona che agisca
individualmente o in quanto parte di un organo della persona giuridica, la quale
detenga una posizione dominante in seno alla persona giuridica”.
La
posizione dominante deve essere basata:
a) sul potere di rappresentanza di detta persona giuridica, o
b) sull'autorità di prendere decisioni per conto della persona giuridica, o
c) sull'esercizio del controllo in seno a tale persona giuridica
Le
persone giuridiche potranno essere dichiarate responsabili quando la carenza di
sorveglianza o controllo da parte di uno dei soggetti menzionati abbia reso
possibile la perpetrazione degli atti criminosi a vantaggio della persona
giuridica da parte di una persona soggetta alla sua autorità.
La responsabilità della persona giuridica non esclude l'azione penale nei
confronti delle persone fisiche che siano autori, istigatori o complici dei
reati sopra elencati.
Ai
sensi dell’art 7, le sanzioni devono essere effettive, proporzionate e
dissuasive, e potranno comprendere sanzioni pecuniarie di natura penale o
amministrativa ed eventualmente altre sanzioni, tra cui:
a) l'esclusione dal godimento di un vantaggio o aiuto pubblico;
b) il divieto temporaneo o permanente di esercitare un'attività industriale o
commerciale;
c) l'assoggettamento a sorveglianza giudiziaria;
d) provvedimenti giudiziari di scioglimento;
e) l'obbligo di adottare misure specifiche al fine di evitare le conseguenze di
condotte analoghe a quelle che hanno condotto alla responsabilità penale.
Ciascuno
Stato membro adotta i provvedimenti necessari per definire la sua giurisdizione
per quanto riguarda i reati di cui agli articoli 2 e 3 commessi, tra l’altro,
a vantaggio di una persona giuridica con sede nel suo territorio (art 8) (3)
Altro strumento internazionale, non ancora ratificato dall’Italia, è la
Convenzione europea sulla protezione dell’ambiente attraverso il diritto
penale (Consiglio d’Europa, Strasburgo, 4 novembre 1998).
Tale convenzione prevede l’introduzione di criminal
or administrative sanctions or measures on legal persons on whose behalf è
stato commesso un reato tra quelli indicati negli artt 2 e 3, by
their organs or by members thereof or by another representative (art
9).
La responsabilità della persona
giuridica non esclude la responsabilità penale della persona fisica.
Gli
artt. 2 e 3 prevedono rispettivamente le intentional
offences e le negligent offences.
Tra
le prime vengono elencate le seguenti condotte:
a.
the discharge, emission or introduction of a quantity of substances or
ionising radiation into air, soil or water which:
i. causes death or serious injury to any person, or
ii. creates a significant risk of causing death or serious injury to any
person;
b.
the unlawful discharge, emission or introduction of a quantity of
substances or ionising radiation into air, soil or water which causes or is
likely to cause their lasting deterioration or death or serious injury to any
person or substantial damage to protected monuments, other protected objects,
property, animals or plants;
c.
the unlawful disposal, treatment, storage, transport, export or import of
hazardous waste which causes or is likely to cause death or serious injury to
any person or substantial damage to the quality of air, soil, water, animals or
plants;
d.
the unlawful operation of a plant in which a dangerous activity is
carried out and which causes or is likely to cause death or serious injury to
any person or substantial damage to the quality of air, soil, water, animals or
plants;
e.
the unlawful manufacture, treatment, storage, use, transport, export or
import of nuclear materials or other hazardous radioactive substances which
causes or is likely to cause death or serious injury to any person or
substantial damage to the quality of air, soil, water, animals or plants,
Le seconde consistono nella
realizzazione colposa di alcune delle fattispecie appena menzionate, in
particolare quelle indicate dalla lettera a) alla lettera e).
Inoltre l’art 4 prevede altre ipotesi di illecito penale o
amministrativo che devono essere adottate:
a
the unlawful discharge, emission or introduction of a quantity of
substances or ionising radiation into air, soil or water;
b
the unlawful causing of noise;
c
the unlawful disposal, treatment, storage, transport, export or import of
waste;
d
the unlawful operation of a plant;
e
the unlawful manufacture, treatment, use, transport, export or import of
nuclear materials, other radioactive substances or hazardous chemicals;
f
the unlawful causing of changes detrimental to natural components of a
national park, nature reserve, water conservation area or other protected areas;
g
the unlawful possession, taking, damaging, killing or trading of or in
protected wild flora and fauna species.
Le sanzioni penali (art 6) dovranno tenere conto della gravità degli
illeciti in questione, comprendendo pene detentive e pecuniarie, oltre al
ripristino dell’ambiente (reinstatement
of the environment).
Viene poi prevista la confisca, pure nella forma per equivalente, secondo
un indirizzo ormai diffuso a livello internazionale: si pensi allo stesso d.lg.
n. 231 che prevede la confisca obbligatoria del profitto del reato comunque
derivato alla persona giuridica
5
– I progetti di legge all’esame del Parlamento
Nella
precedente Legislatura era stato presentato il d.d.l. 3360, di iniziativa
governativa (14 aprile 1999) (“Introduzione nel codice penale di disposizioni
in materia di delitti contro l’ambiente”), che si proponeva di introdurre un
nuovo titolo VI-bis nel codice penale (Delitti contro l’ambiente).
In particolare venivano previsti i delitti di Inquinamento ambientale (art 452 bis), Distruzione del patrimonio naturale (art 452 ter), Traffico illecito di rifiuti (art 452 quater), Frode in materia ambientale (art 452 quinquies) (4).
Alla
data del 27 ottobre 2004, risultano all’esame delle Commissioni riunite
Giustizia e Ambiente del Senato i d.d.l. n. 66, 2994 e 3027, che si propongono
di inserire il Titolo VI bis nel Libro II c.p. (5)
Il
più risalente è il n. 66,
presentato il 5 giugno 2001 (Introduzione nel codice penale del Titolo VI-bis,
«Dei delitti contro l’ambiente», e disposizioni sostanziali e processuali
per combattere il fenomeno della criminalità in ambito ambientale). Più
recenti il n. 2994 presentato il 21 giugno 2004 (Introduzione
nel codice penale del titolo «Dei delitti contro l’ambiente» e istituzione
di un fondo di rotazione per il ripristino e la bonifica dei siti inquinati) e
il n. 3027 presentato il 7 luglio 2004 (Modifiche al codice penale in
materia di delitti contro l’ambiente, e disposizioni per combattere il
fenomeno della criminalità in ambito ambientale).
Si
riportano, di seguito, le disposizioni dei tre d.d.l. che contengono la
descrizione delle fattispecie incriminatici.
AS
66
Art.
452-bis. - (Nozione di ambiente) –
Agli effetti della legge penale, si
considera ambiente il complesso delle risorse naturali, sia come singoli
elementi che come cicli naturali, nonché il complesso delle opere dell’uomo
protette dall’ordinamento per il loro interesse ambientale, artistico,
turistico, archeologico, architettonico e storico.
Art.
452-ter. - (Alterazione dello stato dell’ambiente) –
Chiunque, in violazione di specifiche disposizioni, introduce nell’ambiente
sostanze o radiazioni, in modo da determinare il pericolo di una rilevante
alterazione dello stato dell’aria, dell’acqua o del suolo, è punito con la
reclusione da uno a cinque anni e con la multa da lire venticinque milioni a
lire cinquanta milioni. Agli effetti della presente disposizione, per rilevante
alterazione si intende quella che determina il superamento dei limiti di
accettabilità di contaminazione dell’aria, dell’acqua e del suolo,
stabiliti con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio.
La
pena è raddoppiata se i fatti che hanno determinato la grave alterazione di cui
al primo comma sono commessi all’interno di un’area naturale protetta, o se
dagli stessi deriva un pericolo per la vita o per l’incolumità pubblica.
Art.
452-quater. - (Traffici contro l’ambiente) –
Chiunque illegittimamente produce,
acquista, cede o riceve a qualsiasi titolo, trasposta, esporta, importa, procura
ad altri o comunque detiene sostanze o energie di qualunque natura, che siano
dannose o pericolose per l’ambiente, è punito con la reclusione da due a sei
anni e con la multa da lire venticinque milioni a lire cento milioni.
La
pena è aumentata da un terzo alla metà nel caso di importazioni ed
esportazioni delle sostanze, se trattasi di traffici internazionali o di
sostanze radioattive, e della metà se il fatto è relativo a quantità ingenti
delle medesime.
I rapporti tra la fattispecie di cui al primo comma del presente articolo e
quelle sanzionate ai sensi del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, in
tema di rifiuti, sono regolati secondo il principio di specialità indicato
nell’articolo 15.
Qualora i fatti di cui al primo comma del presente articolo abbiano provocato
una grave alterazione dello stato dell’ambiente, di cui all’articolo 452-ter,
si applica tale disposizione, con le aggravanti o le attenuanti ivi previste,
ove applicabili.
Art.
452-quinquies. - (Frode in materia ambientale) –
Chiunque, al fine di commettere taluno dei delitti previsti dal presente titolo,
ovvero di conseguirne l’impunità, omette o falsifica in tutto o in parte la
documentazione prescritta dalla normativa ambientale ovvero fa uso di
documentazione falsa, è punito con la reclusione fino a quattro anni e con la
multa fino a lire venti milioni.
Art. 452-sexies. - (Commissione in
forma associata) – Chiunque fa parte di un’associazione
formata da tre o più persone allo scopo di commettere taluno dei delitti
previsti dal presente titolo, è punito, per il solo fatto di partecipare al
sodalizio, con la reclusione da due a sei anni.
I
promotori, gli organizzatori, i capi, nonché coloro che, coscienti dello scopo
associativo, forniscono i mezzi finanziari o prestano consulenze tecniche
all’associazione sono puniti con la reclusione da tre ad otto anni.
Se l’associazione è di tipo mafioso ai sensi dell’articolo 416-bis,
coloro che vi partecipano sono puniti con le pene previste dal predetto articolo
aumentate di un terzo, se le attività delle quali gli associati intendono
assumere o mantenere il controllo siano finanziate, in tutto o in parte, con il
prezzo, il prodotto o il profitto di reati contro l’ambiente, l’assetto del
territorio e le bellezze naturali protette, ovvero se le attività economiche,
le autorizzazioni, gli appalti ed i servizi pubblici, che l’associazione
intende acquisire in modo diretto o indiretto, siano destinati alla protezione o
al recupero dell’ambiente.
La pena è aumentata se il numero degli associati è superiore ad otto.
Art.
452-octies. - (Delitti colposi contro l’ambiente) –
Quando sia commesso, per colpa, taluno
dei fatti previsti dagli articoli 452-ter e 452-quater, si
applicano le pene ivi rispettivamente stabilite, ridotte da un terzo alla metà.
Art.
452-bis. - (Definizioni) – Agli
effetti della legge penale si considera «illecito ambientale» qualsiasi
violazione di legge, di regolamento amministrativo o di una decisione adottata
da un’autorità competente, che abbiano finalità di protezione
dell’ambiente, inteso come complesso delle risorse naturali, sia come singoli
elementi che come cicli naturali, nonché come complesso delle opere dell’uomo
protette dall’ordinamento in ragione del loro interesse ambientale, artistico,
turistico, archeologico, architettonico e storico e il cui effetto sia di
cagionare il pericolo di una grave alterazione dello stato dell’ambiente o una
effettiva alterazione dello stesso.
Art.
452-ter. - (Inquinamento ambientale) –
Chiunque introduce, scarica, emette o
immette, in violazione di specifiche disposizioni, nell’aria, nel suolo o
nelle acque un quantitativo di sostanze o di radizioni ionizzanti che provochino
il decesso o lesioni gravi alle persone è punito con le reclusione da tre a
dieci anni e la multa da euro 25.000 ad euro 100.000.
La
pena è della reclusione da due a sei anni e della multa da euro 15.000 ad euro
50.000 se dal fatto deriva il deterioramento durevole o sostanziale
dell’ambiente naturale, il pericolo di decesso o lesioni gravi alle persone o
danni rilevanti a monumenti protetti, ad altri beni protetti, alla flora o alla
fauna.
La pena è della reclusione da sei mesi a tre anni e
della multa da euro 5.000 ad euro 15.000 se dal fatto deriva il pericolo di
deterioramento dello stato dell’aria, delle acque o del suolo.
Art.
452-quater. - (Distruzione del patrimonio naturale) – Chiunque
commette un illecito ambientale in un’area naturale protetta, determinando il
pericolo di rilevante deterioramento dello stato della flora, della fauna o del
patrimonio naturale è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la
multa da euro 5.000 ad euro 25.000.
Se
il fatto è commesso con colpa la pena è ridotta della metà.
La circolazione dei veicoli nelle aree naturali protette
è soggetta esclusivamente ai divieti e alle limitazioni dettate dal codice
della strada.
Art.
452-quinquies. - (Traffico illecito di rifiuti) – Chiunque
abusivamente e al fine di conseguire un ingiusto profitto elimina, tratta,
deposita, trasporta, cede, riceve, esporta o importa, procura ad altri o
comunque detiene ingenti quantitativi di rifiuti senza le prescritte
autorizzazioni o in violazione delle stesse è punito con la reclusione da uno a
sei anni e con la multa da euro 25.000 ad euro 100.000.
Se
il fatto è commesso con l’impiego di rifiuti pericolosi la pena è della
reclusione da tre a sei anni e la multa da euro 50.000 ad euro 150.000.
Se il fatto è commesso con l’impiego di materiale
nucleare o di altre sostanze radioattive pericolose la pena è della reclusione
da cinque a otto anni e la multa da euro 100.000 ad euro 250.000.
Art.
452-sexies. - (Frode in materia ambientale) – Chiunque,
fuori dai casi di concorso nel reato, al fine di commettere taluno dei delitti
previsti dal presente titolo, ovvero di conseguirne l’impunità, omette o
falsifica in tutto o in parte la documentazione prescritta dalla legge in
materia ambientale ovvero fa uso di documentazione falsa è punito con la
reclusione fino a quattro anni e con la multa fino ad euro 15.000.
AS N. 3027
Art.
452-bis. - (Definizione di ambiente) –
Agli effetti della legge penale, si
considera ambiente il complesso delle risorse naturali, intese sia come singoli
elementi che come cicli naturali, nonchè il complesso delle opere dell’uomo
protette dall’ordinamento per il loro interesse ambientale, artistico,
turistico, archeologico, architettonico e storico.
Art.
452-ter. - (Alterazione dello stato dell’ambiente) –
Chiunque, in violazione di specifiche disposizioni, introduce nell’ambiente
sostanze o radiazioni, in modo da determinare il pericolo di una rilevante
alterazione dello stato dell’aria, dell’acqua o del suolo, è punito con la
reclusione da uno a cinque anni e con la multa da ventimila a trentamila euro.
Agli effetti della presente disposizione, per rilevante alterazione si intende
quella che determina il superamento dei limiti di accettabilità di
contaminazione dell’aria, dell’acqua e del suolo, stabiliti con decreto del
Ministro competente.
La pena è raddoppiata se l’alterazione
dell’ambiente avviene, ovvero se dal fatto deriva pericolo per lo stato
dell’ambiente di un’area naturale protetta, o per la salute pubblica.
La pena è ridotta di due terzi se prima del giudizio il
soggetto responsabile elimina il pericolo per l’ambiente, ovvero, ove ciò non
sia possibile, ripari comunque il danno patrimoniale e non patrimoniale.
Art. 452-quater.
- (Traffici contro l’ambiente) – Chiunque illegittimamente
produce, acquista, cede o riceve a qualsiasi titolo, trasposta, esporta,
importa, procura ad altri o comunque detiene sostanze o energie di qualunque
natura, che siano dannose o pericolose per l’ambiente, è punito con la
reclusione da due a sei anni e con la multa da quindicimila a sessantamila euro.
La pena è aumentata da un terzo alla metà nel caso di
attività mirate all’importazione o all’esportazione delle sostanze di cui
al primo comma.
Art. 452-quinquies.
- (Associazione per delinquere contro l’ambiente) – Chiunque
faccia parte di un’associazione formata da due o più persone allo scopo di
commettere taluno dei delitti previsti dal presente titolo, è punito, per il
solo fatto di partecipare al sodalizio, con la reclusione da due a sei anni.
I promotori, gli organizzatori, nonchè coloro che,
coscienti dello scopo associativo, forniscono i mezzi finanziari o prestano
consulenze tecniche all’associazione, sono puniti con la reclusione da quattro
ad otto anni.
Art. 452-sexies.
- (Associazione di tipo mafioso per delinquere contro l’ambiente) –
Se l’associazione di cui all’articolo 452-quinquies è di tipo
mafioso ai sensi dell’articolo 416-bis, coloro che vi partecipano sono
puniti con le pene previste dal predetto articolo aumentate di un terzo, se le
attività delle quali gli associati intendono assumere o mantenere il controllo
siano finanziate, in tutto o in parte, con il prezzo, il prodotto o il profitto
di reati contro l’ambiente, l’assetto del territorio e le bellezze naturali
protette, ovvero se le attività economiche, le autorizzazioni, gli appalti ed i
servizi pubblici, che l’associazione intende acquisire in modo diretto o
indiretto, siano destinati alla protezione o al recupero dell’ambiente.
6
– Il d.d.l. 2994
Il
d.d.l. 2994 risulta di particolare interesse in relazione alla prevista
introduzione dell’art. 452-nonies. -
(Sanzioni per le persone giuridiche):
“Se
i delitti previsti dal presente titolo sono commessi dagli amministratori di una
persona giuridica nell’interesse della medesima o da persona che abbia agito
individualmente o in quanto parte di un organo di una persona giuridica, purché
dotata di potere di rappresentanza di detta persona giuridica, e quest’ultima
abbia tratto vantaggio o comunque beneficio dalla predetta attività illecita,
con la sentenza di condanna il giudice può comminare alla persona giuridica una
sanzione accessoria consistente, nei casi meno gravi, nel pagamento di una multa
da euro 10.000 ad euro 25.000 e, nei casi più gravi, nel pagamento di una multa
da euro 25.000 ad euro 100.000, l’interdizione temporanea o permanente
dall’esercizio dell’attività industriale o commerciale, l’esclusione dal
godimento di un vantaggio o aiuto pubblico, lo scioglimento coatto, l’obbligo
di adottare misure specifiche al fine di evitare le conseguenze di condotte
analoghe a quelle che hanno condotto alla responsabilità penale” (6).
E’
evidente che una simile apertura dovrà ormai fare riferimento al d.lg.
231/2001, che dovrà formalmente ospitare – nella sua “Parte speciale” –
le ulteriori integrazioni al catalogo di reati e al sistema di sanzioni
pecuniarie ed interdittive nello stesso previste.
L’attuale
formulazione richiede, a differenza del criterio generale di cui all’art 5
d.lg. 231, che il reato venga commesso nell’interesse della società “e”
che quest’ultima ne abbia tratto vantaggio.
Soprattutto,
l’estensione della responsabilità delle persone giuridiche al settore degli
illeciti ambientali dovrà confrontarsi con il sistema dei modelli di
organizzazione, gestione e controllo che costituisce il vero fulcro di
operatività del sistema de quo.
Gli
stessi codici etici, adottati da numerose società
e contenenti disposizioni generiche sul rispetto e la tutela
dell’ambiente, dovranno “mutare pelle” e diventare più specifici ed
effettivi, specie in riferimento al meccanismo di enforcement
(informazione, formazione e sanzioni disciplinari).
Insomma,
anche a questi fini, dovranno rappresentare un componente essenziale dei Modelli
sopra menzionati.
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