TAR Lombardia (BS) Sez. I n. 147 del 5 febbraio 2018
Urbanistica.Traslazione verso l’alto della quota di gronda

Gli interventi di ristrutturazione e di recupero presentano normalmente la necessità di utilizzare tecniche di coibentazione e di efficientamento energetico, o anche di rinforzo statico, che comportano maggiori spessori tra i piani o nel sottotetto, con la conseguente traslazione verso l’alto della quota di gronda. Queste opere costituiscono mera sopraelevazione tecnica, e sono ammissibili anche nel centro storico, tranne quando vi siano divieti espressi, o prescrizioni puntuali, per edifici di particolare rilievo.


Pubblicato il 05/02/2018

N. 00147/2018 REG.PROV.COLL.

N. 01098/2008 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1098 del 2008, proposto da:
ANNA MARIA MARENZI, PIETRO MARENZI, rappresentati e difesi dagli avv. Costante Decapitani e Aldo Coppetti, con domicilio eletto presso l’avv. Domenico Bezzi in Brescia, via Diaz 13/C;

contro

COMUNE DI CASTELLI CALEPIO, non costituitosi in giudizio;
MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI, SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHITETTONICI E PER IL PAESAGGIO DI MILANO, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, con domicilio in Brescia, via S. Caterina 6;

nei confronti di

EMANUELE AGOSTI, rappresentato e difeso dall'avv. Mauro Fiorona, con domicilio eletto presso l’avv. Simona Granetti in Brescia, via Romanino 16;

per l'annullamento

- del permesso di costruire in sanatoria prot. n. 7477 rilasciato dal responsabile del Servizio Edilizia Privata il 26 maggio 2008 al controinteressato Emanuele Agosti per un intervento edilizio realizzato in un immobile situato in via Fra Ambrogio (mappale n. 18), consistente nella variazione della quota della soletta di copertura del primo piano e nella mancata intonacatura delle facciate prospicienti sulla via pubblica;

- del parere favorevole espresso dalla Commissione Edilizia il 14 aprile 2008;

- della nota della Soprintendenza di data 1 agosto 2007, con la quale è stato espresso parere negativo sulla reintonacatura delle facciate dell’edificio;

- della nota del responsabile del Servizio Edilizia Privata prot. n. 9661 del 9 luglio 2008, con la quale è stato comunicato il provvedimento di sanatoria del 26 maggio 2008, ed è stato negato lo svolgimento di ulteriori accertamenti istruttori relativamente alla sopraelevazione del tetto;

- con domanda di risarcimento;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, della Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio di Milano, e di Emanuele Agosti;

Viste le memorie difensive;

Visti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 novembre 2017 il dott. Mauro Pedron;

Uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Considerato quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. I ricorrenti Anna Maria Marenzi e Pietro Marenzi sono comproprietari di un edificio situato nel centro storico di Castelli Calepio, identificato nel PRG con la scheda di intervento n. 28-A. In aderenza, si trova l’edificio di proprietà del controinteressato Emanuele Agosti, identificato nel PRG con le schede di intervento n. 29-A e 29-B.

2. Nel 1999 il controinteressato ha eseguito un intervento di ristrutturazione sulla base della concessione edilizia n. 5623, rilasciata il 7 luglio 1999. Nel titolo edilizio era inserita la seguente prescrizione della Commissione Edilizia: “La tipologia architettonica del fabbricato, realizzata come il corpo di fabbrica confinante, è tipica di un edificio neoclassico in origine intonacato, pertanto si richiede il ripristino dell’intonaco di facciata in continuità di quello esistente a confine (prop. Marenzi) con la tipica ripartizione in ordini architettonici sovrapposti, basamento in finto bugnato, marcapiano modanato, il tutto come edificio adiacente, lo stesso dicasi per i colori”.

3. Il responsabile del Settore Urbanistica, con nota del 2 gennaio 2007, ha contestato al controinteressato la realizzazione delle seguenti opere abusive: (i) modifica del colore delle ante delle finestre, da bianco a verde, in contrasto con l’abaco del centro storico; (ii) discordanza delle altezze interne tra la soletta del primo piano e la soletta del piano sottotetto (altezza misurata 2,66 metri - altezza indicata nel progetto 2,86 metri); (iii) assenza dell’intonaco sulla facciata esterna.

4. In seguito, con ordinanza n. 35 del 6 giugno 2007, il responsabile del Settore Urbanistica ha ingiunto al controinteressato (i) di ripristinare il colore originario delle ante delle finestre, da verde a bianco; (ii) di riportare a 2,86 metri l'altezza interna tra la soletta del primo piano e la soletta del piano sottotetto; (iii) di intonacare la facciata esterna come prescritto nella concessione edilizia n. 5623/1999.

5. La suddetta ordinanza è stata impugnata dal controinteressato davanti al TAR Brescia, che con sentenza n. 1290 del 25 novembre 2014 ha dichiarato improcedibile il ricorso per la parte impugnatoria e respinto la domanda di risarcimento.

6. La ragione dell’improcedibilità consiste nel fatto che il responsabile del Servizio Edilizia Privata, con provvedimento del 26 maggio 2008, ha rilasciato al controinteressato un permesso di costruire in sanatoria per la variazione della quota della soletta di copertura del primo piano e per la mancata intonacatura delle facciate prospicienti sulla via pubblica.

7. Il nuovo orientamento del Comune si basa sul parere formulato dalla Soprintendenza in data 1 agosto 2007, assolutamente contrario alla reintonacatura delle facciate. Nel parere viene esposta una lettura dei caratteri storici dell’edificio in netto contrasto con quella inserita nella concessione edilizia n. 5623/1999. La Soprintendenza afferma, infatti, che “l'edificio presenta al momento una pregevole facciata in pietra, i cui conci, opportunamente giustapposti in corsi più o meno regolari, testimoniano della perizia e forse della volontà dei costruttori originari di voler mantenere la facciata in pietra a vista; la presenza di piccole finestre (ormai, tamponate), in cui si legge ancora l’archetto, la tessitura muraria, la tecnica costruttiva, collocano questo edificio, pur con i numerosi e notevoli interventi fatti nel corso del tempo, in periodo medievale; l'aspetto esteriore di questo edificio si è ormai storicizzato in questa veste (peraltro affascinante), potendo leggere nelle sue facciate il decorrere dei secoli”.

8. Contro la sanatoria edilizia del 26 maggio 2008, e contro gli atti connessi, tra cui il parere favorevole della Commissione Edilizia di data 14 aprile 2008 e il parere della Soprintendenza di data 1 agosto 2007, nonché contro la nota del responsabile del Servizio Edilizia Privata del 9 luglio 2008, che, comunicando la sanatoria, ha implicitamente escluso ulteriori accertamenti istruttori, i ricorrenti hanno presentato impugnazione, formulando varie censure, così sintetizzabili: (i) violazione delle garanzie procedimentali dei ricorrenti, interessati al rispetto della correttezza dell’edificazione nell’edificio confinante, che in origine formava con quello dei ricorrenti un unico edificio a corte, frazionato solo di recente; (ii) erronea qualificazione dell’abuso edilizio nella fattispecie dell’art. 37 comma 1 del DPR 6 giugno 2001 n. 380, oltretutto con applicazione della sanzione pecuniaria minima; (iii) violazione dell'art. 2.3.2 della "Guida per gli interventi nei centri storici", e difetto di motivazione, per quanto riguarda l’intonacatura delle facciate; (iv) difetto di istruttoria e violazione dell’art. 3.4.7 del regolamento locale di igiene per quanto riguarda la sanatoria della variazione della quota della soletta di copertura del primo piano, abbassata per aumentare l’altezza del piano sottotetto; (v) contrasto con l’abaco del centro storico per quanto riguarda il colore verde dei serramenti; (vi) violazione dell’art. 18 delle NTA per quanto riguarda l’aumento dell’altezza dell’edificio, che non potrebbe ritenersi ricompreso nel condono edilizio. Oltre all’annullamento degli atti impugnati, è stato chiesto il risarcimento del danno.

9. Occorre evidenziare che, in precedenza, il responsabile del Settore Urbanistica, con provvedimento del 26 giugno 2006, aveva concesso al controinteressato il condono edilizio ex art. 32 del DL 30 settembre 2003 n. 269 relativamente ad alcune opere abusive realizzate nel medesimo edificio (modifica della dimensione delle finestre e dei lucernari; modifica della copertura del tetto).

10. Il Comune non si è costituito in giudizio. Si è invece costituito il controinteressato, chiedendo la reiezione del ricorso, ed eccependone la tardività e l’inammissibilità. Anche la Soprintendenza si è costituita in giudizio, chiedendo la reiezione del ricorso.

11. Sulle questioni rilevanti ai fini della decisione si possono svolgere le seguenti considerazioni.

Sulle eccezioni preliminari

12. Il presente ricorso, notificato il 21 ottobre 2008, riguarda un intervento edilizio difforme rispetto alla concessione edilizia rilasciata il 7 luglio 1999, oggetto di condono edilizio in data 26 giugno 2006, oggetto di un ordine di rimessione in pristino in data 6 giugno 2007, e oggetto di accertamento di conformità in data 26 maggio 2008.

13. In questa vicenda non vi è stata acquiescenza. I ricorrenti si sono costantemente attivati allo scopo di ottenere dal Comune dapprima la repressione dell’edificazione abusiva (come è effettivamente avvenuto con l’ordinanza di rimessione in pristino), e poi l’attuazione della suddetta misura ripristinatoria e un’interpretazione restrittiva del condono edilizio quanto alla sopraelevazione della linea di gronda (v. note del 6 dicembre 2007, del 24 gennaio 2008, e del 9 giugno 2008). Dopo aver avuto notizia del permesso di costruire in sanatoria, i ricorrenti hanno interloquito con gli uffici comunali per accedere agli atti (v. note del 29 luglio 2008 e del 7 ottobre 2008).

14. L’interesse a proporre ricorso si è evoluto in relazione ai provvedimenti adottati dal Comune, ed è divenuto attuale solo quando è risultato evidente (attraverso la nota del responsabile del Servizio Edilizia Privata del 9 luglio 2008) che la posizione assunta dall’amministrazione era favorevole alla conservazione delle opere inizialmente non autorizzate, e contraria alla rimessione in pristino. L’impugnazione è quindi tempestiva, nonostante il tempo trascorso dalla conclusione dei lavori.

15. Per quanto riguarda l’utilità che i ricorrenti si propongono di ottenere dall’annullamento degli atti che regolarizzano l’edificazione del controinteressato, si ritiene che sussista un interesse a contestare tutte le modifiche in grado di incidere sull’aspetto esteriore del complesso immobiliare di cui fanno parte sia l’edificio dei ricorrenti sia quello del controinteressato. Si tratta di un interesse estetico che ha anche un riflesso economico, in quanto le innovazioni incongrue apportate a un contesto storico incidono sul valore dei singoli edifici o appartamenti. Pertanto, l’impugnazione non può essere considerata frivola o emulativa, e richiede un esame nel merito.

Sulle garanzie procedimentali

16. Poiché dai numerosi contatti intercorsi con gli uffici comunali era emerso chiaramente che i ricorrenti contestavano le opere realizzate dal controinteressato, sarebbe stato necessario che al procedimento finalizzato al rilascio del permesso di costruire in sanatoria fossero ammessi tutti i titolari dei diversi interessi.

17. Tuttavia, il mancato coinvolgimento di un soggetto titolare di una posizione opposta a quella del richiedente, pur rappresentando una violazione istruttoria, non ha come esito necessario l’annullamento dell’atto conclusivo del procedimento. Tale omissione può infatti essere sanata in sede giudiziale tramite il meccanismo della motivazione ex post di cui all’art. 21-octies comma 2 della legge 7 agosto 1990 n. 241, in quanto l’amministrazione è sempre ammessa a dimostrare che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Se l’amministrazione non si è costituita, come il Comune nel caso in esame, la dimostrazione della correttezza della soluzione adottata può essere offerta dal soggetto che beneficia degli effetti del provvedimento impugnato.

Sull’intonacatura delle facciate

18. Il problema se sia o non sia necessario intonacare le facciate dipende dalla classificazione dello stile dell’edificio come neoclassico o come ancora legato all’edilizia medievale. La prima tesi enfatizza i rimaneggiamenti eseguiti nell’Ottocento, e dunque ritiene indispensabile mantenere gli intonaci che storicizzano l’edificio in tale contesto culturale (v. relazione intitolata “Lettura Stratigrafica” a firma dell’arch. Desireé Vismara e del dott. Andrea Zonca – doc. 17 dei ricorrenti). La seconda tesi, al contrario, enfatizza le strutture sottostanti ancora leggibili, e considera superfetazioni le aggiunte successive, individuando il valore storico dell’edificio nella tessitura muraria più antica, di epoca medievale Questa impostazione, che esclude categoricamente l’ammissibilità dell’intonacatura, è stata seguita dalla Soprintendenza nel parere di data 1 agosto 2007.

19. L’opinione della Soprintendenza appare una corretta espressione della discrezionalità tecnica applicata ai beni di interesse storico. L’aspetto attuale degli edifici antichi è il risultato di numerosi interventi di sistemazione e di adeguamento eseguiti nel corso del tempo. Talvolta un particolare intervento riesce a trasmettere all’edificio caratteristiche estetiche del tutto nuove rispetto a quelle precedenti, e in questo caso l’edificio si storicizza in questa forma, che deve essere tutelata in quanto testimonianza di un certo periodo storico. Altre volte il risultato della successione dei lavori non è coerente e omogeneo, e dunque nell’edificio sono riconoscibili tracce di più epoche. In questa seconda ipotesi è necessario adottare un’impostazione conservativa, anche a rischio che l’effetto possa apparire dissonante, in quanto non è possibile scegliere nel presente quale degli stili edificatori del passato debba prevalere.

20. Pertanto, se la parte dell’originario complesso immobiliare che ora costituisce l’edificio dei ricorrenti ha assunto stabilmente un aspetto neoclassico, questo non autorizza (e tantomeno impone) l’estensione del medesimo aspetto alla parte divenuta di proprietà del controinteressato, dove sono ancora leggibili elementi architettonici medievali. Sovrapporre l’intonaco a questi elementi significherebbe, da un lato, cancellare una preziosa testimonianza storica, e dall’altro dare origine a un finto neoclassico. La tutela degli intonaci prevista dall'art. 2.3.2 della “Guida per gli interventi nei centri storici” riguarda gli intonaci che abbiano già acquisito una funzione culturale, come forma espressiva riconoscibile dell’architettura di un certo periodo storico. Non vi è quindi contraddizione con questa norma quando vengano tutelati altri elementi che costituiscono a loro volta testimonianza storica.

Sulla sopraelevazione dell’edificio

21. Per quanto riguarda l’abbassamento della quota della soletta di copertura del primo piano e il disallineamento della quota di gronda rispetto all’edificio dei ricorrenti, si ritiene che entrambe le variazioni siano regolarizzabili. È verosimile che in realtà l’aumento dell’altezza dell’edificio fosse già stato sanato dal condono edilizio, nella parte riferita alla copertura del tetto. In ogni caso, il permesso di costruire in sanatoria del 26 maggio 2008 ha stabilito la certezza del diritto relativamente alla condizione del fabbricato.

22. Gli interventi di ristrutturazione e di recupero presentano normalmente la necessità di utilizzare tecniche di coibentazione e di efficientamento energetico, o anche di rinforzo statico, che comportano maggiori spessori tra i piani o nel sottotetto, con la conseguente traslazione verso l’alto della quota di gronda. Queste opere costituiscono mera sopraelevazione tecnica, e sono ammissibili anche nel centro storico, tranne quando vi siano divieti espressi, o prescrizioni puntuali, per edifici di particolare rilievo. Nello specifico, tali divieti non sussistono. Lo stesso art. 18 delle NTA consente l’inserimento di impianti tecnologici, purché non sporgenti dalla copertura.

23. Il risultato è appunto il disallineamento delle quote di gronda degli edifici disposti a cortina. L’effetto estetico può essere sgradevole, e dunque l’amministrazione può intervenire fissando limitazioni e regolando i dettagli costruttivi.

24. I proprietari degli edifici confinanti non possono però opporsi a questi interventi edilizi. I rapporti tra le proprietà sono regolati da un’applicazione intertemporale del principio di prevenzione previsto in materia di distanze tra edifici. Negli edifici disposti a cortina, tale principio autorizza la sopraelevazione al primo proprietario, ma consente ai proprietari degli edifici confinanti di effettuare a loro volta le medesime innovazioni, vincolandoli a ricostituire, ove tecnicamente possibile, l’allineamento originario con il primo edificio modificato (v. TAR Brescia Sez. I 19 giugno 2017 n. 788).

25. Relativamente alle quote dei singoli piani, non vi è un interesse a censurare le altezze interne, in mancanza di conseguenze negative in grado di riflettersi sulla proprietà dei ricorrenti.

26. Peraltro, non sembra che in concreto gli scostamenti siano di particolare rilievo. In proposito, possono essere accettati i chiarimenti esposti all’epoca dal controinteressato e dai suoi tecnici (v. doc. 4-9-10), che evidenziano, da un lato, l’esigenza di aumentare lo spessore delle travi portanti, per impedire il cedimento dei solai, e dall’altro la necessità di livellare i solai, eliminando gli avvallamenti e mediando tra le quote più alte e quelle più basse. La difficoltà dell’intervento giustifica anche il mancato rispetto (entro limiti ragionevoli) delle altezze interne previste dall’art. 3.4.7 del regolamento locale di igiene.

Sul colore dei serramenti

27. Per quanto riguarda il colore dei serramenti, una volta riconosciuta l’autonomia stilistica dell’edificio del controinteressato rispetto a quello dei ricorrenti, non vi sono impedimenti a un trattamento diversificato.

Sulla sanzione pecuniaria

28. Ricondotto nelle proporzioni sopra descritte, l’abuso edilizio ha natura formale, ossia riguarda lavori conformi alla disciplina urbanistica, che avrebbero potuto essere autorizzati con una variante in corso d’opera. La consistenza materiale dei lavori rispetto al resto dell’edificio è in un caso negativa (assenza di intonaco), in un caso neutra (diverso colore dei serramenti), e solo in un caso positiva (sopraelevazione della linea di gronda), ma con formazione di un semplice volume tecnico.

29. Con riguardo a queste difformità dalla concessione edilizia, poiché non vi sono conseguenze per gli oneri di urbanizzazione e per il costo di costruzione, che rappresentano la base di calcolo dell’oblazione ex art. 36 comma 2 del DPR 380/2001, il Comune poteva legittimamente utilizzare come parametro della sanzione pecuniaria, in via residuale, gli importi stabiliti in misura minima e massima dall’art. 37 commi 1 e 4 del DPR 380/2001.

Conclusioni

30. Il ricorso deve quindi essere respinto, sia nella parte impugnatoria, sia relativamente alla domanda di risarcimento.

31. La complessità della vicenda, che si è sviluppata anche attraverso un altro ricorso giurisdizionale, consente la compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando:

(a) respinge il ricorso, sia nella parte impugnatoria, sia relativamente alla domanda di risarcimento;

(b) compensa le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 8 novembre 2017 con l'intervento dei magistrati:

Roberto Politi, Presidente

Mauro Pedron, Consigliere, Estensore

Stefano Tenca, Consigliere