TAR Piemonte Sez. I n. 176 del 4 febbraio 2016
Acque.Fissazione dei valori limite

Il potere di fissare, nel singolo caso concreto e con il puntuale provvedimento di autorizzazione, anche valori limite di accettabilità di singole sostanze più restrittivi di quelli della tabella 3 allegato 5 alla Parte III del TUA, non è necessariamente riconducibile alla generale potestà normativa regolamentare di cui all'art. 107, potendo essere giustificato dal potere prescrittivo 'puntuale' espressamente stabilito dall'art. 124 comma 10 del TUA, esercitabile in sede di rilascio della singola autorizzazione.

N. 00176/2016 REG.PROV.COLL.

N. 00670/2015 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 670 del 2015, proposto da:
AGILTEK S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Paolo Scaparone, Cinzia Picco e Jacopo Gendre, con domicilio eletto presso il primo in Torino, via S. Francesco D'Assisi, 14;

contro

PROVINCIA DI VERCELLI, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Antonio Rosci, con domicilio eletto presso il medesimo in Vercelli, via S. Cristoforo, 7;
SERVIZIO IDRICO INTEGRATO DEL BIELLESE E VERCELLESE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Teodosio Pafundi, con domicilio eletto presso il medesimo in Torino, corso Re Umberto, 27;
AUTORITA’ d’AMBITO OTTIMALE N. 2 "BIELLESE, VERCELLESE, CASALESE" - ATO 2 PIEMONTE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Francesca Dealessi, con domicilio eletto presso la medesima in Torino, corso Stati Uniti, 62;

per l'annullamento

della determinazione del Dirigente dell'Area Tutela Ambientale - Ufficio Rifiuti, Emissioni in Atmosfera, Inquinamenti e Bonifiche della Provincia di Vercelli 24.3.2015 n. 717, notificata alla Agiltek in data 10.4.2015, che ha rinnovato l'autorizzazione integrata ambientale - AIA - alla Agiltek stessa per l'impianto sito in Gattinara, nella parte in cui prescrive, per i soli parametri metalli e cloruri delle acque reflue industriali sversate nello scarico S2 in pubblica fognatura, il rispetto dei valori - limite per lo scarico di acque reflue industriali in acque superficiali di cui alla Tabella 3, allegato 5, Parte III del d.lgs 152/06 (prescrizione n. 75);

di ogni altro atto presupposto, consequenziale e comunque connesso

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Vercelli, del Servizio Idrico Integrato del Biellese e Vercellese S.p.A. e dell’Autorità d'Ambito Territoriale Ottimale N. 2 "Biellese, Vercellese, Casalese" - Ato 2 Piemonte;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 gennaio 2016 il dott. Giovanni Pescatore e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

1. Con il ricorso notificato in data 10 giugno 2015 la società AGIL TEK s.r.l. ha evocato in giudizio innanzi a questo TAR la Provincia di Vercelli, il Servizio Idrico Integrato del Biellese e Vercellese - S.I.I. s.p.a. e l'Autorità d'Ambito Territoriale Ottimale n. 2 "Biellese, Vercellese, Casalese" (AT02), per chiedere l'annullamento, previa sospensiva, del provvedimento prot. n. 717 del 24 marzo 2015 attraverso il quale il Dirigente del Settore Tutela Ambientale della Provincia di Vercelli ha rinnovato l'Autorizzazione integrata ambientale (AIA) per l'impianto chimico localizzato in Comune di Gattinara, C.so Garibaldi n. 275, che la ricorrente gestisce e detiene in affitto dalla proprietaria Tenaverde s.a.s..

La S.I.I. s.p.a. è la società che gestisce il servizio idrico integrato nell’ambito territoriale ottimale “Biellese, Vercellese, Casalese”: il servizio sovraintende sia alla captazione, adduzione e distribuzione dell’acqua, sia ai servizi di fognatura e depurazione, avvalendosi a tal fine di un impianto di depurazione biologico cd. “a fanghi attivi”, sito nel comune di Gattinara, facente parte della rete pubblica fognaria, nel quale confluiscono anche le acque reflue industriali dell’impianto della Agiltek.

A sua volta, la rete fognaria confluisce nel corpo idrico superficiale Roggia Bonda e detto ultimo scarico (oggetto di specifica autorizzazione provinciale rilasciata alla S.I.I. s.p.a.) è soggetto al rispetto di specifici limiti di emissione che la S.I.I. s.p.a., in forza del titolo abilitativo di cui è titolare, è tenuta a garantire.

2. In data 7 settembre 2011, la Agiltek s.r.l. è subentrata nell’AIA originariamente rilasciata il 30 settembre 2009 alla Terraverde s.a.s. e integrata, in data 1° aprile 2011, con la prescrizione che impone che tutte le acque reflue industriali dell’impianto chimico confluiscano nella pubblica fognatura, al punto di scarico denominato "S2"; e con l’ulteriore clausola, oggetto della presente impugnativa e rubricata al n. 75 del provvedimento, che così dispone: "Considerata la miscelazione della varie tipologie di residuo al punto di scarico S2 dovranno essere rispettati i seguenti limiti di accettabilità: a. per i parametri metalli e cloruri i limiti fissati in tabella 3 allegato 5 alla Parte III del D.lgs 152/06 e s.m. i. per lo scarico in acque superficiali; b. tutti gli altri parametri i limiti fissati in tabella 3 allegato 5 alla Parte III del D.Lgs 152/06 per lo scarico in pubblica rete fognaria".

3. Detta prescrizione si è rivelata assai gravosa per la parte ricorrente, tanto da risultare non rispettata in occasione di numerose verifiche condotte dal gestore. In sede di istanza di rinnovo dell’AIA (8 aprile 2014) la Agiltek ne ha quindi chiesto l’eliminazione, incontrando l’opposizione, in sede di conferenza dei servizi, del soggetto gestore del servizio idrico (si veda il verbale della conferenza dei servizi del 3 luglio 2014, alla pag. 2). L’AIA è stata quindi confermata integralmente nel suo contenuto originario.

La particolare gravosità del limiti prescrittivi imposti deriva dal fatto che i valori limite degli scarichi industriali in acque superficiali sono più bassi dei valori limite degli scarichi industriali in pubblica fognatura; e, nel caso specifico, pur avendo l'AIA ad oggetto uno scarico in pubblica fognatura, il limite più restrittivo imposto da essa per i metalli e i cloruri è parametrato allo scarico in corpi idrici superficiali. Da qui l’eccessivo restrittività del limite di cui si duole la ricorrente.

4. Il ricorso si fonda su due motivi di doglianza.

I) Con il primo (violazione di legge in relazione agli artt. 25 e 117, Cost., 29-decies, 101, 105, 107 e 137 d.lgs. 3.4.2006 n. 152 e 7 l. r. Piemonte 26.3.1990 n. 13 - Disciplina regionale sugli scarichi di acque reflue) la ricorrente svolge un’articolata e complessa disamina di alcune norme del Codice dell'ambiente evidenziando in sintesi che:

a) per effetto degli artt. 101, 105 e 107 d.lgs. 3.4.2006 n. 152, spetta alle Regioni stabilire valori limite più restrittivi in merito ai reflui industriali immessi nelle acque superficiali; viceversa, per gli scarichi in reti fognarie analoga competenza compete all'ente di governo dell’ambito territoriale ottimale, nel nostro caso l’AT02, in coerenza con quanto dispone l'art. 107, comma 1, che consente all'ente pubblico in parola di sottoporre "gli scarichi di acque reflue industriali che recapitano in reti fognarie (. .. ) alle norme tecniche, alle prescrizioni regolamentari e ai valori limite" che lo stesso adotta "in modo che sia assicurata la tutela del corpo idrico ricettore".

b) Altra norma di rilievo è l'art. 137, comma 5, il quale punisce con l'arresto fino a due anni e con l'ammenda da tremila a trentamila euro la condotta del titolare dello scarico di reflui industriali a carico del quale è stato accertato dagli organi tecnico-amministrativi competenti il superamento dei valori limite stabiliti legislativamente ovvero di quelli più restrittivi fissati, per quanto riguarda la tipologia degli scarichi in pubbliche fognature, "dall'Autorità competente a norma dell'art. 107, comma 1".

c) Sul punto la ricorrente osserva che il provvedimento che fissa limiti più restrittivi, andando ad individuare gli elementi integranti la fattispecie penale (secondo il modello della cd. norma penale in bianco), non può che avere contenuto generale e, quindi, consistenza di atto “normativo”. Da ciò deriva l’ulteriore conseguenza che l’ente deputato all’emanazione di tale atto deve avere la capacità di produrre norme e disporre, quindi, di personalità giuridica di diritto pubblico.

d) Alla stregua di tali parametri, ente astrattamente abilitato alla fissazione di limiti più restrittivi potrebbe essere l’AT02, che tuttavia nel caso di specie non ha esercitato alcuna potestà normativa. Non gode invece di analoga legittimazione l’ente gestore (SII), in quanto soggetto organizzato come società di capitali e operante in regime privatistico, quindi privo del potere regolamentare.

Dunque la prescrizione impugnata è illegittima per difetto di attribuzione e violazione di legge, in quanto è stata adottata da soggetto non legittimato (il SII) e con atto non avente natura normativa.

e) L'assunto sin qui ricapitolato non è inficiato da quanto previsto dall'art. 7 della L.R. Piemonte 13/90 che attribuisce espressamente agli "enti gestori degli impianti di depurazione delle pubbliche fognature" - coincidenti, nel vigore dell' attuale assetto normativo della materia, con i gestori del servizio idrico integrato - la funzione di stabilire i limiti di accettabilità degli scarichi di acque reflue industriali nella rete fognaria, sulla premessa che, a norma del comma 4 dell'articolo citato, a loro è attribuita la competenza al rilascio della relativa autorizzazione. Ed infatti, tale norma regionale si pone in contrasto con la disciplina statale, in quanto la prima assegna al gestore del servizio idrico il potere di stabilire limiti di accettabilità per le acque reflue industriali scaricate in pubblica fognatura (art. 7, comma 1) anche diversi da quelli posti dalla legge statale; viceversa, la seconda attribuisce inequivocabilmente il medesimo potere all'autorità di governo dell'ambito territoriale di riferimento (art. 107, comma 1). Il contrasto va risolto riconoscendo la prevalenza della disciplina statale, in quanto la disciplina degli scarichi di acque reflue industriali in pubblica fognatura appartiene alla materia della "tutela dell'ambiente", di competenza legislativa esclusiva dello Stato (art. 117, co. 2, lett.s Cost.). Dunque, sempre secondo la tesi svolta in ricorso, la l.r. n. 13/1990 ha cessato di avere efficacia dal momento della entrata in vigore del Codice dell'ambiente, quanto meno per le parti oggetto di regolamentazione statale, riguardanti la tutela dell'ambiente. È quindi il Codice dell'ambiente, ad oggi, l'unica fonte legislativa che regolamenta gli scarichi di acque reflue industriali in pubblica fognatura. E tale fonte conferisce inequivocabilmente all'ente di governo (nel caso concreto all'ATO 2 Piemonte) e non al gestore del servizio idrico (segnatamente, il SII spa) il potere di stabilire limiti di valore più restrittivi per lo scarico di detta tipologia di reflui.

II) Con il secondo motivo di ricorso (violazione di legge in relazione agli artt. 3, l. 7.8.1990 n. 241, 101 e 107, d.lgs. 3.4.2006 n. 152, nonché al principi di ragionevolezza ed eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione), la società ricorrente deduce l'illegittimità del provvedimento in quanto affetto da eccesso di potere sotto il duplice profilo della disparità di trattamento e del difetto di istruttoria.

La disparità di trattamento è prospettata raffrontando l'autorizzazione allo scarico di cui è controversia con l'autorizzazione allo scarico di cui è titolare la società Lavazza, il cui impianto industriale immette i reflui nel medesimo impianto fognario. L'ingiusta diversità di trattamento discenderebbe dal fatto che la Lavazza ha licenza di scaricare rispettando i parametri di emissione prescritti dal Codice dell'ambiente per gli scarichi in pubblica fognatura mentre, diversamente, Agiltek è tenuta a rispettare limiti più gravosi (previsti per gli scarichi industriali in acque superficiali), senza che la differenziazione tra le due società trovi giustificazione alcuna.

Quanto al dedotto difetto di istruttoria, il carattere derogatorio della prescrizione dei valori di emissione più rigorosi propri delle acque superficiali avrebbe imposto alla pubblica amministrazione autorizzante l'onere di fornire la prova "che i reflui sversati dallo stabilimento della ricorrente, se ammessi nei limiti previsti dalla legge statale per lo scarico in pubblica fognatura, cagionerebbero, da sé soli considerati, l'inquinamento del corpo idrico recettore della rete fognaria". Di una tale dimostrazione non vi è traccia nell’AIA e nelle varie sedute di conferenza dei servizi che ne hanno preceduto il rilascio.

5. Si sono costituiti in giudizio la Provincia di Vercelli, il Servizio Idrico Integrato del Biellese e Vercellese spa (SII) e l'Autorità d'Ambito Territoriale Ottimale n. 2 "Biellese, Vercellese, Casalese" (ATO2), contestando nel merito gli assunti avversari e chiedendone la reiezione.

Oltre a rilievi di carattere sostanziale, le resistenti hanno eccepito, sul piano processuale, l’inammissibilità del ricorso sotto quattro distinti profili, ovvero per:

a) carenza di giurisdizione del giudice amministrativo, rientrando la materia de qua nell’ambito di cognizione del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, ai sensi dell'art. 143 del R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775. Ciò in considerazione del fatto che l’impugnata autorizzazione allo scarico dei reflui industriali in pubblica fognatura inciderebbe direttamente sul regime delle acque pubbliche, in quanto gli scarichi industriali immessi dalla Agiltek nella rete fognaria affluiscono – mediante il depuratore di Gattinara – nel corpo idrico superficiale Roggia Bonda;

b) difetto di interesse ad agire, atteso che prescrizione identica a quella qui contestata era contenuta nell’AIA rilasciata alla società Terraverde e poi volturata alla ricorrente in data 7 settembre 2011. Detta prescrizione non è stata impugnata dalla ricorrente all’atto della sua voltura, sicché rispetto ad essa si sarebbe determinata una situazione di acquiescenza, ostativa all’attuale impugnativa;

c) omessa notifica del ricorso e mancata integrazione del contraddittorio nei confronti di tutte le amministrazioni partecipanti alla conferenza dei servizi tenutasi in vista del rilascio dell’impugnata autorizzazione integrata ambientale;

d) difetto di interesse all’impugnazione solo parziale dell’autorizzazione integrata ambientale, trattandosi di provvedimento complesso e inscindibile, dunque non frazionabile in parti autonome, e del quale, d’altra parte, la ricorrente non ha chiesto (né avrebbe interesse ad ottenere) l’annullamento integrale.

6. A seguito della rinuncia all’istanza cautelare, effettuato lo scambio di memorie e repliche ai sensi dell’art. 73 c.p.a., il ricorso è stato discusso e posto in decisione all’udienza pubblica del 13 gennaio 2016.

DIRITTO

1. Le eccezioni processuali di inammissibilità del ricorso non paiono fondate.

1.1. Va innanzitutto affermata la giurisdizione del giudice amministrativo sulla vertenza in oggetto.

Per indirizzo giurisprudenziale consolidato, dal quale il Collegio non ha motivo di discostarsi, la giurisdizione di legittimità del Tribunale Superiore delle acque pubbliche ha per oggetto i ricorsi avverso provvedimenti amministrativi caratterizzati dalla loro incidenza diretta sulla materia di tali acque, mentre ricorre la giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo riguardo ai provvedimenti aventi un'incidenza strumentale ed indiretta (cfr., ex multis, Cass. civ., sez. un., 20 giugno 2000 n. 457; Trib. Sup. Acque Pubbl., 2 agosto 2007, n. 124; Cons. Stato, sez. V, 7 maggio 2008, n. 2091; T.A.R. Veneto, sez. I, 6 novembre 2008, n. 3449).

Facendo applicazione dei superiori principi, può ritenersi che il presente gravame esuli dalla giurisdizione del giudice delle acque pubbliche, giacché il provvedimento impugnato, nella parte recante l’autorizzazione allo scarico di acque reflue industriali in pubblica fognatura, non incide direttamente sul regime qualitativo delle acque pubbliche, sia perché le acque nere non rientrano nel novero delle acque pubbliche di cui al citato t.u. n. 1775-33 (Cass. civ., sez. I, 24 aprile 1993, n. 4842); sia, e soprattutto, perché il provvedimento in esame non disciplina la fase della confluenza delle acque fognarie nella Roggia Bonda, ma solo la fase antecedente della immissione delle acque reflue industriali della Agiltek nella rete fognaria.

Essendo duplice il passaggio che porta alla confluenza dei reflui industriali nel corpo idrico recettore finale (dapprima i reflui vengono scaricati nella rete fognaria e poi le acque fognarie, a seguito di depurazione, confluiscono nella Roggia Bonda), in relazione al provvedimento che regola il primo segmento non può affermarsi alcuna incidenza diretta sulla materia delle acque pubbliche.

D’altra parte, che l’immissione nella rete fognaria di sostanze eccedenti i valori limite possa incidere sulla qualità delle acque del corpo recettore finale, è ipotesi ammessa in termini meramente probabilistici dalla stessa parte eccipiente (S.I.I. s.p.a.), trattandosi di evenienza condizionata al non efficace svolgimento della fase intermedia della depurazione: risulta quindi ulteriormente confermata la sussistenza di una relazione causale certamente possibile tra la violazione dei limiti e l’inquinamento del corpo recettore finale, ma non “diretta” e “immediata”, in quanto “mediata”, appunto, dalla fase intermedia della depurazione.

Gi stessi precedenti giurisprudenziali rinvenibili in materia riconoscono o meno la giurisdizione del T.S.A.P. proprio in considerazione della sussistenza di uno scarico diretto dei reflui nel corpo idrico recettore appartenente alle “acque pubbliche” (si vedano Trib. sup. acque 13 marzo 2009 n. 39, che afferma la propria giurisdizione su una vertenza inerente uno scarico non riversantesi in una rete fognaria o in un depuratore, ma direttamente in un corpo irriguo; Cass. civ., sez. un., 20 giugno 2000, n. 457, che nega la giurisdizione del T.S.A.P. su una fattispecie riguardante lo scarico di acque industriali in una rete fognaria; T.A.R. Sardegna, sez. I, 07 agosto 2012, n. 768, ove si afferma la giurisdizione del T.S.A.P. su una vertenza avente ad oggetto il rilascio dell'autorizzazione per lo scarico diretto in un fiume di acque reflue provenienti da un depuratore).

1.2. Con riguardo alla seconda eccezione, va preliminarmente osservato, quale criterio interpretativo di carattere generale, che nel rilevare l’intervenuta acquiescenza al provvedimento impugnato, la parte eccipiente ha l'onere di fornire prova concreta e rigorosa in merito alla piena conoscenza e consapevolezza da parte del ricorrente, oltre che dell'esistenza dell’attività amministrativa contestata - almeno nei suoi elementi essenziali - anche della sua portata dispositiva e lesiva (Cons. Stato, sez. V, 07 agosto 2015, n. 3881).

1.2.1. Nel caso in esame, il presupposto dal quale si intende desumere l’atteggiamento acquiescente della ricorrente - ovvero lo stato di piena conoscenza della reale portata lesiva del provvedimento all’atto della sua volturazione da parte della società Terraverde – non pare adeguatamente dimostrato.

Al contrario, sussistono una serie di elementi, compiutamente prospettati in ricorso e non efficacemente confutati dalle controparti, dai quali emerge che la lesività della prescrizione contestata - ovvero la difficoltà di rispettare i limiti prescrittivi nella stessa riportati - si è rivelata nell’intervallo temporale compreso tra la voltura dell’autorizzazione e la domanda di rinnovo della stessa (inoltrata in data 8 aprile 2014), in occasione della quale, non a caso, la ricorrente ha avanzato richiesta di eliminazione (almeno parziale) delle limitazioni avversate (cfr. pag. 11 doc. 7 fasc. ricorr).

1.2.2. È la stessa S.I.I. s.p.a. a riconoscere che prima dell’attivazione dello scarico della Agiltek nella rete fognaria (attivazione avvenuta il 7 luglio 2012) non era stata mai registrata la presenza di metalli al di sopra dei limiti di legge (pag. 7 memoria del 6 luglio 2015).

Le prime diffide all’osservanza dei limiti hanno fatto seguito proprio all’attivazione dello scarico, in quanto datano 5 novembre 2012 (da parte di SII) e 6 dicembre 2012 (da parte della Provincia). A queste diffide ne hanno fatto seguito numerose altre, accompagnate da una fase di interlocuzione tra le parti, nel corso della quale la Agiltek ha anche avanzato proposte progettuali volte a porre rimedio al problema. A queste hanno fatto seguito ulteriori diffide adottate dal SII il 24 giugno 2014 e 24 dicembre 2014, e dalla Provincia di Vercelli in data 31 luglio 2014; due verifiche sullo stato delle acque reflue, in data 3 e 11 dicembre 2014, dalle quali è nuovamente emerso il superamento dei limiti; due ulteriori diffide adottate dalla Provincia in data 19 gennaio e 15 aprile 2015; la nota del 4 febbraio 2015, con la quale la Agiltek ha proposto l’installazione di un nuovo sistema di depurazione, soluzione respinta dalla Provincia con nota del 2 marzo 2015; infine, il rinnovo dell’AIA, intervenuto con atto del 10 aprile 2015.

1.2.3. In conclusione, la collocazione temporale delle contestazioni sul superamento dei limiti e delle contromisure proposte dalla società ricorrente per farvi fronte, rende ragionevolmente comprovata l’asserita percezione della capacità lesiva delle prescrizioni violate nella fase temporale antecedente alla fase del rinnovo dell’AIA. Non sussistono, d’altra parte, elementi presuntivi o probatori di segno contrario a quelli sin qui riepilogati che consentano di suffragare un’eventuale retrodatazione ad epoca antecedente di tale momento percettivo, cui poter correlare un’ipotetica condotta di piena e inequivoca accettazione da parte della ricorrente del contenuto delle prescrizioni qui contestate.

1.3. Va respinta anche l’eccezione di inammissibilità per omessa notifica del ricorso e mancata integrazione del contraddittorio nei confronti di tutte le amministrazioni partecipanti alla conferenza dei servizi tenutasi in vista del rilascio dell’impugnata autorizzazione integrata ambientale.

1.3.1. Come è noto, la Conferenza di servizi costituisce un modulo organizzativo, finalizzato all'accelerazione dei tempi procedurali, volto all'acquisizione dell'avviso di tutte le amministrazioni preposte alla cura dei diversi interessi pubblici implicati nella decisione. Come tale, essa non si identifica con un nuovo organo separato dai singoli partecipanti, ma consiste soltanto in un modulo procedimentale e organizzatorio, ossia in un metodo di azione amministrativa per la gestione di procedure complesse. Col che, le regole che presiedono alla competenza amministrativa non risultano alterate e, quindi, l'avviso espresso in sede di conferenza dai rappresentanti delle varie amministrazioni partecipanti è pur sempre imputabile a ciascuna di esse. Sul piano strettamente processuale da quanto esposto consegue che il ricorso va notificato a tutte le amministrazioni che, nell'ambito della Conferenza, abbiano espresso pareri o determinazioni che la parte ricorrente avrebbe avuto l'onere di impugnare autonomamente, se gli stessi fossero stati adottati al di fuori del peculiare modulo procedimentale in esame.

1.3.2. Nel caso di specie, la prescrizione contenuta nell’AIA e fatta oggetto specifico dell’impugnazione, è ascrivibile alle competenze delle amministrazione intimate in giudizio, sicché alcuna estensione del contraddittorio era dovuta nei confronti degli ulteriori enti partecipanti alla conferenza dei servizi ma non muniti di specifica competenza settoriale (la Regione Piemonte, il Comune di Gattinara e l’Arpa – Dipartimento di Vercelli).

1.4. Per analoghe ragioni, va respinto anche il rilievo di carenza di interesse all’impugnazione solo parziale dell’autorizzazione integrata ambientale, in considerazione del contenuto asseritamente complesso e inscindibile, dunque non frazionabile in parti autonome, del provvedimento impugnato.

Al contrario, proprio perché la conferenza dei servizi non muta i criteri tradizionali di genesi e imputazione delle singole determinazioni ivi assunte, laddove le stesse presentino, come nel caso di specie, una specifica e autonoma individualità, non si ravvisano ostacoli ad una loro separata contestazione, potenzialmente foriera di una caducazione parziale del provvedimento autorizzatorio conclusivo (per un caso di annullamento parziale dell’AIA, limitatamente ad alcune sue prescrizioni, cfr. T.A.R. Milano, sez. IV, 20 febbraio 2014, n. 508). A diversa conclusione si sarebbe potuto pervenire laddove la parte resistente avesse eccepito e dimostrato non già, in termini generali e meramente assertivi, il carattere inscindibile dell’AIA, ma, in concreto, la natura essenziale e indefettibile della specifica prescrizione impugnata nell’economia complessiva dell’intero provvedimento, tale da far ritenere non configurabile un provvedimento mutilato solo in parte qua (sulla falsariga della nullità parziale ex art. 1419 c.c.). Essendo l’eccezione stata formulata sul postulato del carattere “astrattamente” complesso e inscindibile dell’autorizzazione integrata, essa non può trovare accoglimento.

2. Nel merito, le disposizioni del codice dell’ambiente richiamate in ricorso, in quanto ritenute rilevanti ai fini della decisione, sono contenute agli artt. 101, 105, 107 e 137.

2.1. La prima disposizione (art. 101), pur prevedendo che in linea generale gli scarichi debbano rispettare i valori-limite stabiliti dal Codice dell'ambiente, ammette: a) che tali valori possano essere derogati temporaneamente, in sede di rilascio dell'autorizzazione allo scarico, esclusivamente in casi determinati (avviamento e arresto dell'impianto; guasti; tempo necessario per il ritorno alle condizioni di regime); b) che le regioni possano prevedere valori-limite diversi e meno restrittivi rispetto a quelli stabiliti dal Codice dell'ambiente, ma non superiori comunque a certi valori-limite espressamente qualificati come inderogabili.

2.2. La materia degli scarichi di acque reflue industriali trova invece la propria specifica regolamentazione agli artt. 105 e 107, il primo riferito alle acque reflue sversate in acque superficiali, il secondo alle acque reflue sversate in pubblica fognatura.

In particolare, l’art. 107, qui direttamente rilevante, da un lato sancisce l'inderogabilità di alcuni valori limite; dall’altro, attribuisce all'ente titolare delle funzioni di governo del servizio idrico integrato - che è, nel caso di specie, l'ATO 2 Piemonte - il potere di definire valori-limite diversi da quelli contenuti nella Tabella 3 dell'allegato 5 (riferiti allo scarico in pubblica fognatura dei reflui industriali).

2.3. Dunque, secondo la ricostruzione operata dalla ricorrente, le uniche autorità competenti a introdurre deroghe ai valori limite tabellari, sono la Regione (ex art. 101) e l'ente di governo del servizio idrico integrato (ex art. 107).

Tra le autorità competenti ad introdurre limiti più restrittivi non figura, invece, l’ente gestore del servizio idrico.

2.4. Peraltro, sempre secondo la tesi perorata in ricorso, dette deroghe dovrebbero derivare da atti normativi di contenuto generale, e tanto si ricaverebbe dall’art. 137 comma 5, il quale punisce penalmente la violazione dei limiti di legge, ovvero dei limiti più restrittivi fissati dalle regioni o dalle province autonome o dall'Autorità competente a norma dell'articolo 107, comma 1.

Poiché, dunque, il provvedimento che fissa limiti più restrittivi va ad individuare degli elementi integranti la fattispecie penale (secondo il modello della cd. norma penale in bianco), esso non potrebbe che avere contenuto generale e, quindi, consistenza di atto “normativo”.

2.5. Nel caso di specie, l’ente di governo non ha adottato alcun atto normativo che prescriva limiti più restrittivi per i reflui industriali scaricati in pubblica fognatura. Né può sostenersi alcuna competenza normativa in materia dell’ente gestore (SII), in quanto soggetto strutturalmente privo di questi caratteri –in primis la personalità giuridica di diritto pubblico – essenziali ai fini dell’esercizio del potere normativo.

3. Gli essenziali passaggi argomentativi, sin qui riepilogati, sui quali fonda il primo motivo di ricorso, si espongono a un duplice ordine di obiezioni.

3.1. Innanzitutto, il quadro normativo tracciato dalla ricorrente trascura di considerare l’art. 124, il quale, al comma 10, stabilisce che “in relazione alle caratteristiche tecniche dello scarico, alla sua localizzazione e alle condizioni locali dell'ambiente interessato, l'autorizzazione contiene le ulteriori prescrizioni tecniche volte a garantire che lo scarico, ivi comprese le operazioni ad esso funzionalmente connesse, avvenga in conformità alle disposizioni della parte terza del presente decreto e senza che consegua alcun pregiudizio per il corpo ricettore, per la salute pubblica e l'ambiente”.

Ne consegue che il potere di fissare, nel singolo caso concreto e con il puntuale provvedimento di autorizzazione, anche valori limite di accettabilità di singole sostanze più restrittivi di quelli della tabella 3 allegato 5 alla Parte III del TUA, non è necessariamente riconducibile alla generale potestà normativa regolamentare di cui all'art. 107 (come pretenderebbe invece parte ricorrente), potendo essere giustificato dal potere prescrittivo 'puntuale' espressamente stabilito dall'art. 124 comma 10 del TUA, esercitabile in sede di rilascio della singola autorizzazione.

3.2. Ora, che tra le “prescrizioni tecniche ulteriori” apponibili all’autorizzazione, in forza del menzionato comma 10, possano includersi anche limiti di scarico più restrittivi, è conclusione cui si giunge in linea logica alla luce: a) dell’ampia latitudine della disposizione, che contiene una previsione di ampio respiro per quanto concerne le ulteriori misure integrative, in relazione alla cui tipologia non vengono posti limiti, purché le stesse siano funzionali al rispetto delle disposizioni della parte terza del presente decreto e siano giustificate “in relazione alle caratteristiche tecniche dello scarico, alla sua localizzazione e alle condizioni locali dell'ambiente interessato” (cfr. T.A.R. Friuli-Venezia Giulia, sez. I, 26 marzo 2008, n. 167); b) della specifica ed essenziale finalità sottesa a tale normativa, volta a far sì che lo scarico, comprese le operazioni ad esso funzionalmente connesse, avvenga nel “rispetto degli obiettivi di qualità dei corpi idrici “ (art. 101, comma 1); c) della ragionevole necessità, alla luce dei principi generali di precauzione e prevenzione che informano la materia ambientale, di una norma di chiusura del sistema che consenta, in situazioni particolari, non disciplinabili in modalità ordinaria, il ricorso a soluzioni mirate e derogatorie, purché adeguatamente proporzionate al caso e puntualmente motivate.

3.3. In via ulteriormente consequenziale, va da sé che eventuali prescrizioni limitative del tipo testé menzionato debbano avere carattere necessariamente particolare e non generale (e men che meno normativo) e che quindi debbano essere contenute nel singolo provvedimento di autorizzazione allo scarico: tale conclusione si impone in ragione della natura speciale ed extra ordinem delle misure in questione, motivate dalla particolarità e singolarità della situazione che le stesse sono destinate a fronteggiare.

3.4. Nel caso di specie, le prescrizioni contestate sono ampiamente motivate dalle esigenze tecniche poste in luce in sede di conferenza dei servizi, tanto in occasione del rilascio quanto poi del rinnovo dell’AIA. Le caratteristiche tecniche dell’impianto depuratore del Comune di Gattinara nel quale confluiscono le acque fognarie (e quindi anche le acque reflue dell’impianto Agiltek) non permettono, infatti, l’abbattimento delle componenti inquinanti costituite dai metalli pesanti e dai cloruli. Ciò in quanto la tipologia del menzionato impianto (c.d. a fanghi attivi) prevede un processo biologico di trattamento 'aerobico' dei reflui recapitati in pubblica fognatura, condotto mediante un'aerazione prolungata del refluo all'interno di un reattore biologico in presenza di una popolazione microbica (biomassa); e tale metodologia di funzionamento dell'impianto comporta che l'elevata concentrazione di inquinanti inorganici (tra cui i metalli) in ingresso all'impianto di depurazione possa avere effetti tossici e conseguentemente ridurre l’efficienza depurativa dell'impianto stesso. Come si è già osservato, dall’efficienza dell’impianto dipende l’osservanza dei parametri qualitativi delle acque che il gestore dell’impianto (S.I.I. s.p.a.) è autorizzato ad immettere nel corpo idrico superficiale (Roggia Bonda).

3.5. Dunque, l'imposizione dell'obbligo di rispettare - per i parametri metalli e cloruri - i limiti di accettabilità fissati nella Tabella 3 allegato 5 alla Parte III del TUA per lo scarico in acque superficiali:

- risponde alla specifica finalità di interesse pubblico di tutelare il corpo idrico recettore finale (Roggia Bonda) che riceve i reflui di varia provenienza (domestici, industriali, misti) della rete fognaria gestita dalla SII, dopo che tali reflui sono stati trattati dall'impianto di depurazione a fanghi attivi del Comune di Gattinara;

- mira ad evitare che tali componenti inquinanti dello scarico Agiltek possano essere immesse nelle acque superficiali della Reggia Bonda con valori limite non consentiti.

3.6. All’adozione di un provvedimento individuale maggiormente restrittivo, quale quello qui in esame, non pare di ostacolo - diversamente da quanto sostenuto in ricorso - neppure l’art. 137, comma 5, del d.lgs. 152/2006, posto che detta figura di reato presuppone la violazione di limiti previsti in via generale nella tabella 3 o di quelli più restrittivi fissati dalle autorità competenti ai sensi degli artt. 101 e 107.

Nel caso di specie, tuttavia, venendo in considerazione una prescrizione restrittiva di carattere puntuale, assume rilevanza l’altra fattispecie penale di cui all’art. 29 quatterdecies del d.lgs. 152/2006, che sanziona, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, la violazione delle prescrizioni in materia di emissione contenute nell’AIA , quindi ogni inosservanza delle misure particolari imposte dal singolo e specifico provvedimento di autorizzazione allo scarico di acque reflue industriali.

Dunque, la condotta punibile nella materia in esame conosce una duplice configurazione, connessa alla violazione di limiti di carattere generale (art. 137 comma 5) o particolare (art. 29 quattuordecies comma 3). Ciò posto, risulta smentito l’assunto secondo cui la fattispecie penale della violazione dei limiti di emissione non potrebbe che consumarsi per effetto della violazione di limiti tabellari definiti con atto normativo e in via astratta e generale. Al contrario, è penalmente rilevante in materia anche l’inosservanza di provvedimenti puntuali dell’autorità, venendosi in tal modo a configurare uno schema di punibilità, ammesso e riconosciuto nel sistema (si veda l’art. 650 c.p.), poggiante sulla violazione di un ordine specifico, impartito ad un soggetto determinato, ovvero di un provvedimento adottato in relazione a situazioni non prefigurate da alcuna specifica previsione normativa. Proprio in relazione all’art. 650 c.p., cui può strutturalmente ragguagliarsi l’art. 29 quattuordecies, la giurisprudenza è costante nel sostenere che detta contravvenzione non è configurabile in caso di violazione di norme giuridiche generali ed astratte, essendo la sua sfera di operatività limitata ai provvedimenti impositivi di un determinato comportamento attivo od omissivo, i quali vengano rivolti ad un soggetto o ad una cerchia di soggetti ben determinati o determinabili, al fine di garantire esigenze di giustizia, sicurezza pubblica, ordine pubblico o igiene (cfr. Cass. Pen. Sez. I, 27 settembre 1996, n. 9490; Id., 25 marzo 1999, n. 5755 e 19 marzo 2013, n. 15936).

3.7. Neppure ha fondamento la tesi secondo cui il gestore del servizio (S.I.I. s.p.a.) - per impulso del quale è stata confermata in sede di rinnovo dell’AIA la prescrizione limitativa qui contestata (si veda il verbale della conferenza dei servizi del 3 luglio 2014, alla pag. 2) - non potrebbe esercitare alcuna competenza in materia.

3.8. Innanzitutto, sul piano delle competenze, se l'autorità competente a rilasciare l'autorizzazione integrata ambientale è la Provincia, è indubbio che l’ente chiamato a pronunciarsi, nell’ambito della conferenza decisoria di servizi propedeutica al rilascio dell’AIA, sulle condizioni di compatibilità dello scarico delle acque, è l'ente gestore del servizio idrico integrato (SII s.p.a.), poiché è questo stesso l’ente chiamato al rilascio dell’autorizzazione allo scarico, intesa come provvedimento 'singolare'.

Dunque, il fatto che l’AIA tiene luogo (anche) dell'autorizzazione puntuale allo scarico di acque reflue in fognatura, non toglie che detto provvedimento viene di regola adottato dall'ente gestore del servizio idrico integrato e che ad esso vadano ricondotte le prescrizioni integrate nell’AIA e riconducibili alla materia degli scarichi.

3.9. Tanto si afferma alla luce del quadro normativo di derivazione statale e regionale.

Ed infatti, il d.lgs. 152/2006, all’art. 107 comma 4, dispone che “le regioni, sentite le province, possono stabilire norme integrative per il controllo degli scarichi degli insediamenti civili e produttivi allacciati alle pubbliche fognature, per la funzionalità degli impianti di pretrattamento e per il rispetto dei limiti e delle prescrizioni previsti dalle relative autorizzazioni”; e, soprattutto, all’art. 124 comma 7, nell’individuare l’autorità competente al rilascio dell’autorizzazione allo scarico, la identifica, per quanto concerne lo scarico in pubblica fognatura, nell’ente di governo dell’ambito, “salva diversa disciplina regionale”.

Dunque, secondo la legge statale, nella materia dello scarico di acque reflue in pubblica fognatura, l’ente legittimato a definire valori-limite diversi da quelli tabellari (art. 107) coincide con l’ente competente al rilascio dell’autorizzazione allo scarico (124, comma 7), ed è individuato appunto, “salvo diversa disciplina regionale”, nell’ente di governo dell’ambito territoriale.

3.10. La legge regionale piemontese n. 13/1990 occupa legittimamente lo spazio concessole dalla clausola di salvezza prevista della legge statale: e lo fa all’art. 7, assegnando agli enti gestori dell'impianto di depurazione terminale - in ossequio alla facoltà di deroga prevista dagli artt. 107 comma 4 e 124 comma 7 e alla prevista legittimità di prescrizioni puntuali di cui all’art. 124 comma 10 - la duplice e parallela competenza (altrimenti spettante all’ente di governo dell’ambito): a) al rilascio delle autorizzazioni allo scarico in pubblica fognatura delle acque reflue provenienti da insediamenti produttivi; b) alla fissazione di specifiche prescrizioni e limiti di emissione.

D’altra parte, come già esposto, dette prescrizioni puntuali non possono che trovare sede nel singolo provvedimento autorizzatorio e, quindi, emanare dall’autorità competente al rilascio del titolo abilitativo allo scarico.

Dunque, il delineato quadro normativo ammette l’imposizione, mediante il singolo atto provvedimentale di autorizzazione integrata, di prescrizioni più restrittive in materia di emissioni inquinanti, su impulso dell’ente gestore de servizio idrico, purché dette prescrizioni risultano giustificate e motivate in relazione alla specificità del contesto ambientale da salvaguardare.

Per tutto quanto esposto, la prescrizione impugnata da Agiltek non può ritenersi illegittima per violazione degli artt. 101, 103, 105 e 137 c. 5 del TUA.

4. Anche il secondo motivo non può essere accolto. Vi si sostiene l'irragionevolezza della contestata prescrizione imposta alla Agiltek srl in considerazione del fatto che nel medesimo impianto fognario sverserebbe le proprie acque reflue industriali lo stabilimento della Lavazza spa, alla quale non sarebbero stati imposti limiti restrittivi analoghi a quelli qui contestati.

4.1. Il rilievo è tuttavia deficitario e non conferente, in quanto la ricorrente non ha provato la condizione di similitudine tra le due posizioni poste a confronto, sulla base della quale potere fondatamente argomentare il rilievo di ingiustificata disparità di trattamento. Al contrario, dalle allegazioni svolte sul punto dalle resistenti, e non contestate dalla ricorrente, paiono venire in rilievo due situazioni di fatto del tutto disomogenee tra di loro e non comparabili: lo stabilimento della ricorrente produce infatti materiale chimico e lo scarico di acque reflue industriali di cui essa è titolare contiene cloruri e metalli pesanti che risultano 'incompatibili' con le caratteristiche tecniche dell'impianto comunale di depurazione a fanghi attivi delle acque reflue recapitate nella rete fognaria. Analoga condizione non si riscontra nel caso della Lavazza, industria attiva nel campo alimentare, il cui scarico nella rete fognaria non risulta contenere cloruri o metalli pesanti ma, principalmente, sostanze organiche (compatibili con le caratteristiche tecnologiche dell'impianto di depurazione comunale a fanghi attivi gestito da SII).

4.2. A ciò aggiungasi che un’eventuale ingiustificata carenza di prescrizioni limitative, ove anche sussistente, risulterebbe contra legem e quindi tale da non potere essere assunta a utile parametro di valutazione della legittimità di posizioni analoghe.

5. Per tutto quanto esposto, il ricorso non può trovare accoglimento.

6. La complessità e la peculiarità delle questioni trattate giustificano la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese di lite compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 13 gennaio 2016 con l'intervento dei magistrati:

 

Silvana Bini, Presidente FF

Ofelia Fratamico, Primo Referendario

Giovanni Pescatore, Referendario, Estensore

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 04/02/2016

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)