TAR Sicilia(CT) Sez.I n.2352 del 29 settembre 2011
Beni Ambientali. Parchi eolici e regime autorizzatorio

Ai sensi del comma 3 dell'art. 12 del D. Lgs. n. 387 del 2003 la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o altro soggetto istituzionale delegato dalla regione, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico. A tal fine la Conferenza dei servizi è convocata dalla regione entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di autorizzazione. Pertanto i pareri, nulla osta e assensi di tutte le amministrazioni interessate, devono essere espressi in sede di conferenza di servizi, che è la sede esclusiva di coordinamento dei vari interessi pubblici, rilevanti per l'autorizzazione unica finale.

N. 02352/2011 REG.PROV.COLL.

N. 02890/2007 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2890 del 2007, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
S.E.S. Srl, rappresentata e difesa dagli avv.ti Antonella Capria, Fabio Florio, Teodora Marocco, Salvatore Raimondi, con domicilio eletto presso avv. Fabio Florio in Catania, viale XX Settembre,45;

contro

Regione Siciliana, rappresentata e difesa dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata per legge in Catania, via Vecchia Ognina, 149;
Comune di Chiaramonte Gulfi (Rg), rappresentato e difeso dall'avv. Luigi Piccione, con domicilio eletto presso avv. Alessandro Girbino in Catania, via Asilo Sant'Agata, 19;

e con l'intervento di

ad adiuvandum:
Comune di Ragusa, rappresentato e difeso dall'avv. Sergio Boncoraglio, con domicilio eletto presso la Segreteria del Tribunale;
Comune di Monterosso Almo, rappresentato e difeso dall'avv. Carmelo Ruta e dall'avv. Paolo Daniele Scollo, con domicilio eletto presso avv. Andrea Angelo Sciacca in Catania, via G. D'Annunzio, 56 Sc/B,
ad opponendum:
Legambiente Comitato Reg. Siciliano, rappresentata e difesa dagli avv. Nicola Giudice, Corrado V. Giuliano, con domicilio eletto presso avv. Corrado V. Giuliano in Catania, via Pasubio, 33;

per l'annullamento

CON RICORSO PRINCIPALE:

1) del provvedimento Prot. N. 922/Sop. del 10 agosto 2007 emesso dall'Assessorato dei Beni Culturali ed Ambientali della Pubblica Istruzione, Area Soprintendenza BB.CC.AA. e P.I. di Ragusa avente ad oggetto "Richiesta di autorizzazione paesaggistica per la realizzazione di una centrale eolica da 86 megawatt per la produzione di energia elettrica nei Comuni di Ragusa, Chiaramonte Gulfi e Monterosso Almo comprendente l’installazione di 43 aerogeneratori, delle opere connesse e delle infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio dell’impianto".

2) della nota del Soprintendente ai BB.CC.AA. di Ragusa 26 luglio 2006, prot. n. 854/Sopr. con la quale si chiedono al Dirigente del Servizio per i beni paesistici, naturali, naturalistici ed urbanistici, giustificazioni in ordine all’indirizzo dallo stesso espresso con parere inoltrato per il visto con nota del 25 luglio 2007.

3) occorrendo, della delibera della Giunta regionale n. 366 del 2 ottobre 2001, con la quale sarebbe stata dettata una regolamentazione delle competenze delle strutture intermedie dell’amministrazione regionale.

CON PRIMO RICORSO PER MOTIVI AGGIUNTI:

1) del Provvedimento Prot. N. 26070 del 30 giugno 2008 emesso dall'Assessorato Regionale Industria, Dipartimento Regionale Industria, Servizio II - Risorse Minerarie ed Energetiche avente ad oggetto "Convocazione della terza seduta di Conferenza dei Servizi ai sensi dell'art. 12 del D. Lgs. 387 del 29.12.2003. Richiesta di autorizzazione per la realizzazione di una centrale eolica per la produzione di energia elettrica nei Comuni di Ragusa, Chiaramonte Gulfi e Monterosso Almo comprendente l’installazione di 43 aerogeneratori (ex 62), delle opere connesse e delle infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio dell’impianto";

2) della nota Prot. N. 27520 del 9 luglio 2008 emessa dall'Assessorato Regionale Industria, Dipartimento Regionale Industria, Servizio II - Risorse Minerarie ed Energetiche, di rinvio della Conferenza dei servizi al 17.07.2008;

3) della nota Prot. 31393 del 5 agosto 2008 avente ad oggetto "Trasmissione verbale della terza seduta di Conferenza dei Servizi ai sensi dell'art. 12 del D. Lgs. 387 del 29.12.2003. Richiesta di autorizzazione per la realizzazione di una centrale eolica per la produzione di energia elettrica nei Comuni di Ragusa, Chiaramonte Gulfi e Monterosso Almo comprendente l’installazione di 43 aerogeneratori (ex 62), delle opere connesse e delle infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio dell’impianto";

4) del parere della Soprintendenza di Ragusa assunto agli atti della Conferenza dei Servizi del 17 luglio 2008 ed allegato al relativo verbale.

nonché per il risarcimento del danno;

CON SECONDO RICORSO PER MOTIVI AGGIUNTI:

1) Deliberazione della Giunta regionale n. 246 dell'8 ottobre 2008, avente ad oggetto "Realizzazione di una centrale eolica per la produzione di energia elettrica nei comuni di Ragusa, Chiaramonte Gulfi (RG) e Monterosso Almo (RG) – Art. 14 quater, comma 3 legge 7 agosto 1990, n. 241 – Determinazioni".

2) ove occorra, nota Prot. 31998 in data 7 agosto 2008 dell'Assessorato Regionale Industria avente ad oggetto "Richiesta di autorizzazione ai sensi dell'art. 12 del D. Lgs. 387/2003 per la realizzazione di una centrale eolica da 86 MW per la produzione di energia elettrica nei Comuni di Ragusa, Chiaramonte Gulfi e Monterosso Almo (RG), comprendente l'installazione di n. 43 aerogeneratori delle opere connesse e delle infrastrutture indispensabili alla costruzione ed all'esercizio dell'impianto. Trasmissione atti per la decisione della Giunta Regionale ai sensi del c. 3 art. 14 quater Legge 241/90".

3) ove occorra, verbale della seduta di Giunta Regionale dell'8 ottobre 2008 non conosciuto dalla ricorrente;

CON TERZO RICORSO PER MOTIVI AGGIUNTI:

1) del D.A. n. 1767 del 10 agosto 2010 con il quale si dispone l’adozione del Piano Paesaggistico della Provincia di Ragusa comprendente porzioni degli Ambiti regionali 15-16-17;

2°) di ogni altro atto, preordinato, conseguente e/o comunque connesso ivi compreso il verbale della seduta del 4 agosto 2010 dell’Osservatorio regionale per la qualità del paesaggio – Speciale Com-missione, con cui è stato espresso parere favorevole all’adozione della proposta del suddetto Piano Paesaggistico nonché dei verbali delle sedute dei tavoli di concertazione, tenutesi presso il Dipartimento Regionale dei Beni Culturali ed Ambientali e presso la Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Ragusa.

 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Siciliana e del Comune di Chiaramonte Gulfi (Rg);

Visti gli atti di intervento ad adiuvandum del Comune di Ragusa, del Comune di Monterosso Almo e del Comune di Chiaramonte Gulfi e, ad opponendum, di Legambiente Comitato Reg. Siciliano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 maggio 2011 il dott. Pancrazio Maria Savasta e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

RICORSO PRINCIPALE.

La ricorrente ha avviato un procedimento amministrativo per l'approvazione di un progetto di centrale da fonte eolica della potenza complessiva di circa 86 MW nei Comuni di Ragusa, Monterosso Almo e Chiaramonte Gulfi.

Con D.R.S. n. 826 del 23 luglio 2004, l'Assessorato regionale Territorio ed Ambiente avrebbe espresso giudizio favorevole di compatibilità ambientale sul progetto – originariamente - da 168 MW.

La Soprintendenza di Ragusa, inizialmente, in data 4 settembre 2003, si sarebbe dichiarata incompetente stante la mancanza di vincoli sulle aree.

Successivamente, a distanza di un anno, avrebbe mutato avviso, emettendo due successivi pareri negativi (del 21 settembre 2004 e del 21 maggio 2005), impugnati dalla ricorrente.

Tali ricorsi (sub Rg. 5989/2004 e 1786/2005) sono tuttora pendenti per il merito.

A seguito di tali vicende, la ricorrente provvedeva a modificare il progetto riducendo il numero degli aerogeneratori dai previsti 84 a 62.

Il nuovo progetto, da cui sarebbero state eliminate proprio le turbine site nel Comune di Monterosso e di Ragusa, sulla cui allocazione la Soprintendenza avrebbe espresso perplessità, veniva trasmesso agli organi competenti.

In data 7 dicembre 2005, la ricorrente presentava richiesta di autorizzazione unica all’Assessorato Industria, ai sensi dell’art. 12 D. Lgs. 387/2003, nel frattempo entrato a regime, allegando i pareri e i nulla osta già ottenuti.

Il 20 marzo 2006 si teneva presso l’Assessorato Industria, Dipartimento Regionale Industria, la prima Conferenza dei Servizi per il rilascio dell’autorizzazione unica, alla quale veniva invitata anche la Soprintendenza di Ragusa che, tuttavia, non interveniva e non faceva pervenire alcun ulteriore parere sul nuovo progetto neanche a seguito della trasmissione del relativo verbale.

Successivamente, con decreto dall'Assessorato Territorio e Ambiente, Dipartimento Regionale Urbanistica, n. 1777 del 11/10/2006, in conformità al voto del Consiglio Regionale dell'Urbanistica n. 565 del 13 settembre 2006, veniva autorizzato, il progetto in variante agli strumenti urbanistici.

A fronte delle risultanze emerse in Conferenza di Servizi e di quanto prescritto nel decreto n. 1777 dell’11/10/2006, la ricorrente ridimensionava ulteriormente il progetto fino alla potenza attualmente prevista di 86 MW per un totale di 43 aerogeneratori (circa la metà del progetto originario).

In data 22 febbraio 2007 si teneva presso l’Assessorato Industria la seconda Conferenza dei Servizi nel corso della quale veniva espresso parere favorevole all’iniziativa di S.E.S., veniva preso atto delle modifiche introdotte nel progetto e si indicavano espressamente come “ininfluenti” i pareri negativi della Soprintendenza già espressi in precedenza.

Il relativo verbale veniva trasmesso a tutte le amministrazioni interessate, inclusa la Soprintendenza di Ragusa, la quale non avrebbe fatto pervenire alcuna osservazione.

In ogni caso, la ricorrente provvedeva a trasmettere a detta ultima amministrazione il progetto aggiornato, sulla cui legittimità il Responsabile del Servizio redigeva un parere favorevole, con alcune prescrizioni, trasmesso, con nota del 25 luglio 2007, al Soprintendente per il visto.

Quest’ultimo, con nota del 26 luglio 2007, prot. 854, contestava radicalmente l’operato del Dirigente del Servizio, evidenziando la contraddittorietà con i precedenti pareri negativi, in assenza della modifica dei luoghi o delle condizioni paesaggistiche da tutelare.

Il Direttore del Servizio, con nota del 30 luglio 2007, oltre a richiamare l’intervenuto assenso al progetto da parte dell’Ass. reg. T.A., previo parere del C.R.U., con provvedimento dell’11 ottobre 2006, “provvedimento che, a sua volta, ha valutato adeguato e conforme dal punto di vista urbanistico e territoriale il progetto de quo”, segnalava che a seguito del predetto provvedimento “il progetto risulta essere stato dimensionato rispetto all’originaria previsione, circostanza questa che, a sua volta, non può non essere posta alla base di diversa valutazione da parte di questa Soprintendenza. Non solo. Le aree interessate dal progetto non risultano soggette a vincoli diretti. Di fatti solo una piccola porzione del progetto, segnatamente il cavidotto interrato, risulta posto in area soggetta a vincolo boschivo, mentre alcuni areogeneratori sono posti nella relativa fascia di rispetto. Peraltro l’area boscata è di carattere artificiale. Tali circostanze, tanto più per quanto riguarda gli areogeneratori, come detto non collocati in aree soggette a vincoli diretti, a giudizio dello scrivente tendono escludere un potere totalmente inibitorio di questa Soprintendenza bensì, piuttosto, a costituire un potere di carattere prescrittivo, debitamente esercitato in sede di valutazione”.

Ciononostante, il Soprintendente con provvedimento prot. n. 922/Sop. del 10 agosto 2007, rendeva parere negativo, rilevando che il tracciato non sarebbe mutato, che l'area di intervento, pur non ricadendo tra quelle sottoposte a vincolo, sarebbe particolarmente pregevole e marcata da "un'identità fortissima", dovuta in particolare alla presenza dei muretti a secco, che vi sarebbe la presenza di un tratto di ferrovia dismessa (l'ex ferrovia Ragusa – Siracusa).

Su queste premesse in punto di fatto, parte ricorrente ha impugnato i detti provvedimenti, affidandosi alle seguenti censure:

1) Violazione e falsa applicazione degli artt. 16 e 17 L. reg. 7 novembre 1980, n. 116, dell’art. 57, 3° comma, L. reg. 3 maggio 2001, n. 6, dell’art. 6, L. reg. 30 aprile 1991, n. 10, dell’art. 8 D.P.Reg. 15 marzo 1995, n. 60.

Il provvedimento impugnato sarebbe illegittimo perché contrasterebbe con le disposizioni calendate, secondo le quali la competenza per l’emissione del provvedimento finale appartiene al dirigente del servizio e non al soprintendente che sottoscrive il provvedimento con un semplice “visto”, avente esclusivamente funzione di coordinamento.

2) In subordine: violazione e falsa applicazione dell’art. 57, 3° comma, L. reg. 3 maggio 2001, n. 6. Violazione dell’art. 4 D.Lgs. 6 maggio 1948, n. 654. Eccesso di potere per violazione della delibera della Giunta Regionale 2 ottobre 2001, n. 366.

In attuazione delle norme calendate, il Soprintendente avrebbe potuto esercitare, semmai, poteri sostitutivi per il caso di inerzia o di motivato dissenso con il dirigente del servizio, mediante apposito provvedimento con il quale si stabilisce l’avocazione della pratica, non disposta nel caso in esame.

3) Violazione e falsa applicazione dell'art. 11 bis L. reg. 30 aprile 1991, n. 10, aggiunto dall’art. 23, 1° comma, lett. e), L. reg. 28 dicembre 2004, n. 17. Eccesso di potere per carenza di motivazione e istruttoria. abnormità del provvedimento. Travisamento dei fatti.

In forza della disposizione regionale in epigrafe citata (mutuata dall’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990, quale introdotto dalla legge di modifica 11 febbraio 2005, n. 15) l’Amministrazione sarebbe tenuta a comunicare tempestivamente ai soggetti proponenti, “prima della formale adozione di un provvedimento negativo”, i “motivi che ostano all'accoglimento della domanda” (c.d “preavviso di rigetto"), per dare modo agli stessi di presentare per iscritto le loro osservazioni nei successivi 10 giorni e nel rispetto del principio del contraddittorio.

4) Violazione e falsa applicazione degli art. 3 e 6 comma 2 bis (quest’ultimo introdotto dall’art. 23, comma 1, lett. c) L. reg. 28 dicembre 2004, n. 17) L. Reg. 30 aprile 1991, n. 10 sotto altro profilo. Eccesso di potere per sviamento, contraddittorietà manifesta, abnormità del provvedimento.

Il provvedimento del Soprintendente sarebbe gravemente contraddittorio con le risultanze emerse dall'istruttoria, risultata positiva sia pur con l'imposizione di alcune prescrizioni a tutela di un miglioramento dell'impatto paesistico, il ripristino dei muretti a secco, l'utilizzo di materiali tipici dell'architettura tradizione e ulteriori interventi relativi alla vegetazione ed alla fruizione del parco nonché delle prescrizioni a tutela del territorio attraverso l’obbligatorietà della effettuazione di prospezioni archeologiche in prossimità di un aerogeneratore.

Ciononostante, il provvedimento non conterrebbe neanche un riferimento a questa e meno che mai individuerebbe le ragioni per le quali queste vengano totalmente ignorate.

5) Eccesso di potere per mancata corrispondenza dell’atto alla causa del potere esercitato.

Il provvedimento impugnato, piuttosto che essere adeguatamente e coerentemente motivato, tradirebbe la contrarietà del Soprintendente agli impianti eolici in generale o quanto meno a quelli da impiantare nella provincia di Ragusa.

6) Violazione e falsa applicazione della direttiva 2001/77/CE e dell'art. 12 del D. Lgs. 387/2003. Violazione della L. 241/1990. Incompetenza.

Il D. Lgs. 387/2003, attuativo della Direttiva 2001/77/CE, ha introdotto nel nostro Paese un regime di favore e di sostegno per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. La necessità di promozione, in via prioritaria, delle fonti energetiche rinnovabili troverebbe fondamento, principalmente, nell'esigenza di protezione dell'ambiente e di perseguimento di uno sviluppo sostenibile.

Sia la Direttiva 2001/77/CE, sia il D. Lgs. 387/2003 espressamente includono tra le fonti energetiche rinnovabili, la fonte eolica, ossia la produzione di energia elettrica mediante lo sfruttamento cinetico del vento. Il D. Lgs. 387/2003, peraltro, al fine di incentivare lo sviluppo della produzione di energia da fonti rinnovabili, prevede, all'art. 12, che le opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli stessi impianti sono di pubblica utilità, indifferibili ed urgenti.

L'art. 12 prevede altresì che la costruzione di tali impianti sia soggetta ad autorizzazione unica, rilasciata a seguito di un procedimento unico cui partecipano tutte le amministrazione interessate, attraverso lo strumento della Conferenza dei Servizi.

In virtù di tale disposizione, la Soprintendenza, essendo nel frattempo entrato a regime il procedimento unico, non avrebbe potuto emanare un autonomo provvedimento di rigetto, bensì, avrebbe dovuto partecipare alla Conferenza di Servizi ed in tale occasione esprimere le proprie valutazioni.

Tali circostanze, di per sé, avrebbero fatto venir meno in radice la possibile per la Soprintendenza di esprimersi sul progetto.

7) Violazione e falsa applicazione dell'art. 146 del D. Ls. 42/2004 e dell'art. 46 della L. Reg. 28 dicembre 2004, n. 17. Incompetenza.

L'art. 146 del D. Lgs. 42/2004 prevede che su alcune tipologie di beni non possano essere eseguiti interventi che pregiudichino i valori paesistici finché non ne sia accertata la compatibilità paesaggistica.

8) Violazione e falsa applicazione dell'art. 152 del D. Lgs. 42/2004. Violazione e falsa applicazione dell'art. 46 della L.R. 17/2004.

L’unica fonte normativa che possa facoltizzare la Soprintendenza a emettere pareri su aree non sottoposte a vincolo sarebbe l'art. 152 del D. L.gs 42/2004, secondo il quale l'autorità competente, nel caso di aperture di strade e di cave, di posa di condotte per impianti industriali e civili e di palificazioni nell'ambito e in vista delle aree di notevole interesse pubblico di cui all'art. 136, può prescrivere distanze, misure e varianti ai progetti onde evitare pregiudizio alle aree predette.

Nel caso in esame, la Soprintendenza non si sarebbe limitata a dettare prescrizioni, ma, diversamente da quanto stabilito dalla norma calendata, avrebbe espresso parere sfavorevole con riferimento a tutto il progetto.

Inoltre, l'applicabilità dell'art. 152 del D. Lgs. 42/2004 sarebbe di norma esclusa quando il progetto sia stato al contempo sottoposto a procedimento di valutazione di impatto ambientale, dal momento che è proprio in quest'ultima sede che le autorità sono tenute a valutare il progetto e il relativo impatto sull'ambiente e dunque a rendere tutte quelle necessarie e più opportune prescrizioni per il corretto inserimento del progetto nel paesaggio.

E il provvedimento di valutazione di impatto ambientale sarebbe già stato regolarmente emesso con D.R.S. 826 del 23 luglio 2004.

9) Violazione e falsa applicazione degli artt. 142, 146 e 152 del D. Lgs. 42/2004 sotto altro profilo. Violazione e falsa applicazione dell'art. 3 della L. 241/1990 e della L.R. n. 10/1991. Eccesso di potere per carenza di motivazione e difetto di istruttoria.

L'art. 146 del D. Lgs. 42/2004 prevede, con riferimento alle aree e ai beni sottoposti a tutela, che l'amministrazione verifichi la conformità dell'intervento e accerti la compatibilità rispetto ai valori paesaggistici riconosciuti dal vincolo ed alle finalità di tutela e miglioramento della qualità del paesaggio nonché la congruità con i criteri di gestione dell'immobile o dell'area.

Le dette finalità andrebbero valutate anche alla luce degli interessi contrapposti, espressi in sede di richiesta di autorizzazioni.

Nel caso di specie, l'amministrazione nel perseguire l'obiettivo di tutela del paesaggio avrebbe sacrificato, oltre al diritto di iniziativa economica degli operatori economici – quale la ricorrente -, anche il più generale diritto ad un ambiente salubre e ad uno sviluppo sostenibile, cui il sostegno delle fonti energetiche rinnovabili è primariamente teso.

Nel provvedimento impugnato, infatti, l'amministrazione non avrebbe tenuto in alcuna considerazione i benefici ambientali che l'impianto della ricorrente presenta in termini di riduzione dell'inquinamento atmosferico.

10) Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 L. Reg. 30 aprile 1991, n. 10. Eccesso di potere per carenza di motivazione. Illogicità manifesta, abnormità del provvedimento.

Per quanto già evidenziato in punto di fatto, la motivazione del provvedimento impugnato sarebbe palesemente insufficiente e contraddittoria, in quanto non conterrebbe alcuna specifica e precisa motivazione al di là di generici richiami alle caratteristiche dei luoghi e sarebbe riferita ad elementi strutturali, quali la presenza dei muretti a secco e di un tratto di ferrovia dismessa - l'ex ferrovia Ragusa – Siracusa, senza che sia stato indicato come l'intervento proposto dalla ricorrente andrebbe a ledere gli elementi territoriali in questione salvo un generico richiamo al fatto che gli impianti eolici costituirebbero un "ingombro (…) che non dialoga positivamente con questo particolarissimo contesto".

Articolato intervento ad adiuvandum è stato introdotto dai Comuni di Ragusa, di Monterosso Almo e di Chiaramonte Gulfi.

Costituitasi, la regione ha concluso per l’infondatezza del gravame.

Intervento ad opponendum è stato introdotto da Legambiente Comitato Reg. Siciliano.

Con Ordinanza del 24.1.2008, n. 130, questa stessa Sezione accoglieva la domanda di sospensione dei provvedimenti impugnati, ritenendo che il provvedimento finale fosse di competenza di Organo diverso dalla Soprintendenza BB.CC.AA.

Il CGA, con ordinanza n. 223/08, respingeva l’appello avverso la detta decisione cautelare, poiché, "ai sensi del comma 3 dell'art. 12 del D. Lgs. n. 387 del 2003 la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili,…, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o altro soggetto istituzionale delegato dalla regione, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico. A tal fine la Conferenza dei servizi è convocata dalla regione entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di autorizzazione… Pertanto i pareri, nulla osta e assensi di tutte le amministrazioni interessate, devono essere espressi in sede di conferenza di servizi, che è la sede esclusiva di coordinamento dei vari interessi pubblici, rilevanti per l'autorizzazione unica finale".

PRIMO RICORSO PER MOTIVI AGGIUNTI.

Nonostante l'efficacia del provvedimento della Soprintendenza fosse stata sospesa, l’Assessorato dell’Energia e dei Servizi di Pubblica Utilità, con provvedimento prot. n. 26070 del 30.6.2008, invece di emettere il provvedimento conclusivo del procedimento già conclusosi con la conferenza dei servizi del 22 febbraio 2007, provvedeva ad indire una terza conferenza dei servizi invitando la Soprintendenza ad esprimersi nuovamente, con ciò di fatto rimettendola in termini per l'emissione di un nuovo parere.

Quest’ultima, partecipando alla Conferenza dei Servizi del 17 luglio 2008, nonostante, per come si evince dal verbale, tutti gli altri enti fossero favorevoli all'iniziativa della ricorrente, presentava un parere avente identico contenuto a quello già sospeso, senza peraltro alcuna ulteriore istruttoria, rispetto a quella – favorevole - già svolta dal dirigente del servizio.

In ragione di ciò, l’Assessorato dell’Energia e dei Servizi di Pubblica Utilità (già Assessorato all’Industria) rimetteva la questione alla Giunta Regionale, peraltro esprimendo chiaramente il proprio favore per l'iniziativa.

Avverso i detti provvedimenti, la ricorrente ha depositato ricorso per motivi aggiunti, affidato ai seguenti motivi di gravame:

1) Violazione e falsa applicazione della direttiva 2001/77/CE e dell'art. 12 del D. Lgs. 387/2003. Violazione della L. 241/1990 con particolare riferimento all'art. 14 ter. Incompetenza.

Posto che in data 22 febbraio 2007 si era tenuta la Conferenza dei Servizi conclusiva relativa al procedimento avviato dalla ricorrente, la Soprintendenza, pur regolarmente invitata, non presentandosi, non ha espresso parere negativo, per altro, neanche a seguito della successiva trasmissione del verbale.

Pertanto, in applicazione del comma 7 dell'art. 14 ter della L. 241/1990 (secondo cui si considera acquisito l'assenso dell'amministrazione il cui rappresentante non abbia espresso definitivamente la volontà dell'amministrazione rappresentata), l'assenso della Soprintendenza sul nuovo progetto presentato dalla ricorrente e discusso nella Conferenza dei Servizi avrebbe dovuto ritenersi acquisito.

La detta interpretazione sarebbe stata condivisa da questo Tribunale e dal Giudice di seconde cure, sia pur nella fase cautelare.

2) Violazione di giudicato cautelare. Violazione dei principi di economicità, speditezza e semplificazione del procedimento amministrativo.

A seguito delle ordinanze cautelari sopra citate, l'Assessorato Industria avrebbe dovuto procedere al rilascio del provvedimento conclusivo del procedimento.

Al contrario, in asserita violazione del principio di effettività della pronunzia giurisdizionale, nonché dei principi di economicità, semplificazione, speditezza del procedimento amministrativo, ha convocato una nuova conferenza di servizi con ciò permettendo alla Soprintendenza di emettere un nuovo illegittimo parere, sicché la società ricorrente si troverebbe nella stessa situazione precedente all'espletamento di due gradi di giudizio alla stessa favorevoli.

3) Violazione e falsa applicazione dell'art. 14 quater della L. 241/1990. Eccesso di potere per carenza di motivazione e istruttoria.

Anche a voler considerare legittima la riapertura del procedimento e la convocazione di una nuova conferenza dei servizi, il dissenso espresso dalla Soprintendenza sarebbe illegittimo, poiché l'art. 14 quater della L. 241/90 prevede che il dissenso, a pena di inammissibilità, debba essere congruamente motivato e debba recare le specifiche indicazioni delle modifiche progettuali necessarie ai fini dell'assenso.

Nel caso di specie, il provvedimento acquisito dalla Conferenza dei Servizi non conterrebbe alcuna indicazione su come il dissenso espresso dalla Soprintendenza possa essere superato.

Peraltro, per le modalità con cui si sarebbe svolta la conferenza dei servizi, risulterebbe che la Soprintendenza non abbia in alcun modo posto in essere il necessario bilanciamento tra divergenti interessi che proprio mediante lo strumento della conferenza di servizi può essere oggetto di adeguata dialettica tra gli enti.

Infatti, il rappresentante della Soprintendenza si sarebbe limitato, in apertura della Conferenza di Servizi, a consegnare un parere già redatto (e come detto identico a quello già sospeso) senza in alcun modo prendere in considerazione quanto rappresentato da tutti gli altri soggetti presenti.

Ed infatti non risulterebbe dal provvedimento allegato al verbale della conferenza che siano stati minimamente valutati dalla Soprintendenza altri interessi contrapposti.

4) Violazione e falsa applicazione degli art. 3 e 6 comma 2 bis (quest’ultimo introdotto dall’art. 23, comma 1, lett. c) L. reg. 28 dicembre 2004, n. 17) L. Reg. 30 aprile 1991, n. 10 sotto altro profilo. Eccesso di potere per sviamento, contraddittorietà manifesta, abnormità del provvedimento.

Censura sostanzialmente riproduttiva della n. 4 del ricorso principale.

5) Eccesso di potere per mancata corrispondenza dell’atto alla causa del potere esercitato.

Censura sostanzialmente riproduttiva della n. 5 del ricorso principale.

6) Violazione e falsa applicazione dell'art. 146 del D. Ls. 42/2004 e dell'art. 46 della L. Reg. 28 dicembre 2004, n. 17. Incompetenza.

Censura sostanzialmente riproduttiva della n. 7 del ricorso principale.

7) Violazione e falsa applicazione dell'art. 152 del D. Lgs. 42/2004. Violazione e falsa applicazione dell'art. 46 della L.R. 17/2004.

Censura sostanzialmente riproduttiva della n. 8 del ricorso principale.

8) Violazione e falsa applicazione degli artt. 142, 146 e 152 del D. Lgs. 42/2004 sotto altro profilo. Violazione e falsa applicazione dell'art. 3 della L. 241/1990 e della L.R. n. 10/1991. Eccesso di potere per carenza di motivazione e difetto di istruttoria.

Censura sostanzialmente riproduttiva della n. 9 del ricorso principale.

9) Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 L. Reg. 30 aprile 1991, n. 10. Eccesso di potere per carenza di motivazione, Illogicità manifesta, abnormità del provvedimento.

Censura sostanzialmente riproduttiva della n. 10 del ricorso principale.

SECONDO RICORSO PER MOTIVI AGGIUNTI.

La Giunta Regionale, disattendendo quanto indicato dall'Assessorato Regionale all'Industria e dagli enti locali, con deliberazione N. 246 dell'8 ottobre 2008 esprimeva il proprio diniego al progetto e ciò, asseritamente, limitandosi a richiamare quanto indicato dalla Soprintendenza.

Presupposto del diniego dell'autorizzazione risulterebbe essere il fatto che l'area interessata dal progetto sarebbe stata "recentemente designata dalla dichiarazione UNESCO 2003 quale Patrimonio dell'Umanità", il che però non corrisponderebbe al vero, posto, per altro, che sulla stessa sarebbero state autorizzate tre discariche, una delle quali oramai dismessa.

Sotto questo profilo dunque la deliberazione della Giunta sarebbe gravemente viziata nei presupposti di fatto.

Inoltre, la Giunta non avrebbe compiuto alcuna valutazione dei diversi interessi, limitandosi a richiamare il fatto che tutti gli altri enti fossero favorevoli, ma che, stante il parere della Soprintendenza, riteneva, senza motivare, di condividere l'orientamento di quest'ultima.

La ricorrente si è affidata sostanzialmente agli stessi motivi di ricorso introdotti con il primo ricorso per motivi aggiunti, aggiungendo la seguente censura:

Eccesso di potere per illegittimità derivata. Carenza di istruttoria e motivazione. Travisamento dei fatti.

Il diniego di autorizzazione espresso dalla Giunta Regionale al progetto della ricorrente si fonderebbe unicamente sul richiamo al parere della Soprintendenza e sulla circostanza, riportata nel parere in oggetto, del fatto che l'area sarebbe a vocazione turistica.

Nessuna autonoma valutazione, istruttoria e motivazione, quindi, sarebbe stata assunta dalla Giunta Regionale, al punto che quali presupposti del provvedimento si richiamano gli stessi asseriti illegittimi presupposti indicati dalla Soprintendenza e segnatamente la pretesa (e non sussistente) dichiarazione dell'area quale patrimonio dell'umanità da parte dell'UNESCO, che, per altro, riguarderebbero singoli monumenti o centri abitati e non interi territori.

Il provvedimento della Giunta sarebbe dunque chiaramente viziato per illegittimità derivata, essendo l'unica motivazione riportata costituita appunto da un richiamo ad un atto illegittimo.

TERZO RICORSO PER MOTIVI AGGIUNTI.

Con ordinanza 20 febbraio 2009, n. 310, questo Tribunale, rilevando dettagliatamente una motivazione incongrua, accoglieva la domanda di sospensione dei provvedimenti impugnati con il ricorso per motivi aggiunti.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, con ordinanza n. 389/2009, respingeva l’appello, sicché tutti gli atti impugnati dalla ricorrente, ivi inclusa la convocazione della terza conferenza dei servizi, il parere della soprintendenza e la delibera della Giunta Regionale sarebbero stati sospesi.

Ciononostante, e pur avendo la società ricorrente invitato l’Assessorato dell’Energia e dei Servizi di Pubblica Utilità (già Assessorato all’Industria) ad emettere il provvedimento conclusivo del procedimento, tale atto non sarebbe stato ancora emesso.

In seguito, l’Assessorato Regionale dei Beni Culturali e dell’identità siciliana, con D.A. n. 1767 del 10 agosto 2010, ha adottato il piano paesaggistico della Provincia di Ragusa, comprendente porzioni degli Ambiti regionali 15, 16 e 17 di cui alla D.A. n. 6080, con il quale sono state approvate le Linee Guida del Piano Territoriale Paesistico Regionale.

Il Piano, cui ha attivamente lavorato la Soprintendenza di Ragusa, ha distinto le aree nella Provincia di Ragusa in quindici paesaggi locali a loro volta suscettibili di tre diversi livelli di tutela. Quanto alle aree con livello di tutela 2) e 3), quali quelle ove è ubicato il progetto della ricorrente (contraddistinte ai numeri 8C, 8D e 8E), e che peraltro corrispondono alla quasi interezza del territorio provinciale, il Piano prevede che gli strumenti urbanistici comunali non possono destinare tali aree a usi diversi da quelli previsti in zona agricola o a parchi urbani e suburbani e si vieta esplicitamente la realizzazione di impianti di produzione di energia da fonte rinnovabile che, invece, in base alle disposizioni nazionali vigenti, asseritamente possono essere localizzati in area agricola.

Il Piano stabilisce espressamente che dette disposizioni sono immediatamente esecutive nelle more della redazione o adeguamento degli strumenti urbanistici comunali.

Inoltre, a ulteriore chiarimento dell’intenzione del Piano di bloccare lo sviluppo degli impianti da fonte rinnovabile, l’art. 40, lett. d), Impianti energetici, dispone che: “La realizzazione di impianti eolici, data la particolare conformazione e il particolare pregio del territorio della provincia di Ragusa dove l’intervisività degli elementi paesaggistici è estremamente elevata, non è consentita sull’intero territorio provinciale”.

In aggiunta, all’art. 49 – Norme transitorie e finali, il Piano adottato ha testualmente previsto che “Le autorizzazioni già rilasciate da parte della Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali per progetti di opere non ancora intraprese alla data di adozione del presente Piano, restano valide per il termine di cinque anni dalla data di rilascio, come previsto dal Regolamento 1347/40 limitatamente alle aree in cui il Piano non preclude la loro realizzazione”.

In sostanza, con il Piano gravato, l’Assessorato regionale non soltanto avrebbe introdotto un generale divieto di realizzazione di nuovi impianti eolici, ma con la disposizione da ultimo richiamata, avrebbe sostanzialmente annullato con effetto retroattivo anche le eventuali autorizzazioni già rilasciate dalla Soprintendenza per progetti di opere non ancora intraprese laddove queste ultime siano ricomprese in aree per le quali il Piano ne precluda oggi la realizzazione (cioè tutte le aree della Provincia di Ragusa).

Avverso detta attività di pianificazione è insorta ulteriormente la ricorrente, affidandosi ai seguenti motivi di gravame:

1) Eccesso di potere per slealtà procedimentale e per sviamento dalla causa del potere esercitato. Violazione e falsa applicazione della direttiva 2001/77/CE e dell'art. 12 del D. Lgs. 387/2003, della L. 241/1990 con particolare riferimento all'art. 14 ter, degli artt. 142 – 143 D. lgs. 22 gennaio 2004, n. 42.

Tali prescrizioni sarebbero affette innanzi tutto da eccesso di potere per slealtà procedimentale, in quanto costituirebbero l’ultimo atto attraverso il quale la Soprintendenza di Ragusa, con l’assenso dell’Assessorato, ed anche della Giunta regionale, avrebbe cercato di impedire la realizzazione di impianti eolici in tutto il territorio provinciale, per altro in contrasto con il D. Lgs. 387/2003, attuativo della Direttiva 2001/77/CE, che avrebbe introdotto nel nostro Paese un regime di favore e di sostegno per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.

2°) Violazione del principio d’irretroattività. Incompetenza.

Come sopra esposto, con l’art. 49 la Regione avrebbe illegittimamente previsto l’applicazione dell’impugnato Piano ai procedimenti amministrativi avviati anteriormente alla sua entrata in vigore e non conclusi.

Siffatta previsione sarebbe palesemente illegittima e lesiva degli interessi anche della ricorrente.

Gli atti amministrativi, anche a contenuto normativo, non sarebbero suscettibili di formare oggetto di "interpretazione autentica" neppure ad opera dello stesso organo che li ha emessi, in quanto soltanto al legislatore competerebbe derogare al principio di irretroattività, il quale resta vulnerato allorché si impone, anche per il passato, di intendere necessariamente in un dato senso una certa disposizione.

3) Violazione e falsa applicazione, sotto diverso profilo, del principio di irretroattività delle leggi ex art. 11 delle disp. prel. C.C., del principio di buon andamento dell’azione amministrativa ex art. 97 Cost. e del canone di ragionevolezza ex art. 3 Cost. Eccesso di potere per ingiustizia manifesta, illogicità ed irragionevolezza. Sviamento.

4°) Violazione e falsa applicazione degli artt. 5 e 6 del D.Lgs. n. 152/2006. Violazione e falsa applicazione della direttiva 2001/42/CE. Violazione e falsa applicazione della D.G.R. 200 del 10/06/2009. Eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, difetto di istruttoria.

L’art. 5, comma 1, lett. a), del D.Lgs. n. 152/2006 definisce la VAS (valutazione ambientale strategica) come la valutazione ambientale di piani e programmi, comprendente lo svolgimento di una verifica di assoggettabilità, l’elaborazione di un rapporto ambientale e la conseguente valutazione del piano o programma.

Tale valutazione è stata introdotta dalla Direttiva 2001/42/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente naturale e sul patrimonio culturale.

Lo Stato italiano ha dato compiuta attuazione alla richiamata Direttiva con il D.lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

Per effetto del citato decreto – ritenuto legittimo anche della Corte Costituzionale (cfr. sent. 22 luglio 2009, n. 225) - sarebbe stata interamente riscritta la parte II del D.Lgs. n. 152/2006 e sarebbe stata dettata una specifica disciplina per la VAS agli artt. 4 e seguenti.

In Sicilia, il D. Lgs. 152/2006 troverebbe piena applicazione, come confermato anche dalla D.G.R. n. 200 del 10 giugno 2009.

La finalità della VAS sarebbe quella di garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente e contribuire all’integrazione di considerazioni ambientali all’atto dell’elaborazione, dell’adozione e dell’approvazione dei piani e programmi che possano avere impatti significativi sull’ambiente, assicurando che gli stessi siano coerenti e contribuiscano alle condizioni per uno sviluppo sostenibile.

L’Autorità procedente (nella specie l’Assessorato regionale), contestualmente al processo di formazione del piano o programma, avvia la valutazione ambientale strategica che comprende: (i) lo svolgimento di una verifica di assoggettabilità; (ii) l’elaborazione del rapporto ambientale, (iii) lo svolgimento di consultazioni; (iv) la valutazione del rapporto ambientale e degli esiti delle consultazioni, (v) la decisione, (vi) l’informazione della decisione, (vi) il monitoraggio.

In sostanza, la VAS costituirebbe per il piano/programma un elemento costruttivo, valutativo, gestionale e di monitoraggio indispensabile, di supporto non solo per l’autorità proponente, ma anche per quella decisoria al fine di definire indirizzi e scelte di pianificazione sostenibile.

Per ognuna delle suddette componenti della valutazione, nel D.Lgs n. 152/2006 sono stabilite le modalità di svolgimento, i contenuti, i soggetti coinvolti.

In particolare, in base all’art. 6, comma 2, del D.Lgs. n. 152/2006, la VAS troverebbe applicazione ai piani e programmi che sono elaborati per la valutazione e gestione della qualità dell’aria ambiente, per i settori agricolo, forestale, pesca, energetico, industriale, trasporti, gestione dei rifiuti e delle acque, telecomunicazioni, turismo, pianificazione territoriale o destinazione dei suoli, e che allo stesso tempo definiscono il quadro di riferimento per l’approvazione, l’autorizzazione, l’area di localizzazione o, comunque, la realizzazione di opere o interventi i cui progetti sono sottoposti a VIA.

Tra i piani e programmi assoggettati a VAS obbligatoria rientrerebbero, pertanto, senza alcun dubbio anche i piani paesaggistici (regionali e provinciali).

Ed, invero, dall’elencazione sopra richiamata non sembrerebbe che l’art. 6, comma 4, del D.Lgs. n. 152/2006 abbia escluso i piani paesaggistici ovvero i piani urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei valori paesaggistici, entrambi denominati: “piani paesaggistici”, come disciplinati dall’art. 135 del D. Lgs. n. 42/2004.

Pertanto, poiché in forza dell’art. 11, comma 5, del D.Lgs. n. 152/2006 “La VAS costituisce per i piani e programmi a cui si applicano le disposizioni del presente decreto, parte integrante del procedimento di adozione ed approvazione” e “I provvedimenti amministrativi di approvazione adottati senza la previa valutazione ambientale strategica, ove prescritta, sono annullabili per violazione di legge”, ne dovrebbe conseguire la fondatezza della prospettata doglianza e il conseguente annullamento, sotto il presente profilo, del piano impugnato.

5) Violazione e falsa applicazione degli artt. 143 e 144 del D.Lgs. n. 42/2004. Violazione e falsa applicazione del D.A. n. 5820/2002. Eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, difetto di istruttoria.

6) Violazione e falsa applicazione dell’art. 144 del D.Lgs. n. 42/2004, sotto diverso profilo. Violazione e falsa applicazione degli artt. 138, 139 e 140 del D.Lgs. n. 42/2004. Violazione e falsa applicazione dell’art. 158 del D.Lgs. n. 42/2004. Violazione e falsa applicazione dell’art. 24 del RD n. 1357/1940.

7) Violazione e falsa applicazione dell’art. 143 del D.Lgs. n. 42/2004 sottodiverso profilo. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, per errore di fatto e per manifesta irragionevolezza.

8) Violazione e falsa applicazione degli artt. 133 e 134. lett. c), del D.Lgs. n. 42/2004. Violazione e falsa applicazione del generale principio dello sviluppo sostenibile. Eccesso di potere per carenza di motivazione, manifesta irragionevolezza ed illogicità.

Con tutti i motivi aggiunti, parte ricorrente ha concluso con la richiesta di risarcimento del danno.

Alla pubblica udienza del 26.5.2011, la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

I. RICORSO PRINCIPALE.

Il ricorso principale è volto a impugnare il diniego della Soprintendenza di Ragusa del 10.8.2007 di rilascio della autorizzazione alla realizzazione di un impianto eolico.

Detto provvedimento è successivo sia all’importante ridimensionamento del progetto originario, oggetto di precedenti negative valutazioni soprintendizie, sia alla Conferenza di servizi costituita ai sensi dell’art. 12 del D.Lgs.vo del 29.12.2003, n. 387, riunitasi in data 22.2.2007 (in assenza della pur regolarmente convocata Soprintendenza ), che, invece, aveva approvato il progetto di che trattasi, tenendo conto del già rilasciato provvedimento di V.I.A., nonché della intervenuta variante allo strumento urbanistico e ritenendo “ in coerenza, con i predetti provvedimenti ininfluenti i pareri negativi della Soprintendenza di Ragusa in precedenza espressi”.

Con nota prot. n. 11546 del 12.3.2007, il verbale della detta conferenza di servizi è stato trasmesso dall’Assessorato Regionale Industria, Dipartimento Regionale Industria, Servizio II, a tutte le Amministrazioni invitate, ivi compresa la Soprintendenza di Ragusa, con invito a produrre eventuali osservazioni nel termine di dieci giorni, decorsi i quali l’accoglimento della domanda di impianto eolico sarebbe stato ritenuto definitivamente approvato.

Asserisce parte ricorrente, e la Difesa erariale non smentisce, che la Soprintendenza non avrebbe esitato il detto invito assessorile, sicché il provvedimento di approvazione del progetto sarebbe diventato definitivo.

Ciò posto, il Collegio ritiene di dover esaminare con precedenza, in quanto assorbente, la censura rubricata al n. 6 del ricorso, secondo la quale l’atto impugnato sarebbe stato posto in violazione e falsa applicazione della direttiva 2001/77/CE e dell'art. 12 del D. Lgs. 387/2003 e della L. 241/1990, nonché da Organo incompetente.

Già con l’Ordinanza cautelare del 24.1.2008, questo stesso Tribunale aveva ritenuto che “il provvedimento finale è di competenza di Organo diverso dalla Soprintendenza BB.CC.AA.”, rinviando espressamente ad un precedente della medesima Prima Sezione (sent. 12 luglio 2007, n. 1227).

La detta decisione veniva confermata con Ordinanza n. 223/08 dal Giudice di seconde cure, secondo il quale <<ai sensi del comma 3 dell'art. 12 del D. Lgs. n. 387 del 2003 la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili,…, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o altro soggetto istituzionale delegato dalla regione, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico. A tal fine la Conferenza dei servizi è convocata dalla regione entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di autorizzazione… Pertanto i pareri, nulla osta e assensi di tutte le amministrazioni interessate, devono essere espressi in sede di conferenza di servizi, che è la sede esclusiva di coordinamento dei vari interessi pubblici, rilevanti per l'autorizzazione unica finale>>.

La questione è stata successivamente affrontata da questa stessa Sezione (cfr. T.A.R. Catania, I, 15 dicembre 2010, n. 4728), che ha avuto modo di esaminare un caso sostanzialmente sovrapponibile a quello oggetto del ricorso principale.

Con sentenza resa, per altro, in forma semplificata, questo Tribunale, proprio in tema di procedimento di cui all'art. 12 d.lgs.vo n. 387/03, ha così stabilito:

<< Ritenuto, in altri termini, che "l'autorizzazione per la costruzione e l'esercizio degli impianti eolici è rilasciata a seguito di un procedimento unico, in cui tutte le amministrazioni interessate adottano le proprie determinazioni ai fini della valutazione di impatto ambientale, in sede di conferenza di servizi, con conseguente illegittimità, per incompetenza assoluta, del parere di compatibilità paesaggistica espresso dalla Soprintendenza per i beni archeologici al di fuori di detta sede" (cfr. Tar Palermo, I, 20.1.2010, n. 578);

Ritenuto, "in particolare, che per quanto, astrattamente, il potere in questione (i.e. parere sulla compatibilità paesaggistica) spetti alla Soprintendenza, lo stesso deve necessariamente essere esercitato all'interno della procedura succitata, in quanto al di fuori della stessa il potere non compete assolutamente a tale autorità, la quale si comporta, pertanto, alla stregua di un'autorità amministrativa priva di potere in materia (per tutte C.G.A., sez. giur., 9 dicembre 2008, n. 1005 e TAR Palermo, 578/10 ult. cit.);

Ritenuto, pertanto, che, in ogni caso, il parere revocato, quale superfluo atto endoprocedimentale, va trasfuso nell'atto definitivo, da adottarsi ai sensi della norma appena richiamata a cura della detta conferenza dei servizi, unico organo competente a definire la procedura per cui è causa>>.

La Giurisprudenza si è ormai attestata sui detti principi.

Ed invero (cfr. Consiglio di stato, sez. V, 26 febbraio 2010 , n. 1139), <<i principi fondamentali in materia si ricavano dalla legislazione statale e, attualmente, dal decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità).

L'art. 12, comma 3, prevede che "La costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti dalla normativa vigente, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o altro soggetto istituzionale delegato dalla regione, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico".

Il successivo comma 4 prevede che "L'autorizzazione di cui al comma 3 è rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano tutte le Amministrazioni interessate, svolto nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalità stabilite dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e integrazioni. [...] Il termine massimo per la conclusione del procedimento di cui al presente comma non può comunque essere superiore a centottanta giorni">>.

Quindi, conclusivamente, la Soprintendenza non aveva, e non ha, alcun potere di incidere, al di fuori del procedimento previsto per l’autorizzazione di un impianto eolico, e disciplinato dal d.lgs. 387 del 2003, che (cfr. T.A.R. Sardegna Cagliari, sez. I, 08 aprile 2011, n. 327) <<è stato varato in ossequio a precisi impegni internazionali e comunitari, ed è ispirato a principi di semplificazione e accelerazione delle procedure finalizzate alla realizzazione e gestione degli impianti di energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili e, segnatamente, da fonte eolica.

In particolare, l'art. 12, rende palese l'intento del legislatore di favorire le iniziative volte alla realizzazione degli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, semplificando il relativo procedimento autorizzativo e concentrando l'apporto valutativo di tutte le Amministrazioni interessate nella conferenza dei servizi ai fini del rilascio di una autorizzazione unica. All'art. 12 del d.lgs. n. 387/2003 va quindi riconosciuto valore di principio fondamentale, ai sensi e per gli effetti dell'art. 117, comma 3, Cost., vincolante per le Regioni nella materia di legislazione concorrente di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia, cui è da ascrivere la realizzazione e gestione degli impianti di energia da fonte eolica (cfr. Cons. Stato Sez. VI, 22.02.2010, n. 1020) >>.

Per altro, l’ultimo progetto della ricorrente è stato acquisito dall’Assessorato Industria il 31.1.2007, mentre il provvedimento impugnato è stato emesso il 10.8.2007, oltre il termine di centottanta giorni previsto dal comma 4 dell’art. 12 in esame, per l’adozione dell’atto conclusivo del procedimento, evidentemente conclusosi con l’assenso definitivo.

Consegue, assorbiti gli ulteriori motivi di gravame, la fondatezza del ricorso.

II. PRIMO E SECONDO RICORSO PER MOTIVI AGGIUNTI.

II.a. Con il primo dei ricorsi in esame, parte ricorrente ha impugnato la determinazione prot. n. 26070 del 30 giugno 2008 emessa dall'Assessorato Regionale Industria, Dipartimento Regionale Industria, Servizio II - Risorse Minerarie ed Energetiche, con la quale, all’esito della decisione cautelare del CGA n. 223/08, è stata disposta la "convocazione della terza seduta di Conferenza dei Servizi ai sensi dell'art. 12 del D. Lgs. 387 del 29.12.2003” e, quindi, la riedizione del procedimento di valutazione del progetto.

Con il successivo gravame, si è doluta della consequenziale deliberazione della Giunta regionale n. 246 dell'8 ottobre 2008, con la quale, è stato denegato l’assenso al progetto.

In particolare, il primo dei due provvedimenti, pur riconoscendo la fattibilità e l’assentibilità della richiesta progettuale di parte ricorrente, ha ritenuto di dover rinviare la decisione alla Giunta Regionale, in ossequio, così come emerge chiaramente nella nota prot. n. 31998 del 7.8.2008 dell’Assessorato Regionale Industria di invio degli atti, a quanto disposto dall’art. 14 quater della l. 241/90.

L’iter del ragionamento seguito dall’Assessorato Regionale Industria Amministrazione è ivi ben rappresentato e può essere sintetizzato nella necessità di adottare una decisione amministrativa preceduta da una ponderazione degli interessi confliggenti, non meramente privati, ma consistenti, per un verso, nella tutela all’armonico sviluppo territoriale, dall’altro, in quella della salubrità dell’ambiente, della salute e dello sviluppo economico, assicurabili mediante il ricorso a fonti di produzione di energia “pulita”, quale quella garantita dagli impianti eolici.

Ritiene il Collegio che, coerentemente con quanto affermato nel ricorso principale, debbano essere valorizzate le censure espresse con i primi motivi di gravame, che incentrano le doglianze sulla violazione dell’art. 14 quater della l.n. 241/90.

Premette il Collegio che la norma trova diretta applicazione in Sicilia, anche a fronte, prima della novella apportata dalla recente L.R. 5 aprile 2011 n. 5 (che, modificando l’art. 15 dell’originaria l.r. 10/91, ha operato un espresso rinvio agli art. 14, 14 bis, 14 ter e 14 quater della l.n. 241/90), della specifica disciplina di cui al predetto art. 15 l.r. 10/91, posto che, come premesso, tutta la disciplina di autorizzazione alla installazione di impianti eolici è regolata dall’art. 12 del D.lgs.vo 29/12/2003 n. 387 che, in quanto espressione di disposizione comunitaria, sopravanza rispetto alla disciplina regionale, rinviando tout court alla disciplina di semplificazione della l.n. 241/90 e prevedendo, comunque, che il procedimento debba concludersi entro centottanta giorni.

Ciò chiarito, il Collegio rileva che la norma in esame reca, in maniera significativa, quale titolo la dicitura “Effetti del dissenso espresso nella conferenza di servizi”, sicché ogni valutazione contrastante con quanto ritenuto dalla maggioranza è prevista nell’alveo della procedura unica della conferenza medesima.

Ed invero, coerentemente, il comma 1 della norma in esame, prima della comunque ininfluente nel caso in esame modifica contenuta nell’art. articolo 49, comma 3, lettera a) del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito in legge 30 luglio 2010, n. 122, così recita:

“1. Il dissenso di uno o più rappresentanti delle amministrazioni, regolarmente convocate alla

conferenza di servizi, a pena di inammissibilità, deve essere manifestato nella conferenza di

servizi, deve essere congruamente motivato, non può riferirsi a questioni connesse che non

costituiscono oggetto della conferenza medesima e deve recare le specifiche indicazioni delle

modifiche progettuali necessarie ai fini dell'assenso”.

Il comma 3, stabiliva , all’epoca dell’adozione del provvedimento, che “se il motivato dissenso è espresso da un'amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità, la decisione è rimessa dall'amministrazione procedente, entro dieci giorni” a vari Organi, a seconda della provenienza del dissenso.

In Sicilia, può ritenersi, per effetto del comma 3-quinquies dell’art. 14 quater, che fa salve le attribuzioni e le prerogative (non la procedura) riconosciute alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano dagli statuti speciali di autonomia e

dalle relative norme di attuazione, legittimo il rinvio alla Giunta Comunale per la decisione, ciò, però, si ribadisce, solo nell’ipotesi di dissenso manifestato nei termini ristretti dell’art. 12 del D.lgs.vo 29/12/2003 n. 387, ormai consumatisi.

Una diversa interpretazione snaturerebbe la finalità acceleratoria della disciplina contenuta in detta ultima norma, che, quindi, richiede che il parere soprintendizio venga rimesso, in effetti, all’interno della conferenza dei servizi, o che, comunque, venga emesso in tempo utile per consentire il completamento del procedimento nei centottanta giorni.

La riedizione della procedura, quindi, non ha tenuto in debito conto, per un verso, della perentorietà di detto termine, per un altro, che l’eventuale rinnovo del procedimento richiede, così come rettamente eccepito, l’adozione di tutti gli accorgimenti tipici dell’esercizio dell’autotutela, quali un’adeguata e permeante motivazione e un puntuale carico istruttorio, invero ambedue non adeguatamente formalizzati.

Discende la fondatezza anche di detto ultimo ricorso, fatti salvi gli ulteriori motivati provvedimenti posti in autotutela.

II.b. Deriverebbe l’inutilità di affrontare la fondatezza del successivo ricorso per motivi aggiunti, volto ad impugnare il provvedimento di diniego adottato dalla Giunta regionale, interpellata quale Organo deputato a dirimere il conflitto tra il parere della Conferenza e quello della Conferenza di servizi.

Ritiene, però, il Collegio di dover trattare in parte il gravame, proprio al fine di consentire un eventuale riesercizio del potere in maniera ponderata.

Fondamentalmente il provvedimento così motiva: “considerato che l’area di intervento pur non ricadendo tra quelle sottoposte a vincolo, si riserva nei punti più alti di un complesso geomorfologico ove l’intervisibilità con tutto il territorio costituente il paesaggio dell’altipiano ibleo risulta particolarmente marcata e che un contesto di simile pregio assurge a risorsa essenziale per uno sviluppo basato su modelli di turismo culturale e valorizzazione dell’identità locale e, pertanto, la scelta di investire sullo sviluppo turistico appare più in linea con le esigenze del territorio rispetto a quelle perseguite per la realizzazione del parco eolico in questione; considerato che, nel ponderare i diversi interessi tutti di indubbio rilievo, potenzialmente configgenti, si ritiene di riconoscere nel caso di specie prevalente l’interesse alla tutela del paesaggio, condividendo in proposito l’orientamento della Sovrintendenza di Ragusa”

La motivazione, invero, seppure apparentemente articolata, appare priva della concreta ponderazione di tutti gli interessi confliggenti, ivi compresi quelli delle realtà locali, che, a mezzo dei Comuni interessati, come premesso, hanno anche svolto intervento ad adiuvandum.

Con questo, coerentemente con i principi generali in tema di sindacato sull’attività discrezionale dell’Amministrazione, non si vuol dire che la Regione non possa, proprio in sede di composizione di tutti gli interessi confliggenti, esprimersi in senso contrario alla realizzazione dell’impianto, ma che la motivazione deve essere concretamente orientata a considerare gli opposti orientamenti, tenendo in debita considerazione la realtà effettiva dei luoghi in questione e, soprattutto, dell’apporto collaborativo degli enti locali interessati.

E ciò ancor di più ove si consideri che, in buona sostanza, la Giunta avrebbe dovuto determinarsi in sede di riedizione del potere e che nell’istruttoria pregressa, eccezion fatta per il parere soprintendizio, tutti gli altri attori della conferenza di servizi e tutti i precedenti provvedimenti, compreso quello “a suo tempo rilasciato dall’A.R.T.A. – Dip. Urbanistica, nonché di quello a suo tempo rilasciato dall’ARTA – Servizio VIA –VAS” (cfr. provvedimento prot. n. 31998/08 dell’Assessorato Regionale Industria, pag. 3), erano orientati per l’accoglimento del progetto de quo.

Non può, quindi, non ribadirsi quanto già affermato in sede cautelare, con Ordinanza 20.2.2009, n. 310, vale a dire che “l’Amministrazione regionale, cui compete la valutazione da ultimo impugnata con i motivi aggiunti, deve tenere conto della complessiva istruttoria e, quindi, anche del numero esiguo dei terminali eolici, degli interessi locali manifestati dai Comuni, nonché della circostanza che la costante valorizzazione delle bellezze d’insieme (non supportata, ad esempio, da una progettualità svolta allo sfruttamento ai fini turistici) impedirebbe pressoché costantemente in Sicilia l’allocazione degli impianti in questione” e, quindi, che “la ponderazione degli interessi contrastanti non può risolversi in una mera petizione di principio (tenuto conto anche dell’attuale sfruttamento del territorio circostante, finalizzato a fini certamente diversi da quelli turistici), ma deve concludersi con una adeguata esternazione della motivazione relativa alle scelte operate.

Consegue, anche per detto ricorso, l’accoglimento, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione adeguatamente motivati e ponderati.

III. TERZO RICORSO PER MOTIVI AGGIUNTI.

L’Assessorato Regionale dei Beni Culturali e dell’identità siciliana, con D.A. n. 1767 del 10 agosto 2010, ha adottato il piano paesaggistico della Provincia di Ragusa, comprendente porzioni degli Ambiti regionali 15, 16 e 17 di cui alla D.A. n. 6080, con il quale sono state approvate le Linee Guida del Piano Territoriale Paesistico Regionale.

Il Piano ha distinto le aree nella Provincia di Ragusa in quindici paesaggi locali a loro volta suscettibili di tre diversi livelli di tutela.

Quanto alle aree con livello di tutela 2) e 3), quali quelle ove è ubicato il progetto della ricorrente (contraddistinte ai numeri 8C, 8D e 8E), e che peraltro corrispondono alla quasi interezza del territorio provinciale, il Piano prevede che gli strumenti urbanistici comunali non possono destinare tali aree a usi diversi da quelli previsti in zona agricola o a parchi urbani e suburbani e si vieta esplicitamente la realizzazione di impianti di produzione di energia da fonte rinnovabile che, invece, in base alle disposizioni nazionali vigenti, asseritamente possono essere localizzati in area agricola.

Il Piano stabilisce espressamente che dette disposizioni sono immediatamente esecutive nelle more della redazione o adeguamento degli strumenti urbanistici comunali.

Inoltre, l’art. 40, lett. d), Impianti energetici, dispone che: “La realizzazione di impianti eolici, data la particolare conformazione e il particolare pregio del territorio della provincia di Ragusa dove l’intervisività degli elementi paesaggistici è estremamente elevata, non è consentita sull’intero territorio provinciale”.

In aggiunta, all’art. 49 – Norme transitorie e finali, il Piano adottato ha testualmente previsto che “Le autorizzazioni già rilasciate da parte della Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali per progetti di opere non ancora intraprese alla data di adozione del presente Piano, restano valide per il termine di cinque anni dalla data di rilascio, come previsto dal Regolamento 1347/40 limitatamente alle aree in cui il Piano non preclude la loro realizzazione”.

In sostanza, con il Piano gravato, l’Assessorato regionale ha introdotto un generale divieto di realizzazione di nuovi impianti eolici e, con la disposizione da ultimo richiamata, ha sostanzialmente annullato con effetto retroattivo anche le eventuali autorizzazioni già rilasciate dalla Soprintendenza per progetti di opere non ancora intraprese laddove queste ultime siano ricomprese in aree per le quali il Piano ne precluda oggi la realizzazione (cioè tutte le aree della Provincia di Ragusa).

Anche avverso detto provvedimento, parte ricorrente ha presentato ricorso per motivi aggiunti.

Con il quarto motivo di gravame, ha sostenuto che tra i piani e programmi assoggettati a VAS obbligatoria rientrerebbero anche i piani paesaggistici (regionali e provinciali).

Ciò posto, poiché in forza dell’art. 11, comma 5, del D.Lgs. n. 152/2006 “La VAS costituisce per i piani e programmi a cui si applicano le disposizioni del presente decreto, parte integrante del procedimento di adozione ed approvazione” e “I provvedimenti amministrativi di approvazione adottati senza la previa valutazione ambientale strategica, ove prescritta, sono annullabili per violazione di legge”, ne conseguirebbe l’annullabilità del piano impugnato.

La censura è fondata.

Questa stessa Sezione (cfr. T.A.R. Catania, I, 1.9.2011, 2146), con decisione pubblicata in corso di redazione della presente sentenza, ha già annullato l’impugnato Piano paesaggistico della Provincia di Ragusa, comprendente porzioni degli Ambiti regionali 15, 16 e 17, con argomentazioni che il Collegio avrebbe comunque fatte proprie.

Vale la pena ripercorrere l’iter argomentativo espresso nella detta decisione, che affronta anche il tema della insufficiente motivazione del provvedimento impugnato, oggetto di ulteriori specifiche censure della ricorrente.

<<Per una migliore comprensione della vicenda appare opportuno premettere brevi cenni sulla normativa in materia e sul procedimento di adozione del piano adottato.

Con il D. L. 27 giugno 1985, n. 312, convertito in L. 8 agosto 1985, n. 431, sono state dettate "disposizioni per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale".

In particolare, l'art. 1-bis ha attribuito alle Regioni il potere di sottoporre a specifica normativa d'uso e di valorizzazione ambientale il relativo territorio mediante la redazione di piani paesistici o di piani urbanistico - territoriali con specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali.

Tale norma è stata abrogata dall’art. 166 del D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, per cui la pianificazione paesaggistica è oggi disciplinata dal D.Lgs. 42/2004. In particolare, l’art. 135 dispone che “1. Lo Stato e le regioni assicurano che tutto il territorio sia adeguatamente conosciuto, salvaguardato, pianificato e gestito in ragione dei differenti valori espressi dai diversi contesti che lo costituiscono. A tale fine le regioni sottopongono a specifica normativa d'uso il territorio mediante piani paesaggistici, ovvero piani urbanistico - territoriali con specifica considerazione dei valori paesaggistici, entrambi di seguito denominati: "piani paesaggistici"…., mentre la disciplina relativa all’elaborazione del piano alle forme di partecipazione e di pubblicità è contenuta negli artt. 143 e 144; infine, ai sensi dell’art. 14, lett. n, dello Statuto della Regione Siciliana, la competenza della pianificazione paesistica è attribuita all’Assessorato Regionale Beni Culturali ed Ambientali.

2. Fatta questa premessa va rilevata l’infondatezza delle censure riguardanti la presunta illogicità delle scelte di piano sotto il profilo dell’eccessiva estensione delle zone soggette a tutela. Invero, le finalità del piano (stabilizzazione del contesto ambientale ibleo mediante la difesa del suolo e della biodiversità, soprattutto dove esistono particolari situazioni di rischio e di criticità; valorizzazione dell’identità e della peculiarità del paesaggio ibleo, sia nel suo insieme unitario sia nelle sue diverse specifiche configurazioni; miglioramento della fruibilità sociale del patrimonio ambientale ibleo) e le azioni previste per il perseguimento di tali obiettivi ( tra cui: il sostegno e la rivalutazione dell’agricoltura tradizionale locale; la gestione controllata delle coltivazioni in ambiente protetto, delle attività di pascolo e dei processi di abbandono agricolo; la promozione dell’inserimento di elementi di biodiversità; la gestione oculata del suolo e delle risorse idriche;la riduzione di emissioni di gas serra ) smentiscono l'illogicità o l'irragionevolezza compiuta dall'Amministrazione, mentre le censure della parte ricorrente sembrano piuttosto tese a sollecitare un sindacato sulle scelte di merito, volto a sostituire alle attendibili valutazioni compiute dall'Amministrazione una diversa - e inammissibile - valutazione compiuta in sede giurisdizionale.

3. Devono adesso essere esaminati i motivi di ricorso concernente l’omessa sottoposizione a valutazione ambientale strategia del piano impugnato.

Sul punto, l’amministrazione regionale sostiene che il piano non andava sottoposto alla valutazione ambientale strategica, trattandosi non di un piano urbanistico – territoriale (che quindi prende in considerazione le linee di sviluppo urbanistico del territorio e le linee economiche di sviluppo), ma di un piano paesaggistico in senso stretto, limitato alla tutela conservativa dei valori del paesaggio; le associazioni ambientaliste intervenute nel giudizio, da parte loro, sostengono che il piano non andava comunque sottoposto a V.A.S. non avendo alcun impatto sull’ambiente ed essendo stato, invece, elaborato proprio per garantire elevati livelli di protezione dell’ambiente. Entrambi gli assunti sono infondati.

La Valutazione Ambientale Strategica, introdotta dalla Direttiva 2001/42/CE, è la valutazione delle conseguenze ambientali di piani e programmi, finalizzata all’assunzione - attraverso la valutazione di tutte le possibili alternative pianificatorie - di determinazioni integrate e sistematiche di considerazioni di carattere ambientale, territoriale, sociale ed economico. La V.A.S. si realizza in fase di elaborazione del piano mediante la redazione di un rapporto ambientale che deve considerare lo stato dell’ambiente attuale del territorio interessato e le sue alterazioni in presenza e non del provvedimento da valutare, confrontato anche con possibili alternative strategiche, localizzative e tecnologiche. L’art. 5 del D.Lgs. 152/2006 recante le definizioni rilevanti ai fini dell’applicazione del codice dell’ambiente afferma che “si intende per (…) piani e programmi: gli atti e provvedimenti di pianificazione e di programmazione, comunque denominati, compresi quelli cofinanziati dalla Comunità' europea, nonché le loro modifiche “( comma 1°, lettera e); il successivo art. 6 dispone: “1. La valutazione ambientale strategica riguarda i piani e i programmi che possono avere impatti significativi sull'ambiente e sul patrimonio culturale. 2. Fatto salvo quanto disposto al comma 3, viene effettuata una valutazione per tutti i piani e i programmi: a) che sono elaborati per la valutazione e gestione della qualità dell'aria ambiente, (…), della pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli (…”); il comma 4°, inoltre, elenca espressamente i piani e programmi esclusi dal campo di applicazione delle norme del codice dell’ambiente (e quindi anche della V.A.S.), e tra questi non rientrano i piani paesaggistici: il solo dato letterale sarebbe quindi già sufficiente per ritenere il piano in questione sottoposto a V.A.S. E’, in ogni caso determinante la circostanza che la valutazione ambientale strategica, quale strumento di tutela dell’ambiente, va effettuata in tutti i casi in cui i piani abbiano “impatti significativi sull'ambiente e sul patrimonio culturale”. Invero, contrariamente a quanto sostenuto dalle associazioni ambientaliste, “l’impatto significativo” non è quello caratterizzato da connotazioni negative in termini di alterazioni delle valenze ambientali, ma è quello ricavabile dalla definizione di impatto ambientale contenuto alla lette c) del’art. 5 citato quale “ alterazione qualitativa e/o quantitativa, diretta ed indiretta, a breve e a lungo termine, permanente e temporanea, singola e cumulativa, POSITIVA e negativa dell'ambiente, inteso come sistema di relazioni fra i fattori antropici, naturalistici, (…)”, per cui la valutazione ambientale strategica va eseguita in tutti i casi di interazione (anche positiva) tra l’attività pianificatoria e le componenti ambientali. Del resto, la V.A.S. è solo uno strumento rispetto al fine che è la sostenibilità ambientale delle scelte contenute negli atti di pianificazione ed indirizzo che guidano la trasformazione del territorio. In particolare la valutazione di tipo strategico si propone di verificare che gli obiettivi individuati nei piani siano coerenti con quelli propri dello sviluppo sostenibile, e che le azioni previste nella struttura degli stessi siano idonee al loro raggiungimento. Pertanto, a prescindere dalla qualificazione dell’atto di pianificazione in termini di piano urbanistico-territoriale o di piano paesaggistico, esso va comunque previamente assoggettato a valutazione ambientale strategica. Infine, la tesi difensiva sostenuta dall’amministrazione regionale secondo la quale il piano in questione non determina alcun impatto significativo sull’ambiente e sul patrimonio culturale essendo “preordinato a dettare un quadro conoscitivo e una normativa di riferimento per l’attività di tutela, eminentemente conservativa de valori paesaggistici, non appare condivisibile alla luce di un provvedimento che è invece imperniato sulla “rivisitazione critica del rapporto tra pianificazione paesistica e governo del territorio”, sul parziale superamento della concezione solo conservativa del paesaggio e sul riconoscimento del paesaggio come risorsa per lo sviluppo (cfr. relazione generale e relazioni tematiche allegate al piano). Peraltro, ammettere che un piano preordinato alla tutela e allo sviluppo dei valori dell’ambiente del paesaggio (e che quindi necessariamente impone forme di tutela che incidono sull’assetto del territorio) non debba essere preceduto dalla verifica ambientale finirebbe per vanificare la finalità della disciplina sulla V.A.S. e di conseguenza di pregiudicare la corretta applicazione delle norme comunitarie, frustrando così gli scopi perseguiti dalla Comunità Europea con la direttiva 2001/42/CE, come quello di salvaguardia e promozione dello "sviluppo sostenibile", espressamente enunciato all'art. 1 della direttiva.

Per le ragioni che precedono e in applicazione della disposizione dell’art. 11, comma 5° del D.Lgs. 152/2006 (“ La VAS costituisce per i piani e programmi a cui si applicano le disposizioni del presente decreto, parte integrante del procedimento di adozione ed approvazione. I provvedimenti amministrativi di approvazione adottati senza la previa valutazione ambientale strategica, ove prescritta, sono annullabili per violazione di legge”), l’omessa preventiva sottoposizione a V.A.S. del piano paesaggistico rende illegittimo il provvedimento di adozione impugnato con il ricorso in esame.

4. Rileva, infine, il Collegio che l' accoglimento delle censure relative all’omessa attivazione della procedura V.A.S. hanno carattere assorbente rispetto agli altri vizi denunciati nel ricorso, anche quelli concernenti il mancato rispetto delle forme di concertazione e delle garanzie partecipative, che troveranno confronto e composizione all’interno della procedura V.A.S., in conformità a quanto disposto dall’art. 14 del D.Lgs. 152/2006 che oltre a garantire a “chiunque” di prendere visione della proposta di piano o programma e del relativo rapporto ambientale e di presentare proprie osservazioni, anche fornendo nuovi o ulteriori elementi conoscitivi e valutativi, afferma che “ In attuazione dei principi di economicità e di semplificazione, le procedure di deposito, pubblicità e partecipazione, eventualmente previste dalle vigenti disposizioni anche regionali per specifici piani e programmi, si coordinano con quelle di cui al presente articolo, in modo da evitare duplicazioni ed assicurare il rispetto dei termini previsti dal comma 3 del presente articolo e dal comma 1 dell'articolo 15. Tali forme di pubblicità tengono luogo delle comunicazioni di cui all'articolo 7 ed ai commi 3 e 4 dell'articolo 8 della legge 7 agosto 1990 n. 241” >>.

5. In conclusione, anche detto ultimo ricorso è fondato e va accolto, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato, salvi gli ulteriori provvedimenti che l’amministrazione dovrà adottare in seguito al riavvio del procedimento di pianificazione, previa acquisizione della valutazione ambientale strategica e nel rispetto delle forme di pubblicità e delle garanzie partecipative dettate dalle norme comunitarie (art. 6 della direttive 2001/42/CE), e che dovranno essere improntate al principio di leale collaborazione anche al fine di garantire il rispetto dei termini del procedimento ed evitare inammissibili iniziative dilatorie in un settore particolarmente sensibile quale quello della tutela ambientale e paesaggistica .

IV. Risarcimento del danno.

Con domanda introdotta con i primi due motivi aggiunti, parte ricorrente ha concluso per il riconoscimento dei danni derivanti dalla attività amministrativa ritenuta illegittima.

A tal fine ha asserito che “i provvedimenti impugnati determinano ingenti danni all'impresa ricorrente, sia in relazione a tutti gli investimenti già effettuati, sia anche alle spese legali che l'impresa ricorrente ha affrontato e sta affrontando nelle più disparate sedi, extragiudiziali e giudiziali, a causa -diretta ed indiretta- dei comportamenti, degli atti e dell'inerzia della Soprintendenza di Ragusa e dell'Assessorato Industria.

A tale specifico riguardo, il danno che la S.E.S. subirebbe in conseguenza dei provvedimenti impugnati, sarebbe pari a circa quaranta milioni di Euro (ossia il valore del progetto), parte dei quali, nell'ammontare di circa 5.700.000 Euro, sono stati già investiti dalla società.

Si considerino poi i rilevanti investimenti ulteriori che la S.E.S. dovrebbe attuare a seguito del rilascio dell'autorizzazione, investimenti tutti che, unitamente agli importi per le royalties, andrebbero a vantaggio della collettività locale. Si consideri al riguardo che l'importo stimato per la realizzazione delle opere civili è pari a circa 25 milioni di Euro e che è altresì prevista l'assunzione, a livello locale, di numeroso personale per la costruzione e conduzione dell'impianto.

Ci si riserva nel proseguo del ricorso di quantificare tutti gli elementi di danno subiti e subendi”.

Sotto il profilo probatorio, parte ricorrente il 17.12.2010 ha depositato una serie di “documenti relativi alla richiesta di risarcimento del danno di cui al primo e al secondo ricorso per motivi aggiunti”.

Solo con memoria depositata il 27.12.2010, non notificata alle controparti, parte ricorrente ha provato a qualificare nel dettaglio gli stessi danni.

Premette il Collegio che l’accoglimento dei ricorsi in esame rinviano, comunque, alla possibile riedizione del potere amministrativo.

Consegue che il risarcimento per le voci attinenti al valore del progetto, quantificato in quaranta milioni, debba essere valutato all’esito del riesercizio del potere.

Ed invero (cfr. T.A.R. Catania, I, 14 aprile 2011, n. 927), <<in tema di risarcimento del danno, incombe sul richiedente l'onere di provare la sussistenza di tutti i requisiti per il conseguimento del bene della vita, mancando i quali, non può dirsi sussistere l'obbligo amministrativo di consentirne il raggiungimento.

L'impostazione appare del tutto in linea con la consolidata giurisprudenza anche di questo Tribunale, a mente della quale (cfr. Consiglio di stato, sez. V, 08 febbraio 2011, n. 854), “la domanda di risarcimento dei danni è regolata dal principio dell'onere della prova di cui all'art. 2697 c.c., sicché grava sul danneggiato l'onere di provare, ai sensi del citato articolo, tutti gli elementi costitutivi della domanda di risarcimento del danno per fatto illecito (danno, nesso causale e colpa).

Il risarcimento del danno non è quindi una conseguenza automatica e costante dell'annullamento giurisdizionale, richiedendo la positiva verifica, oltre che della lesione della situazione soggettiva di interesse tutelata dall'ordinamento, della sussistenza della colpa o del dolo dell'Amministrazione e del nesso causale tra l'illecito e il danno subito.

Il risarcimento del danno conseguente a lesione di interesse legittimo pretensivo è subordinato, pur in presenza di tutti i requisiti dell'illecito (condotta, colpa, nesso di causalità, evento dannoso), alla dimostrazione, secondo un giudizio di prognosi formulato ex ante, che l'aspirazione al provvedimento fosse destinata nel caso di specie ad esito favorevole, quindi alla dimostrazione, ancorché fondata con il ricorso a presunzioni, della spettanza definitiva del bene collegato a tale interesse, ma siffatto giudizio prognostico non può essere consentito allorché detta spettanza sia caratterizzata da consistenti margini di aleatorietà (Consiglio Stato, sez. V, 15 settembre 2010, n. 6797).

Deve quindi escludersi che l'annullamento di un atto illegittimo per difetto di motivazione possa ex se comportare il diritto al risarcimento dei danni subiti, in quanto tale vizio non esclude (ma, anzi, consente) il riesercizio del potere, con la conseguenza che la domanda di risarcimento non può essere valutata che all'esito nel nuovo eventuale esercizio del potere>>.

Appare quasi del tutto superfluo sottolineare che il riesercizio del potere, in questi casi, si ricollega ad un margine di discrezionalità “forte”, sicché l’aleatorietà del risultato è del tutto evidente.

Va accolta, invece, la domanda di risarcimento derivante dai danni conseguenti a tutte le spese già effettuate, fatta eccezione per quelle legali che trovano diversa forma di ristoro, in quanto dipendenti dalla conferenza di servizi positiva del 22.2.2007, poiché dalla stessa e, più precisamente, dal decorso del termine di centottanta giorni dalla domanda di autorizzazione, si è determinato un legittimo affidamento della ricorrente circa la legittimità del proprio operato.

I detti danni vanno riconosciuti solo in quanto risultino adeguatamente supportati dalla produzione documentale versata in atti dalla ricorrente, segnatamente con il deposito del dicembre 2010.

Gli stessi, conclusivamente, consistono nelle spese affrontate in dipendenza del progetto in esame e in quelle decorrenti dal centottantesimo giorno dalla domanda esitata con la predetta conferenza di servizi, in quanto dal predetto termine si ritiene debba considerarsi stabilizzato il diritto e, quindi, le legittime aspettative della ricorrente all’intervenuto rilascio del titolo.

Vanno escluse tutte le spese eventualmente sostenute nei periodi successivi alla adozione dei provvedimenti impugnati sino alla definizione cautelare favorevole, in quanto, ai sensi del comma 3 dell’art. 31 c.p.a., va valutata da parte di questo giudicante come necessario, in termini di inevitabile prudenza, il mancato assolvimento di spese nella incertezza procedurale.

Vanno escluse tutte le spese che riguardano l’ordinaria gestione della società.

A tal fine, per economia di giudizio, ritiene il Collegio di non disporre, allo stato, ctu volta a chiarire il contenuto del deposito documentale sopra descritto, potendo procedere alla condanna delle Amministrazioni regionali intimate, in solido, al pagamento della somma da determinarsi seguendo i criteri appena descritti, secondo le regole trasfuse al comma 4 dell’art. 34 c.p.a., disponendo che l’accordo ivi previsto debba concludersi entro centottanta giorni dalla notifica della presente decisione, previa proposta da parte delle Amministrazioni da inoltrare alla ricorrente entro e non oltre novanta giorni decorrenti dal predetto termine, con l’avvertenza che, in mancanza, sarà possibile procedere secondo i dettami della citata disposizione normativa.

V. Conclusivamente il ricorso va accolto e per l’effetto vanno annullati i provvedimenti impugnati, fatta salva l’ulteriore attività amministrativa, secondo le regole stabilite nella presente decisione.

Va disposta la condanna delle amministrazioni regionali intimate al risarcimento del danno nei limiti di cui sub IV e secondo le regole di cui al comma 4 dell’art. 34.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando, così dispone:

1) accoglie il ricorso e i ricorsi per motivi aggiunti, onerando le Amministrazioni regionali a ripronunziarsi secondo le regole trasfuse nella parte motiva;

2) accoglie in parte la domanda di risarcimento del danno, nei modi e nei sensi di cui alla parte motiva;

3) Condanna le Amministrazioni intimate, in solido, alle spese di giudizio in favore della parte ricorrente, che vengono liquidate in € cinquemila/00, oltre IVA, CPA, spese generali e contributo unificato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 26 maggio 2011 con l'intervento dei magistrati:

Biagio Campanella, Presidente

Salvatore Schillaci, Consigliere

Pancrazio Maria Savasta, Consigliere, Estensore





L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE










DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 29/09/2011