Cass. Sez. III Sent. 37400 del 13/11/2006 (Ud.28/06/2006)
Presidente: Vitalone C. Estensore: Fiale A.Imputato: P.G. in proc. Bigi.
(Annulla con rinvio,Trib.TempioPausania,sez.dist.Olbia,14 aprile 2005)
PRODUZIONE, COMMERCIO E CONSUMO - PRODOTTI ALIMENTARI (IN GENERE) - CAMPIONI (PRELIEVO E ANALISI) - Campionamento degli alimenti deperibili - Mancato rispetto delle formalità concernenti la partecipazione alle analisi - Nullità di regime intermedio ai sensi dell'art. 180 cod.proc.pen. - Sussistenza - Acquisibilità del certificato di analisi al fascicolo dibattimentale - Condizioni.

Costituisce nullità soggetta al cosiddetto regime intermedio previsto dall'art. 180 cod. proc. pen. il mancato rispetto delle formalità volte a garantire la partecipazione della parte privata all'analisi dei campioni prelevati con riferimento ad alimenti deperibili; qualora tale violazione non venga ritualmente dedotta, risulta legittima l'acquisizione al fascicolo dibattimentale del certificato di analisi che, in ipotesi di alimenti deperibili, va considerato atto irripetibile e può essere utilizzato quale mezzo di prova.
 REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. VITALONE Claudio - Presidente - del 28/06/2006
Dott. GRASSI Aldo - Consigliere - SENTENZA
Dott. ONORATO Pierluigi - Consigliere - N. 1261
Dott. GENTILE Mario - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. FIALE Aldo - Consigliere - N. 33960/2005
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1. PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI TEMPIO PAUSANIA;
2. PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA SEZIONE DISTACCATA DI CORTE DI APPELLO DI SASSARI;
avverso la sentenza 14/04/2005 del Tribunale di Tempio Pausania - Sezione distaccata di Olbia;
pronunziata nei confronti di:
BIGI Alberto, nato ad Olbia il 10/06/1959;
Visti gli atti, la sentenza impugnata ed i ricorsi;
Udita, in Pubblica udienza, la relazione fatta dal Consigliere Dr. Aldo Fiale;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Dott. PASSACANTANDO G. il quale ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 14.4.2005 il Tribunale di Tempio Pausania - Sezione distaccata di Olbia assolveva Bigi Alberto, per insussistenza del fatto ex art. 530 cpv. c.p.p., dal reato di cui:
- alla L. n. 283 del 1962, art. 5, lett. c), (per avere, quale amministratore della s.r.l. "Bigi", confezionato e distribuito al consumo una partita di mitili contenenti cariche microbiche superiori a quanto previsto dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 530 - acc. il 14.10.2003).
Rilevava il Tribunale che, presso la s.r.l. "Cobec" di Sassari, tecnici della prevenzione della U.S.L. avevano prelevato, da una partita di kg. 100, campioni di molluschi bivalvi vivi confezionati dalla s.r.l. "Bigi" che, sottoposti ad analisi presso l'Istituto zooprofilattico sperimentale della Sardegna, avevano evidenziato cariche microbiche per conformi fecali superiori ai limiti normativamente consentiti.
I campioni prelevati erano tre e ciascuno di essi era stato suddiviso in due aliquote, in contrasto con quanto previsto dal D.Lgs. 3 marzo 1993, n. 123, art. 4 e dal D.M. 16 dicembre 1993, art. 2. Tali norme prevedono, infatti, che i campioni degli alimenti deteriorabili (come i mitili) vengano suddivisi non in due ma in quattro aliquote: la prima deve essere utilizzata per le analisi, la seconda per la ripetizione di quelle analisi che evidenziassero parametri non conformi ai limiti di legge; la terza deve essere posta a disposizione dell'autorità giudiziaria per eventuali perizie; la quarta va consegnata al detentore del prodotto. Trattasi di disposizioni da considerarsi speciali rispetto a quelle poste dall'art. 223 disp. att. c.p.p., ove non si fa riferimento ad un numero minimo di aliquote dei campioni e, nel caso concreto, dall'inosservanza delle stesse, poste "a tutela delle garanzie dell'interessato", il Tribunale faceva derivare la inutilizzabilità dei risultati delle analisi microbiologiche, con conseguente pronunzia assolutoria sia pure ai sensi dell'art. 530 cpv. c.p.p.. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Tempio Pausania ed il Procuratore generale della Repubblica presso la Sezione distaccata di Corte di Appello di Sassari.
1. Il Procuratore della Repubblica ha eccepito che il D.Lgs. n. 123 del 1993, art. 4 si riferirebbe non a quattro ma a tre aliquote: la prima destinata alla pre-analisi, la seconda all'eventuale seconda analisi e la terza all'eventuale perizia. Il D.M. 16 dicembre 1993 effettivamente eleva a quattro il numero delle aliquote, "ma tale mutamento deve intendersi privo di effetti giuridici, atteso che un atto amministrativo non può modificare un decreto legislativo". Le norme anzidette, comunque dovrebbero considerarsi "superate" dal D.P.R. 14 luglio 1995, art. 1, che approva l'"atto di indirizzo e coordinamento alle Regioni e Province autonome sui criteri uniformi per l'elaborazione dei programmi di controllo ufficiale degli alimenti e delle bevande", demandando alla competenza esclusiva regionale il predetto controllo.
Nella specie, pertanto, deve applicarsi il "Piano regionale per la vigilanza ed il controllo sanitario della produzione e commercializzazione dei molluschi bivalvi vivi" emanato dalla Regione Sardegna, che si discosta dal sistema introdotto dal D.Lgs. n. 123 del 1993, art. 4 sul presupposto che un'eventuale perizia giudiziaria, successiva alle analisi effettuate in sede amministrativa, anche se disposta con incidente probatorio, verrebbe ineluttabilmente eseguita su mitili privi di vitalità, le cui cariche microbiche avrebbero subito inevitabili variazioni, che interverrebbero pure se il prodotto venisse congelato o surgelato. Nella fattispecie in esame il personale tecnico della U.S.L. si è attenuto rettamente alle disposizioni regionali e l'interessato è stato preavvertito del giorno, luogo ed ora dell'analisi, che si sarebbe praticata in regime di accertamento non ripetibile (art. 360 c.p.p.) al quale il contravventore avrebbe potuto assistere anche con l'ausilio di un consulente (art. 223 disp. att. c.p.p.). 2. Il Procuratore generale ha eccepito, a sua volta, violazione della legge processuale, in quanto il presunto mancato rispetto delle formalità di cui all'art. 223 disp. att. c.p.p. sarebbe stato illegittimamente rilevato dal giudice di ufficio, laddove invece, in difetto di eccezioni difensive al riguardo, l'eventuale nullità a regime intermedio doveva intendersi sanata per effetto della decadenza stabilita dall'art. 182 c.p.p..
Il difensore ha depositato memoria rivolta a confutare le argomentazioni dei ricorrenti.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Entrambi i ricorsi sono fondati e devono essere accolti. 1. In punto di fatto deve evidenziarsi anzitutto che il prelevamento dei campioni in oggetto venne eseguito (in data 14 ottobre 2003) presso un supermercato alimentare gestito in Sassari dalla s.r.l. "Colbec". In quella occasione, da una partita di Kg. 100 di molluschi bivalvi vivi confezionati dalla s.r.l. "Bigi", vennero prelevati tre campioni, ciascuno dei quali suddiviso in due aliquote, una delle quali venne consegnata alla capo reparto Graziella Rassu, che aveva assistito alle operazioni di campionamento.
La signora Rassu venne informata che l'altra aliquota di ciascun campione - previa conservazione in frigorifero elettrico alla temperatura di + 4^C - sarebbe stata rimessa all'Istituto zooprofilattico sperimentale della Sardegna e che, trattandosi di campione "altamente deteriorabile da sottoporre ad analisi non ripetibili", queste sarebbero state effettuate il giorno successivo (15 ottobre), alle ore 11, presso il laboratorio del medesimo Istituto.
Un esemplare del verbale sarebbe stato trasmesso, a mezzo fax, all'impresa confezionatrice (la s.r.l. "Bigi", legalmente rappresentata dall'imputato Bigi Alberto), informandola del giorno in cui sarebbero state effettuate le analisi. L'effettuazione di tale adempimento risulta attesta nel verbale di dissigillo campione ed inizio delle operazioni di analisi redatto, presso l'indicato laboratorio di microbiologia, alle ore 11,00 del 15 ottobre. 2. In tema di disciplina igienica degli alimenti, la L. n. 283 del 1962 prevede, con disposizione generale estesa a tutti i prodotti alimentari prelevati: a) un primo accertamento, di natura tecnico- amministrativa, ad opera dei laboratori all'uopo autorizzati, che si svolge al di fuori dell'ambito processuale; b) la comunicazione all'interessato dei risultati delle analisi, se a lui sfavorevoli, sì da consentirgli di richiedere la revisione delle stesse; c) solo successivamente, in caso di mancata richiesta dell'interessato o di conferma - in sede di revisione - dei primi risultati, la denuncia all'autorità giudiziaria.
L'intervento della Corte Costituzionale (sentenza n. 434/1990) ha poi assoggettato le operazioni di revisione di analisi alle garanzie defensionali, rilevando che se l'autorità amministrativa, con la prima analisi, accerta un illecito penale, ogni successiva indagine deve avere carattere giurisdizionale, con le ovvie conseguenze sotto il profilo procedurale.
L'art. 223 disp. att. c.p.p. ha introdotto una determinante distinzione, a seconda che i campioni prelevati ai fini dell'analisi possano o meno essere oggetto di revisione: nel primo caso (comma 2), rinviando il rispetto dei diritti per il 1991) prevede che "per assicurare il controllo della conformità degli alimenti alla legislazione alimentare, in conformità alla direttiva del Consiglio 89/397/CEE le Regioni predispongono appositi programmi che definiscono la natura e la frequenza dei controlli che debbono essere effettuati regolarmente durante un periodo determinato secondo criteri uniformi emanati ai sensi della L. 23 dicembre 1978, n. 833, art. 5".
Il D.P.R. 14 luglio 1995, art. 2, comma 5, (Atto di indirizzo e coordinamento alte Regioni e Province autonome sui criteri uniformi per l'elaborazione dei programmi di controllo ufficiale degli alimenti e delle bevande) - adottato al fine di emanare i criteri uniformi di cui alla L. n. 142 del 1992, art. 52 - prevede, a sua volta, che siano le Regioni a stabilire (nell'ambito degli appositi programmi previsti dalla legge) il numero dei campioni da prelevare nel corso dell'ispezione per gli accertamenti analitici di laboratorio, dovendo comunque detto numero corrispondere al volume, alla complessità e alla vulnerabilità igienica della produzione, nonché ad eventuali peculiari necessità emergenti dall'ispezione. In conformità a tale previsione - che, ad evidenza, prevale sul D.M. 16 dicembre 1993 - la Regione Sardegna ha adottato un Piano regionale per la vigilanza ed il controllo sanitario della produzione e commercializzazione dei molluschi bivalvi vivi, ove si rileva che, ai sensi del D.M. 16 dicembre 1993, art. 1, lett. c) - punto 4, i molluschi, che rientrano nella definizione di prodotti della pesca freschi, sono da considerare alimenti deteriorabili e pertanto sono assoggettati alle procedure di controllo definite dal D.Lgs. n. 123 del 1993, art. 4, comma 1.
Lo stesso Piano regionale evidenzia, però, che l'esecuzione delle analisi secondo le procedure riportate nel suddetto art. 4, 1 comma, comporta "una serie di problemi che rischiano di inficiare l'attendibilità del campionamento eseguito", rilevando testualmente al riguardo che:
"1. Secondo le disposizioni vigenti, il materiale prelevato deve essere chiuso in contenitori, ermeticamente sigillati (cfr. anche il D.P.R. n. 327 del 1980, art. 7). In questa situazione i molluschi si trovano in uno stato di ipossia che ne riduce sensibilmente la sopravvivenza. Esperienze di campo fanno ritenere che in queste condizioni il mollusco non sopravviva per più di 4-5 giorni, anche a temperatura di refrigerazione. Questo tempo risulta naturalmente inferiore nel caso in cui siano stati campionati soggetti già confezionati da più giorni.
2. L'esecuzione delle analisi microbiologiche richiede tempi che superano i 2-3 giorni. Pertanto, se si dovesse adottare la procedura prevista al D.Lgs. n. 123 del 1993, art. 4, comma 1, compreso anche il tempo di almeno 24-48 ore di preavviso all'interessato, si procederebbe ad analizzare soggetti non più vivi e vitali, determinando così un duplice problema: una variazione dei risultati analitici microbiologici rispetto a quelli registrati in prima istanza ed una mancata corrispondenza con quanto stabilito dall'allegato al D.Lgs. n. 530 del 1992, dove al capitolo 5^ si forniscono i requisiti che devono soddisfare i "molluschi bivalvi vivi".
3. Numerosi riferimenti bibliografici ed esperienze di campo dimostrano che il congelamento degli alimenti, e in particolare quello dei molluschi, determina una variazione quali-quantitativa del contenuto microbico."
Alla stregua delle considerazioni dianzi trascritte il Piano regionale perviene alla conclusione che "l'applicazione della procedura prevista dal D.Lgs. n. 123 del 1993, art. 4, comma 1, non consente di eseguire l'analisi di prima e di seconda istanza su una matrice che presenti le medesime caratteristiche di freschezza e vitalità, determinando così una difformità nella risposta analitica".
Lo stesso Piano infine - quanto alle procedure da adottare per il campionamento - dispone che:
- del campione si formino due aliquote, di cui una per l'analisi garantita di prima istanza ed una per il detentore della merce;
- il servizio prelevatore, previo accordo telefonico con il laboratorio, comunichi al detentore (con comunicazione scritta da allegarsi al verbale di prelievo, firmata dai prelevatoli e dal detentore stesso) ed al produttore del prodotto (mediante telegramma o fax) la convocazione presso il laboratorio di analisi;
- il trasporto del campione al laboratorio debba essere effettuato entro non più di sei ore dal prelievo ed in contenitore refrigerato (0 - 4^ C) (0 - 6^ C).
Nella fattispecie in esame tutte le condizioni anzidette risultano puntualmente rispettate.
La suddivisione dei campioni in due aliquote ha consentito l'utilizzazione della prima di esse per le uniche analisi utilmente esperibili (stante la argomentata inconferenza di una ripetizione delle stesse), nonché la possibilità di utilizzazione dell'altra aliquota per un accertamento eventualmente eseguibile ad iniziativa sia del detentore che del confezionatore del prodotto. Nessuna violazione procedurale può ravvisarsi, dal momento che la società confezionatrice (legalmente rappresentata dall'imputato Bigi) risulta avere ricevuto copia del verbale di prelevamento e rituale avviso della data di inizio delle operazioni di analisi che rivelarono la non conformità del prodotto, ed in tal modo è stata posta in grado di parteciparvi anche con l'assistenza di un difensore e di un consulente tecnico, pure in carenza della cd. preanalisi in via esclusivamente amministrativa, finalizzata evidentemente ad evitare inutili incombenze processuali nel caso che non sia evidenziata alcuna irregolarità.
4. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte Suprema - che il Collegio condivide e ribadisce - il mancato rispetto delle formalità concernenti la partecipazione al procedimento di analisi dei campioni, costituisce una nullità soggetta al ed regime intermedio di cui all'art. 180 c.p.p..
Ne consegue che - qualora, come nel caso in esame, essa non venga ritualmente dedotta - deve ritenersi legittima l'acquisizione, da parte del giudice, del certificato di analisi che, ove riguardi una sostanza deperibile, va considerato, al pari del verbale di prelievo dei campioni, atto irripetibile compiuto dalla polizia giudiziaria e, come tale, legittimamente inserito nel fascicolo per il dibattimento, ben potendo essere utilizzato come mezzo di prova (vedi Cass., Sez. 3^: 20.11.2002, n. 38857, Greco; 4.5.2000, n. 5207, Muffi). Nella fattispecie in esame, dunque, il Tribunale - in assenza di qualsiasi eccezione delle parti - non poteva rilevare di ufficio la nullità in oggetto.
5. La sentenza impugnata, conseguentemente, deve essere annullata in relazione alla pronuncia assolutoria adottata nei confronti del solo Bigi Alberto, con rinvio al Tribunale di Tempio Pausania per un nuovo giudizio nel quale dovrà attenersi ai principi di diritto dianzi enunciati.
P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione, visti gli artt. 607, 615 e 623 c.p.p., annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Tempio Pausania.
Così deciso in Roma, il 28 giugno 2006.
Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2006