Consiglio di Stato, Sez. V, n. 6259, del 27 dicembre 2013
Rifiuti.Legittimità diffida della Provincia ad avviare al recupero ovvero allo smaltimento la quota di rifiuti  eccedente la messa in riserva.

E’ legittima la diffida della Provincia ad avviare al recupero ovvero allo smaltimento i rifiuti costituiti dalle calci di defecazione derivanti dalle lavorazioni dello zuccherificio, utilizzate per il recupero ambientale (R10), dalla quota di 3 metri fino a quella di 4,7 metri dal p.c.  Consentire tempi e quantità superiori per la messa in riserva di un rifiuto in regime di procedura semplificata comporta il rischio di creazione di una discarica, facendo insorgere il sospetto di una probabile perdita di controllo del flusso del rifiuto. Ai sensi del nuovo testo del DM 5 febbraio 1998, All. 3) (ora art. 214, comma 8, d.lgs. n. 152-06) per ciascun impianto o stabilimento di recupero la quantità massima di una determinata tipologia di rifiuto contemporaneamente messa in riserva ed avviata ad ulteriore operazione recupero, non può superare il 70% della quantità di rifiuti individuata nell’Allegato 4 come limite massimo per le operazioni di recupero effettuate sullo stesso rifiuto. Per i rifiuti combustibili tale limite viene ridotto al 50%, fatta salva la capacità effettiva di trattamento dell’impianto, che verrà preferita solo qualora risultasse inferiore. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 06241/2013REG.PROV.COLL.

N. 05454/2013 REG.RIC.

N. 06408/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5454 del 2013, proposto da: 
Lica di Giancarlo Borromeo & C. s.a.s., rappresentata e difesa dagli avv. Maria Sala, Claudio Sala e Stefano Gattamelata, con domicilio eletto presso quest’ultimo, in Roma, via di Monte Fiore 22;

contro

Gorbani Giacomo, Valeri Maria, Gorbani Giuseppe, Zantedeschi Maria Luigia, Gorbani Rachelino Francesco, Mareggiani Claudia, Gorbani Battista, rappresentati e difesi dall'avv. Bruno Santamaria, con domicilio eletto presso Giovanni Corbyons in Roma, via Maria Cristina, 2;

nei confronti di

Comune di Truccazzano, rappresentato e difeso dagli avv. Guido Bardelli, Andrea Manzi, con domicilio eletto presso Andrea Manzi in Roma, via Confalonieri 5; 
Ministero per i beni e le attività culturali, Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici della Lombardia, Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici di Milano, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;




sul ricorso numero di registro generale 6408 del 2013, proposto da: 
Ministero per i Beni e le attività culturali, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12;

contro

Gorbani Giacomo, Valeri Maria, Gorbani Giuseppe, Zantedeschi Maria Luigia, Gorbani Rachelino Francesco, Mareggiani Claudia, Gorbani Battista, rappresentati e difesi dall'avv. Bruno Santamaria, con domicilio eletto presso Giovanni Corbyons in Roma, via Cicerone, 44; 
Comune di Truccazzano, rappresentato e difeso dagli avv. Andrea Manzi, Guido Bardelli, con domicilio eletto presso il primo, in Roma, via Confalonieri 5; 
Lica di Giancarlo Borromeo e C. s.a.s., Ente regionale Parco Adda Nord;

per la riforma

quanto ad entrambi gli appelli

della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA – SEDE DI MILANO, SEZIONE IV, n. 00197/2013, resa tra le parti, concernente imposizione di vincolo indiretto ex art. 45 d.lgs n. 42/04 a salvaguardia di due compendi immobiliari



Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Gorbani Giacomo, Valeri Maria, Gorbani Giuseppe, Zantedeschi Maria Luigia, Gorbani Rachelino Francesco, Mareggiani Claudia, Gorbani Battista, del Comune di Truccazzano e del Ministero per i beni e le attività culturali, della Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici della Lombardia, della Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici di Milano e del Comune di Truccazzano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 dicembre 2013 il Cons. Fabio Franconiero e uditi per le parti gli avvocati Gattamelata, Piccinni per delega di Santamaria, Luigi Manzi in dichiarata sostituzione di Andrea Manzi, e Grasso per l’Avvocatura generale dello Stato;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

1. Con la sentenza n. 00197/2013, oggetto dei due appelli in epigrafe il Tribunale amministrativo regionale della Lombardia (Milano) ha annullato il decreto della Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici della Lombardia in data 22 novembre 2011, recante l’imposizione del vincolo indiretto ex art. 45 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) sugli immobili siti in Comune di Truccazzano, località Corneliano Bertario, censiti a catasto terreni al foglio 21, particelle 244, 245, 82, 83, 243, 242, Via della Grotta (già Via Lavagna) parte, 92, 216, 90, 85, 132, e catasto fabbricati, particelle 91 e 93, a tutela del compendio storico-monumentale composto dal Castello di Corneliano Bertario ed annessi rustici e dai complessi cortilizi denominati “Corte Marabelli”, “Corte Scuole” e “Corte Mandelli”, oggetto di vincolo storico-artistico ex l. n. 1 giugno 1939, n. 1089.

La sentenza è stata resa in accoglimento di due separati ricorsi, poi riuniti per connessione, proposti dall’amministrazione comunale di Truccazzano e dagli odierni appellanti incidentali, indicati in epigrafe, proprietari di alcuni immobili sottoposti al contestato vincolo indiretto.

La sentenza ha in particolare accolto le censure di travisamento di fatti, difetto di istruttoria e motivazione, a causa della infedele rappresentazione delle effettive caratteristiche insediative dei luoghi su cui il vincolo si fonda; nonché di omessa comparazione e difetto di proporzionalità rispetto ai contrapposti interessi urbanistico-edilizi vantati dalle due parti ricorrenti, quali scaturenti dall’intervenuta approvazione, sette anni prima del vincolo, di un piano di recupero dell’area a destinazione residenziale, poi recepito nello strumento urbanistico generale del Comune di Truccazzano.

Sono state quindi assorbite le restanti censure ed è invece stata respinta la domanda risarcitoria avanzata dai privati ricorrenti, i quali avevano lamentato l’intervenuta apposizione del vincolo aveva determinato la vanificazione dell’operazione di vendita del complesso immobiliare di loro proprietà ad una società immobiliare che avrebbe dovuto attuare il piano di recupero.

2. La sentenza è appellata separatamente dal Ministero per i beni e le attività culturali e dalla Lica di Giancarlo Borromeo & C. s.a.s., controinteressata in ragione del fatto di essere proprietaria del compendio architettonico direttamente vincolato.

3. I privati ricorrenti in primo grado hanno dal canto loro riproposto la domanda risarcitoria, a mezzo di appello incidentale rispetto all’appello principale del Ministero, nonché le censure del proprio ricorso di primo grado assorbite dalla sentenza.

4. In relazione al medesimo appello principale si è costituito in resistenza il Comune di Truccazzano.

DIRITTO

1. Gli appelli devono preliminarmente essere riuniti ai sensi dell’art. 96 Cod. proc. amm., essendo rivolti avverso la stessa sentenza.

2. Nell’accogliere i ricorsi di primo grado, la sentenza ha osservato, in primo luogo, che la Direzione regionale non ha adeguatamente esaminato le analitiche osservazioni del Comune di Truccazzano volte ad evidenziare che la rappresentazione dei luoghi contenuta nella relazione tecnico-scientifica della Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio di Milano, da cui ha tratto origine il procedimento culminato poi nell’apposizione del vincolo, non corrisponde al reale stato di fatto della località Corneliano Bertario, risultando sotto questo profilo inficiato il provvedimento finale che su quest’ultima si è basato. Si legge infatti nella sentenza, al punto 3.1: “a fronte di una specifica e chiara contestazione comunale in ordine alla non corrispondenza all’effettivo stato dei luoghi della descrizione contenuta nella relazione, sarebbe stato necessario procedere ad una confutazione analitica della stessa”; e che pertanto l’atto impugnato “sembra aver ritenuto non determinante ai fini dell’apposizione del vincolo indiretto la concreta conformazione del contesto di intervento sul quale apporre il ridetto vincolo, fondandosi invece su valutazioni, almeno in parte, non corrispondenti a tangibili esigenze di tutela”.

Oltre a ciò il giudice di primo grado ha censurato, al punto 3.2 della motivazione, l’omessa considerazione del piano di recupero già approvato, ravvisando conseguentemente un pregiudizio “sia degli interessi pubblici legati alla pianificazione urbanistica, sia degli interessi privati, che non sono in attesa di espansione o di concretizzazione, ma risultano già pienamente sussistenti ed acquisiti al patrimonio dei rispettivi titolari”. A questo specifico riguardo, la sentenza ha messo in evidenza il lungo tempo trascorso tra l’approvazione del piano di recupero e l’apposizione del vincolo (dal 2004 al 2011), circostanza che avrebbe richiesto un’istruttoria maggiormente accurata, attraverso un effettivo contraddittorio con le parti interessate ed “una motivazione molto più analitica e approfondita, soprattutto attraverso l’indicazione delle parti sulle quali gli interventi previsti non sarebbero stati assolutamente attuabili, altresì suggerendo, se possibile, soluzioni alternative”.

3. Nell’appello il Ministero controdeduce che:

- la relazione tecnico-scientifica non deve fornire una descrizione dettagliata dei luoghi, ma solo evidenziare le esigenze di tutela del bene culturale da sottoporre a tutela indiretta “non essendo diretta a spiegare le ragioni dell’imposizione di un vincolo indiretto, ma soltanto le esigenze di conservazione dell’integrità e di migliore godibilità dei beni che a vincolo diretto già sono assoggettati”;

- il contestato vincolo indiretto non determina un’inedificabilità assoluta ma, nel realizzare un giusto equilibrio con i preminenti interessi del patrimonio artistico, si limita a prescrivere che questa si esplichi nel rispetto di limiti volumetrici e caratteri costruttivi coerenti con i valori storico-architettonici del castello e delle corti rustiche soggette a vincolo diretto, come peraltro già rappresentato dalla Soprintendenza in occasione dell’approvazione del piano di recupero;

4. Dal canto suo, la Lica s.a.s. asserisce nel proprio appello che:

- la relazione tecnico-scientifica di avvio del procedimento contiene un’esauriente descrizione dei luoghi e nel corso dell’istruttoria le parti originarie ricorrenti hanno potuto formulare le loro osservazioni, che sono state espressamente considerate nel provvedimento conclusivo, mentre la sentenza ha finito per sconfinare in apprezzamenti involgenti il merito della decisione finale, con la quale si è coerentemente inteso assicurare il mantenimento delle caratteristiche originarie del borgo rurale nel quale sono inseriti il castello e le corti rustiche vincolate;

- il piano di recupero è rimasto inattuato per anni, cosicché nessun contrapposto affidamento privato può configurarsi nel caso di specie, e comunque il vincolo indiretto non preclude l’aspettativa edificatoria discendente dal piano, ma si limita a contemperarla con le superiori esigenze di tutela dei beni monumentali già sottoposti a vincolo diretto.

5. L’appello, ritiene il Collegio, merita accoglimento.

Va premesso, in fatto, che gli immobili oggetto del vincolo indiretto qui in contestazione consistono in due compendi collocati all’interno il centro storico della frazione di Corneliano Bertario del Comune di Truccazzano. Uno dei due compendi è di proprietà dei sig.ri Gorbani, anch’essi ricorrenti, e precisamente quello formato dalle particelle 244, 245, 82, 83, 243, 242 e 132.

In diritto, è bene precisare che con un primo ordine di censure le due parti appellanti principali contestano l’accoglimento della censure di travisamento dei fatti e carente istruttoria e motivazione, relativamente alle caratteristiche dei luoghi sottoposti a vincolo indiretto.

5.1 Il Ministero si limita ad affermare che, in realtà, tale approfondimento istruttorio non è necessario, essendo sufficiente l’enucleazione dei profili necessari ad assicurare la conservazione dei valori inerenti i beni direttamente vincolati, ai sensi dell’art. 45 d.lgs. n. 42 del 2004, oltre che l’indicazione dei dati catastali dei beni da sottoporre a vincolo indiretto.

5.2 La controinteressata Lica s.a.s. invece sottolinea che la relazione tecnico-scientifica della Soprintendenza prende partitamente in considerazione i luoghi in contestazione, analizzando le costruzioni edili fiancheggianti le corti rustiche e quelle prospicienti la piazza posta di fronte al castello, dando compiuta indicazione, anche alla luce delle controdeduzioni del Comune di Truccazzano e dei sig.ri Gorbani in sede procedimentale, delle esigenze di tutela delle condizioni di decoro, luce e prospettiva dei beni vincolati.

5.3 A questa deduzione gli appellanti incidentali obiettano che la documentazione fotografica versata agli atti del giudizio fornisce una smentita agli accertamenti istruttori alla base del vincolo, in particolare comprovando: che la limitazione della cortina edilizia a due piani interessa solo una piccola parte degli edifici prospicienti sulla via San Giorgio, a causa della presenza di un fienile, e che sulla stessa vi sono ben sei aperture e non già un numero limitato come affermato nella relazione tecnico-scientifica; il muretto di cinta su piazza Gallarati-Scotti non trova riscontro nei documenti catastali dell’epoca, sicché è smentito il supposto ruolo fondamentale nel contesto storico-architettonico e la connessa visuale prospettica assicurata dalla stessa; il piccolo calibro, tipico dell’antica strada rurale, di via della Grotta è parimenti contraddetta dalle cartografie originarie, dalle quali risulta un’ampiezza maggiore. Nel complesso, quindi, non sarebbe perseguito il fine tipico del vincolo indiretto ex art. 45 d.lgs. n. 42 del 2004, che è quello di “garantire l’originaria conformazione urbanistico-tipologica dei luoghi circostanti i beni architettonici vincolati”.

Le deduzioni in questione riprendono quelle contenute nella relazione tecnica prodotta dai sig.ri Gorbani in sede procedimentale. In tale relazione, si dà conto del fatto che la volumetria assentita nell’ambito del piano di recupero, pari a 22.881 mc avrebbe determinato un modesto incremento insediativo (“inferiore a 100 mc”), e che, inoltre, il progetto era già stato valutato conforme alle norme tecniche di attuazione del piano territoriale di coordinamento del Parco Adda Nord, nell’ambito del quale il compendio immobiliare e la frazione di Corneliano Bertario sono inseriti, ottenendo il relativo parere favorevole da parte della competente autorità preposta al vincolo paesaggistico. La relazione in questione fornisce poi una sommaria descrizione delle caratteristiche dei lavori, relative a ciascuna particella di cui il compendio si compone, specificando che al fine di rispettare le citate norme tecniche gli interventi previsti consistono prevalentemente in ristrutturazioni in sito, salvo che per i manufatti risultati insuscettibili di recupero edilizio. Seguono poi analitiche confutazioni della relazione tecnico-scientifica della Soprintendenza, nelle quali: si pone in evidenzia che per le costruzioni prospicienti l’ex via San Giorgio sono previsti esclusivamente interventi di ristrutturazione in sito, al fine di rispettare il vincolo derivante dall’inserimento del manufatto nel Parco Adda Nord ed in particolare allo scopo non snaturare la connotazione rurale del borgo; si nega che la piazza Gallarati Scotti fosse realmente esista in passato, non essendovi documentazione catastale al riguardo ed essendo l’assunto smentito dall’attuale conformazione; si riferisce, e si documenta fotograficamente, che la prospettiva fornita da via della Grotta non denota una sua formazione risalente, vista la presenza di una cortina muraria formata dalla tamponatura del portico della stalla Gorbani e, dall’altro lato, da una recinzione metallica su zoccolo in calcestruzzo delle frontistanti abitazioni; si deduce infine l’irragionevolezza dell’apposizione di un vincolo indiretto su alcuni fabbricati del compendio, consistenti in silos in cemento armato e stalle o ricoveri di animali, parte dei quali in calcestruzzo o con copertura in onduline trasparenti.

Di tenore non dissimile sono le difese svolte dal Comune di Truccazzano.

6. Tanto precisato, ritiene il Collegio che il provvedimento impugnato si sottragga ai rilievi del Comune e degli odierni appellanti incidentali.

Nel provvedimento impugnato, il Ministero odierno appellante principale ha precisato che beni situati nei luoghi sottoposti a vincolo indiretto “non sono vincolati necessariamente per la loro storicità, ma piuttosto come contesto urbano costituitosi e conservatosi in modo tale da garantire le condizioni favorevoli esistenti di decoro, luce e prospettiva ai beni monumentali vincolati circostanti”, tenuto per giunta conto del fatto che il contesto preso in considerazione era il frutto di“una stratificazione successiva di episodi edilizi”; e che, conseguentemente, non è decisiva l’epoca di realizzazione dei manufatti presi in considerazione.

Ciò in particolare per quanto riguarda le contestazioni relative al muro di cinta insistente sulla particella n. 93, in piazza Gallarati Scotti, che i sig.ri Gorbani ed il Comune di Truccazzano riconducono ad epoca recente.

Oltre ad essere congruente con la tipica funzione di tutela dell’integrità di beni culturali propria del vincolo indiretto di cui all’art. 45 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, come diffusamente precisato da questa VI Sezione nella sentenza 3 luglio 2012, n. 3893, il citato passaggio motivazionale è comunque idoneo a privare di pregio le deduzioni degli appellanti incidentali, così come le censure da questi e dal Comune di Truccazzano svolte nei rispettivi ricorsi di primo grado, nondimeno accolte dal primo giudice.

Preliminare è invero la considerazione che il vincolo indiretto, previsto dalla Parte seconda (Beni culturali) del Codice, è funzionale “ad evitare che sia messa in pericolo l'integrità dei beni culturali immobili, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro”. Non si tratta di un vincolo che implica l’accertamento di un pregio culturale (e tanto meno paesaggistico) intrinseco al territorio che riguarda, ma che è servente alla protezione della cornice di un distinto immobile, a sua volta dichiarato, quello sì per le sue intrinseche caratteristiche, bene culturale.

Non vale pertanto assumere, come qui invece viene fatto, che il vincolo in questione non si basa sul previo accertamento di caratteristiche di pregio, culturale o a ben vedere paesaggistico, della porzione di territorio che questo stesso vincolo indiretto concerne.

Cioè fermo, può comunque osservarsi che, in realtà, gli asseriti travisamenti fattuali e carente istruttoria nella ricostruzione dei luoghi non sussistono, perché il provvedimento impugnato contiene un’analitica confutazione delle contrarie deduzioni delle parti ricorrenti in primo grado. E nemmeno sussiste una violazione dei parametri di congruenza, proporzione e ragionevolezza, applicati al caso particolare del vincolo culturale indiretto, anche in rispetto alla pregressa pianificazione urbanistica attuativa.

Nel provvedimento si precisa infatti che il rispetto delle esigenze di tutela dei beni vincolati può condurre “ad una rimodulazione delle volumetrie o ad una loro diversa distribuzione”. Quindi si formulano analitiche prescrizioni volte a disciplinare l’attività edilizia programmata dai sig.ri Gorbani e dal Comune di Truccazzano nell’ambito del piano di recupero interessante il compendio immobiliare dei primi.

Le quali prescrizioni sono precedute dall’illustrazione delle relative ragioni, consistenti nella necessità di assicurare che i lavori di riconversione ad uso residenziale rispettino gli “allineamenti sulle strade e limiti alle altezze”, al fine di conservare le caratteristiche costruttive “del tipo a corte”. Coerenti con tali premesse si rivelano quindi le sopra dette prescrizioni, nella parte in cui sono volte ad imporre il rispetto dei “caratteri costruttivi già presenti”: ed in particolare, fabbricati a due piani, con il primo a livello della strada, assenza di sporti sulla strada, proporzioni tradizionali delle gronde e caratteristiche esistenti dei rivestimenti esterni e delle coperture. Non mancano specificazioni proprio con riguardo alla possibilità di ricostruire manufatti non recuperabili e di elevare a tre piani le particelle non visibili dalla strada, il tutto come rappresentato dai sig.ri Gorbani mediante la loro relazione tecnica.

6.1 Di fronte a tali analitiche prescrizioni ed alla loro apprezzabile congruità con il fine di tutela delle caratteristiche del borgo nel quale sono inseriti gli immobili vincolati, perdono innanzitutto rilievo le doglianze relative al lasso temporale trascorso tra l’apposizione del vincolo diretto (1981 per il castello e 1988 per le corti rustiche) e il vincolo indiretto contestato in questa sede.

E’ vero infatti che ragioni di migliore efficacia dell’azione amministrativa avrebbero sollecitato un intervento ravvicinato rispetto all’adozione del vincolo diretto, ma ciò non è sufficiente, in paradossale direzione opposta, a ritenere il vincolo indiretto illegittimo.

La circostanza potrebbe infatti rilevare, in ipotesi, laddove gli apprezzamenti tecnico-discrezionali fossero del tutti avulsi dal contesto fattuale di riferimento o dalle deduzioni difensive delle parti interessate; ma non già nel caso di specie, nel quale l’Amministrazione ha attentamente ponderato i contrastanti interessi pubblici e privati ed emesso prescrizioni del tutto proporzionate alle esigenze di tutela dei beni direttamente vincolati.

Tanto meno le originarie ricorrenti possono dolersi del fatto che il piano di recupero sia precedente di sette anni rispetto al vincolo indiretto, visto che, come debitamente esplicitato nel provvedimento qui impugnato, gli interessi urbanistici sono recessivi rispetto a quelli di tutela dei beni storico-artistici, solo imponendosi se del caso un componimento non irragionevolmente lesivo dei primi, il che non può dirsi avvenuto nel caso di specie alla luce di quanto detto sopra.

Del pari, la necessità di apportare modifiche al piano come approvato non costituisce di per sé un motivo ostativo all’emissione del vincolo indiretto, essendo onere delle contrapposte parti pubblica e privata del primo procedere alle variazioni imposte da quest’ultimo.

Gli odierni appellanti lamentano poi che per il vincolo sull’altezza delle gronde nei confronti della particella n. 242, costituente quella di maggior consistenza (pari al 42%), determinerebbe l’inedificabilità assoluta, a causa della perdita della “possibilità di arretrare dal fronte stradale”, e quindi la totale inattuabilità del piano di recupero.

La deduzione non è condivisibile, visto che ciò che viene impedito è appunto l’arretramento, al fine di mantenere l’attuale conformazione dei corpi edilizi esistenti e degli assetti viari del borgo, in coerenza con gli obiettivi del vincolo indiretto ex art. 45 d.lgs. n. 42 del 2004, ma non già il recupero dell’organismo edilizio esistente, purché senza la modifica delle caratteristiche attuali. Ciò comporta indubbiamente una rivisitazione del piano di recupero, per il quale si ipotizzava la creazione di un piano seminterrato, uno rialzato, il primo ed il sottotetto. Ma sul punto deve richiamarsi quanto sopra osservato, e cioè che la prevalenza dell’interesse pubblico alla tutela del patrimonio culturale rende recessivi gli strumenti di attuazione urbanistico-edilizi, quand’anche già definitivamente approvati, in ragione di un principio generale di gerarchia che si estrinseca nella previsione dell’art. 45, comma 2, seconda parte (“Gli enti pubblici territoriali interessati recepiscono le prescrizioni medesime nei regolamenti edilizi e negli strumenti urbanistici”).

Parimenti non condivisibile è la statuizione di accoglimento delle doglianze volte a stigmatizzare l’omessa adeguata ponderazione degli interessi pubblici e privati all’attuazione del piano di recupero a destinazione residenziale precedentemente approvato e recepito negli strumenti urbanistici del Comune di Truccazzano.

Come ancora una volta condivisibilmente evidenziato nel decreto impugnato, “la disciplina urbanistica e la disciplina dei Beni Culturali sono ambiti completamente distinti, con una prevalenza del profilo di tutela su quello urbanistico”.

6.2 Ne consegue che l’Amministrazione si è attenuta nel suo complesso al doveroso perseguimento delle finalità tipiche del provvedimento di vincolo indiretto, avendo dapprima debitamente acquisito i fatti rilevanti ai fini dell’esercizio del potere ad essa attribuito, quindi valutato gli stessi alla luce delle contrarie osservazioni svolte dalle parti partecipanti al procedimento, e infine emettendo una decisione coerente come li acquisizioni e le risultanze dell’istruttoria e con gli interessi pubblici alla cui cura detto potere è preordinato.

Sovviene sul punto il citato precedente di questa Sezione n. 3893/2012, nel quale, accertata la congruità dell’istruttoria e della motivazione, si è affermato che del tutto legittimamente il Ministero aveva imposto a mezzo del vincolo indiretto ex art. 45 d.lgs. n. 42 del 2004, sacrifici alle contrapposte aspettative private di attività edificatoria.

Del pari, non risulta superato il limite di proporzionalità anche ad assumere che l’esercizio del potere di apposizione del vincolo indiretto debba considerare le aspettative edificatorie. La misura della proporzionalità e ragionevolezza è invero intrinseca all’esigenza di tutela (v. ampiamente il rammentato precedente n. 3893/2012) e comunque si deve qui registrare la presa in considerazione, nei ricordati termini, dello stesso interesse edificatorio.

7. Le osservazioni sinora svolte sono inoltre idonee a confutare anche i motivi del ricorso originario dei sig.ri Gorbani assorbiti dalla sentenza e da quelli debitamente riproposti nell’appello incidentale.

Pertanto, essendosi accertata la legittimità dei provvedimenti impugnati, la domanda risarcitoria proposta in quest’ultimo mezzo deve essere respinta.

8. In conclusione, in accoglimento degli appelli riuniti ed riforma della sentenza appellata, devono essere respinti i ricorsi della predetta parte privata e del Comune di Truccazzano.

Le spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate integralmente tra tutte le parti litiganti, ravvisandosi nella complessità delle questioni trattate giusti motivi ex art. 92 Cod. proc. civ. a sostegno di tale statuizione.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sugli appelli riuniti, come in epigrafe proposti, così provvede:

- accoglie gli appelli principali riuniti;

- respinge l’appello incidentale;

per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge i ricorsi originari.

Spese del doppio grado di giudizio interamente compensate tra tutte le parti in causa.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 dicembre 2013 con l'intervento dei magistrati:

Giuseppe Severini, Presidente

Maurizio Meschino, Consigliere

Roberto Giovagnoli, Consigliere

Vito Carella, Consigliere

Fabio Franconiero, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 27/12/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)