NUOVE DISPOSIZIONI PER IL RIORDINO, IL COORDINAMENTO E L'INTEGRAZIONE DELLA LEGISLAZIONE IN MATERIA DI ECOLOGIA
di Vanessa Sangiorgi
DELEGA AMBIENTALE - approvata con la fiducia
(Emendamento 1.100 Ddl Senato 1753-B).
Il 14 ottobre 2004 il Senato pone la fiducia al Governo, sull'emendamento che ha riscritto il testo del Ddl in materia ambientale. Si tratta di un provvedimento, già approvato dalla Camera, e modificato in Commissione a Palazzo Madama, nel quale sono contenute le nuove disposizioni per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale. Tra l'altro nel provvedimento sono contenute una serie di nuove disposizioni che modificano provvedimenti in vigore, (es. Decreto Ronchi D. L.vo n.22/1997, Codice dei beni culturali e ambientali D. L.vo n.42/2004 ).
Entro 18 mesi dall'entrata in vigore dalla presente legge il Governo dovrà adottare decreti legislativi di riordino, coordinamento e integrazione nei seguenti settori:
a) gestione dei rifiuti e bonifica dei siti inquinati;
b) tutela delle acque e gestione delle risorse idriche;
c) difesa del suolo;
d) gestione delle aree protette;
e) tutela risarcitoria contro i danni ambientali;
f) procedure per la VIA e la VAS;
g) tutela dell'aria.
In particolare, i decreti legislativi dovranno conformarsi ai seguenti principi e criteri generali:
a) salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità dell'ambiente, della protezione della salute umana e utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali.
b) maggiore efficienza e tempestività dei controlli ambientali;
c) invarianza degli oneri finanziari;
d) sviluppo e coordinamento delle misure che prevedono incentivi per sostenere l'introduzione e l'adozione di tecnologie disponibili, il risparmio e l'efficienza energetica e rendere più efficienti le azioni di tutela dell'ambiente e di sviluppo sostenibile;
e) piena e coerente attuazione delle direttive comunitarie con l'affermazione dei principi di precauzione, correzione e riduzione degli inquinamenti e dei danni ambientali e del principio "chi inquina paga";
f) semplificazione delle procedure relative agli obblighi di dichiarazione, comunicazione, di denuncia o notificazione in materia ambientale;
g) riaffermazione del ruolo delle regioni
h) adozioni di strumenti economici volti a incentivare le piccole e medie imprese alla certificazione ambientale secondo le norme EMAS
Un altro punto saliente è la condanna all'abbattimento per gli ecomostri e condono per gli abusi edilizi nelle aree protette realizzati fino al 30 settembre scorso ma che avranno superato l'accertamento di compatibilità paesaggistica. Chi ha costruito abusivamente dovrà mettere mano al portafoglio e versare nella casse dello Stato dai 3 mila ai 50 mila euro. La domanda di sanatoria dovrà essere presentata entro il 31 gennaio 2005. La delega prevede una serie di depenalizzazioni per i "peccati veniali" cioè quelli che non hanno dato luogo a nuove superfici o volumi, come la chiusura o l'apertura di una finestra. La parola spetterà alle sovraintendenze.
Non ci sarà nessun procedimento penale per i trasgressori ma la multa. E nell'ipotesi delle pene di abusi gravi: fino a 4 anni di carcere per gli aumenti di volumetria superiori al 30% per abusi edilizi in aree protette. Stessa pena se l'ampliamento supera i 750 metri cubi o se si costruisce un fabbricato di 1000 metri cubi. La delega prevede l'abbattimento di una serie di ecomostri, uno su tutti Punta Perotti a Bari conto il quale interverrà l'esercito.
Ma torniamo indietro.
Nell'ottobre 2001 il Ministro dell'Ambiente Altero Matteoli ha presentato alla Camera il disegno legge sulla "Delega ambientale", un provvedimento che sottrae le più importanti questioni ecologiche al controllo del Parlamento per affidarle a 24 esperti nominati dallo stesso ministro.
Saranno loro, quando la delega ambientale appena approvata dal Senato diverrà operativa, a legiferare al posto dei parlamentari con appena 20 gg di tempo per dare un parere consultivo.
Nel corso di questi 3 anni la delega si è appesantita fino a compromettere seriamente il futuro ambientale dell'Italia.
In sintesi i principali disastri ecologici che rischiano di essere causati dalla delega ambientale che il Parlamento si prepara ad approvare:
1. Acqua. Il testo che sta per arrivare alla Camera in terza lettura, ignora ogni richiamo alle direttive europee sulle acque: il suo obiettivo principale è accelerare i processi di privatizzazione delle risorse idriche.
2. Rifiuti. Contestazione con la nuova definizione di rifiuto che ha inquadrato intere classi di rifiuti pericolosi in merci vendibili. Si è passati inoltre a trasformare in materie prime seconde i rottami ferrosi, anche provenienti da parsi dell'Est quali l'area di Chernobyl, semplificando i controlli, al punto da renderli inefficaci.
3. Parchi. La gestione Matteoli ha inciso gravemente sui parchi. Nell'aprile 2003 dei 22 parchi nazionali esistenti 10 erano senza presidente, 5 erano commissariati, 6 senza consiglio direttivo, 2 non attivati, 20 privi di direttore regolarmente incaricato. La delega ambientale introduce una differenziazione nominale pericolosa. La protezione ambientale dei parchi viene allentata separando i parchi fluviali da quelli geominerari, le aree protette dai parchi agricoli, mantenendo il vecchio progetto di aprire la caccia nei parchi.
4. Valutazione d'Impatto Ambientale. Il punto cruciale è la creazione di una VIA da applicare alle opere pubbliche strategiche indicate dalla Legge Obiettivo, in modo da non costituire più un reale vincolo. Si rischia di offrire più garanzie ambientali per una piccola opera che per le grandi opere quali il Ponte sullo Stretto.
5. Difesa del suolo. Nel testo della delega si dice che i piani per la difesa del suolo devono coordinarsi con i piani urbanistici. Un termine vago che non permette di ricavare una precisa scala di priorità. Secondo la logica di un buon governo idrogeologico, i piani di difesa del suolo vengono prima di quelli urbanistici. Decenni di disastrose alluvioni in un futuro ancora più incerto, suggeriscono la strada della rinaturalizzazione invece che l'edificabilità dell'area colpita, come invece accadrebbe se i piani urbanistici prendessero il sopravvento.
Una delega che, per ampiezza di contenuti e vaghezza dei criteri, ha sollevato più di una perplessità, soprattutto in relazione alla costituzionalità dello stesso provvedimento. L'articolo 76 della Costituzione, stabilisce che l'esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti. Ciò nondimeno, il disegno di legge attualmente in discussione attribuisce in pratica al Governo il compito di "riordinare, coordinare ed integrare" l'intera legislazione ambientale del nostro paese, indicando quali settori di riordino praticamente tutti i campi dello scibile umano in materia di ambiente e tutela delle risorse. Lo strumento della delega, infatti, è previsto nel nostro sistema legislativo ma con dei chiari paletti. Innanzitutto è un atto straordinario che deve rispettare tempi e oggetti ben definiti, e quindi non può essere vago. Inoltre, devono essere espressi dei criteri ben precisi che l'esecutivo deve seguire nella sua veste particolare di legislatore. Questa legge, invece, è una delega in bianco che comprende tutto lo scibile esistente sull'argomento e prevede tempi larghissimi.
Inoltre, in alcune materie la legge attribuisce al Governo la delega al riordino di legislazioni che, attualmente, nemmeno esistono (come nel caso della VIA o della VAS).
Vorrei parlare del fervore dimostrato dal Capo di Gabinetto del Ministero dell'Ambiente nel volerla far applicare prima ancora che sia stata approvata.
Il Capo di Gabinetto, dunque, per non perdere tempo, ha pensato di inviare a tutti i Direttori ed all'Ufficio Legislativo del Ministero, nonché all'APAT e all'ICRAM, una circolare nella quale, dando per approvato definitivamente il provvedimento delega (che, invece, deve ancora passare al vaglio della Camera dei Deputati) invita tutti i destinatari: "… a volersi astenere dall'elaborare, discutere o anche solo impostare attività aventi contenuto attuale o in prospettiva sugli argomenti della Delega Legislativa, facendo eccezione per i soli casi nei quali le motivazioni di carattere sovranazionale richiedano una operatività immediata. Tali casi e le conseguenti attività dovranno essere discussi con l'Ufficio scrivente. Le attività eventualmente in corso dovranno essere immediatamente sospese, lasciandone l'ulteriore corso ai meccanismi previsti nella stessa disposizione normativa".
Secondo il Capo di Gabinetto, la polemica sarebbe strumentale, considerando normale richiedere la sospensione dell'attività di elaborazione normativa in vista dell'approvazione della delega. Il fatto è, che nella circolare non si parla di attività di elaborazione normativa, bensì di attività.
Il fatto è che, nella burocrazia verba volant, scripta manent.
Orbene, o il Capo di Gabinetto ha provveduto a trasmettere una circolare interpretativa della precedente circolare "ultimativa", oppure, visto l'ampio oggetto della legge, non ci resta che cercar di capire di quali attività dovranno, o potranno, occuparsi, nei diciotto mesi di esercizio della delega governativa, le centinaia di dipendenti, quadri, dirigenti, tecnici, consulenti che attualmente dipendono dal Ministero.
Una legge, che spazza via vent'anni di normativa ambientale, sin dal 19 ottobre 2001, allorquando il ministro dell'Ambiente Altero Matteoli depositava il testo alla camera dei deputati. Non solo perché la delega in materia ambientale non racchiude in sé i criteri classici di una delega - nascondendo, quindi, un intento di modifica a 360 gradi - ma anche perché priva il parlamento della sua funzione legislativa, demandandone la competenza a una commissione di 24 esperti scelti dal ministro Matteoli, contrariamente a quanto prevede la Costituzione. Per non parlare delle norme di diretta applicazione, un vero e proprio attentato all'ambiente, sbucate dopo la discussione in aula. Del resto il dibattito parlamentare sulla legge delega è stata un lungo gioco a scacchi tra maggioranza e opposizione, capitanata dai Verdi e appoggiata dal cartello delle maggiori associazioni ambientaliste (Wwf, Legambiente, Italia nostra, Comitato per la bellezza, Greenpeace, Inu, Lac, Vas, Marevivo, Lipu, Lav, Associazione Bianchi Bandinelli). La mossa vincente è stata quella del Governo, presentando, a Palazzo Madama, un maxi-emendamento su cui ha posto la fiducia, ignorando le proposte degli ecologisti e i 3.500 emendamenti presentati dall'opposizione. Ma andiamo con ordine.
I giorni che Matteoli presenta il disegno di legge delega in materia d'ambiente alla camera dei deputati sono i giorni del dibattito infuocato sulla legge Obiettivo, voluta dal ministro delle Infrastrutture Pietro Lunardi, con l'intento di semplificare la valutazione di impatto ambientale (Via) colpevole, secondo il ministro, delle mancate grandi opere. Poco prima la legge Tremonti aveva inaugurato la legislatura con una sanatoria ambientale.
È in questo contesto che viene presentata la legge delega. Solo quattro articoli che permettono all'esecutivo di riscrivere la legislazione ambientale, affermatasi negli ultimi quindici anni, grazie soprattutto alle norme comunitarie a tutela dell'ambiente. L'alibi per cui la delega nasca solo per mettere ordine alle norme di carattere ambientale non regge nemmeno un istante. Non solo perché gli ecologisti non si sono mai opposti a una vera risistemazione legislativa, ma anche perché per mettere ordine nelle leggi vigenti sarebbero bastati dei testi unici cosiddetti "compilativi", che però non avrebbero avuto senso per alcune materie (è il caso dei parchi e delle acque), dove già da tempo sono in vigore leggi-quadro, concepite proprio per dare una cornice certa e definita alla normativa di settore.
Nella delega vengono poi elencati alcuni vaghi principi e criteri direttivi, attribuendo, invece, a una commissione di 24 esperti il compito di coordinare la riscrittura delle leggi, scippando il parlamento delle sue prerogative e decretando la chiusura delle commissioni competenti, a cui rimane solo il compito di esprimere pareri non vincolanti. E come se il parlamento avesse dato al governo la facoltà di cancellare anni di lotte ambientaliste, evitando ogni possibile dibattito con le opposizioni. Ma non finisce qui. È con questa sbrigativa leggina che iniziano i lavori parlamentari, rallentati da continui interventi sull'ambiente, operati con la "decretazione d'urgenza" (si pensi al decreto sblocca centrali o a quello che autorizza la combustione del pet coke nel petrolchimico di Gela). Quindi, da una lato il governo reclama l'ordine, dall'altro continua a creare confusione con la produzione di micro-norme di carattere straordinario e urgente, proprio nelle materie oggetto di delega, smantellando le leggi- quadro esistenti. Si pensi ai parchi. La legge che tutela i parchi italiani promulgata nel 1991 è costata al nostro parlamento molte tempo e molte fatiche… ci sono voluti quasi ottanta anni di discussioni… oggi i nostri parchi potrebbero essere a rischio, potrebbero essere, infatti, riperimetrati e riclassificati, aprendo alla caccia e a nuove costruzioni, terreni oggi protetti. Questo avverrebbe attraverso la modifica della legge attuale fatta da una commissione di esperti nominata dal ministro Matteoli che potrà cambiare la legge-quadro sui parchi". "Lo stesso potrà avvenire con la legge sui rifiuti, quella sulle acque, sul danno ambientale, sulla difesa del suolo, sulle bonifiche… sarà una commissione di esperti e non il parlamento a modificare tutto l'impianto della legislazione ambientale del nostro paese. E che il gruppo dei 24 sia guidato da interessi lobbystici, e non da spirito ambientalista, sembra esserne certo il senatore verde Turroni: "altrimenti - dice - non si spiegherebbe il blocco attuato da una parte della stessa maggioranza soprattutto sulle norme di modifica dei servizi pubblici locali". Blocco che inizia quando la legge è ancora alla camera.