«Inadempimento di uno Stato – Ambiente – Direttiva 91/271/CEE – Trattamento delle acque reflue urbane – Omessa imposizione di un trattamento più spinto dell’azoto in tutti gli impianti di trattamento di acque reflue urbane provenienti dagli agglomerati con oltre 10 000 abitanti equivalenti»
«Inadempimento di uno Stato – Ambiente – Direttiva 91/271/CEE – Trattamento delle acque reflue urbane – Omessa imposizione di un trattamento più spinto dell’azoto in tutti gli impianti di trattamento di acque reflue urbane provenienti dagli agglomerati con oltre 10 000 abitanti equivalenti»
Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. I. Koskinen e L. Parpala nonché dalle sig.re M. Patakia e S. Pardo Quintillán, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,
composta dal sig. A. Rosas, presidente di sezione, dai sigg. A. Ó Caoimh, J. Klučka, U. Lõhmus e A. Arabadjiev (relatore), giudici,
1 Con il suo ricorso la Commissione delle Comunità europee chiede alla Corte di dichiarare che il Regno di Svezia, non avendo provveduto, al più tardi entro il 31 dicembre 1998, affinché tutti gli scarichi degli impianti di trattamento di acque reflue urbane provenienti da agglomerati con oltre 10 000 abitanti equivalenti (a.e.) che confluiscono direttamente in aree sensibili o nei bacini drenanti di queste ultime soddisfino ai requisiti pertinenti dell’allegato I della direttiva del Consiglio 21 maggio 1991, 91/271/CEE, sul trattamento delle acque reflue urbane (GU L 135, pag. 40), come modificata dalla direttiva della Commissione 27 febbraio 1998, 98/15/CE (GU L 67, pag. 29; in prosieguo: la «direttiva 91/271»), è venuto meno agli obblighi su di esso incombenti in forza dell’art. 5, nn. 2, 3 e 5, della direttiva 91/271.
2 Oltre ad alcuni Stati membri e alla Federazione russa, la Comunità europea è parte contraente della convenzione sulla protezione dell’ambiente marino della zona del Mar Baltico (convenzione di Helsinki modificata nel 1992) (GU 1994, L 73, pag. 20; in prosieguo: la «convenzione del Mar Baltico») adottata con decisione del Consiglio 21 febbraio 1994, 94/157/CE, relativa alla conclusione, a nome della Comunità, della convenzione sulla protezione dell’ambiente marino della zona del Mar Baltico (convenzione di Helsinki modificata nel 1992) (GU L 73, pag. 19).
3 Ai sensi del suo art. 1, la direttiva 91/271 concerne la raccolta, il trattamento e lo scarico delle acque reflue urbane, nonché il trattamento e lo scarico delle acque reflue originate da taluni settori industriali e ha lo scopo di proteggere l’ambiente dalle ripercussioni negative provocate dai summenzionati scarichi di acque reflue.
1) “Acque reflue urbane”: acque reflue domestiche o il miscuglio di acque reflue domestiche, acque reflue industriali e/o acque meteoriche di dilavamento.
4) “Agglomerato”: area in cui la popolazione e/o le attività economiche sono sufficientemente concentrate così da rendere possibile la raccolta e il convogliamento delle acque reflue urbane verso un impianto di trattamento di acque reflue urbane o verso un punto di scarico finale.
6) “1 a.e. (abitante equivalente)”: il carico organico biodegradabile, avente una richiesta biochimica di ossigeno a 5 giorni (BOD5) di 60 g di ossigeno al giorno.
8) “Trattamento secondario”: trattamento delle acque reflue urbane mediante un processo che in genere comporta il trattamento biologico con sedimentazioni secondarie, o un altro processo in cui vengano rispettati i requisiti stabiliti nella tabella 1 dell’allegato I.
9) “Trattamento appropriato”: il trattamento delle acque reflue urbane mediante un processo e/o un sistema di smaltimento che dopo lo scarico garantisca la conformità delle acque recipienti ai relativi obiettivi di qualità e alle relative disposizioni della presente direttiva e di altre direttive comunitarie pertinenti.
11) “Eutrofizzazione”: l’arricchimento delle acque in nutrienti, in particolar modo composti dell’azoto e/o del fosforo, che provoca una proliferazione di alghe e di forme superiori di vita vegetale, producendo una indesiderata perturbazione dell’equilibrio degli organismi presenti nell’acqua e della qualità delle acque interessate.
5 Le norme generali applicabili alle acque reflue previste dalla citata direttiva sono contenute all’art. 4 della stessa, il cui n. 1 prevede quanto segue:
«Gli Stati membri provvedono affinché le acque reflue urbane che confluiscono in reti fognarie siano sottoposte, prima dello scarico, ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente (...)».
«1. Per conseguire gli scopi di cui al paragrafo 2, gli Stati membri individuano, entro il 31 dicembre 1993, le aree sensibili secondo i criteri stabiliti nell’allegato II.
2. Gli Stati membri provvedono affinché le acque reflue urbane che confluiscono in reti fognarie siano sottoposte, prima dello scarico in aree sensibili, ad un trattamento più spinto di quello descritto all’articolo 4 al più tardi entro il 31 dicembre 1998 per tutti gli scarichi provenienti da agglomerati con oltre 10 000 a.e..
3. Gli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane descritti al paragrafo 2 devono soddisfare ai pertinenti requisiti previsti dall’allegato I[, parte] B. (...)
5. Gli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane situati all’interno dei bacini drenanti in aree sensibili e che contribuiscono all’inquinamento di tali aree, sono soggetti ai paragrafi 2, 3 e 4.
«2. Gli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane sottoposti a trattamento ai sensi degli articoli 4 e 5 [della presente direttiva] devono soddisfare ai requisiti figuranti nella tabella 1.
3. Gli scarichi degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane in talune aree sensibili soggette ad eutrofizzazione quali individuate nell’allegato II, [parte] A, [lettera a)], devono inoltre soddisfare i requisiti figuranti nella tabella 2 del presente allegato».
«Tabella 2: Requisiti per gli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane in aree sensibili soggette ad eutrofizzazione, quali individuate nell’allegato II, [parte] A, lettera a). Uno o entrambi i parametri possono essere applicati a seconda della situazione locale. Si applicano il valore della concentrazione o la percentuale di riduzione».
9 Ai sensi della seconda voce di tale tabella, l’azoto totale deve o presentare una concentrazione che non superi il valore limite di 15 mg/l per gli agglomerati con un numero di a.e. tra 10 000 e 100 000 ovvero 10 mg/l per gli agglomerati più vasti, oppure deve essere sottoposto ad una percentuale minima di riduzione tra il 70 e l’80%.
i) nei laghi e nei corsi d’acqua che si immettono in laghi/bacini/baie chiuse con scarso ricambio idrico e ove possono verificarsi fenomeni di accumulazione la sostanza da eliminare è il fosforo, a meno che non si dimostri che tale intervento non avrebbe alcun effetto sul livello dell’eutrofizzazione. Nel caso di scarichi provenienti da ampi agglomerati si può prevedere di eliminare anche l’azoto;
ii) negli estuari, nelle baie e nelle altre acque del litorale con scarso ricambio idrico, ovvero in cui si immettono grandi quantità di nutrienti, se, da un lato, gli scarichi provenienti da piccoli agglomerati urbani sono generalmente di importanza irrilevante, dall’altro, quelli provenienti da agglomerati più estesi rendono invece necessari interventi di eliminazione del fosforo e/o dell’azoto, a meno che non si dimostri che ciò non avrebbe comunque alcun effetto sul livello dell’eutrofizzazione».
11 Emerge dalla descrizione della normativa nazionale fornita negli scritti del Regno di Svezia che tutte le attività nonché le misure che rivestono un’importanza non trascurabile per l’ambiente rientrano nell’ambito di applicazione del codice dell’ambiente svedese (miljöbalken). Inoltre, ogni impianto svedese di trattamento delle acque reflue urbane di agglomerati con oltre 2 000 a.e. deve disporre di una concessione rilasciata a seguito di una valutazione effettuata caso per caso. Nell’ambito dell’esame della domanda di concessione si procede ad una valutazione globale dello stato dell’area recipiente, relativa agli scarichi accumulati provenienti da tutte le fonti, nonché ad una valutazione dell’effetto di tali scarichi a valle.
12 Nel 1994, il Regno di Svezia ha individuato tutte le sue acque come aree sensibili. Nel 1998 e nel 2000, esso ha confermato tale classificazione alla Commissione. Inoltre, tale Stato membro ha indicato di aver utilizzato l’eutrofizzazione come criterio e che l’analisi delle acque interessate consentiva di determinare il tipo di trattamento richiesto. Secondo il Regno di Svezia, in forza dei criteri di cui all’allegato II, parte A, lett. a), i) e ii), della direttiva 91/271, la totalità del territorio svedese è sensibile all’eutrofizzazione o al rischio di eutrofizzazione a causa degli scarichi di fosforo.
13 Il 23 ottobre 2002 la Commissione ha trasmesso al Regno di Svezia una lettera di diffida in quanto tale Stato membro non si era conformato agli obblighi su di esso incombenti ai sensi dell’art. 5 della direttiva 91/271. L’inadempimento conseguirebbe dal fatto che tutti gli scarichi degli impianti di trattamento di acque reflue urbane in aree sensibili non erano conformi ai requisiti previsti nell’allegato I, parte B, della citata direttiva. Il Regno di Svezia doveva soddisfare entro il 31 dicembre 1998 ai detti requisiti, che si applicherebbero a tutti gli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento di acque reflue urbane di agglomerati con oltre 10 000 a.e. nonché a tutti gli scarichi di siffatti impianti di trattamento situati nei bacini drenanti delle aree sensibili.
14 Nella sua risposta del 5 febbraio 2003 il Regno di Svezia ha contestato le affermazioni della Commissione e ha sostenuto di conformarsi alla direttiva 91/271. Le autorità svedesi stimavano che non fosse necessario procedere all’eliminazione dell’azoto contenuto nelle acque convogliate nel Mar Baltico dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane provenienti da agglomerati con oltre 10 000 a.e. situati nelle aree settentrionali del comune di Norrtälje. Esse ritenevano, inoltre, che gli scarichi di azoto provenienti dagli impianti di trattamento di acque reflue urbane di altri agglomerati con oltre 10 000 a.e., situati nella Svezia centrale e meridionale, non contribuissero all’eutrofizzazione delle acque costiere in quanto un sufficiente assorbimento naturale dell’azoto ha luogo durante lo scorrimento attraverso il bacino drenante tra la fonte dell’inquinamento e il mare.
15 Il 1° aprile 2004 la Commissione ha trasmesso al Regno di Svezia un parere motivato, nel quale esponeva studi scientifici dimostranti che l’eliminazione dell’azoto contenuto nelle acque scaricate nella cosiddetta Baia di Botnia e nel mare conosciuto come Mare di Botnia influiva sul livello di eutrofizzazione nel Mar Baltico propriamente detto. Essa indicava che tutte le acque scaricate nel Mar Baltico, ivi comprese la Baia e il Mare di Botnia, dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane provenienti dagli agglomerati con oltre 10 000 a.e. dovevano essere sottoposte ad un trattamento di eliminazione sia del fosforo che dell’azoto.
16 La Commissione ha inoltre considerato che gli scarichi di azoto degli impianti di trattamento di acque reflue urbane provenienti dagli agglomerati con oltre 10 000 a.e. nelle regioni centrali e meridionali della Svezia contribuivano ad inquinare il Mar Baltico, che è un’area sensibile. A tale proposito, essa fa rilevare che l’assorbimento naturale in bacini drenanti non era un metodo accettabile di riduzione del carico di azoto per le aree costiere.
17 Il Regno di Svezia ha risposto al parere motivato della Commissione con lettere 14 e 22 giugno 2004, indicando che, quando uno Stato membro è chiamato a prendere posizione sulle aree che sono sensibili all’eutrofizzazione, ai sensi della direttiva 91/271, esso deve parimenti stabilire quali nutrienti contribuiscono all’eutrofizzazione. Una volta presa posizione su tale punto, lo Stato membro deve assicurare che si proceda ad un trattamento più spinto dell’azoto e/o del fosforo a seconda della situazione locale. Il Regno di Svezia sottolineava, inoltre, che gli Stati membri erano liberi di scegliere il metodo che intendono utilizzare per eliminare l’azoto dalle acque reflue urbane. Si dovrebbe dunque interpretare la direttiva 91/271 nel senso che l’assorbimento naturale può essere preso in considerazione come metodo di eliminazione dell’azoto dalle acque reflue urbane provenienti dall’interno dei territori, le quali si riversano nei fiumi e nei corsi d’acqua e scorrono poi verso le aree costiere sensibili.
18 Considerando insoddisfacente la risposta fornita dal Regno di Svezia a tale parere motivato, la Commissione ha proposto il presente ricorso.
19 Con ordinanza del presidente della Corte 28 gennaio 2008, la Repubblica di Finlandia è stata ammessa ad intervenire a sostegno delle conclusioni del Regno di Svezia.
20 Il Regno di Svezia ha suddiviso in cinque gruppi, menzionati nei primi cinque allegati al suo controricorso, i 141 impianti di trattamento di acque reflue urbane provenienti dagli agglomerati con oltre 10 000 a.e. i cui scarichi si convogliano direttamente nelle aree sensibili o nei loro bacini drenanti.
21 Tale Stato membro, nella sua controreplica, ha precisato che era opportuno correggere le indicazioni relative a 5 dei citati 141 impianti di trattamento. Così, gli impianti di trattamento degli agglomerati di Kristianstad, da un lato, e di Jönköping e Huskvarna, che costituiscono ormai un unico agglomerato, dall’altro, devono essere cancellati dall’allegato 1 del controricorso di tale Stato membro e inclusi nell’allegato 3 della stessa. L’impianto di Lysekil dev’essere cancellato dal detto allegato 1 e aggiunto nell’allegato 2 di detto controricorso. Infine, quello di Hammarö dev’essere eliminato dall’allegato 2 del controricorso del Regno di Svezia e incluso nell’allegato 1 dello stesso.
22 In primo luogo, l’allegato 1 del controricorso del Regno di Svezia, come modificato dalla sua controreplica (in prosieguo: l’«allegato 1 modificato») elenca gli impianti di trattamento che tale Stato membro ritiene conformi ai requisiti della direttiva 91/271. L’asserito inadempimento non sarebbe fondato in relazione a detti impianti in quanto essi disporrebbero di un’attrezzatura specifica per l’eliminazione dell’azoto che soddisfa ai requisiti di tale direttiva. La Commissione si limita a constatare che gli impianti di trattamento di Eslöv, Kristianstad e Jönköping non eliminano l’azoto dalle acque reflue urbane che essi trattano, in violazione della citata direttiva.
23 In secondo luogo, in merito, da un lato, agli impianti di trattamento elencati nell’allegato 2 del controricorso del Regno di Svezia, come modificato dalla sua controreplica (in prosieguo: l’«allegato 2 modificato») e, dall’altro, agli impianti di trattamento menzionati all’allegato 3 di detto controricorso, come modificato dalla citata controreplica (in prosieguo: l’«allegato 3 modificato»), la Commissione sostiene di accettare la posizione del Regno di Svezia secondo la quale tali impianti non soddisfano ai requisiti della direttiva 91/271, in quanto i primi non sono attrezzati per eliminare l’azoto, mentre gli altri non eliminano sufficientemente l’azoto dalle acque reflue urbane che trattano.
24 In terzo luogo, relativamente agli impianti che compaiono all’allegato 5 del controricorso del Regno di Svezia, la Commissione li differenzia a seconda che essi scarichino direttamente o indirettamente nella Baia di Botnia, e direttamente o indirettamente nel Mare di Botnia. La Commissione considera che, poiché la maggior parte delle acque interne svedesi si riversa nel Mar Baltico propriamente detto, la cui eutrofizzazione è causata principalmente dal fosforo e dall’azoto, tali acque si devono considerare sensibili a tali due nutrienti. Tutti i detti impianti dovrebbero dunque effettuare un trattamento più spinto non solo del fosforo, bensì anche dell’azoto, ai sensi dell’art. 5, nn. 2, 3 e 5 della direttiva 91/271 (in prosieguo: il «trattamento terziario»).
25 Pur ammettendo che le acque della Baia di Botnia sono sensibili unicamente al fosforo, la Commissione considera tuttavia che tale baia non può essere presa in considerazione isolatamente, poiché taluni nutrienti, ivi compreso l’azoto, vengono trasportati dal suo bacino marino verso le altre parti del Mar Baltico. La Commissione, basandosi su un rapporto effettuato su sua richiesta nel 2003 dal Water Research Center sulla trasposizione della direttiva 91/271 in Svezia (in prosieguo: il «rapporto del 2003»), è del parere che le acque del Mare di Botnia sono, almeno parzialmente, sensibili all’azoto. Così, lo scorrimento delle acque provenienti dalla Baia di Botnia e dal Mare di Botnia verso il Mar Baltico propriamente detto comporterebbe il trasporto di una considerevole quantità di azoto.
26 Da ultimo, relativamente agli impianti di cui all’allegato 4 del controricorso del Regno di Svezia, considerati da tale Stato membro conformi ai requisiti della direttiva 91/271, non sarebbe necessario che essi procedano all’eliminazione dell’azoto, poiché l’assorbimento naturale è talmente rilevante che i loro scarichi non contribuiscono all’eutrofizzazione delle acque costiere. Nella sua memoria di intervento, la Repubblica di Finlandia aggiunge a tale proposito che un tale processo di depurazione naturale può essere preso in considerazione nel momento in cui si valuta, conformemente a quanto disposto dalla citata direttiva, se l’eliminazione dell’azoto sia necessaria. La Commissione fa valere, dal canto suo, che il tasso di assorbimento sollevato dal Regno di Svezia non consente una sufficiente eliminazione dell’azoto e che i calcoli di quest’ultimo si basano sulla riduzione media dell’azoto, il che non sarebbe consentito dalla direttiva 91/271. Non si potrebbe dunque considerare l’assorbimento come tale da soddisfare ai requisiti stabiliti dall’allegato I, tabella 2, della citata direttiva, che riguarda un livello di trattamento sufficiente e costante.
27 Nella sua replica la Commissione fa valere che emerge dalla necessità di assicurare un elevato livello di tutela fondato sui principi di precauzione e dell’azione preventiva, sancito per la politica della Comunità in materia ambientale dall’art. 174, n. 2, CE e riaffermato in una giurisprudenza costante, che è preferibile combattere l’inquinamento alla fonte. A tale proposito, la Commissione sostiene che il Regno di Svezia non ha dimostrato che l’eliminazione dell’azoto dalle acque sia interne che costiere non condurrebbe ad un miglioramento del livello di eutrofizzazione del Mar Baltico.
28 Il Regno di Svezia replica, a tale proposito, che l’eliminazione dell’azoto in casi in cui la situazione locale non lo imponga può favorire la proliferazione di cianobatteri. Pertanto, fintantoché la Commissione non provi che la situazione locale impone l’eliminazione dell’azoto, il principio di precauzione condurrebbe piuttosto a non effettuare tale eliminazione.
29 Emerge dall’art. 5, n. 2, della direttiva 91/271 che tutte le acque reflue urbane provenienti da agglomerati con oltre 10 000 a.e., che si riversano in un’area sensibile, avrebbero dovuto essere sottoposte ad un trattamento più spinto di quello descritto all’articolo 4 della citata direttiva al più tardi entro il 31 dicembre 1998.
30 A tale proposito, la Corte ha già statuito che è indifferente, per avere uno scarico ai sensi dell’art. 5, n. 2, della direttiva 91/271, che le acque reflue si riversino direttamente o indirettamente in un’area sensibile (v., in tal senso, sentenza 25 aprile 2002, causa C‑396/00, Commissione/Italia, Racc. pag. I‑3949, punti 29-32). Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 72 delle sue conclusioni, ciò è conforme all’elevato livello di tutela disposto dalla politica della Comunità in materia ambientale in forza dell’art. 174, n. 2, CE.
31 L’individuazione delle aree sensibili può basarsi, ai sensi dell’allegato II, parte A, della direttiva 91/271, sull’eutrofizzazione, sulla produzione di acqua potabile o sulle prescrizioni di altre direttive.
32 Nel caso di specie è pacifico che, nel 1994, il Regno di Svezia ha individuato tutte le sue acque come aree sensibili all’eutrofizzazione e che tutti gli impianti di trattamento di tale Stato membro scaricano direttamente o indirettamente in tali aree.
33 Emerge dalle osservazioni presentate dalle parti che, in generale, una delle sostanze nutrienti, che si tratti del fosforo o dell’azoto, è presente in minor quantità rispetto all’altra e che tale scarsità limita la proliferazione di alghe. Tale sostanza è quindi definita «fattore limitante». Le acque di una zona possono essere sensibili all’una o all’altra di tali sostanze, o anche ad entrambe. La riduzione del fosforo e/o dell’azoto, in funzione della sensibilità di dette acque, consente allora di limitare la proliferazione delle alghe.
34 Tutte le acque svedesi sono state riconosciute sensibili all’eutrofizzazione o a rischio di eutrofizzazione a causa degli scarichi di fosforo. Solo le acque costiere situate tra la frontiera norvegese e il comune di Norrtälje sono state identificate come sensibili all’eutrofizzazione o a rischio di eutrofizzazione a causa degli scarichi di azoto.
35 Occorre pertanto considerare, contrariamente a quanto fa valere la Commissione, che il Regno di Svezia ha precisato, nell’ambito dell’identificazione delle aree sensibili, quali nutrienti debbano essere eliminati, ai sensi dell’allegato I, tabella 2, della direttiva 91/271, al momento dello scarico di acque reflue urbane nelle acque interne svedesi. Infatti, come rilevato dal Regno di Svezia, a tale proposito non è stata operata alcuna distinzione tra le acque costiere e le acque interne.
36 Inoltre, l’art. 5, n. 3, della direttiva 91/271 determina a quali regole deve sottostare il trattamento terziario degli scarichi in siffatte aree sensibili. Consegue da tale norma, in combinato disposto con le disposizioni cui essa rinvia, che gli scarichi degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane in aree sensibili soggette ad eutrofizzazione devono soddisfare ai requisiti di cui alla tabella 2 dell’allegato I di tale direttiva.
37 La Corte ha già dichiarato che tali requisiti si applicano fatte salve le disposizioni di cui all’allegato II, parte A, lett. a), secondo comma, della direttiva 91/271 (sentenza 23 settembre 2004, causa C‑280/02, Commissione/Francia, Racc. pag. I‑8573, punti 104 e 105). Il punto ii) di tale disposizione prevede infatti che, relativamente alle acque del litorale per le quali si constata uno scarso ricambio idrico, ovvero in cui si immettono grandi quantità di nutrienti, per gli scarichi provenienti da agglomerati più estesi dev’essere prevista l’eliminazione del fosforo e/o dell’azoto, a meno che non si dimostri che tale eliminazione non avrebbe alcun effetto sul livello dell’eutrofizzazione.
38 La tabella 2 dell’allegato I di tale direttiva riguarda la riduzione del fosforo e dell’azoto nelle acque reflue urbane. Dal titolo di tale tabella risulta che, a seconda della situazione locale, si applicano uno o entrambi i parametri. Proprio a seconda della situazione locale, infatti, l’azoto o il fosforo, o entrambe le sostanze, devono essere ridotte. Lo Stato membro può allora scegliere di applicare il valore della concentrazione o la percentuale di riduzione.
39 Occorre precisare che la Commissione e il Regno di Svezia concordano sul fatto che l’eutrofizzazione del Mar Baltico costituisce un grave problema ambientale e che tale fenomeno è provocato dalla notevole concentrazione di azoto e fosforo, due sostanze tuttavia indispensabili alla vita marina.
40 Come fatto valere dal Regno di Svezia, non esiste dunque una soluzione uniforme al problema dell’eutrofizzazione per l’insieme del Mar Baltico.
41 Emerge pertanto dal fascicolo che non è opportuno adottare le stesse misure per ridurre l’eutrofizzazione in parti diverse del Mar Baltico. La direttiva 91/271 prevede a tale proposito che spetta agli Stati membri valutare, a seconda della situazione locale, quali sostanze – fosforo e/o azoto – contribuiscono all’eutrofizzazione e adottare, in conformità con tale valutazione, le misure di trattamento adeguate.
42 La direttiva 91/271 non impone dunque automaticamente una riduzione del carico di azoto nonostante gli scarichi degli impianti di trattamento di acque reflue urbane si riversino nelle acque recipienti situate in un’area sensibile. È il motivo relativo alla sensibilità di tali acque recipienti, unitamente ad un esame della situazione locale, a determinare se l’azoto e/o il fosforo debbano essere ridotti.
43 Pertanto, non può essere accolta l’interpretazione fornita dalla Commissione, secondo la quale la sola circostanza che gli scarichi degli impianti di trattamento di acque reflue urbane finiscano in un’area sensibile consente di considerare che la direttiva 91/271 impone un trattamento terziario de l’azoto. Conformemente all’art. 5, n. 5, della citata direttiva, l’obbligo di riduzione del carico di azoto dipende dalla misura in cui gli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane situati all’interno dei bacini drenanti in aree marine sensibili contribuiscono all’inquinamento di queste ultime.
44 Poiché la determinazione del fattore limitante non è connessa esclusivamente alla sensibilità delle acque recipienti, bensì anche all’esistenza di un effetto inquinante degli scarichi che vi si riversano, non si può affermare, come fa sostanzialmente la Commissione, che, poiché il Mar Baltico propriamente detto è soggetto ad una forte eutrofizzazione a causa sia dell’azoto sia del fosforo, e poiché gran parte delle acque interne svedesi si riversano in tale mare, i laghi e i corsi d’acqua, nonché le acque costiere svedesi, devono essere considerati sensibili alle due sostanze.
45 Da tali considerazioni discende, contrariamente a quanto sollevato dalla Commissione, che la direttiva 91/271 non prevede un obbligo generale di imporre un trattamento terziario dell’azoto contenuto negli scarichi di ogni impianto di trattamento di acque reflue urbane provenienti da agglomerati con oltre 10 000 a.e..
46 Dato che la direttiva 91/271 impone la riduzione del fosforo e/o dell’azoto a seconda della situazione locale, vale a dire della sensibilità delle acque recipienti all’uno e/o all’altro nutriente e dell’esistenza di un effetto inquinante degli scarichi su queste ultime, si può procedere ad un esame congiunto degli impianti di trattamento in causa i cui scarichi si riversano all’interno di uno stesso bacino drenante.
47 Inoltre, a prescindere dal fatto che siano diretti o indiretti, gli scarichi degli impianti di trattamento di acque reflue urbane situati nello stesso bacino drenante di un’area sensibile devono soddisfare, in forza dell’art. 5, n. 5, della direttiva 91/271, ai requisiti applicabili alle aree sensibili unicamente nei limiti in cui tali scarichi contribuiscono all’inquinamento di dette aree. Deve così esistere un nesso di causalità tra detti scarichi e l’inquinamento delle aree sensibili.
48 Alla luce delle considerazioni suesposte occorre esaminare se la Commissione abbia dimostrato l’esistenza di siffatto nesso.
49 Si deve infatti ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, nell’ambito di un procedimento per inadempimento ai sensi dell’art. 226 CE, spetta alla Commissione provare la sussistenza dell’asserito inadempimento. Ad essa spetta fornire alla Corte tutti gli elementi necessari affinché questa accerti l’esistenza di tale inadempimento, senza potersi basare su alcuna presunzione (v., in particolare, sentenze 25 maggio 1982, causa 96/81, Commissione/Paesi Bassi, Racc. pag. 1791, punto 6, e 26 aprile 2007, causa C‑135/05, Commissione/Italia, Racc. pag. I‑3475, punto 26).
50 Inoltre, quando la Commissione fornisce elementi sufficienti a dimostrare la veridicità di determinati fatti che si sono verificati sul territorio dello Stato membro convenuto, spetta a quest’ultimo contestare in modo sostanziale e dettagliato i dati forniti e le conseguenze che ne derivano (v., in tal senso, sentenze 22 settembre 1988, causa 272/86, Commissione/Grecia, Racc. pag. 4875, punto 21, nonché 9 novembre 1999, causa C‑365/97, Commissione/Italia, Racc. pag. I‑7773, punti 84 e 86).
51 In primo luogo, in merito agli impianti di trattamento elencati nell’allegato 1 modificato, la Commissione afferma, senza tuttavia fornirne la prova, che, da un lato, gli impianti di trattamento di Eslöv, di Kristianstad e di Jönköping non sono attrezzati per eliminare l’azoto dalle acque reflue urbane che trattano. Dall’altro, la Commissione si limita ad affermare che l’azoto non è stato eliminato dalle acque reflue degli agglomerati di Hönö, Strömstad, Lidköping, Sävsjö, Borgholm, Bjuv, Svedala, Klippan, Torekov e Åmål.
52 Alla luce di ciò, la Corte non ha a disposizione elementi sufficienti che le consentano di conoscere esattamente la portata della violazione del diritto comunitario contestata al Regno di Svezia e quindi di verificare l’esistenza dell’inadempimento addotto dalla Commissione (v. sentenza 26 aprile 2007, causa C‑195/04, Commissione/Finlandia, Racc. pag. I‑3351, punto 32).
53 In secondo luogo, relativamente agli impianti di trattamento elencati negli allegati 2 e 3, come modificati, occorre rammentare che, nell’ambito di un ricorso per inadempimento, spetta alla Corte accertare la sussistenza o meno dell’inadempimento contestato anche qualora lo Stato interessato non contesti l’inadempimento (v., in tal senso, sentenze 15 gennaio 2002, causa C‑439/99, Commissione/Italia, Racc. pag. I‑305, punto 20, e 23 febbraio 2006, causa C‑43/05, Commissione/Germania, punto 11).
54 Si deve rilevare che il Regno di Svezia stesso riconosce di esser venuto meno, a tale proposito, agli obblighi su di esso incombenti in forza della direttiva 91/271. Tale Stato membro afferma che, alla scadenza del termine impartito nel parere motivato, gli impianti di trattamento di cui agli allegati 2 e 3, come modificati, non soddisfacevano i requisiti applicabili in forza dell’allegato I della citata direttiva. Emerge, in particolare, dalle risposte del Regno di Svezia ai quesiti scritti che, da un lato, gli impianti di trattamento menzionati all’allegato 2 modificato non disponevano di una tecnologia specifica per l’eliminazione dell’azoto. Dall’altro, il Regno di Svezia ha ammesso che gli impianti di trattamento elencati nell’allegato 3 modificato disponevano di una tecnologia specifica per l’eliminazione dell’azoto, ma che gli scarichi di azoto provenienti da tali impianti sono talmente rilevanti da contribuire all’eutrofizzazione anche in presenza di un tasso di assorbimento elevato.
55 Pur volendo supporre che il ricorso della Commissione adotti un approccio globale nei confronti di tutti gli scarichi degli impianti di trattamento di acque reflue urbane provenienti da agglomerati con oltre 10 000 a.e. che si immettono direttamente nelle aree sensibili o nei loro bacini drenanti, tale circostanza non osta a che l’inadempimento possa essere constatato nei confronti di alcuni di tali impianti. Infatti, tale conclusione è corroborata dalla circostanza che il Regno di Svezia, pur ammettendo che gli impianti di trattamento menzionati agli allegati 2 e 3, come modificati, non soddisfano ai requisiti applicabili in forza dell’allegato I della direttiva 91/271, ha affermato esplicitamente di non contestare tale parte del ricorso della Commissione.
56 Alla luce delle considerazioni suesposte emerge che il Regno di Svezia è venuto meno agli obblighi su di esso incombenti in forza della direttiva 91/271 relativamente agli scarichi di azoto degli impianti di trattamento menzionati agli allegati 2 e 3, come modificati.
57 In terzo luogo, relativamente agli impianti di trattamento elencati all’allegato 4 del controricorso del Regno di Svezia, da un lato, e agli impianti di trattamento citati all’allegato 5 dello stesso, dall’altro, per i quali non sarebbe necessaria alcuna attrezzatura specifica per l’eliminazione dell’azoto dato che i loro scarichi non contribuirebbero all’eutrofizzazione delle aree sensibili, si deve esaminare se la Commissione abbia accertato che gli scarichi di detti impianti contribuiscono all’eutrofizzazione di tali aree.
58 A tale proposito si deve constatare, come emerge dal fascicolo, che detti impianti di trattamento sono dislocati su bacini drenanti le cui acque recipienti sono costituite, da un lato, dal Golfo di Botnia, che costituisce un braccio del Mar Baltico, e, dall’altro, dal Mar Baltico propriamente detto.
59 Tra gli impianti di trattamento menzionati nell’allegato 5 del controricorso del Regno di Svezia alcuni riversano i propri scarichi direttamente o indirettamente nella Baia di Botnia, altri scaricano direttamente o indirettamente nel Mare di Botnia. Si possono dunque esaminare congiuntamente gli impianti di trattamento di cui trattasi i cui scarichi si riversano nello stesso bacino drenante.
60 In primo luogo, gli impianti di trattamento di acque reflue urbane provenienti dagli agglomerati con oltre 10 000 a.e. che riversano i loro scarichi o direttamente nella Baia di Botnia o nel suo bacino drenante sono, rispettivamente, quelli di Haparanda, Luleå, Piteå, Skellefteå nonché Umeå, e quelli di Kiruna, Gällivare nonché Boden.
61 Le parti concordano nel considerare che la Baia di Botnia è l’unica area considerevole del Mar Baltico che non è, in linea generale, colpita dall’eutrofizzazione. Inoltre, la Commissione riconosce che il fosforo è il fattore limitante nella Baia di Botnia.
62 La Commissione non ha pertanto dimostrato che, a causa della situazione in cui versa la Baia di Botnia, il Regno di Svezia dovesse imporre un trattamento terziario dell’azoto in ogni impianto di trattamento di acque reflue urbane provenienti dagli agglomerati con oltre 10 000 a.e., i cui scarichi si riversano nella Baia di Botnia.
63 In secondo luogo, gli impianti di trattamento di acque reflue urbane provenienti dagli agglomerati con oltre 10 000 a.e. i cui scarichi si riversano direttamente nel Mare di Botnia o nel suo bacino drenante sono, rispettivamente, quelli di Örnsköldsvik, Härnösand, Timrå, Sundsvall, Hudiksvall, Söderhamn nonché Gävle, e quelli di Sollefteå, Östersund, Åre, Ljusdal, Bollnäs, Mora, Falun, Borlänge, Avesta nonché quelli di Sandviken.
64 Le parti non concordano in merito, da un lato, alla presenza di un’eutrofizzazione nonché all’identificazione del fattore limitante nel Mare di Botnia e, dall’altro, all’esistenza e agli eventuali effetti di un trasferimento di azoto proveniente dal Golfo di Botnia e discendente fino al Mar Baltico propriamente detto.
65 Secondo i risultati degli studi allegati al fascicolo dal Regno di Svezia, il Golfo di Botnia, comprensivo del Mare di Botnia, è l’unica parte del Mar Baltico che non presenta segni evidenti di eutrofizzazione.
66 La Commissione basa la sua affermazione, secondo la quale l’azoto sarebbe un fattore limitante significativo dell’eutrofizzazione del Mare di Botnia, sul rapporto del 2003.
67 Tuttavia, tale rapporto evidenzia che è pacifico che non vi sono problemi di eutrofizzazione nelle acque aperte del Golfo di Botnia.
68 Consegue da quanto esposto che la Commissione non ha dimostrato che l’azoto sia un fattore limitante significativo dell’eutrofizzazione nelle acque aperte del Mare di Botnia.
69 Secondo le conclusioni del rapporto del 2003, l’eutrofizzazione è un problema nel Mar Baltico propriamente detto, nel Kattegat, nel Sund, nonché nelle zone costiere del Mare di Botnia, dove il ricambio idrico è scarso e vi è una forte presenza di nutrienti.
70 Relativamente alle acque costiere, il rapporto del 2003 afferma che queste ultime sono soggette ad eutrofizzazione a causa dello scarso ricambio idrico e del carico elevato di nutrienti in tali acque. Inoltre, tale rapporto sostiene che il fosforo è il fattore limitante principale nelle acque costiere svedesi.
71 Occorre, a tale proposito, prendere in considerazione il punto ii) dell’allegato II, parte A, lett. a), secondo comma, della direttiva 91/271, in forza del quale nelle aree costiere per le quali sia accertato che il ricambio idrico è scarso, o che ricevono grandi quantità di nutrienti, gli scarichi provenienti da piccoli agglomerati urbani sono generalmente di importanza irrilevante, mentre quelli provenienti da agglomerati più estesi rendono invece necessari interventi di eliminazione del fosforo e/o dell’azoto, a meno che non si dimostri che ciò non avrebbe alcun effetto sul livello dell’eutrofizzazione.
72 A tale proposito, il rapporto del 2003 rivela che sussistono dubbi sull’efficacia dell’eliminazione dell’azoto e indica che una riduzione del carico di azoto nelle aree del Mar Baltico in cui il fosforo è il fattore limitante avrebbe solo un effetto circoscritto sull’eutrofizzazione.
73 Inoltre, il Regno di Svezia afferma, senza che la Commissione fornisca alcuna prova contraria, che l’eliminazione dell’azoto avrebbe l’effetto di ridurre il trasferimento di azoto dalla Baia di Botnia verso il Mare di Botnia di circa 19 tonnellate, il che rappresenta meno dello 0,1% del trasferimento totale di azoto tra tali due aree marine. L’effetto dell’eliminazione dell’azoto nel Golfo di Botnia sul livello di eutrofizzazione del Mar Baltico propriamente detto sarebbe dunque insignificante.
74 Si deve pertanto constatare che la Commissione non ha dimostrato che, a causa della situazione in cui versa il Mare di Botnia, il Regno di Svezia dovesse imporre un trattamento terziario dell’azoto contenuto negli scarichi di ogni impianto di trattamento di acque reflue urbane provenienti da agglomerati con oltre 10 000 a.e., i cui scarichi si riversano nel Mare di Botnia.
– Sull’esistenza e sugli eventuali effetti di un trasferimento di azoto proveniente dal Golfo di Botnia e discendente fino al Mar Baltico propriamente detto
75 La Commissione solleva che, in ogni caso, una considerevole quantità di nutrienti viene trasportata tra i diversi bacini marini. Così, il 62% della quantità totale di azoto scaricata direttamente o indirettamente nella Baia di Botnia fluirebbe poi verso il Mare di Botnia, che sarebbe un’area marina in cui l’azoto costituisce un importante fattore limitante.
76 Da un lato, è vero che, come fatto valere dalla Commissione e dal Regno di Svezia, occorre valutare l’obbligo di trattare l’azoto in un’ottica globale, considerando sia la sensibilità delle acque interne sia quella delle acque costiere recipienti. Nondimeno, si deve considerare che la nozione di bacino drenante conosce dei limiti. Si deve rilevare a tale proposito, che, in udienza, la Commissione ha ammesso che, contrariamente da quanto emerge dal punto 44 della sua replica, essa non sostiene che la Baia di Botnia e il Mare di Botnia possano essere considerati bacini drenanti del Mar Baltico propriamente detto.
77 D’altro lato, in merito all’argomento del Regno di Svezia secondo il quale il ricambio idrico tra la Baia di Botnia, il Mare di Botnia e il Mar Baltico propriamente detto è estremamente limitato, si deve rilevare, come emerge dal fascicolo sottoposto alla Corte, che il Mar Baltico è un mare poco profondo, il che non favorisce il ricambio idrico. Inoltre, emerge dall’allegato 11 del controricorso del Regno di Svezia, che illustra la topografia del Mar Baltico che, tra la Baia di Botnia e il Mare di Botnia, il ricambio idrico è limitato da ostacoli naturali collocati al nord dell’arcipelago di Kvarken. Secondo tale carta, la Baia di Botnia e il Mare di Botnia sono fra loro collegati da secche in cui le acque hanno una profondità massima di 25 metri. Tale constatazione è inoltre corroborata dall’allegato 12 di tale controricorso, che illustra il profilo dei fondali del Mar Baltico.
78 Si deve pertanto constatare che la Commissione non ha dimostrato l’inesistenza di ostacoli fisici che limitano il trasferimento di azoto tra i bacini marini di cui trattasi.
79 Peraltro, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 93 delle sue conclusioni, il Mare di Botnia è un vero collettore di azoto. Inoltre, nel rapporto del 2003 si riconosce che i problemi di eutrofizzazione legati all’azoto nel Golfo di Botnia sono trascurabili e che solo una minima quantità di azoto viene trasportata fino al Mar Baltico propriamente detto. La presenza di secche e di un restringimento del Golfo di Botnia intorno alle isole Åland inducono parimenti a ritenere che il passaggio di acqua, e dunque di azoto, non è favorito da una siffatta topografia.
80 Pertanto, anche se è vero che l’azoto si trasferisce tra il Golfo di Botnia e il Mar Baltico propriamente detto, la Commissione non ha tuttavia dimostrato che lo scorrimento delle acque dalla Baia di Botnia e dal Mare di Botnia verso il Mar Baltico propriamente detto comporti il trasporto di una rilevante quantità di inquinamento di azoto proveniente dalle regioni settentrionali della Svezia, i cui impianti di trattamento non effettuano l’eliminazione dell’azoto.
81 A tale proposito occorre rilevare che le parti concordano sulla circostanza che circa l’11% di tutto l’azoto presente nel Mare di Botnia si riversa nel Mar Baltico propriamente detto.
82 Tuttavia, come emerge dai documenti del fascicolo e dalle osservazioni formulate dal Regno di Svezia in udienza, nonché come rilevato da tale Stato membro, la percentuale rilevante è quella che rappresenta la quantità di azoto scaricata dagli impianti di trattamento di acque reflue urbane provenienti dagli agglomerati con oltre 10 000 a.e., i cui scarichi si riversano nel Golfo di Botnia, e che viene trasportata verso il Mar Baltico. Per contro, il flusso totale di azoto non può essere considerato, nella presente fattispecie, un elemento rilevante al fine di determinare se l’azoto proveniente dai detti impianti debba essere sottoposto ad un trattamento terziario.
83 Infatti, i documenti del fascicolo consentono di stabilire che i nutrienti, tra cui l’azoto, sono originati da molteplici attività umane e giungono infine in mare, in primo luogo, attraverso le emissioni atmosferiche e i depositi che ne risultano, in secondo luogo, attraverso gli scarichi di singole fonti situate lungo la costa o provenienti da bacini drenanti, trasportati dai fiumi, e, in terzo luogo, attraverso le dispersioni di fonti diffuse.
84 A tale proposito, i documenti del fascicolo consentono di stabilire che, da un lato, gran parte dell’azoto presente nel Golfo di Botnia proviene da scarichi di fonti diffuse. Dall’altro, nell’ambito di tale categoria, l’agricoltura è l’attività umana che produce un’ingente parte degli scarichi d’azoto.
85 Ne consegue che la quantità di azoto scaricata dagli impianti di trattamento di acque reflue urbane provenienti dagli agglomerati con oltre 10 000 a.e. non corrisponde al tasso di azoto menzionato dalla Commissione.
86 È pertanto difficile capire a cosa corrisponda il tasso di trasferimento del 62% sollevato dalla Commissione. Siffatto tasso non può, in ogni caso, corrispondere alla quantità di azoto contenuta negli scarichi degli impianti di trattamento delle acque reflue di agglomerati con oltre 10 000 a.e..
87 Secondo le osservazioni del Regno di Svezia formulate in udienza, la percentuale di trasferimento di azoto, che si riferisce esclusivamente agli scarichi di tale nutriente provenienti dagli impianti di trattamento di cui trattasi, si aggira intorno all’1,2%.
88 La Commissione non ha pertanto dimostrato che il trasporto di azoto proveniente dagli impianti svedesi di trattamento delle acque reflue urbane degli agglomerati con oltre 10 000 a.e., i cui scarichi si riversano nel Golfo di Botnia verso il Mar Baltico propriamente detto, possa risultare significativo ai sensi della giurisprudenza. Secondo quest’ultima il flusso di azoto provocato dalle acque reflue urbane che si riversano in acque eutrofizzate dev’essere considerato significativo se rappresenta all’incirca il 10% del flusso totale di azoto (v., in tal senso, sentenza Commissione/Francia, cit., punto 77).
89 Peraltro, la commissione Helcom, istituita nell’ambito della convenzione del Mar Baltico, ha deciso, in occasione del vertice ministeriale di Cracovia del 15 novembre 2007, un piano d’azione per il Mar Baltico (Helcom Baltic Sea Action Plan). Tale piano, discusso in udienza, prevede un limite massimo per gli scarichi di azoto e di fosforo nonché la necessità di ridurre l’azoto e il fosforo nelle diverse aree del Mar Baltico. Ne consegue che per la Baia di Botnia e il Mare di Botnia non è necessario ridurre il tasso di azoto.
90 Se è incontestabile che, allo stesso tempo, detto piano d’azione inciti a ridurre l’azoto nel Mar Baltico propriamente detto ad un quantitativo di 94 000 tonnellate annue, si deve tuttavia rilevare che tale obbligo non riguarda il Regno di Svezia. Esso incombe, invece, sugli Stati situati nell’area del bacino drenante del Mar Baltico propriamente detto.
91 Pertanto, si deve constatare che la Commissione non ha fornito la prova né, da un lato, che gli scarichi di azoto provenienti dalle acque interne e da quelle costiere della Baia di Botnia contribuiscano all’eutrofizzazione del Mare di Botnia né, dall’altro, che l’azoto costituisca il principale fattore limitante dell’eutrofizzazione del Mare di Botnia.
92 Dalle considerazioni che precedono deriva che la Commissione non ha dimostrato che la quantità di azoto immessa dagli impianti di trattamento di acque reflue urbane provenienti da agglomerati con oltre 10 000 a.e., i cui scarichi si riversano nel Golfo di Botnia, contribuisca all’eutrofizzazione nel Mar Baltico propriamente detto. Pertanto, la Commissione non ha fornito la prova del fatto che il Regno di Svezia dovesse imporre un trattamento terziario dell’azoto in ogni impianto di depurazione di acque reflue urbane provenienti dagli agglomerati con oltre 10 000 a.e. i cui scarichi si riversano nel Golfo di Botnia.
93 Si deve pertanto considerare che la Commissione non ha provato che il Regno di Svezia sia venuto meno agli obblighi su di esso incombenti in forza della direttiva 91/271 per quanto riguarda tutti gli impianti di trattamento di acque reflue urbane provenienti dagli agglomerati con oltre 10 000 a.e. i cui scarichi si riversano nel Golfo di Botnia.
94 Per quanto riguarda gli scarichi degli impianti di trattamento elencati nell’allegato 4 del controricorso del Regno di Svezia, che sono collocati all’interno della parte meridionale della Svezia e trattano le acque reflue urbane provenienti dagli agglomerati con oltre 10 000 a.e. situati nel bacino drenante le cui acque vengono drenate verso le acque costiere sensibili all’azoto tra la frontiera norvegese e il comune di Norrtälje, il Regno di Svezia fa valere che non è necessario sottoporli ad un trattamento terziario dell’azoto nei limiti in cui il fenomeno di assorbimento naturale consente una sufficiente eliminazione di tale nutriente.
95 A tale proposito, emerge dal fascicolo sottoposto alla Corte che l’assorbimento è un processo naturale che agisce nei laghi e nei corsi d’acqua, i quali trattengono la maggior parte dell’azoto scaricato e lo trasformano in gas inoffensivo, il che corrisponde anche al processo utilizzato dagli impianti di trattamento nell’eliminare l’azoto. L’assorbimento ha luogo in particolare nei bacini, laddove lo scorrimento dell’acqua rallenta e il periodo di permanenza dura normalmente diversi anni. Tale fenomeno si svolge in modo tale che l’azoto viene soppresso con la sostanza organica nei sedimenti di fondo dei bacini lacustri o grazie al processo di nitrificazione/denitrificazione dei microbi sotto forma di azoto gassoso nell’atmosfera.
96 La Commissione non contesta che l’assorbimento è un processo chimico che si produce nell’acqua e che diminuisce la concentrazione di azoto, ma fa valere che tale processo non può essere utilizzato in sostituzione dell’eliminazione dell’azoto mediante gli impianti di trattamento prevista dalla direttiva 91/271, poiché ciò contrasterebbe con il principio di precauzione. La Commissione considera, inoltre, che il processo di assorbimento dell’azoto non consente un’eliminazione durevole di quest’ultimo ed è soggetto a variazioni stagionali.
97 Si deve anzitutto rilevare che nessuna disposizione della direttiva 91/271 osta a che l’assorbimento naturale dell’azoto possa essere considerato un metodo di eliminazione dell’azoto dalle acque reflue urbane.
98 In merito all’argomento sollevato dalla Commissione, secondo cui il processo di assorbimento dell’azoto è troppo instabile per essere preso in considerazione, si deve rilevare che il Regno di Svezia ha evidenziato che il calcolo degli scarichi di ogni agglomerato nelle acque costiere sensibili è basato sugli scarichi effettivi dell’agglomerato combinati con l’assorbimento calcolato singolarmente. Il metodo utilizzato include i risultati di misurazioni concrete del contenuto di azoto effettuate in diversi corsi d’acqua e i calcoli sono normalmente fondati su un programma di misurazioni realizzate su periodi che vanno fino a dieci anni. Ne consegue che tali calcoli prendono parimenti in considerazione l’azoto che viene rilasciato nell’acqua, e tale risultato esprime dunque un assorbimento netto che include la totalità dell’azoto, ivi compreso quello precedentemente trattenuto e in seguito rilasciato.
99 Si deve inoltre rilevare che lo stesso rapporto del 2003 ammette che l’assorbimento naturale costituisce un’opzione legalmente ammessa.
100 Infine, occorre rammentare che, come rilevato al punto 47 della presente sentenza, deve sussistere un nesso di causalità adeguato tra gli scarichi e l’inquinamento delle aree sensibili. Pertanto, benché le acque del Mar Baltico propriamente detto subiscano un’eutrofizzazione a causa, in particolare, dell’azoto, fintantoché la Commissione non abbia dimostrato che gli scarichi di azoto degli impianti di trattamento di acque reflue urbane provenienti dagli agglomerati con oltre 10 000 a.e., che si riversano nel Mar Baltico propriamente detto, contribuiscono all’eutrofizzazione di tale mare, un trattamento terziario dell’azoto non dev’essere imposto in ciascuno di tali impianti.
101 Peraltro, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 82 delle sue conclusioni, la tabella 2 dell’allegato I della direttiva 91/271 non impone, nell’ambito di un trattamento terziario, un trattamento completo bensì, per quanto riguarda l’azoto, una riduzione che consente di raggiungere un valore di 15 mg/l per gli agglomerati con un numero di a.e. tra i 10 000 e i 100 000 o una percentuale minima di riduzione tra il 70 e l’80%. Uno scarico indiretto di azoto nelle acque sensibili a quest’ultimo comporta dunque l’obbligo di ridurre l’azoto unicamente se, per un impianto di trattamento, più del 30% dell’azoto contenuto nelle acque reflue urbane raggiunge tali aree sensibili.
102 Occorre dunque verificare se la Commissione abbia dimostrato che gli scarichi degli impianti di cui trattasi non sono conformi a tali prescrizioni.
103 In via preliminare si deve osservare, come rilevato dal Regno di Svezia, che il territorio di tale Stato membro è costituito da numerosi laghi e corsi d’acqua. Il Regno di Svezia ha aggiunto, inoltre, che trascorre un periodo di tempo considerevole prima che l’azoto che si riversa nel sistema idraulico raggiunga la costa e che il processo naturale di separazione dell’azoto negli scarichi si realizza in tempi lunghi. Alla luce di ciò si deve constatare che le caratteristiche naturali del territorio svedese sembrano tali da favorire l’assorbimento dell’azoto.
104 Da un lato, il Regno di Svezia ha affermato, senza essere contraddetto dalla Commissione, che un impianto di trattamento classico attrezzato per una depurazione meccanica, biologica e chimica, procede sempre ad una determinata eliminazione dell’azoto, anche qualora esso non sia specificatamente attrezzato a tal fine. La riduzione di azoto in siffatto impianto di trattamento equivale in media al 30%. D’altro lato, consegue dalle informazioni comunicate dal Regno di Svezia nella sua risposta ai quesiti scritti che, secondo taluni calcoli realizzati nel 2008, il tasso di assorbimento dell’azoto è del 54% per l’impianto di trattamento di Filipstad, dell’81% per quello di Kumla, del 47% per quello di Flen, del 92% per quello di Nässjö, del 74% per quello di Tranås, del 70% per quello di Vimmerby e del 48% per l’impianto di trattamento di Olofström.
105 Si deve pertanto constatare che la Commissione non ha dimostrato che, per ciascuno degli impianti menzionati nell’allegato 4 del controricorso del Regno di Svezia, gli effetti congiunti della riduzione dell’azoto mediante gli impianti di trattamento, da un lato, e l’assorbimento naturale, dall’altro, non consentono di raggiungere il tasso minimo di eliminazione dell’azoto imposto dalla direttiva 91/271.
106 Si deve pertanto constatare che la Commissione non ha provato l’inadempimento sollevato per quanto riguarda i citati impianti.
107 Consegue dalle considerazioni che precedono che il Regno di Svezia, non avendo provveduto, al più tardi entro il 31 dicembre 1998, affinché gli scarichi degli impianti elencati negli allegati 2 e 3, come modificati, per il trattamento di acque reflue urbane provenienti dagli agglomerati con oltre 10 000 a.e., che si riversano direttamente nelle aree sensibili o nei loro bacini drenanti, rispondano ai requisiti pertinenti dell’allegato I della direttiva 91/271, è venuto meno agli obblighi su di esso incombenti ai sensi dell’art. 5, nn. 2, 3 e 5, della citata direttiva.
109 A norma dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché il Regno di Svezia non ne ha fatto domanda, benché la Commissione sia rimasta soccombente sui punti essenziali dei propri motivi, si deve disporre che ciascuna parte sopporti le proprie spese.
110 Ai termini dell’art. 69, n. 4, del regolamento di procedura, gli Stati membri intervenuti nella causa sopportano le proprie spese.
1) Il Regno di Svezia, non avendo provveduto, al più tardi entro il 31 dicembre 1998, affinché gli scarichi degli impianti elencati negli allegati 2 e 3 del suo controricorso, come modificati dalla sua controreplica, per il trattamento di acque reflue urbane provenienti dagli agglomerati con oltre 10 000 a. e., che si riversano direttamente nelle aree sensibili o nei loro bacini drenanti, rispondano ai requisiti pertinenti dell’allegato I della direttiva del Consiglio 21 maggio 1991, 91/271/CEE, sul trattamento delle acque reflue urbane, come modificata dalla direttiva della Commissione 27 febbraio 1998, 98/15/CE, è venuto meno agli obblighi su di esso incombenti ai sensi dell’art. 5, nn. 2, 3 e 5, della citata direttiva.