T.A.R. Lombardia sent. 1847 del 20 maggio 2003
Risparmio Idrico
REPUBBLICA
ITALIANA
IL
TRIBUNALE REGIONALE AMMINISTRATIVO PER LA LOMBARDIA
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 3015/01, proposto dalla Immobiliare Pa.Ro.Gra s.p.a, rappresentata e difesa dall’Avv. Tiziano Ugoccioni, ed elettivamente domiciliata in Milano presso lo studio di questi in Via Monte della Pietà n. 24;
CONTRO
l’Azienda Speciale Multiservizi di Magenta, rappresentata e difesa dall’Avv. Maria Daniela Vignati,, ed elettivamente domiciliata in Milano, presso lo studio dell’Avv. Mirco Rizzoglio in Via Nino Bixio n. 14;
1) del provvedimento 31.5.01 n. 181/01 GT/mlp, con cui L’A.S.M., resistente in questa sede, avrebbe inteso imporre l’installazione di contatori idrici per ogni singola unità abitativa, ricomprese nell’ambito di due immobili ad uso residenziale realizzati dalla Società, oggi ricorrente;
2) di ogni altro atto connesso, presupposto o conseguente, anche non noto;
Visto il ricorso n. 3015/01, con tre allegati;
Visto l'atto 10.10.01 di costituzione in giudizio dell’Azienda Speciale Multiservizi di Magenta, la relativa memoria depositata il 27.11.01 con due documenti allegati ed altri due depositati il giorno successivo;
Udite, nella pubblica udienza del 7.3.02, le difese delle parti in causa, presenti come da verbale d’udienza; udito poi il relatore, Pres. Pio Guerrieri;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
La Pa.Ro.Gra s.p.a. ha realizzato in Via Cardani due palazzine ad uso residenziale, in base a due diverse concessioni edilizie rilasciate dal Comune di Magenta, invero, precedentemente impegnandosi, come richiesto dall’amministrazione all’atto delle rispettive domande, con autonome dichiarazioni (n. 21124 del 27.9.99 per la pratica edilizia n. 312, e n. 25097 del 16.11.99 per la pratica edilizia n. 370) ad edificare le palazzine assentite “in conformità alla normativa prevista dall’art. 25 del D.L.vo n. 152 del 11.5.99”, che prevede l’installazione di un contatore in ogni singola unità abitativa (documenti allegati alla memoria della difesa resistente).
Avendo la società costruttrice, evidentemente immemore delle dichiarazioni rilasciate, segnalato che le due palazzine in costruzione non presentano montanti per collegare il contatore condominiale, posto al P.T., con tanti contatori quante sono le unità abitative, con l’atto impugnato (meglio precisato in epigrafe) l’Azienda la invitava a reperire almeno “vani tecnici” di passaggio delle condutture, per permettere l’installazione dei contatori individuali alla base dell’edificio, per adeguarsi alla legge n. 36/94 e all’art. 25 del D.L.vo n. 152/99.
Ritenendo eccessivamente costoso adeguare l’impianto idrico, la Pa.Ro.Gra s.p.a. ha proposto ricorso deducendo “violazione, travisamento e falsa applicazione dell’art. 5 della L. 5.1.94 n. 36, così come modificato dall’art. 25 del D.L.vo n. 152/99; eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto”, sostanzialmente sostenendo la non obbligatorietà della normativa invocata, finchè la Regione non abbia adottato un regolamento attuativo delle misure volte a favorire la riduzioni dei consumi e degli sprechi d’acqua, disciplinando criteri tecnici (di ubicazione, tipo e funzione del contatore individuale), uniformi per tutte le attività edilizie, che possano essere tenuti presenti nei progetti, nel caso specifico già approvati dall’amministrazione comunale senza alcuna prescrizione al riguardo.
Chiede anche il risarcimento del danno ingiusto, subìto per avere l’Azienda imposto oneri non ancora vincolanti.
La difesa resistente sostiene la infondatezza del ricorso sia perché la società costruttrice si era impegnata al rispetto della normativa applicata fin dal tempo della domanda delle concessioni, dando preventivamente acquiescenza alla sua immediata applicabilità, sia perché la norma, invocata con il provvedimento impugnato, è norma di recepimento di direttive comunitarie, come tali di immediata applicazione, prescindendo da un regolamento regionale che fissi dei criteri uniformi per tutta l’attività edilizia.
Alla camera di consiglio del 28.11.01, l’istanza di sospensiva è stata rinunciata.
Alla pubblica udienza del 7.3.02, le difese delle parti ribadiscono le rispettive posizioni, e la causa viene trattenuta in decisione.
Diritto
La questione all’esame del collegio riguarda la legittimità o meno della pretesa dell’Azienda Speciale Multiservizi del Comune di Magenta (erogatrice, fra l’altro del servizio di distribuzione dell’acqua) rivolta alla impresa costruttrice, nel caso impegnata – giusta specifiche dichiarazioni, richieste dal Comune all’atto della domanda di concessione edilizia - a garantire, come per legge, la installazione per ogni singola unità abitativa di contatori individuali dell’acqua erogata, e non contatori condominiali.
1
Trattandosi di provvedimento autoritativo adottato da un soggetto che,
svolgendo un servizio pubblico, avrebbe leso interessi legittimi o/e diritti
soggettivi del privato costruttore, è questione che rientra nella
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 33
del D.L.vo 31.3.98 n. 80, come sostituito dall’art. 7, 1 c., della legge n.
205/00.
Non rientra nè nella giurisdizione del Tribunale delle acque, perché la concessione di derivazione e di utilizzazione dell’acqua pubblica (quale bene demaniale), disciplinata dal T.U. 11.12.33 n. 1775, costituisce un titolo diverso dalla concessione che legittima la gestione del servizio pubblico di distribuzione dell’acqua, disciplinata dalla normativa preesistente alla stessa L. 5.1.94 n. 36 (in tal senso, anche CdS, Sez. II, 12.01.00 n. 2293/99); né rientra nella giurisdizione del g.o., perché non si discute dei singoli rapporti di erogazione dell’acqua, né tantomeno di consequenziali controversie fra privati (in questo senso, Cass. Civ., Sez I, 11.10.94 n. 8291, e 29.9.99 n. 10785, nonché Sez. II, 6.7.95 n. 7475).
2 Nel merito, il ricorso è infondato: l’impresa ricorrente deve sottostare alla pretesa dell’Azienda di erogazione dell’acqua di installare contatori di lettura dei consumi ad ogni singola unità abitativa, perché ciò risponde alle previsioni dell’art. 5 della legge Galli 5.1.94 n. 36, novellato e ribadito dall’art. 25 del D.L.vo n. 152/98, adottato in recepimento delle direttive n. 91/271/CEE e n. 91/676/CEE, normativa europea che deve essere direttamente applicata dal giudice italiano, eventualmente anche disapplicando la norma nazionale, ove in ipotesi fosse di segno contrario.
Il citato art. 5 della legge Galli, così come sostituito o integrato dall’art. 25 D.L.vo n. 152/99, per quanto in particolare interessa la questione all’esame del collegio, al primo comma, recita: “le regioni prevedono norme e misure volte a favorire la riduzione dei consumi e l’eliminazione degli sprechi, ed in particolare a: .... a) “migliorare la manutenzione delle reti di adduzione e distribuzione delle acque a qualsiasi uso destinate, al fine di ridurre le perdite” …; b) “realizzare, in particolare nei nuovi insediamenti abitativi, commerciali e produttivi di rilevanti dimensioni, residuali di adduzione, al fine dell’utilizzo di acque meno pregiate per usi compatibili; c) “promuovere l’informazione e la diffusione di metodi e tecniche di risparmio idrico domestico e nei settori industriale, terziario ed agricolo;” … d) installare i contatori per il consumo dell’acqua in ogni singola unità abitativa, nonché contatori differenziali per le attività produttive e del settore terziario esercitate nel contesto urbano; …. e) “realizzare, nei nuovi insediamenti, sistemi di collettamento differenziati per le acque piovane e per le acque reflue”, così, sostituito dal citato art. 25).
Il comma 1 bis (aggiunto dallo stesso articolo 25) recita “Gli strumenti ubanistici, compatibilmente con l’assetto urbanistico e territoriale e con le risorse finanziarie disponibili, prevedono reti duali al fine dell’utilizzo di acque meno pregiate, nonché tecniche di risparmio della risorsa. Il comune rilascia la concessione edilizia se il progetto prevede l’installazione di contatori per ogni singola unità abitativa, nonché il collettamento a reti duali, ove già disponibili”.
Il
secondo comma dell’art. 5 recita:
“Entro un anno dalla entrata in vigore della presente legge, con
decreto del Ministero dei LL.PP. (nel caso, il D.M. 8.1.97 n. 99),
emanato ai sensi dell’art. 17, 3 comma, della legge 23.8.88 n. 400, è adottato un regolamento per la definizione dei criteri e del metodo
in base ai quali valutare le perdite degli acquedotti e delle fognature.
Entro il mese di febbraio di ciascun anno, i soggetti gestori dei servizi
idrici trasmettono al Ministero dei LL.PP:
i risultati delle rilevazioni eseguite
con la predetta metodologia”.
3 Nel suo insieme, il sistema vigente impegna l’utente finale (domestico, terziario o/e industriale) ad essere responsabile del proprio consumo idrico, a valle del contatore individuale, cioè lo impegna personalmente (perché direttamente esposto al relativo pagamento) a controllare sciupii dell’acqua erogata ed eventuali perdite dell’impianto interno alla sua abitazione, o struttura produttiva.
3.1 E’ ben vero che le concessioni rilasciate dal Comune di Magenta fanno riferimento ad un progetto che sul piano formale non prevede la collocazione di contatori individuali, ma deve pur sempre considerarsi che il loro rilascio era condizionato alle dichiarazioni d’impegno, rilasciate dal richiedente all’atto della presentazione della domanda, perché effettivamente richieste dall’amministrazione proprio per le finalità previste dal sistema vigente.
Se la ricorrente avesse voluto contestare il contenuto implicito delle concessioni edilizie, dovuto all’impegno, liberamente assunto all’atto delle domande, come condizionante il rilascio, avrebbe dovuto impugnarlo in parte qua, notificando il ricorso anche al Comune, il quale, pur non essendo parte in causa, non farebbe male ad aggiornare gli stampati per il rilascio di concessione edilizia.
3.2 D’altra parte, è destituita di fondamento la tesi, secondo la quale il sistema non sarebbe ancora applicabile, a motivo del fatto (sostiene la difesa ricorrente) che non esiste alcun regolamento regionale che disciplini criteri tecnici (di ubicazione, tipo e funzione del contatore individuale), ai quali riferirsi per la redazione dei progetti edificatori”; il vero è che il sistema, quale sopra delineato, prevede (art. 5 della L. 5.1.94 n. 36, 2 comma) solo un regolamento del Ministero dei LL.PP. (CdS, Ad. Gen. 22.2.96 n. 25), nella specie, D.M. 8.1.97 n. 99, sui “criteri, e metodi, in base ai quali valutare le perdite degli acquedotti e delle fognature”, normativa regolamentare questa che non riguarda il privato costruttore per la redazione dei progetti, ma solo i soggetti gestori dei servizi idrici, appunto, per valutare le perdite degli acquedotti e delle fognature.
Il decreto distingue gli impianti di acquedotto (produzione, formazione riserve, trattamento, trasporto, distribuzione) da quelli di fognatura (raccolta, trasporto, depurazione); distingue gli usi in civile potabile, civile domestico non potabile, agricolo, produttivo, altri usi, ciascuno con i relativi scarichi compatibili; distingue la natura delle perdite, gli strumenti di controllo e le strategie per la loro riduzione, in relazione alla portata, alla pressione, ed al funzionamento delle condotte; precisa, infine, gli adempimenti periodici dei soggetti gestori dei servizi idrici, nonché gli schemi degli impianti.
Le Regioni, è vero, sono impegnate a porre “norme (legislative) e misure volte a favorire la riduzione dei consumi e l’eliminazione degli sprechi, …..” (così, testualmente il primo comma del citato art. 5 della legge Galli), ma tale previsione ha natura solo programmatica, legata alla maggiore o minore sensibilità che le singole regioni mostrano al problema del risparmio idrico.
Ad integrazione delle considerazioni che depongono per l’infondatezza del motivo di ricorso che invocava l’adozione di uno specifico regolamento regionale, si osserva che il primo comma del citato art. 5 della legga Galli, l’unico secondo il quale “le regioni prevedono norme e misure volte a favorire la riduzione dei consumi e l’eliminazione degli sprechi”, poi, alla lettera “c”, parla sì di “metodi e tecniche” di risparmio idrico …. , ma solo come onere informativo della loro diffusione.
La Regione Lombardia non ha mai adottato né regolamenti, né circolari od altre istruzioni di dettaglio sul tema, ma ha solo adottato la L.R. n. 21/98, sostanzialmente di contenuto pari a quello della legge Galli, ma non si è mai posta l’esigenza di dettare dei propri “criteri tecnici …. “, quasi per differenziarsi da quelli adottati su scala nazionale dal Ministero dei LL.PP, perché la finalità di ridurre i consumi ed eliminare gli sprechi è una esigenza comune, su scala non solo nazionale ma anche europea, per cui se mai la Regione avesse adottato suoi criteri che fossero in contrasto con la normativa europea, il giudice italiano dovrebbe disapplicarli.
4 Il provvedimento impugnato, adottato dall’Azienda resistente, riguarda l’ubicazione del contatore idrico dell’utente finale (domestico, o comunque individuale), per distinguerlo da quello aziendale (commerciale, industriale); da esso dipende la misurazione della quantità d’acqua fornita, concettualmente “a valle” dell’ultimo segmento dell’impianto di distribuzione, ubicazione che deve essere imposta in sede di rilascio della concessione edilizia per i nuovi insediamenti (abitativi, commerciali o produttivi).
Non è di poco conto rammentare tutto l’art. 5 della L. n. 36/94, il cui primo comma, a sua volta articolato nelle lettere a, b, c, d, ed e, sopra elencate, parla di “riduzione dei consumi e di eliminazione degli sprechi”, ed il successivo art. 33, il quale afferma che “le disposizioni di cui alla presente legge costituiscono principi fondamentali ai sensi dell’art. 117 della Costituzione”.
Il comma 1 bis, allorché parla di strumenti urbanistici, conferma la logica programmatica della “compatibilità con l’assetto urbanistico, territoriale e con le risorse finanziarie disponibili”, è, invece, categorico, nell’affermare che “il comune rilascia la concessione edilizia se il progetto prevede l’installazione di contatori per ogni singola unità abitativa, nonché il collegamento a reti duali, ove (qui torna alla logica programmatica e possibilista) già disponibili”, il che significa che, indipendentemente dall’entrata in vigore di uno specifico regolamento regionale (al momento, assai improbabile nel contenuto auspicato dalla ricorrente), il comune non possa rilasciare una concessione edilizia che non preveda l’installazione de qua, e se, nonostante ciò, la rilascia, è illegittima.
5 La necessità che il contatore per il consumo dell’acqua sia istallata in ogni singola unità abitativa dell’utente finale (art. 5, lett. d, della legge citata) risponde direttamente ad esigenze del “risparmio idrico”, della “riduzione dei consumi” e della “eliminazione degli sprechi”.
Infatti, in presenza di un contatore collettivo (es., condominiale), anche per motivi psicologici, ben minore sarebbe l’impegno individuale al controllo del risparmio d’acqua, per la riduzione dei consumi e l’eliminazione anche di perdite inconsapevoli, perché l’eccedenza del consumo (dovuta all’una o/e alle altea ragioni) sarebbe ripartita (per ipotesi, in pari quota) fra tutti i “comunisti” dell’impianto in un rapporto di solidarietà passiva nei debiti dei servizi comuni (Cass. Civ., Sez. II, 20.9.91 n. 2821, anteriore alla legge Galli). Conferma, invece, la regola che non sussiste comunione fra condomini (es., per ripartire a maggioranza fra i non morosi il debito del moroso) la Cass. Civ., Sez. II, 5.11.01 n. 13631, che fa salva la facoltà di costituire in via temporanea un “fondo cassa” ad hoc, per prevenire l’esecuzione in danno del bene comune; ma, nel caso di un impianto idrico è difficilmente concepibile, perché il creditore procedente non ne trarrebbe alcun diretto vantaggio, e finirebbe di essere in danno anche dei condomini solventi.
6 A ben vedere, fatta salva proprio l’Azienda Multiservizi, resistente in questa sede, sono proprio le società (anche grosse), i consorzi intercomunali, ed ogni altro soggetto gestore di un servizio idrico, i primi ad essere responsabili del maggior consumo globale, nella misura in cui - economicamente “coperti” da questo infausto rapporto di “solidarietà passiva fra i comunisti dell’impianto nei debiti per servizi comuni” – sono consapevoli che questo rapporto di solidarietà passiva sussiste finchè vengono mantenuti, come punto di riferimento contabile, solo i contatori collettivi (di interi comprensori edificati, dei cc.dd. “super-condomìni” fra singoli edifici, di edifici sorti singolarmente, di singole scale), e, proprio questa scelta aziendale rischia di essere la causa prima della disapplicazione della legge Galli e delle successive modificazioni e integrazioni.
Tutto ciò non esclude che il gestore del servizio di distribuzione dell’acqua abbia un interesse specifico a collocare a proprie spese dei contatori collettivi, o a mantenerli se già esistenti, anzi questi sono estremamente utili perché facilitano l’attività di verifica delle eventuali perdite, sia nei tempi, sia nei settori di controllo. Fermo l’obbligo di legge di installare i contatori individuali per ogni unità abitativa, anche il costruttore di uno o più edifici residenziale può avere convenienza a mantenere anche i contatori condominiali per le stesse utilità di verifica per differenza, sì da rendersi conto se e quali contatori individuali o di settore non siano più affidabili, o palesemente non funzionanti, ed imputare il maggior consumo all’utente finale, o ad una sola parte dell’edificio, e non a tutti in parti uguali.
7 Il vero è che, quantomeno dal D.L.vo n. 152/98, applicativo di due direttive CEE, il cui art. 25 ha novellato e integrato l’art. 5 della legge Galli n. 36/94, nel senso che la normativa europea è direttamente applicabile dal giudice italiano anche disapplicando le norme italiane ove fossero di segno contrario; nel caso in esame, sarebbero di segno contrario,
a) sia il primo comma del citato art. 5 della legge Galli novellato, ove, ad es., la lettera “d” che prevede di “installare i contatori per il consumo dell’acqua in ogni singola unità abitativa, nonché ….”, fosse interpretata solo come programmatica e non immediatamente applicabile per il risparmio idrico;
b) sia, e per le stesse ragioni, il comma 1 bis, in forza del quale “il comune rilascia la concessione edilizia se il progetto prevede l’installazione dei contatori per ogni singola unità abitativa, nonché il collettamento a reti duali, ove già disponibili”,
c) sia, infine, e per le stesse ragioni, dev’essere disapplicato anche l’art. 1124 c.c., quantomeno in tema di servizio idrico, sebbene – sia pure in tema di “servizio di portierato” svolto nell’interesse comune – la Cass. Civ., Sez. Lav., 18.12.78 n. 6073 abbia confermato il principio di solidarietà fra condebitori, solo se dalla legge o dal titolo non risulti diversamente; e, nel caso, la legge Galli, novellata dal D.L.vo n. 152/99, é norma interna contraria alla direttiva europea che esige contratti individuali con l’utente finale del servizio idrico.
Quei soggetti gestori degli impianti di distribuzione dell’acqua, che avessero illegittimamente ritardato l’installazione dei contatori individuali, perché hanno confidato nel principio di solidarietà fra condebitori del servizio idrico, hanno contribuito a disapplicare la legge Galli prima e la normativa europea poi, aiutando ad eludere proprio le finalità collettive (non solo a livello europeo), del risparmio idrico, deresponsabilizzando il controllo sugli sprechi, e sottovalutando l’importanza delle reti duali per l’utilizzo di acque meno pregiate per usi compatibili, essi per primi, provocando danni collettivi incalcolabili sulla stessa disponibilità globale delle risorse idriche.
8 Ancorché ciò esuli dallo specifico “thema decidendum” sottoposto al collegio, per mera completezza ricostruttiva dei problemi, sarebbe opportuno auspicare: da una parte, che le società, i consorzi intercomunali e gli altri soggetti gestori di servizi idrici, che si trovassero nella citata situazione di corresponsabilità, attuassero una inversione delle scelte aziendali a) nell’esigere, ora per allora, la riconversione dei contatori collettivi in contatori individuali, b) nel verificare periodicamente le perdite degli acquedotti e delle fognature, secondo criteri e metodi fissati dal D.M. 8.1.97 n. 99, c) nell’applicare tariffe, comprensive del trattamento delle acque luride, solo se, e nella misura in cui, l’utente finale sia allacciato all’impianto collettivo di depurazione; anzi, proprio la carenza di controlli da parte della Provincia sulle tariffe CIPE porta ad una illegittima lievitazione dei costi del servizio idrico; dall’altra, che quei Comuni, che si sentissero corresponsabili dello scarso risparmio idrico, non rinunciassero al rispettivo ruolo istituzionale a) nel rilasciare concessioni edilizie, che impongano contestualmente ed espressamente al costruttore almeno l’installazione di contatori idrici singoli, b) nel non lasciare maturare gli effetti abilitativi di una D.I.A., i cui progetti non dovessero esplicitamente prevedere contatori individuali, c) nel pianificare opere di urbanizzazione primaria di reti duali per il riuso di acque meno pregiate per usi compatibili, nonché impianti collettivi di depurazione; ed infine, poiché in commercio esistono depuratori delle acque luride (anche a livello domestico), le cui sostanze organiche presenti nel liquame vengono trattate con costante ossidazione batterica, che accelera il processo di biodegradazione, sarebbe auspicabile che tutti gli enti territoriali fronteggiassero la carenza di impianti collettivi di depurazione, ciascuno per quanto di competenza, con legge regionale o con convenzioni che offrissero incentivi, o riduzione dei costi di costruzione, o sgravi tariffari all’utente finale singolo (o fosse anche semifinale, collettivo) che si doti di impianti di depurazione a costante ossigenazione batterica, ottenendo così il risultato di disporre di acqua idonea ad essere sparsa direttamente sul terreno (non necessariamente nei canali o nei corsi d’acqua), magari utilizzata per annaffiare o irrigare, perché conforme alla tabella 4 del D.L.vo n. 152/99, evitando così di utilizzare altre risorse idriche, in ipotesi potabili.
Da tutte le considerazioni che precedono (dalla 1 alla 7) deriva l’infondatezza del ricorso, e conseguentemente quella della richiesta di risarcimento del danno.
Sussistono validi motivi per disporre la integrale compensazione delle spese di giudizio fra le parti in causa, in considerazione della novità della questione e della scarsa giurisprudenza del giudice amministrativo in merito.
PQM
Il Tribunale Regionale Amministrativo per la Lombardia, respinge il ricorso in epigrafe, dispone la integrale compensazione delle spese di giudizio fra le parti in causa, compresi gli onorari di causa;
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dalla competente autorità amministrativa;
Così deciso in Milano, nella Camera di Consiglio del 7.3.02, con intervento dei seguenti Magistrati
Pio Guerrieri - Presidente, relatore ed estensore
Domenico Giordano - Consigliere
Gianluca Bellucci - Referendario
Pubblicata nei modi di legge mediante deposito in Segreteria, il giorno 20.5.2003
Milano,
Il Direttore della Segreteria