EFFICACIA TEMPORALE E DECADENZA DEL PERMESSO DI COSTRUIRE
di Gennaro Ferrari
Pubblicata su Giur. merito 2012, 9, si ringrazia l'Editore
1. PREMESSA
Alcune precisazioni preliminari appaiono utili perché sia chiara l'interpretazione che la giurisprudenza del giudice amministrativo e del giudice penale ha dato delle prescrizioni dettate dall'art. 15 t.u. edilizia, approvato con d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380. La prima è che la decadenza del permesso di costruire è un provvedimento tipico, che può essere legittimamente adottato dai competenti organi comunali nel concorso di due ipotesi specificamente indicate, e cioè l'inutile decorso dei termini legislativamente fissati per l'inizio e il completamento dei lavori (infra, parr. 2 ss.); il sopravvenire, a lavori non ancora iniziati, di previsioni urbanistiche contrastanti con il permesso già rilasciato (infra, par. 12). Di qui la conclusione che l'ente locale non può autonomamente introdurre nuovi casi di decadenza automatica, mentre è consentito al legislatore regionale di fissare, per l'inizio dei lavori, un termine più ampio di quello annuale previsto dal legislatore nazionale. La seconda precisazione riguarda la ragione per la quale quest'ultimo ha ritenuto necessario prevedere termini perentori massimi; la giurisprudenza l'ha individuata nella duplice necessità di garantire la certezza dell'assetto urbanistico del territorio comunale e, al tempo stesso, scoraggiare manovre speculative da parte di privati che, una volta ottenuto il permesso di costruire, non l'utilizzino entro un arco temporale ragionevole, ma lo tengano in serbo in attesa che sul piano economico si realizzino condizioni migliori per lo sfruttamento a fini edificatori dell'area, direttamente o mediante cessione a terzi del titolo abilitativo (1). Di qui, secondo una giurisprudenza pacifica, l'irragionevolezza di una norma che lasciasse alla libera scelta dell'interessato l'inizio e la conclusione dei lavori e l'opzione per l'elemento oggettivo costituito da un predefinito arco temporale, vincolante per tutti e insuscettibile di deroghe anche nel caso in cui il mancato rispetto del termine di ultimazione dei lavori riguardi solo una parte delle opere da eseguire, richiedendosi per le rimanenti il rilascio di un nuovo permesso di costruire, a meno che la mancata ultimazione dei lavori non sia conseguente a factum principis.
Il contributo della dottrina nella materia de qua è piuttosto limitato e prevalentemente dedicato al commento delle pronunce del giudice (2).
2. DICHIARAZIONE DI DECADENZA: NATURA GIURIDICA E PRESUPPOSTI
La pronuncia di decadenza del permesso di costruire costituisce atto vincolato avente natura meramente ricognitiva di un effetto discendente direttamente dalla legge al verificarsi dei presupposti dalla stessa fissati e costituiti dal mancato inizio o completamento dei lavori, oggetto del rilasciato titolo abilitativo all'edificazione, nei termini perentori prefissati: Cons. Stato, sez. II, 28aprile 2010, n. 4170; Tar Catania, sez. I, 19 aprile 2010, n. 1154, che dal carattere meramente ricognitivo della pronuncia fa discendere l'irrilevanza del ritardo con il quale essa è adottata; Tar Valle d'Aosta 19 marzo 2009, n. 19, per il quale la decadenza può essere evitata dall'interessato ove presenti istanza di proroga prima della scadenza dei termini; Tar Milano, sez. II, 19 maggio 2009, n. 3781, per il quale la decadenza del titolo abilitativo si verifica anche nel caso in cui il mancato rispetto del termine di ultimazione dei lavori riguarda solo una parte delle opere da eseguire, e limitatamente ad esse, dovendo per le parti rimanenti provvedersi con istanza di rilascio di nuovo permesso, a meno che non siano realizzabili mediante denuncia di inizio di attività ex art. 22 t.u. edilizia; comunque, siccome osservato da Tar Bari, sez. II, 16 luglio 2010, n. 3107, in assenza di accertati contrasti con la normativa edilizia e urbanistica, l'inosservanza del termine per l'inizio dei lavori non è elemento sul quale si possa ragionevolmente fondare un provvedimento di demolizione di quanto è già stato costruito; Cons. Stato, sez. V, 18 febbraio 1991, n. 139, per il quale l'effetto decadenziale si verifica automaticamente anche se i termini d'inizio e completamento non erano indicati nel permesso di costruire; Tar Toscana, sez. III, 14 settembre 2010, n. 5944, che dal carattere vincolato del provvedimento di decadenza va discendere la sua annullabilità in sede giurisdizionale, anche se adottato in violazione delle norme sul procedimento amministrativo.
3. SUPERAMENTO DEL TERMINEPER FACTUM PRINCIPISO PER CAUSE DI FORZA MAGGIORE
Le conseguenze derivanti dal mancato rispetto dei termini di inizio e completamento dei lavori incontrano un'eccezione nel caso in cui il loro superamento è dovuto a factum principis, cioè a fatti sopravvenuti ed estranei alla volontà del titolare del permesso di costruire. Essi comportano l'automatico prolungamento dei termini in questione. Ha osservato a questo riguardo il Tar Lazio, sez. II, 7 giugno 2010, n. 15939, che il mancato rispetto dei termini deve essere adeguatamente considerato quando si tratti di ragioni di forza maggiore, come nel caso di procedimento giurisdizionale in corso, nel qual caso i termini devono intendersi sospesi a far tempo dal primo provvedimento giurisdizionale. Ha aggiunto il Tar Reggio Calabria 20 aprile 2010, n. 420 che l'ente locale, che sia a conoscenza di fatti, estranei alla volontà del titolare del permesso, che gli hanno impedito di ultimare i lavori, non può adottare un provvedimento di decadenza, trovando applicazione la regola della proroga dei termini di ultimazione anche in mancanza di una specifica richiesta da parte dell'interessato. Sotto questo specifico profilo l'art. 15 comma 2 t.u. edilizia recepisce il motivato ripensamento del Consiglio di Stato (3) rispetto ad un originario orientamento per il quale, in assenza di una domanda di proroga dei termini legislativamente fissati, si verifica ipso iure la decadenza del permesso di costruire, che il Comune è obbligato in ogni caso a dichiarare con effetto ex tunc(4).
Su questa posizione era allineata la giurisprudenza, ancora più intransigente sul punto, del giudice penale (5) per la quale i termini in questione, in quanto tassativamente fissati, non tollerano interruzioni o sospensioni, anche se la loro inosservanza è conseguente al sopravvenire di fattori estranei alla volontà del titolare del permesso di costruire, al quale la legge consente di poter fruire di un periodo più lungo per il completamento dell'intervento edificatorio progettato e assentito solo se ha tempestivamente chiesto ed ottenuto una proroga prima della scadenza del termine finale ovvero un nuovo permesso di costruire per la parte del manufatto non ultimata.
Nel factum principis la giurisprudenza del giudice amministrativo ha fatto rientrare: a) il sequestro giudiziario dell'area sulla quale sarebbe dovuto essere realizzato l'intervento costruttivo, trattandosi di accadimento al quale è connesso il divieto assoluto di eseguire qualsiasi opera su di essa e dal quale necessariamente discende la sospensione del termine per dare inizio o completare la sua realizzazione (6); b) l'ordine di sospensione dei lavori impartito dalle autorità preposte alla tutela del vincolo idrogeologico (7) o dei beni d'interesse storico e artistico, anche se non è ancora intervenuta la notifica del relativo vincolo (8) dall'Ufficio forestale in relazione a lavori di sbancamento di terreno boschivo (9); c) dallo stesso Comune relativamente ai lavori di realizzazione di una stazione radio base già assentiti e da esso sospesi per fatti non imputabili al costruttore e comunque in palese contrasto con le determinazioni in precedenza assunte (10).
Per quanto riguarda le cause di forza maggiore deve trattarsi di accadimenti che hanno determinato un impedimento assoluto all'inizio o all'ultimazione dei lavori, quale ad esempio il mancato rilascio del fondo oggetto dell'intervento edificatorio da parte dell'occupante coltivatore diretto (11). Il giudice penale (12) ha escluso che possa ritenersi fatto giustificativo dell'inutile decorso del termine triennale per l'ultimazione dei lavori il ritardo della competente commissione comunale nella valutazione dell'istanza del titolare del permesso di costruire intesa ad ottenere il contributo previsto dall'art. 22 l. 14 maggio 1981, n. 219 per la ricostruzione e/o riparazione di immobili a destinazione commerciale; di conseguenza ha dichiarato illegittimo il provvedimento sindacale di proroga della validità di detto permesso, motivato dall'Autorità emanante con esclusivo riferimento a tale circostanza.
Infine, per quanto riguarda i fattori soggettivi addotti dal titolare del titolo abilitativo a giustificazione del ritardo o della mancata esecuzione nei termini dell'intervento edilizio da lui progettato ed autorizzato dal Comune, la giurisprudenza del giudice amministrativo è ferma nel ritenerli irrilevanti (13). Ma di contrario avviso si è detto il Tar Liguria, sez. I, 1 luglio 2005, n. 999, il quale non solo assegna rilievo ai cd. fattori soggettivi, ma afferma anche che: a) la decadenza può essere dichiarata solo se il mancato inizio o completamento dei lavori è dipeso «in tutto e per tutto dalla volontà del soggetto destinatario della stessa»; b) il colpevole ritardo deve essere comunque dimostrato dall'organo comunale competente.
Particolare rilievo assume nella materia de qua l'orientamento particolarmente rigoroso del giudice penale (14), il quale nella prosecuzione dei lavori oltre il termine fissato per la loro ultimazione configura il reato di cui al successivo art. 44, lett. b) e, quindi, una responsabilità penale a meno che da parte dell'ente locale non sia stata concessa una proroga con provvedimento adeguatamente motivato.
Il dies a quo del termine annuale per l'inizio dei lavori è individuato dall'art. 15 comma 2 t.u. edilizia in quello nel quale è avvenuto il «rilascio» al privato del titolo abilitativo da lui richiesto, che peraltro non sta a significare, sulla base di una corretta applicazione di principi generali di diritto, quello della sua «adozione», ma coincide con quello nel quale il destinatario del provvedimento ha avuto piena conoscenza della sua esistenza e del suo contenuto, a seguito di notificazione, comunicazione o altro modo idoneo (Tar Basilicata 21 luglio 2011, n. 415, per il quale il permesso di costruire risulta efficace non dalla data di emanazione, ma dalla data in cui viene rilasciato al destinatario, in quanto soltanto nel momento in cui il soggetto privato viene in possesso del provvedimento autorizzatorio può iniziare a decorrere il termine decadenziale di cui all'art. 15 comma 2 t.u. edilizia di un anno per l'inizio dei lavori; Tar Palermo, sez. II, 1 febbraio 2011, n. 181, per il quale il termine «rilascio» va inteso come «consegna», piuttosto che come «emanazione» dell'atto, atteso che l'interesse della parte è di natura pretensiva, attenendo all'acquisizione di una specifica utilità, che può derivarle solo da un provvedimento espresso, debitamente portato a conoscenza dell'interessato nella sua interezza). Sotto questo profilo la nuova norma non si discosta sostanzialmente dal disposto degli artt. 31 comma 6 l. 17 agosto 1942, n. 1150, nel testo integralmente sostituito dall'art. 10 l. 6 agosto 1967, n. 765, e 4 l. 28 gennaio 1977, n. 10, i quali prevedevano l'obbligo di notificazione da parte del sindaco del permesso di costruire.
In talune datate decisioni (15), in contrasto con la ratio sottesa all'imposizione del termine decadenziale annuale per l'inizio dei lavori di cui si è detto sub 1), il dies a quo era stato addirittura individuato in quello del materiale «ritiro» del documento autorizzativo, se previsto dalla legislazione regionale, in tal modo lasciando all'interessato la libera scelta del momento dal quale iniziare la realizzazione del manufatto progettato e assentito. Ma sulla irrilevanza, ai sensi della legislazione statale, del mancato ritiro del permesso di costruire, agli effetti del decorso del termine decadenziale, concordava la giurisprudenza sia del giudice penale (16) che quella successiva del giudice amministrativo (17). Naturalmente il decorso del termine annuale di decadenza del titolo edilizio postula l'esistenza e l'efficacia del titolo stesso, con la conseguenza che la sua sospensione, disposta dal Comune, arresta contestualmente la possibilità per l'interessato di svolgere una legittima attività edilizia ed il decorso del tempo assegnato per darvi inizio (18).
I lavori di costruzione del manufatto assentito possono ritenersi effettivamente iniziati, nel corso dell'anno decorrente dal rilascio del titolo abilitativo, quando siano di spessore tale da comprovare l'effettiva volontà del titolare dello stesso di realizzare quanto da lui progettato, e non meramente simbolici o fittizi o comunque solo preparatori a quelli necessari a fini edificatori (Cons. Stato, sez. II, 28 aprile 2010, n. 4170, che richiede «un serio inizio dei lavori»; Cons. Stato, sez. IV, 18 giugno 2008, n. 3030, per il quale l'inizio dei lavori idoneo ad impedire la decadenza del titolo abilitativo può ritenersi sussistente quando le opere intraprese sono tali da manifestare un'effettiva volontà, da parte del suo titolare, di realizzare il manufatto assentito con la conseguenza che, al fine di contestare la dichiarata decadenza, non è sufficiente addurre l'avvenuta recinzione del cantiere, il posizionamento della baracca degli attrezzi, la pulizia dell'area, la realizzazione dell'impianto elettrico nel cantiere, l'installazione della cartellonistica di cantiere ecc., trattandosi di circostanze che, oltre ad esaurirsi in un limitato arco temporale, non possono essere considerati ex se significativi di un effettivo inizio dei lavori di costruzione dell'edificio progettato e assentito; Tar Latina 19 luglio 2010, n. 1170, per il quale le opere di sbancamento, di sottofondazione e di perimetrazione non sono sufficienti ad integrare il requisito dell'avvio dei lavori; Tar Pescara 8 marzo 2010, n. 152, per il quale i lavori finora eseguiti devono evidenziare l'esistenza di una concreta voluntas aedificandi da parte del titolare della concessione edilizia, non emergente dal solo spianamento del terreno o da un modesto sondaggio dello stesso), ma neppure necessariamente tali da aver già comportato una irreversibile trasformazione del territorio (19).
Al fine di precludere la decadenza del permesso di costruire per inosservanza del termine iniziale dei lavori non è sufficiente la presentazione della denuncia di inizio dei lavori, essendo necessario, secondo Tar Veneto, sez. II, 3 dicembre 2010, n. 6327, che le opere concretamente poste in essere entro l'anno dal rilascio del titolo abilitativo siano di consistenza tale da comprovare l'effettiva volontà del suo titolare di realizzare quanto da lui progettato, e non meramente simboliche o fittizie o comunque solo preparatorie. Al tempo stesso è stato anche affermato che l'esistenza dei presupposti necessari perché i lavori possano ritenersi effettivamente iniziati non va valutata in via generale ed astratta, ma con specifico e puntuale riferimento all'entità e alle dimensioni dell'intervento edificatorio autorizzato (Cons. Stato, sez. V, 1 ottobre 2003, n. 5648; Cons. Stato, sez. V, 15 novembre 1998, n. 1615; Tar Bari, sez. II, 5 maggio 2010, n. 1731, per il quale l'accertamento del tempestivo inizio dei lavori deve basarsi non solo sulla quantità e qualità delle opere realizzate, ma soprattutto sulla loro idoneità a dimostrare la reale volontà del concessionario di dare corso all'opera autorizzata; Tar Parma 15 maggio 2008, n. 249, il quale ha peraltro osservato che, se è ragionevole che ai fini della sussistenza dei presupposti per la decadenza della concessione edilizia l'effettivo inizio dei relativi lavori sia valutato non in termini generali ed astratti, ma con specifico e puntuale riferimento all'entità ed alle dimensioni dell'intervento edificatorio programmato ed autorizzato, allo scopo di evitare che il termine prescritto possa essere eluso con ricorso a lavori fittizi e/o simbolici e in ogni caso non oggettivamente significativi di un effettivo intendimento del titolare della concessione di procedere alla costruzione dell'opera progettata; se dunque il semplice sbancamento del terreno e la predisposizione degli strumenti e materiali di costruzione non sono di norma sufficienti a manifestare una reale volontà di esecuzione del manufatto, occorrendo a tal fine anche la messa a punto dell'organizzazione del cantiere e altri indizi che dimostrino il concreto proposito di proseguire i lavori sino alla loro ultimazione, possono tuttavia verificarsi casi particolari in cui il solo sbancamento, per interessare un'area di vaste proporzioni, costituisce sicuro indizio di un animus aedificandi e configura quindi valido avvio dei lavori, impedendo il verificarsi della decadenza della concessione; Tar Marche 11 luglio 2006, n. 525; Tar Salerno, sez. II, 23 febbraio 2005, n. 178; Tar Calabria, Reggio Calabria, 20 aprile 2004, n. 370; Tar Liguria, sez. I, 29 marzo 2004, n. 301. Ma tale animus era stato escluso da Cons. Stato, sez. V, 30 luglio 1986, n. 383 nel caso in cui, alla scadenza dell'anno, non risultavano abbattuti nemmeno gli alberi di alto fusto presenti sul terreno da edificare).
Nel caso d'intervento costruttivo qualificabile come unitario, ancorché oggetto di una pluralità di permessi di costruire, si è ritenuto (20) che nell'avvenuta esecuzione di alcune delle opere autorizzate può ragionevolmente individuarsi l'inizio dei lavori afferenti all'intero complesso progettato, sia perché in tal modo risulta manifestato l'animus aedificandi del loro titolare, sia perché non sarebbe logico pretendere una contestatale esecuzione dei lavori per tutte le strutture edilizie oggetto del progetto.
6. PROVA DEL MANCATO INIZIO DEI LAVORI ENTRO L'ANNO
È a carico dell'Amministrazione comunale e deve anche essere in equivoca (21), ma ex art. 10 l. 6 agosto 1967, n. 765 non è richiesto che essa emerga necessariamente da un'attività materiale di verificazione disposta dal competente organo comunale, potendo essere legittimamente ricavata anche da atti documentali in possesso dell'ente locale. Peraltro, al fine di contestare i dati risultanti dalla verifica effettuata da quest'ultimo in ordine all'effettivo inizio dei lavori, è stata ritenuta irrilevante l'allegazione, da parte dell'interessato, di fatture rilasciate dai fornitori del cantiere, di buoni di consegna, di schede carburanti e contratti stipulati per la realizzazione dei lavori (22). Secondo una giurisprudenza isolata e datata (23), incombe invece sul privato dimostrare di aver iniziato i lavori nel termine prescritto.
7. TERMINE MASSIMO PER L'ULTIMAZIONE DEI LAVORI
Può ritenersi principio ormai acquisito nella giurisprudenza del giudice amministrativo che la ratio sottesa all'imposizione, a pena di decadenza, di un termine massimo per l'esecuzione dei lavori da parte del soggetto in possesso del titolo che lo abilita a realizzare il progetto edificatorio è da individuarsi nella necessità di garantire la certezza dell'assetto urbanistico del territorio comunale, evitando al tempo stesso intenti speculativi da parte di privati che, una volta ottenuto il titolo abilitativo all'edificazione, non lo utilizzano in atteso che si verifichino condizioni migliori per lo sfruttamento a fini edificatori dell'area (24).
L'imposizione del termine di tre anni per l'ultimazione dei lavori, proprio perché massimo, non esclude la possibilità per l'ente locale di prevedere nel permesso di costruire una durata inferiore, purché ragionevolmente commisurata alle caratteristiche del progettato intervento edificatorio (25). Aggiungasi che la predeterminazione di detto termine non sta a significare che nell'arco del triennio i lavori devono essere eseguiti senza interruzione, sicché il termine in questione risulta rispettato anche se costituisce la risultante della sommatoria di più periodi lavorativi intervallati fra di loro, ma tutti svolti durante il triennio (26).
Il termine finale può essere prorogato dall'ente locale, ma su richiesta documentata dell'interessato ed esclusivamente in ragione della mole dell'opera da realizzare, ovvero delle sue particolari caratteristiche tecnico-costruttive ovvero ancora ove si tratti di opere pubbliche con finanziamento diluito in più esercizi finanziari. L'intendimento dell'Amministrazione di aderire alla richiesta di proroga del costruttore deve risultare da un provvedimento formale adottato dall'organo competente, e non può farsi discendere dal silenzio serbato su di essa dall'organo chiamato a pronunciare ovvero dalla mancanza di iniziative dallo stesso assunte dopo che il termine in questione era inutilmente decorso e i lavori autorizzati non erano stati ultimati. Sull'inconfigurabilità di una proroga tacita o implicita la giurisprudenza del giudice amministrativo è infatti univoca (27).
Al pari del termine fissato per l'inizio dei lavori, anche quello previsto per la loro ultimazione è decadenziale, fondato ex lege sull'elemento oggettivo del suo inutile decorso e può essere sospeso solo per factum principis (ad esempio il sequestro giudiziario del cantiere ovvero la sospensione dei lavori ordinata dall'ente locale), per causa di forza maggiore (ad esempio una calamità naturale) o per altre cause espressamente indicate dalla legge, che producono l'effetto di prolungare automaticamente il tempo massimo triennale stabilito per l'esecuzione dell'opera assentita (28). Sono invece irrilevanti i fattori soggettivi addotti dal titolare del permesso di costruire per giustificare il ritardo nell'inizio o nel completamento dell'intervento edilizio progettato ed autorizzato (29).
8. CONDIZIONI PERCHÉ I LAVORI POSSANO CONSIDERARSI EFFETTIVAMENTE ULTIMATI
Perché i lavori assentiti possano ritenersi effettivamente ultimati alla scadenza del triennio non è sufficiente che il manufatto sia stato materialmente realizzato nelle sue strutture portanti, ma occorre che risulti funzionalmente idoneo allo scopo per il quale era stato progettato (30). È quindi necessario che il fabbricato risulti dotato di porte, finestre, impianti elettrici e idrici e collegato al sistema fognante esterno (31). Ove si tratti di immobile da destinare ad uso abitativo, le opere interne possono considerarsi completate dal punto di vista funzionale quando siano stati ultimati anche i lavori di intonacatura e rifinitura, non essendo sufficiente al suddetto scopo la mera predisposizione dei servizi igienici, dell'impianto di riscaldamento e delle attrezzature (32). Non è invece necessaria l'avvenuta acquisizione del certificato di agibilità, atteso che ai sensi del successivo art. 25 comma 1 detto documento viene rilasciato solo dopo la completa ultimazione dei lavori.
9. PROVVEDIMENTO DICHIARATIVO DELL'AVVENUTA DECADENZA DEL PERMESSO DI COSTRUIRE
La giurisprudenza del giudice amministrativo, pur mostrandosi concorde nell'affermare che la decadenza del permesso di costruire costituisce un effetto che discende direttamente ed automaticamente dall'inutile decorso del termine di inizio e/o completamento dei lavori autorizzati, è in larga prevalenza orientata a richiedere, come condizione indispensabile perché detto effetto diventi operativo, l'adozione di un provvedimento formale da parte del competente organo comunale (33), ancorché meramente dichiarativo e con efficacia ex tunc, qualunque sia l'epoca in cui è stato adottato e quindi anche se intervenuto molto tempo dopo che i termini in questione erano inutilmente decorsi (34) e ancorché i suoi effetti retroagiscano al momento dell'evento estintivo (35).
Si tratta, in effetti, di una giurisprudenza risalente nel tempo (36) e sovente riproposta con ricorso a formule stereotipe (37), senza i necessari approfondimenti (l'osservazione vale anche per la sentenza del Tar Reggio Calabria che si annota) e senza avvedersi della palese contraddittorietà nella quale incorre, rispetto alle premesse, allorché condiziona l'operatività della decadenza ad un atto formale meramente ricognitivo di effetti già prodottisi ex lege, che si assume essere necessario a tutela del possessore del titolo abilitativo non utilizzato o solo parzialmente utilizzato, e trascurando il fatto che si tratta di soggetto edotto ab origine delle conseguenze alle quali andava incontro non osservando i termini che gli erano stati assegnati sia perché ignorantia legis non excusat, sia perché gli stessi sono normalmente riportati nel provvedimento autorizzativo, che deve ragionevolmente ritenersi a lui noto.
È peraltro incontestabile che anche la giurisprudenza più recente è prevalentemente orientata nel senso che l'operatività della decadenza della concessione edilizia necessita dell'intermediazione di un formale provvedimento amministrativo di carattere dichiarativo (38), da adottare previa apposita istruttoria (39). Sulle stesse conclusioni sono attestati: a) il Tar Napoli, sez. I, 7 giugno 2010, n. 12677, per il quale la decadenza del permesso di costruire non opera di per sé, ma deve necessariamente tradursi in un provvedimento espresso che ne accerti i presupposti e ne renda operanti gli effetti, trattandosi di un provvedimento che, sebbene a contenuto vincolato, ha carattere autoritativo e che, pertanto, non è sottratto all'obbligo di motivazione di cui all'art. 3 l. 7 agosto 1990, n. 241; b) il Tar Sardegna, sez. I, 1 dicembre 2008, n. 2117, per il quale la perdita di efficacia del permesso di costruire richiede sempre l'adozione di un atto dell'Amministrazione, che accerti i presupposti della decadenza e ne renda operanti gli effetti, per cui la decadenza della concessione edilizia non può essere implicitamente ritenuta esistente dall'Amministrazione, ma deve costituire oggetto di formale ed apposita contestazione, vale a dire dell'esplicazione di una potestà provvedimentale; c) il Tar Veneto, sez. II, 3 dicembre 2010, n. 6397, per il quale la decadenza del permesso di costruire deve sempre tradursi in un provvedimento espresso che ne accerti i presupposti e ne renda operanti gli effetti il quale, ancorché a contenuto vincolato, ha carattere autoritativo e, come tale, non è sottratto all'obbligo di motivazione.
Ma contra Tar Valle d'Aosta 19 marzo 2009, n. 19, per il quale la decadenza del titolo per omesso rispetto dei termini fissati per l'inizio dei lavori o per il completamento degli stessi si verifica in modo automatico e non è subordinata alla sua previa dichiarazione con atto amministrativo.
In una non recente decisione del Consiglio di Stato (40) la ragione, che giustificherebbe l'obbligo per l'ente locale di adottare un atto che formalmente dichiari l'intervenuta decadenza del permesso di costruire, era stata individuata nella necessità di assicurare il contraddittorio con il privato in ordine all'esistenza dei presupposti di fatto e di diritto che possano giustificare la pronuncia stessa. Si tratta, ad avviso di chi scrive, di argomentazione quanto meno opinabile dal momento che in sede amministrativa il contraddittorio è utile se svolto prima che il provvedimento finale sia adottato e presuppone comunque in capo all'autorità emanante un obbligo di previo avviso di inizio del procedimento, che la stessa sez. V del Consiglio di Stato, con la cit. sentenza n. 5228 del 2007, aveva assolutamente escluso, in dichiarata adesione a quanto già affermato dai giudici di primo grado (41), proprio sul rilievo che la decadenza è un effetto che discende direttamente ed automaticamente dal presupposto indicato dalla legge.
Un intelligente tentativo di risolvere la questione, ancorché con una formula di compromesso volta sostanzialmente a neutralizzare la rilevanza dell'atto formale e soprattutto l'insidia nascosta nel proporlo come condizione di operatività dell'effetto decadenziale, era stato effettuato sempre dalla sez. V del Consiglio di Stato con la sentenza 23 agosto 2006, n. 4954 per la quale la mera dichiarazione dell'Amministrazione comunale, non richiedendo il rispetto di particolari formalità, ben può essere contenuta nel preambolo di un atto repressivo indirizzato al titolare del permesso di costruire, quando il relativo accertamento costituisce il presupposto logico giuridico della sanzione irrogata. Una particolare segnalazione merita anche una più recente sentenza del Tar Umbria 29 gennaio 2008, n. 36, secondo la quale l'obbligo per l'organo comunale di adottare un provvedimento formale ricorre solo quando deve pronunciare sull'istanza di rinnovo del titolo abilitativo estinto, presentata dal soggetto già titolare dello stesso e motivata con riferimento a sopravvenuti ed eccezionali impedimenti.
10. PREVIA COMUNICAZIONE D'INIZIO DEL PROCEDIMENTO DI DECADENZA E DELLA DATA DEL SOPRALLUOGO
Al quesito la giurisprudenza del giudice amministrativo ha dato risposta negativa sul duplice rilievo che la decadenza è un effetto che discende ipso iure dal mancato inizio dei lavori nel termine decadenziale fissato dalla legge e che nella materia de qua l'Amministrazione comunale non dispone di alcun margine per valutazioni di ordine discrezionale (42). Per quanto invece attiene al secondo problema è stato affermato (43) che la mancata comunicazione all'interessato della data dei sopralluoghi da effettuare per verificare l'inizio o l'avvenuta ultimazione dei lavori non comporta l'illegittimità dell'eventuale declaratoria di decadenza del permesso di costruire, trattandosi di attività di controllo che rientra nell'ordinario potere di vigilanza in materia urbanistica-edilizia già attribuito all'Amministrazione comunale dall'art. 4 l. 28 febbraio 1985, n. 47 ed ora dagli artt. 68 e 69 t.u. edilizia.
11. OBBLIGO MOTIVAZIONALE E COMPARAZIONE FRA INTERESSE PUBBLICO E PRIVATO
Costituisce principio fermo nella giurisprudenza del giudice amministrativo che, in caso di decadenza del permesso di costruire per mancata osservanza del termine d'inizio o di ultimazione dei lavori, il provvedimento che la dichiara, ove adottato, non richiede alcuna specifica motivazione, essendo sufficiente il mero richiamo all'accertata inosservanza di detto termine (44); di conseguenza, non è neppure necessaria una previa comparazione fra l'interesse del privato, titolare del titolo abilitativo all'edificazione, e quello pubblico, essendo quest'ultimo ope legis prevalente sul primo (45).
12. DECADENZA PER CONTRASTO FRA PERMESSO DI COSTRUIRE GIÀ RILASCIATO EJUS SUPERVENIENS
L'art. 15 comma 4 t.u. edilizia, conformemente a quanto già disposto dall'art. 31 comma 11 l. 17 agosto 1942, n. 1150, nel testo integralmente sostituito dall'art. 10 l. 6 agosto 1967, n. 765, prevede la decadenza del permesso di costruire già rilasciato nel caso in cui esso risulti in contrasto con sopravvenute previsioni urbanistiche, per esse intendendosi quelle derivanti non solo da leggi statali o regionali, ma anche da regolamenti e da strumenti urbanistici, ma in quest'ultimo caso a condizione che non siano solo adottati, ma anche approvati ed entrati in vigore.
Ha osservato Tar Liguria, sez. I, 16 febbraio 2008, n. 305 che le norme di cui agli artt. 12 e 15 t.u. edilizia la prima quale portato del principio che il rilascio del permesso di costruire è attività vincolata al rispetto della disciplina urbanistica-edilizia strumentalmente rafforzato dalla disciplina di salvaguardia della disciplina in itinere, e la seconda per la quale l'entrata in vigore di nuove previsioni urbanistiche comporta la decadenza del titolo abilitativo in contrasto con esse, salvo che i lavori siano stati tempestivamente iniziati e vengano completati entro il termine di efficacia del titolo costituiscono principi di fonte normativa statale che nell'attuale assetto costituzionale, iscrivendosi alla materia del governo del territorio, cioè ad un ambito di competenza concorrente, vincolano anche il legislatore regionale.
Peraltro lo stesso art. 15 comma 4 t.u. edilizia, al fine di contemperare in modo ragionevole i confliggenti interessi dell'ente locale e del soggetto al quale era già stato rilasciato il titolo abilitativo, esclude l'effetto decadenziale nel caso in cui i lavori progettati e assentiti siano già iniziati e vengano completati entro il termine di tre anni dal loro inizio (46). Si ritiene irrilevante (47) che il mancato inizio dei lavori non sia imputabile al titolare del permesso di costruire, ove egli non dimostri di aver chiesto all'organo comunale competente la proroga del termine annuale per fatti sopravvenuti estranei alla sua volontà. Ha chiarito Tar Bari 22 aprile 2009, n. 983, che l'istituto della decadenza previsto per il permesso di costruire dalla norma in commento si applica anche alla denuncia d'inizio di attività (d.i.a.).
Note
(1) Sul punto v. Ferrari Ge., Il nuovo codice dell'edilizia Commento analitico del Testo unico dell'edilizia, Roma, 2012, 189.
(2) In materia v. Fantini, Sulla decadenza della concessione edilizia per mancata ultimazione dei lavori, in Giust. civ., 1995, I 1698; Avanzino, Sulla decadenza della concessione edilizia per decorso del termine d'inizio lavori: natura, effetti e vizi di legittimità, in Riv. giur. urb., 1996, 403; Occhiena, Breve ricostruzione storica dell'istituto della decadenza della concessione edilizia per mancata ultimazione dei lavori, in Riv. giur. ed., 1998, I, 366; Tonoletti, Natura dichiarativa della pronuncia di decadenza della concessione edilizia, interesse legittimo e comunicazione di avvio del procedimento. in Riv. giur. urb., 1999, 413; Di Lorenzo, Commento all'art. 15 t.u. edilizia, in Testo unico dell'edilizia, a cura di Italia, Milano, 2003, 242; Mandarano, La decadenza del permesso di costruire per mancato inizio dei lavori, in Urb. e app., 2004, 450; Chinello, Decadenza del permesso di costruire per mancato inizio lavori fra vecchia e nuova disciplina, ibidem, 2006, 104; Ferrari Ge., Art. 15 - Efficacia temporanea e decadenza del permesso di costruire, in Garofoli-Ferrari, Codice dell'edilizia con commento a Testo unico, Roma, 2011, 2ª ed., 215; Ferrari Ge., Il nuovo codice dell'edilizia - Commento analitico al Testo Unico dell'edilizia, Roma, 2012, 189 ss.
(3) Sez. V, 23 novembre 1996, n. 1414.
(4) Cons. Stato, sez. V, 21 ottobre 1991, n. 1239.
(5) Cass. pen, sez. un., 25 marzo 1993, n.2.
(6) Tar Bari, sez. III, 10 febbraio 2005, n. 516.
(7) Cons. Stato, sez. V, 23 novembre 1996, n. 1414.
(8) Tar Brescia, sez. I, 27 marzo 2009, n. 701.
(9) Cons. Stato, sez., 6 ottobre 1999, n. 1338.
(10) Tar Napoli, sez. VII, 20 gennaio 2006 n. 759; Tar Napoli, sez. IV, 12 maggio 2004, n. 8701.
(11) Cons. Stato, sez. V, 7 marzo 1997, n. 204; Cons. Stato, sez. V, 10 novembre 1993, n. 1147; Cons. Stato, sez. V, 6 ottobre 1986, n. 495.
(12) Cass. pen., sez. IV, 1 luglio 2003, n. 28304.
(13) Cons. Stato, sez. V, 6 ottobre 1986, n. 495; Cons. Stato, sez. V, 26 aprile 1984, n. 314; Tar Catania, sez. I, 15 settembre 2009, n. 1507, per il quale nei fatti sopravvenuti ed estranei alla volontà del titolare del permesso non possono farsi rientrare le difficoltà di carattere tecnico e/o economico dallo stesso incontrate; Tar Napoli, sez. II, 7 luglio 2007, n. 4788.
(14) Cass. pen., sez. III, 8 aprile 2010, n. 17971.
(15) Cons. Stato, sez. V, 26 giugno 2000, n. 3612; Tar Marche 24 maggio 1989, n. 116.
(16) Cass. pen., sez. III, 13 maggio 2003, n. 21022.
(17) Tar Lazio, sez. II, 23 febbraio, 2005, n. 1447.
(18) Tar Toscana, sez. III, 12 luglio 2010, n. 2447.
(19) Cons. Stato, sez. V, 11 ottobre 1996, n. 1227; Tar Toscana, sez. III, 22 giugno 2004, n. 2290.
(20) Tar Napoli, sez. II, 6 ottobre 2005, n. 1901.
(21) Cons. Stato, sez. IV, 10 agosto 2007, n. 4423; Cons. Stato, sez. V, 11 aprile 1990, n. 3439; Cons. Stato, sez. V, 9 settembre 1985, n. 288; Tar Napoli, sez. II, 21 novembre 2006, n. 10044; Tar Bologna, 27 gennaio 1984, n. 48.
(22) Cons. Stato, sez. IV, 4 marzo 2011, n. 1411.
(23) Tar Lazio, sez. II, 3 ottobre 1994, n. 1194.
(24) Tar Veneto, sez. II, 3 dicembre 2010, n. 6327.
(25) Tar Milano, sez. II, 4 aprile 2007, n. 1396.
(26) Tar Bari, sez. III, 13 gennaio 2006, n. 113; Tar Lazio, sez. II, 24 novembre 2004, n. 13996.
(27) Cons. Stato, sez. IV, 26 maggio 2006, n. 3196; Cons. Stato, sez. V, 3 febbraio 2000, n. 597; Trga Trento, 31 dicembre 1996, n. 516.
(28) C.g.a., sez. giur., 16 settembre 1998, n. 474; Cons. Stato, sez. V, 21 ottobre 1991, n. 1239; Cons. Stato, sez. V, 30 luglio 1986, n. 383; Tar Catania, sez. I, 21 novembre 2006, n. 2319; Tar Palermo, sez. I, 22 marzo 1995, n. 234.
(29) Tar Napoli, sez. II, 7 maggio 2007, n. 4788.
(30) Cons. Stato, sez. V, 21 ottobre 1991, n. 1239, che ha ritenuto non completato un opificio industriale per la mancanza al suo interno del forno e delle strutture portanti, che costituivano la struttura centrale dell'impianto e avrebbero dovuto occupare secondo il progetto la metà della sua superficie
(31) Cass. pen., sez. III, 30 novembre 1973; Cons. Stato, sez. V, 18 febbraio 1991, n. 139.
(32) Tar Lazio, sez. II, 23 febbraio 2004, n. 1674.
(33) Cons. Stato, sez. V, 18 settembre 2008, n. 4498; Tar Reggio Calabria 20 aprile 2010, n. 420.
(34) Tar Catania, sez. I, 19 aprile 2010, n. 1154; Tar L'Aquila 4 ottobre 2006, n. 750.
(35) Tar Sardegna, sez. II, 15 novembre 2005, n. 2126.
(36) Cons. Stato, sez. V, 15 giugno 1998, n. 834; Cons. Stato, sez. V, 23 novembre 1996, n. 1414.
(37) Cons. Stato, sez. V, 9 ottobre 2007, n. 5228; Cons. Stato, sez. V, 20 ottobre 2004 n. 6831; Cons. Stato, sez. V, 26 giugno 2000, n. 3612; Tar Salerno, sez. II, 12 aprile 2005, n. 533; Tar Reggio Calabria, 20 aprile 2004, n. 730.
(38) Cons. Stato, sez. II, 28 aprile 2010, n. 4170/05, per il quale la pronuncia di decadenza della concessione edilizia, in mancanza di apposita istanza di proroga, si qualifica come atto vincolato, a carattere meramente dichiarativo, che deve intervenire per il solo fatto del verificarsi del presupposto di legge, costituito dal mancato completamento dei lavori nel termine assegnato; Cons. Stato, sez. IV, 18 giugno 2008, n. 3030; Tar Napoli, sez. I, 7 giugno 2010, n. 12677.
(39) Cons. Stato, sez. II, 2 luglio 2009, n. 3655.
(40) Sez. VI, 17 febbraio 2006, n. 671.
(41) Tar Lazio, sez. II, 28 giugno 2005, n. 5370; Tar Basilicata 23 maggio 2003, n. 471.
(42) Cons. Stato, sez. V, 9 ottobre 2007, n. 522; Tar Lazio, sez. II, 28 giugno 2005, n. 5370; Tar Basilicata 23 maggio 2003, n. 471.
(43) Tar Parma 12 ottobre 2004, n. 673.
(44) Tar Parma 12 ottobre 2004, n. 673.
(45) Tar Lazio, sez. II, 28 giugno 2005, n. 5370.
(46) Tar Bari, sez. II, 5 maggio 2010, n. 1731; Tar Napoli, sez. II, 25 settembre 2008, n. 10890, per il quale è legittima la dichiarazione di decadenza del permesso di costruire nell'ipotesi in cui, successivamente all'entrata in vigore di previsioni urbanistiche contrastanti con il permesso stesso, le opere già realizzate dal titolare non siano idonee ad integrare un valido inizio dei lavori.
(47) Cons. Stato, sez. IV, 10 agosto 2007, n. 4423.