Cass. Sez. III n. 19209 del 21 aprile 2017 (Ud 16 mar 2017)
Presidente: Amoresano Estensore: Ramacci Imputato: Tutone ed altri
Rifiuti. Raccolta e trasporto di rifiuti in forma ambulante in genere

In tema di raccolta e trasporto di rifiuti in forma ambulante in genere e, nel caso dei rifiuti metallici, di attività effettuata antecedentemente all’entrata in vigore del comma 1-bis dell'art. 188 del d.lgs. 152\06, introdotto dalla l. n. 221 del 2015 (operando, per le condotte poste in essere successivamente, l’espressa esclusione dell'applicabilità dell'esenzione dagli ordinari obblighi gravanti sui gestori ambientali, prevista dall'art. 266, comma 5, del medesimo decreto), occorre che il detentore sia in possesso del titolo abilitativo per l'esercizio di attività commerciale in forma ambulante ai sensi del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 114, che si tratti di rifiuti che formano oggetto del suo commercio cui sia effettivamente applicabile detta disciplina e che detti rifiuti non siano qualificabili come pericolosi o non siano riconducibili, per le loro peculiarità, a categorie autonomamente disciplinate

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Palermo, con sentenza del 27/5/2016 ha parzialmente riformato, riqualificato il fatto come ipotesi autonoma di reato e rideterminando la pena, la decisione emessa in data 20/5/2014 dal Tribunale di Termini Imerese, che aveva riconosciuto Antonino TUTONE, Francesco LI VIGNI e Antonio BURZILLERI responsabili del reato di cui agli artt. 110 cod. pen., 6 lett. d) legge 210\2008, per aver effettuato, in assenza di valido titolo abilitativo, l’attività di raccolta e trasporto a mezzo autocarro di proprietà di terzi, di rifiuti speciali pericolosi, quali componenti meccaniche intrise di olio lubrificante ed una fotocopiatrice, rifiuto di apparecchiature elettriche ed elettroniche (in Petralia Soprana il 26/10/2010).
Avverso tale pronuncia i predetti propongono congiuntamente ricorso per cassazione tramite il comune difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2. Con un unico motivo di ricorso lamentano la violazione di legge ed il vizio di motivazione, rappresentando che Francesco LI VIGNI sarebbe stato in possesso di tutte le autorizzazioni necessarie allo svolgimento dell’attività di commercio ambulante di rottami ferrosi (d.i.a. presentata al SUAP del Comune di Palermo, visura storica della Camera di commercio, certificato di attribuzione di partita IVA), sicché avrebbe potuto legittimamente trasportare i rottami ferrosi per cui è processo, che formerebbero oggetto del suo commercio, trovando applicazione quanto disposto dall’art. 266, comma 5 d.lgs. 152\06, essendo egli abilitato al “commercio su aree pubbliche itinerante di rottami metallici, carta e cartone”.
Aggiungono che, come evidenziato nell’atto di appello, contestavano la natura di rifiuto pericoloso dei rottami trasportati, in quanto tale classificazione non era avvenuta sulla base di uno specifico accertamento, bensì ad opera del personale di polizia giudiziaria che aveva proceduto alle indagini, privo di specifiche competenze, dapprima sulla base di una mera constatazione visiva e, successivamente, con l’ausilio del personale del NOE dei carabinieri, sulla base della documentazione fotografica, in quanto il mezzo ed il carico, nel frattempo, erano stati dissequestrati.
Osservano inoltre, a tale proposito, che la Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto infondata la censura e, conseguentemente, non operante l’art. 266, comma 5 d.lgs. 152\06, sulla base della mera visione della documentazione fotografica, senza alcuna specifica indagine, offrendo quindi una motivazione meramente apparente o, comunque, illogica o insufficiente.
Insistono, pertanto, per l’accoglimento dei ricorsi.              
       

CONSIDERATO IN DIRITTO


1. I ricorsi sono infondati.
Occorre preliminarmente richiamare sommariamente quanto accertato in fatto dai giudici del merito, al fine di una migliore comprensione della vicenda.
Nella decisione del Tribunale viene dato atto del fatto che la tipologia dei rifiuti trasportati risultava accertata sulla base dei contenuti del verbale di sequestro, della contestuale documentazione fotografica, di una annotazione di servizio e delle dichiarazioni testimoniali del personale di polizia che aveva effettuato le indagini.
Ritenuto dunque che oggetto del trasporto fossero rifiuti speciali pericolosi, il Tribunale ha preso in esame il contenuto dell’autorizzazione al commercio in possesso del LI VIGNI, dando conto della genericità dei contenuti ed escludendo che la stessa potesse ritenersi valido titolo per il trasporto dei rifiuti come in precedenza qualificati.
La Corte di appello, nell’esaminare le doglianze prospettate dalla difesa, ha riconosciuto la validità dell’accertamento effettuato dal primo giudice, dando atto che, dal diretto esame del materiale fotografico agli atti, emergeva che oggetto del trasporto, oltre alla fotocopiatrice, erano “due blocchi di motore di autovettura con le relative coppe dell’olio montate, intrisi di olio minerale”, già descritti nel verbale di sequestro.
I giudici del gravame aggiungevano che, senza necessità di specifico accertamento, era possibile verificare la presenza, sui blocchi motore, di olio esausto verosimilmente proveniente dalle coppe ancora montate, in quantità tale “da essere apprezzato con un semplice esame visivo”, con la conseguenza che i suddetti rifiuti andavano qualificati come pericolosi e non rientravano, quindi, tra quelli oggetto dell’autorizzazione al commercio ambulante in possesso del LI VIGNI.

2. Date tali premesse, pare opportuno ricordare quali siano i principi già affermati da questa Corte in ordine al commercio ambulante di rifiuti e richiamati in più occasioni.
Si è in particolare affermato (Sez. 3, n. 29992 del 24/6/2014, P.M. in proc. Lazzaro, Rv. 260266, cui si rinvia per i richiami ai precedenti. Conf. Sez. 3, n. 269 del 10/12/2014 (dep. 2015), P.M. in proc. Seferovic, Rv. 261959) che la condotta sanzionata dall'art. 256, comma 1 d.lgs. 152\06 è riferibile a chiunque svolga, in assenza del prescritto titolo abilitativo, una attività rientrante tra quelle assentibili ai sensi degli articoli 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216 del medesimo decreto, svolta anche di fatto o in modo secondario o consequenziale all'esercizio di una attività primaria diversa che richieda, per il suo esercizio, uno dei titoli abilitativi indicati e che non sia caratterizzata da assoluta occasionalità ed, inoltre, che la deroga prevista dall'art. 266, comma 5 d.lgs. 152\06 per l'attività di raccolta e trasporto dei rifiuti prodotti da terzi, effettuata in forma ambulante opera qualora ricorra la duplice  condizione che il soggetto sia in possesso del titolo abilitativo per l'esercizio di attività commerciale in forma ambulante, ai sensi del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 114 e, dall'altro, che si tratti di rifiuti che formano oggetto del suo commercio .
Si è poi rilevato, richiamando precedenti arresti, che, tenendo presente quanto stabilito dal d.lgs. 114\98, deve farsi in primo luogo riferimento alla definizione, contenuta nell'art. 4, comma 1, lett. b) di «commercio al dettaglio», descritto come «l'attività svolta da chiunque professionalmente  acquista  merci  in  nome e per conto proprio e le rivende, su aree private in sede fissa o mediante altre forme di distribuzione, direttamente al consumatore finale» e che la disciplina astrattamente applicabile è quella regolata dal Titolo X, relativo al commercio al dettaglio su aree pubbliche, queste ultime definite, dall'art. 27, comma 1, lett. b), come «le strade, i canali, le piazze, comprese quelle di proprietà privata gravate da servitù di pubblico passaggio ed ogni altra area di qualunque natura destinata ad uso pubblico». L'attività commerciale esercitabile è, inoltre, quella indicata dall'art. 18, comma 1, lett. b) e, cioè, quella che può essere svolta «su qualsiasi area purché in forma itinerante» e soggetta all'autorizzazione di cui al successivo comma 4, rilasciata, in base alla normativa emanata dalla Regione, dal Comune nel quale il richiedente, persona fisica o giuridica, intende avviare l'attività.
Veniva ulteriormente chiarito che il raccordo tra le disposizioni in tema di commercio e l'art. 266, comma 5 d.lgs. 152\06, considerato il tenore letterale delle prime, è reso particolarmente arduo, pur evidenziando che ciò non autorizza una forzata estensione dell'ambito di operatività della disciplina dettata dal d.lgs. 114\98, che risulta compiutamente definita, né di quella dell'art. 266, comma 5 che, riguardando la materia dei rifiuti, richiede una lettura orientata all'osservanza dei principi generali comunitari e nazionali e, prevedendo un esclusione dal regime generale dei rifiuti, impone sicuramente  un'applicazione restrittiva.  
Si puntualizzava, inoltre, che l'applicazione della disciplina derogatoria in esame non può  prescindere dal contenuto letterale dell'art. 266, comma 5 e, segnatamente, dell'ultima parte della disposizione, laddove l'esonero dall'osservanza della disciplina generale è chiaramente circoscritta ai soli rifiuti che formano oggetto del commercio del soggetto abilitato, con la conseguenza che la verifica del settore merceologico entro il quale il commerciante è abilitato ad operare deve essere oggetto di adeguata verifica, così come la riconducibilità del rifiuto trasportato all'attività autorizzata.
Si osservava, poi, che la deroga è giustificata dalla valutazione di minor pericolosità per la salute e per l'ambiente operata dal legislatore con riguardo ad una attività che poteva pacificamente ricondursi a quella dei c.d. robivecchi, dovendosi nel contempo escludere che la disciplina in esame possa essere utilizzata per legittimare attività diverse che richiedono, invece, il rispetto delle disposizioni di carattere generale.
Tali principi venivano successivamente ribaditi, specificando che la sentenza 29992/2014 sopra richiamata ha chiaramente delimitato l'ambito di efficacia della deroga di cui all'art. 266, comma 5 d.lgs. 152 del 2006 alle sole ipotesi in cui sia effettivamente applicabile la disciplina sul commercio ambulante di cui al d.lgs. 114 del 1998 e tale applicabilità sia dimostrata dall'interessato ed accertata in fatto dal giudice del merito, escludendosi, conseguentemente, che l'attività di raccolta e trasporto di rifiuti urbani e speciali prodotti da terzi consistenti, per lo più, in rottami ferrosi possa rientrare nella nozione di commercio ambulante come individuata dal menzionato d.lgs. 114 del 1998 (Sez. 3, n. 8653 del 15/1/2015, Negro, non massimata).
Inoltre, dando conto della successiva introduzione, ad opera dell'art. 30 della legge n. 221 del 2015, all'interno dell'art.188 d.lgs. 152\06, del comma 1-bis, il cui ultimo periodo recita testualmente che "alla raccolta e al trasporto dei rifiuti di rame e di metalli ferrosi e non ferrosi non si applica la disciplina di cui all'articolo 266, comma 5", si è chiarito che il reato di cui all'art. 256 d.lgs. 152\06 è configurabile anche in relazione alle condotte non autorizzate di raccolta e trasporto di rifiuti metallici esercitate in forma ambulante, poste in essere prima dell'entrata in vigore del menzionato comma 1-bis dell'art. 188, specificando che la valutazione della rilevanza penale delle condotte anteriori alla novella richiede tuttora l'accertamento dell'esistenza e validità del titolo abilitativo al commercio e della riconducibilità del rifiuto all'attività autorizzata, mentre tale verifica non occorre per le condotte successive, avuto riguardo all'inapplicabilità "tout court" della deroga di cui al citato comma quinto dell'art. 266 (Sez. 3, n. 23908 del 19/4/2016, P.M. in proc. Butera e altri, Rv. 26701901).

3. Le modifiche normative di cui si è appena detto, che escludono espressamente l’applicabilità dell’art. 266, comma 5 d.lgs. 152\06 alla raccolta e al trasporto dei rifiuti di rame e di metalli ferrosi e non ferrosi, hanno dunque delimitato ulteriormente l’ambito di operatività della deroga, già estremamente ridotto in ragione della lettura delle disposizioni che disciplinano la raccolta ed il trasporto di rifiuti in forma ambulante offerta dalle decisioni in precedenza richiamate.
La novella suddetta non opera, tuttavia, nel caso in esame, trattandosi di condotte poste in essere antecedentemente.

4. Alla luce di quanto appena richiamato, va altresì osservato che, nel caso di cui si tratta, la questione della idoneità dei titoli in possesso degli imputati è stata solo marginalmente affrontata nel giudizio di merito, in quanto il Tribunale, pur dando atto della “estrema genericità” dei contenuti della documentazione esaminata, ne ha escluso la validità ed efficacia sulla base della riconosciuta pericolosità dei rifiuti, ribadita successivamente dalla Corte territoriale in ragione delle specifiche censure mosse dagli appellanti.
Osserva il Collegio che, in realtà, indipendentemente dalla pericolosità o meno del rifiuto, emergeva chiaramente, dalla semplice lettura del capo di imputazione, che i rifiuti trasportati dagli imputati, trattandosi di una fotocopiatrice e di parti meccaniche di autovetture, rientravano, rispettivamente, nella categoria dei i rifiuti elettrici ed elettronici (RAEE), disciplinati dal d.lgs. 14 marzo 2014, n. 49    (come peraltro specificato nell’imputazione stessa) e tra quelli ricompresi nelle disposizioni riguardanti i veicoli fuori uso (art. 231 d.lgs. 152\06 e d.lgs. 209\2003).
A tale proposito si era già avuto modo di precisare che, considerate le finalità perseguite con la deroga di cui all'art. 266, comma 5 d.lgs. 152\06, tali categorie particolari di rifiuti, separatamente apprezzate dal legislatore per la loro particolarità, non possono rientrare tra quelle considerate ai fini della deroga medesima, se non altro perché la loro gestione risulta disciplinata in ragione della particolarità del rifiuto, prevedendosi, ad esempio, specifiche disposizioni per la raccolta ed il trasporto, cosicché deve escludersi che tali rifiuti possano essere raccolti, trasportati e commercializzati in forma ambulante in deroga, quindi, non soltanto alle disposizioni di cui agli artt. 189, 190, 193 e 212 del d.lgs. 152\06 ma anche ad altre disposizioni appositamente dettate per categorie particolari di rifiuti (Sez. 3, n. 34917 del 9/7/2015, Pmt in proc. Caccamo, Rv. 26482201).

5. In ogni caso, anche la valutazione di pericolosità dei rifiuti effettuata dai giudici del merito, evidentemente limitata, per quanto è dato rilevare dal tenore della sentenza impugnata, alle parti meccaniche di autovetture intrise di olio, risulta giuridicamente corretta.
Va in primo luogo ricordato che la classificazione del rifiuto costituisce un accertamento in fatto, riservato alla valutazione del giudice del merito e, pertanto, non sindacabile in sede di legittimità se supportato da idonea motivazione. Il principio, peraltro, è stato affermato anche in relazione alla specifica attribuzione al rifiuto del relativo codice CER (Sez. 3, n. 46897 del 3/5/2016, Arduini e altro, Rv. 26812601).
Nel caso di specie la Corte territoriale, a sostegno delle proprie conclusioni circa la natura del rifiuto, ha opportunamente fatto riferimento alle sue fonti di conoscenza, così come aveva fatto il Tribunale,  dando peraltro dettagliatamente conto dell’ulteriore verifica effettuata attraverso la documentazione fotografica e delle inequivocabili condizioni dei rifiuti in essa rappresentata.
Tali argomentazioni risultano più che sufficienti, tenuto conto anche della particolarità del rifiuto, costituito, come si è detto più volte, da blocchi motore di autovettura con ancora montate le coppe dell’olio e risultati intrisi, in maniera immediatamente visibile, di olio esausto.
Si trattava, dunque, di parti di autovetture non sottoposte ad alcun trattamento preventivo per la rimozione di liquidi o di altri componenti pericolose che non richiedeva alcun particolare accertamento (si veda a tale proposito quanto affermato, con riferimento ai veicoli fuori uso in genere, in Sez. 3, n. 11030 del 5/2/2015, Andreoni, Rv. 26324801)  ed, inoltre, i rifiuti contenenti olio, i filtri dell’olio e l’olio per motore stesso sono pacificamente rifiuti pericolosi.
E’ dunque evidente che tale tipologia di rifiuti, per la cui gestione sono peraltro richieste particolari cautele, giammai potrebbe essere oggetto di commercio con le modalità indicate dal d.lgs. 114/1998, così come le categorie di rifiuti autonomamente disciplinate, delle quali si è detto in precedenza.
Tali condizioni erano entrambe presenti nei rifiuti trasportati dagli imputati, sicché correttamente i giudici del merito hanno escluso l’operatività della deroga di cui all’art. 266, comma 5 d.lgs. 152\06.

6. Va conseguentemente ribadito che, in tema di raccolta e trasporto di rifiuti in forma ambulante in genere e, nel caso dei rifiuti metallici, di attività effettuata antecedentemente all’entrata in vigore del comma 1-bis dell'art. 188 del d.lgs. 152\06, introdotto dalla l. n. 221 del 2015 (operando, per le condotte poste in essere successivamente, l’espressa esclusione dell'applicabilità dell'esenzione dagli ordinari obblighi gravanti sui gestori ambientali, prevista dall'art. 266, comma 5, del medesimo decreto), occorre che il detentore sia in possesso del titolo abilitativo per l'esercizio di attività commerciale in forma ambulante ai sensi del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 114, che si tratti di rifiuti che formano oggetto del suo commercio cui sia effettivamente applicabile detta disciplina e che detti rifiuti non siano qualificabili come pericolosi o non siano riconducibili, per le loro peculiarità, a categorie autonomamente disciplinate.

7. I ricorsi devono pertanto essere rigettati, con le consequenziali statuizioni indicate in dispositivo.


P.Q.M.


Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in data 16.3.2017