TAR Puglia (LE) Sez. III n.126 del 30 gennaio 2018
Urbanistica.Sanatoria subordinata all’esecuzione di ulteriori opere edilizie

Alla luce del vigente ordinamento giuridico, non è ammissibile il rilascio di un permesso di costruire in sanatoria subordinato alla esecuzione di ulteriori opere edilizie, anche se tali interventi sono finalizzati a ricondurre il manufatto nell’alveo della legalità: tanto“contrasterebbe ontologicamente con gli elementi essenziali dell’accertamento di conformità, i quali presuppongono la già avvenuta esecuzione delle opere e la loro integrale conformità alla disciplina urbanistica




Pubblicato il 30/01/2018

N. 00126/2018 REG.PROV.COLL.

N. 01429/2014 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

Lecce - Sezione Terza

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1429 del 2014, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Pero' Maria Rosaria, rappresentata e difesa dall'Avv. Paolo Gaballo, domiciliato, ex art. 25 c.p.a., presso la Segreteria del T.A.R. Puglia - Lecce, in Lecce, via F. Rubichi, n. 23;

contro

Comune di Nardo', in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avv. Luigi Calabrese, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. Angelo Vantaggiato in Lecce, via Zanardelli, n. 7;

nei confronti di

Alemanno Enzo Michele, rappresentato e difeso dall'Avv. Tommaso Valente, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. Tommaso Valente in Nardò, via A. Volta, n. 51;
Durante Anna Maria, Contento Giuseppina, non costituiti in giudizio;

per l'annullamento:

- con il ricorso introduttivo:

- del permesso di costruire in sanatoria, ex art. 36 del D.P.R. n. 380/2001, n° 100 rilasciato il 7 aprile 2014 dal Dirigente dell'Area Funzionale 2° - “Sviluppo e Pianificazione del Territorio - Ambiente” del Comune di Nardò;

- ove occorra, del parere dell'A.S.L. Lecce del 5 marzo 2014 prot. n. 16/269;

- di ogni altro atto connesso, presupposto e/o consequenziale;

- con i motivi aggiunti:

- del permesso di costruire n. 331 del 17 novembre 2014 (pratica edilizia n. 339/14/conc.), comunicato alla ricorrente con nota del 18 novembre 2014, rilasciato dal Dirigente dell'Area Funzionale 2 - “Sviluppo e Pianificazione del Territorio – Ambiente” del Comune di Nardò;

- di ogni altro atto connesso, presupposto e/o consequenziale.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Nardo' e del sig. Enzo Michele Alemanno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 novembre 2017 la dott.ssa Maria Luisa Rotondano e uditi per le parti l'Avv. P. Gaballo, l'Avv. A. Vantaggiato, in sostituzione dell’Avv. L. Calabrese, e l'Avv. G. Portaluri, in sostituzione dell’Avv. T. Valente;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con il ricorso introduttivo del presente giudizio, la ricorrente - proprietaria di un’abitazione sita in Nardò, ubicata in area tipizzata “B/11” dal P.R.G. vigente, confinante sul lato retrostante con il locale artigianale (per la riparazione di mezzi meccanici) ed il garage (parimenti ubicati in zona “B/11”) degli odierni controinteressati - ha impugnato, domandandone l’annullamento:

1) il permesso di costruire in sanatoria (ex art. 36 del D.P.R. n. 380/2001) n. 100 (richiesto dai controinteressati, all’esito della valutazione, operata dal civico Ente, di “non idoneità” della S.C.I.A. presentata il 29 ottobre 2013 per la realizzazione di taluni ampliamenti del locale artigianale, ai sensi della Legge Regionale della Puglia n. 21/2011 - in considerazione della rilevata inapplicabilità alle opere edili de quibus delle “premialità” di cui al c.d. “Piano Casa”, “in quanto l’incremento volumetrico della predetta legge è applicabile solo ed esclusivamente alle residenze” e “stante la parziale realizzazione dell’intervento” - si vedano, rispettivamente, le note comunali prot. n. 38350/2013 del 21 novembre 2013 e prot. n. 44826 del 16 dicembre 2013), rilasciato il 7 aprile 2014 (e conosciuto a seguito di istanza di accesso riscontrata in data 8 maggio 2014) dal Dirigente dell’Area Funzionale 2 - “Sviluppo e Pianificazione del Territorio - Ambiente” del Comune di Nardò, per l’avvenuta realizzazione di alcune modifiche e dell’ampliamento del locale artigianale in parola con annesso garage, con prescrizioni e assenso al completamento delle opere edilizie;

2) ove occorra, il parere dell’A.S.L. Lecce del 5 marzo 2014 prot. 16/269;

3) ogni altro atto connesso, presupposto e/o consequenziale.

A sostegno dell’impugnazione interposta ha dedotto:

1) violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 380/2001, violazione dell’art. 49 delle NN.TT.AA. del P.R.G. di Nardò, violazione e falsa applicazione del Regolamento Edilizio comunale, eccesso di potere, carenza di istruttoria, erroneità dei presupposti, travisamento dei fatti, violazione dell’art. 3 della Legge n. 241/1990, difetto di motivazione, contraddittorietà;

2) violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 380/2001 sotto altro profilo, violazione dell’art. 41 sexies della Legge n. 1150/1942, violazione dell’art. 10 delle NN.TT.AA. del P.R.G., eccesso di potere, carenza di istruttoria sotto altro profilo;

3) violazione e falsa applicazione dell’art. 36 del D.P.R. n. 380/2001, eccesso di potere, carenza di istruttoria sotto altro profilo;

4) violazione e falsa applicazione dell’art. 36 del D.P.R. n. 380/2001 sotto altro profilo, eccesso di potere, carenza di istruttoria e difetto di motivazione sotto altro profilo.

Si sono costituiti in giudizio il Comune di Nardò e il controinteressato sig. Alemanno Enzo Michele, eccependo entrambi in limine la carenza di interesse ad agire ex art. 100 c.p.c. e di legittimazione attiva della ricorrente (in considerazione dell’insussistenza, per un verso, di un danno specifico, concreto e attuale derivante dal titolo edilizio impugnato, e, per altro verso, di alcun vantaggio conseguente all’accoglimento del gravame). Nel merito, hanno contestato in toto le avverse pretese e chiesto la reiezione del ricorso.

Con motivi aggiunti depositati il 7 gennaio 2015, la ricorrente ha impugnato, altresì, domandandone l’annullamento:

1) il permesso di costruire n. 331 del 17 novembre 2014, comunicatole con nota del 18 novembre 2014, rilasciato dal Dirigente dell’Area Funzionale 2 - “Sviluppo e Pianificazione del Territorio - Ambiente” del Comune di Nardò in favore dei controinteressati, “per eseguire delle variazioni interne e delle modifiche di piccola entità nel locale artigianale rispetto a quelle autorizzate con Permesso di Costruire n. 100 del 07.04.2014”;

2) ogni altro atto connesso, presupposto e/o consequenziale.

Ha dedotto l’illegittimità derivata dei suddetti atti dal presupposto titolo edilizio n. 100 del 7 aprile 2014, ribadendo le censure già formulate con il ricorso introduttivo.

Le parti hanno svolto le rispettive difese con successive memorie.

All’udienza pubblica del 7 novembre 2017, su istanza di parte, la causa è stata introitata per la decisione.

DIRITTO

0. - In via preliminare, va disattesa l’eccezione di inammissibilità del gravame (per allegata carenza di interesse e di legittimazione attiva) sollevata dalle difese del Comune resistente e del controinteressato costituito.

In proposito (e in disparte ogni valutazione in ordine alla - pure dedotta dalla ricorrente - sussistenza di un pregiudizio specifico, concreto e attuale derivante dagli atti gravati), il Collegio condivide l’insegnamento giurisprudenziale prevalente, secondo cui l’impugnazione dei titoli edilizi è consentita a chiunque si trovi (come, con ogni evidenza, l’odierna istante)<<in una situazione di stabile collegamento con la zona interessata dalla costruzione assentita, a prescindere da ogni indagine sulla sussistenza e dalla dimostrazione di uno specifico interesse e/o di un concreto pregiudizio, essendo sufficiente la “vicinitas” quale elemento che distingue la posizione giuridica di un soggetto da quella della generalità dei consociati (Cfr: T.A.R. Puglia Lecce, III Sezione, 11 Maggio 2015 n° 1495; Consiglio di Stato, IV Sezione, 18 Aprile 2014 n° 1995; V Sezione, 21 Maggio 2013 n° 2757; T.A.R. Molise 26 Maggio 2014 n° 346; T.A.R. Campania, Salerno, I Sezione, 1° Ottobre 2012 n° 1750)>> (T.A.R. Puglia, Lecce, III, 30 ottobre 2015, n. 3117; in termini, Consiglio di Stato, IV, 8 settembre 2015, n. 4176 e giurisprudenza ivi richiamata - “Cons. Stato, IV, 18-11-2014, n.5662; IV, 5-3-2015, n.1116; IV, 12-3-2015, n.1315”): con la conseguenza che <<la possibilità di ricorrere contro il rilascio di una concessione edilizia (anche in sanatoria) da parte di “chiunque” non configura un tipo di azione popolare, ma riconosce una posizione di interesse che consente l’impugnativa a chi si trovi in una situazione di stabile collegamento con la zona (residenza, possesso o detenzione di immobili, o altro titolo di frequentazione), senza richiedere la prova di un danno specifico, essendo insito nella violazione edilizia il danno a tutti i membri di quella collettività (cfr. Cons. St., sez. V, 26 febbraio 1992, n. 143)>> (T.A.R. Campania, Napoli, VI, 12 maggio 2016, n. 2425).

L’interesse del vicino all’impugnazione del titolo edilizio sussiste anche nell’ipotesi (come quella in esame) di rilascio del permesso di costruire in sanatoria, “che pone fine all’abusività dell’opera, rendendo legittima l’edificazione e perciò legittima la permanenza del manufatto sul territorio”, in quanto il venir meno del ridetto titolo “comporterà il riconoscimento dell’abusività dell'opera con la possibile applicazione delle misure demolitorie” (T.A.R. Piemonte, I. 1° dicembre 2016, n. 1477).

1. - Nel merito, il ricorso e i motivi aggiunti sono fondati e devono essere accolti.

1.1 - Fondate ed assorbenti (e ciò dispensa la Sezione dall’esame delle ulteriori doglianze formulate) sono le (principali) censure prospettate, con cui la ricorrente - essenzialmente - deduce che l’originario vano garage dei controinteressati è stato demolito e ricostruito con un’altezza di intradosso di circa 3,00 metri (maggiore di quella preesistente, pari a circa 2,50 metri - così esplicitamente, “Alla luce di quanto rilevato ed osservato nel proprio sopralluogo del 21.11.2013”, la Relazione del Tecnico Istruttore/Responsabile del Procedimento in data 22 gennaio 2014, poi riportata nel preavviso di diniego prot. 45342/13 del 23 gennaio 2014), in totale comunicazione con l’adiacente locale artigianale (e non più con accesso dall’esterno), sicchè costituisce volumetria ai sensi degli artt. 62, 63 e 78 del Regolamento Edilizio vigente nel Comune di Nardò, con conseguente eccedenza volumetrica rispetto all’Indice di Fabbricabilità Fondiaria di 3,5 mc/mq previsto dall’art. 49 NN.TT.AA. del P.R.G. del Comune medesimo nelle zone “B/11”.

E tanto nonostante le prescrizioni specifiche (illegittimamente impartite) e il previsto “completamento” del manufatto de quo, di cui al ridetto titolo edilizio rilasciato “in sanatoria” (volti - principalmente - all’esecuzione di ulteriori lavori al fine di “recuperare” la conformità edilizio/urbanistica delle opere - si veda, in via dirimente, il ripristino dell’altezza interna assentita, pari a 2,50 metri, mediante l’innalzamento di 50 centimetri del piano di calpestio del garage): ciò in palese violazione dell’art. 36 del D.P.R. n. 380/2001 (che consente - solo - di sanare, in presenza del requisito della c.d. “doppia conformità”, le opere già eseguite, nello stato di fatto esistente al momento in cui viene presentata l’istanza).

1.2 - Ed invero, osserva il Collegio che:

- l’art. 62 (“Classificazione dei locali”) del vigente Regolamento Edilizio del Comune di Nardò ricomprende nella categoria “V.2” - tra l’altro - le “parti di autorimesse non destinate al solo posteggio delle auto ma a riparazioni …” e nel “tipo S.2” “le autorimesse di solo posteggio”;

- l’art. 63 (“Caratteristiche dei locali”) del medesimo Regolamento Edilizio, poi, alla lettera “A” (“Altezze minime”), punto n. 2), stabilisce che “l’altezza minima interna utile dei locali classificati come V.2 nel precedente art. 62, non deve essere inferiore a m. 3,00, salvo prescrizioni particolari contenute in leggi e/o regolamenti specifici” e, al punto n. 3), prevede che “i locali S.2 … destinati ad autorimesse private, garage singoli, depositi o ripostigli, la cui altezza interna utile superi i 2,50 m sono considerati per l’osservanza degli indici volumetrici posti dallo strumento urbanistico, di categoria V”;

- l’art. 78 del citato Regolamento Edilizio, inoltre, nello stabilire i “Criteri di progettazione per l’accessibilità” delle autorimesse, prescrive che “il locale per autorimessa deve avere collegamenti con gli spazi esterni …”.

Sicchè è evidente che:

- da un lato, l’intervento assentito in sanatoria dal Comune resistente viola il disposto del summenzionato art. 78 R.E.C., atteso che (come condivisibilmente osservato dalla ricorrente) - a differenza del garage sanato nel 1993 (dotato di accesso dall’esterno - si veda la “Pianta Piano Terra stato di fatto”, allegata alla concessione edilizia in sanatoria n. 1068 del 26 febbraio 1993, sicchè non rileva, come, invece, sostenuto dal controinteressato, l’“effettiva esistenza del muro di tamponamento dell’atrio esterno”) -, il nuovo “garage” risulta privo di ingresso dall’esterno, potendosi allo stesso accedere solo attraversando, dall’interno, il locale artigianale;

- e, dall’altro, l’avvenuta ricostruzione dell’originario vano garage con “altezza infradosso pari a circa ml 3,00” non consente l’esclusione dal volume ai sensi del citato art. 63, punto n. 3 del R.E.C., costituendo, invece, “volumetria computabile” (così esplicitamente il preavviso di diniego del 23 gennaio 2014 e la relazione istruttoria del 22 gennaio 2014), con la conseguente violazione dell’indice di Fabbricabilità Fondiaria previsto, per le zone “B11”, dall’art. 49 delle Norme Tecniche di Attuazione del P.R.G. vigente del Comune di Nardò. Risulta, infatti, pacifico e incontestato - tra le parti e agli atti di causa - che solo il mancato computo del volume del garage consente il rispetto dei parametri volumetrici previsti dagli strumenti urbanistici vigenti: si veda, in tal senso, proprio la Relazione Tecnica inerente alle “integrazioni progettuali” presentate il 27 gennaio 2014 (laddove, espressamente, si rileva che, <<essendo questa porzione destinata a “Garage”, si rende necessario sollevare ulteriormente il pavimento interno della stessa, per fare rimanere il valore del volume esistente, nei parametri di cui alle N.T.A. dello strumento urbanistico vigente>>), nonché, pure, esplicitamente, gli stessi atti difensivi del controinteressato - allorchè si osserva che “le integrazioni progettuali, che prevedevano l’innalzamento di cm. 50 del piano di calpestio del garage allo scopo di abbassarne l’altezza dagli originari ml. 3 a ml. 2,50 (che consentono l’esonero dal computo del volume) e la previsione di una rampa di collegamento tra i due locali, hanno consentito il riesame dell’intera pratica edilizia” e il rilascio degli atti di assenso oggetto dell’odierno gravame.

1.3 - Né vale a superare i rilievi di cui innanzi la previsione dei lavori di “completamento” e delle prescrizioni impartite con l’impugnato titolo edilizio al fine di “recuperare” la c.d. “doppia conformità” edilizio-urbanistica dell’immobile.

Ed invero, ritiene il Collegio che, alla luce del vigente ordinamento giuridico, non è ammissibile il rilascio di un permesso di costruire in sanatoria subordinato alla esecuzione di ulteriori opere edilizie, anche se tali interventi sono finalizzati a ricondurre il manufatto nell’alveo della legalità: tanto“contrasterebbe ontologicamente con gli elementi essenziali dell’accertamento di conformità, i quali presuppongono la già avvenuta esecuzione delle opere e la loro integrale conformità alla disciplina urbanistica” (Consiglio di Stato, IV, 8 settembre 2015, n. 4176).

E’ evidente, infatti, che <<“un permesso di costruire in sanatoria soggetto a prescrizioni è in palese contrasto con l’art. 36 del D.P.R. 380/2001, poiché postulerebbe non già la doppia conformità delle opere abusive pretesa dalla disposizione in parola, ma una sorta di conformità ex post, condizionata all’esecuzione delle prescrizioni, quindi non esistente al tempo della presentazione della domanda di sanatoria, ma, eventualmente, solo alla data futura ed incerta in cui il richiedente avrò ottemperato alle prescrizioni. (TAR Campania- Salerno, Sez. II, sentenza del 28/05/2014 n 1017). La cosiddetta sanatoria ordinaria, peraltro, è finalizzata alla regolarizzazione degli abusi meramente formali – vale a dire degli interventi che, pur effettuati senza il preventivo rilascio del titolo abilitativo edilizio, risultano ammissibili sotto l’aspetto urbanistico – e non può riguardare, in conseguenza, gli interventi abusivi che necessitino di ulteriori lavori di regolarizzazione, salvo che si tratti…..di semplice completamento dei lavori già intrapresi” (TAR Liguria, Sez. I, sentenza n. 1003 del 16/12/2015” (T.A.R. Piemonte, I, 4 novembre 2016, n. 1372).

Pertanto, in definitiva, il gravato permesso di costruire in sanatoria giammai (e in via dirimente) avrebbe potuto autorizzare (come, invece, ha autorizzato) l’esecuzione di lavori (palesemente non configurabili come opere di “semplice” e mero completamento) che avrebbero consentito di diminuire l’altezza del “garage” da 3 metri a 2,50 metri, “esonerandolo” - quindi - dal computo del volume e recuperandone la conformità alla disciplina urbanistica vigente.

2. - I rilievi di cui innanzi comportano, poi, la conseguente illegittimità derivata del seguente permesso di costruire n. 331/2014 (relativo all’esecuzione di varianti interne e modifiche di piccola entità nel predetto locale artigianale), impugnato con i motivi aggiunti del 20 dicembre 2014 (il quale, peraltro, prescrive espressamente che “siano rispettate tutte le condizioni stabilite dal titolo abilitativo originario”).

3. - Per tutto quanto innanzi esposto, il ricorso e i motivi aggiunti proposti devono essere accolti e, per l’effetto, va disposto l’annullamento degli atti gravati.

4. - Le spese processuali, ex art. 91 c.p.c., seguono la soccombenza e vanno poste a carico del Comune di Nardò, come da dispositivo, nel mentre possono essere compensate nei confronti del controinteressato costituito in giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Terza, definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti comunali impugnati.

Condanna il Comune di Nardò, in persona del Sindaco pro tempore, al pagamento in favore della parte ricorrente delle spese processuali, liquidate in complessivi euro 1.000,00 (mille/00), oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Lecce nella Camera di Consiglio del giorno 7 novembre 2017 con l'intervento dei magistrati:

Enrico d'Arpe, Presidente

Jessica Bonetto, Referendario

Maria Luisa Rotondano, Referendario, Estensore