TAR Toscana, Sez. III n. 1616 del 10 ottobre 2012.
Urbanistica. Rigetto dell'istanza di sanatoria ed efficacia dell'ordine di demolizione.
All'esito del procedimento di sanatoria, in caso di accoglimento dell'istanza, l'ordine di demolizione rimarrà privo di effetti in ragione dell'accertata conformità dell'intervento alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso sia al momento della presentazione della domanda, con conseguente venir meno dell'originario carattere abusivo dell'opera realizzata. Di contro, in caso di rigetto dell'istanza, l'ordine di demolizione riacquista la sua efficacia, con la sola precisazione che il termine concesso per l'esecuzione spontanea della demolizione deve decorrere dal momento in cui il diniego di sanatoria perviene a conoscenza dell'interessato, che non può rimanere pregiudicato dall'avere esercitato una facoltà di legge, quale quella di chiedere l'accertamento di conformità urbanistica, e deve pertanto poter fruire dell'intero termine a lui assegnato per adeguarsi all'ordine, evitando così le conseguenze negative connesse alla mancata esecuzione dello stesso. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)
N. 01616/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01201/1999 REG.RIC.
N. 02644/1999 REG.RIC.
N. 02163/2000 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1201 del 1999, proposto da:
Nardini Aristide e Pieracci Annarita, rappresentati e difesi dagli avv. Luigi De Vito e Maria Clorinda Martinengo, ed elettivamente domiciliati presso il primo in Firenze, lungarno Serristori 25;
contro
Comune di Pietrasanta, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Marco Orzalesi, con domicilio eletto presso Studio Associato Gracili in Firenze, via dei Servi 38;
sul ricorso numero di registro generale 2644 del 1999, proposto da:
Nardini Aristide e Pieracci Annarita, rappresentati e difesi dagli avv. Luigi De Vito e Maria Clorinda Martinengo, ed elettivamente domiciliati presso il primo in Firenze, lungarno Serristori 25;
contro
Comune di Pietrasanta, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv. Massimo Dalle Luche e Marco Orzalesi, con domicilio eletto presso Rino Gracili in Firenze, via dei Servi 38;
sul ricorso numero di registro generale 2163 del 2000, proposto da:
Nardini Aristide e Pieracci Annarita, rappresentati e difesi dagli avv. Luigi De Vito e Maria Clorinda Martinengo, ed elettivamente domiciliati presso il primo in Firenze, lungarno Serristori 25;
contro
Comune di Pietrasanta, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv. Massimo Dalle Luche e Marco Orzalesi, con domicilio eletto presso Rino Gracili in Firenze, via dei Servi 38;
per l'annullamento
quanto al ricorso n. 1201 del 1999:
dell'atto amministrativo "ingiunzione a demolire opere edilizie abusive" emesso dal Dirigente dell'Ufficio Assetto del Territorio del Comune di Pietrasanta e dal Responsabile del Procedimento con ordinanza in data 1.3.1999 n. 13, notificato in data 4.3.1999;
di tutti gli atti del procedimento presupposti e connessi;
quanto al ricorso n. 2644 del 1999:
dell'atto amministrativo "diniego su domanda di concessione" emesso dal Dirigente dell'Ufficio Assetto del Territorio del Comune di Pietrasanta con comunicazione in data 1.7.1999 prot. n. 15801, trasmessa a mezzo posta a Nardini Aristide il 2.7.1999;
di tutti gli atti del procedimento presupposti e connessi;
quanto al ricorso n. 2163 del 2000:
dell'atto amministrativo "Verbale di Accertamento di inadempienza spontanea ad ordinanza di demolizione n. 13 del 21.3.99"in data 3.4.2000 emesso dall'Istruttore tecnico e dal responsabile dell'Ufficio urbanistica del Comune di Pietrasanta, notificato in data 8.7.2000;
dell'atto amministrativo "Ordinanza di sgombero ed acquisizione al patrimonio comunale" n. 15 in data 3.4.2000 emesso dal responsabile del procedimento e dal Dirigente dell'Ufficio Infrazioni Edilizie, notificato in data 8.7.2000;
di tutti gli atti del procedimento presupposti e connessi;
Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Pietrasanta;
Viste le memorie difensive prodotte dalle parti;
Visti tutti gli atti delle cause;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 ottobre 2011 il dott. Eleonora Di Santo e uditi per le parti i difensori A. Mancini delegato da M. C. Martinengo e L. Gracili delegata da M. Orzalesi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ordinanza n. 13 del 1° marzo 1999, il Comune di Pietrasanta ingiungeva ai Signori Aristide Nardini e Annarita Pietracci, odierni ricorrenti, ai sensi dell’art. 1 della legge n. 10/1977 e dell’art. 7 della legge n. 47/1985, di demolire un manufatto ad uso residenziale ed annessi accessori, trattandosi di opere prive del necessario titolo concessorio ricadenti “in zona definita dal vigente PRG a prevalente destinazione agricola e forestale classificata E2, di pianura di particolare valore ambientale”. Con il medesimo provvedimento si ordinava il ripristino dello stato dei luoghi entro il termine di 90 giorni dalla notifica dello stesso, con l’avvertenza che in caso di inottemperanza si sarebbe proceduto all’acquisizione gratuita al patrimonio comunale delle opere abusivamente realizzate nonché dell’area di sedime e di quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe.
Il provvedimento veniva adottato sulla base delle risultanze del sopralluogo effettuato il 9 gennaio 1999 dal Comando di Polizia Municipale del Comune di Pietrasanta, di cui al Rapporto n. 5/1999 del 24 febbraio 1999, da cui emergeva l’esecuzione, in Via del Serraglio a Pietrasanta – e cioè in “zona agricola E3A”, erroneamente indicata nel rapporto come zona classificata E2 - delle seguenti opere abusive ad opera dei sigg.ri Nardini Aristide e Pieracci Annarita:
“- installazione di un manufatto prefabbricato in panelli termoisolanti-fonoassorbenti delle dimensioni esterne di ml. 9.00 x 7.00 altezza minima sottogronda di ml. 2.85 e max di ml 3.52; il manufatto adibito ad abitazione, era suddiviso internamente in locali ad uso cucina, soggiorno, due camere e bagno;
- tettoia posta in fregio lato monti al manufatto di cui sopra delle dimensioni di ml. 9.00 x 2.80
altezza minima di ml. 2.23 e max di ml. 2.44 coperta in materiale plastico;
- altra tettoia posta sul lato opposto in corrispondenza della porta di accesso al fabbricato, delle dimensioni di ml. 2.75 x 3.00 ed altezza variabile sottogronda da ml. 2.24 a ml. 3.52;
- a poca distanza dal manufatto principale risultava realizzato un box metallico delle dimensioni di ml. 2.00 x 3.00 adibito a ripostiglio corredato da tettoia in struttura lignea coperta in materiale plastico ed adibita a ricovero autovettura di ml. 3.70 x 3.70”.
La suindicata ingiunzione di demolizione veniva impugnata con il ricorso R.G. n. 1201/1999, indicato in epigrafe.
Con ordinanza cautelare n. 306 dell’8 agosto 1999 di questo Tribunale, l’efficacia di tale ingiunzione a demolire veniva sospesa “fino alla pronuncia sulla domanda di sanatoria” presentata, ai sensi dell’art. 13 della legge n. 47/85, nelle more del procedimento cautelare, e precisamente il 16 aprile 1999, in relazione ai manufatti abusivi oggetto dell’ordinanza di demolizione.
Con raccomandata a.r. prot. n. 15801 del 1° luglio 1999, pervenuta il 7 luglio 1999, il Comune comunicava ai ricorrenti il parere negativo relativo alla domanda di concessione in sanatoria in quanto “nelle zone agricole E3A non sono ammesse abitazioni non rurali ed anche ai sensi della Legge n. 64/1995 e n. 25/1997”.
Tale provvedimento veniva impugnato con il ricorso R.G. n. 2644/1999, indicato in epigrafe.
In data 3 aprile 2000, l’Ufficio Infrazioni Edilizie del Comune di Pietrasanta accertava l’inadempienza spontanea alla suindicata ordinanza di demolizione, e redigeva il relativo verbale.
Pertanto, con ordinanza n. 15 del 6 luglio 2000, il Comune di Pietrasanta, accertato che si erano “verificate le condizioni per l’acquisizione delle citate opere abusive oltre all’area di sedime e del circostante terreno nel rispetto dei disposti di cui all’art. 7 della legge 28 febbraio 1985 n. 47 e art. 31 della Legge Regionale 14.10.99 n. 52”, ordinava agli odierni ricorrenti lo sgombero dell’immobile abusivamente realizzato, e disponeva “l’acquisizione delle opere abusive non demolite, dell’area di sedime nonché del terreno circostante, così come rappresentato in Catasto Terreni nel foglio di mappa 23 da porzione del mappale 1087 per una superficie complessiva di mq. 1000”.
Con il ricorso R.G. n. 2163/2000, indicato in epigrafe, venivano, quindi, impugnati anche tali ultimi provvedimenti, con contestuale richiesta di risarcimento danni.
In data 27 settembre 2000, il Comune provvedeva alla trascrizione del provvedimento di acquisizione degli immobili per cui è causa alla Conservatoria dei RR.II. di Pisa Reg. Part. n. 9149, e, in data 15 gennaio 2001, con deliberazione di Consiglio Comunale n. 6, dichiarava l’esistenza sul solo fabbricato abitativo, di prevalenti interessi pubblici ex art. 7 L. n. 47/1985 e art. 31 L.R.T. n. 52/1999. In particolare, con detta deliberazione, veniva applicato il principio approvato con precedente delibera consiliare n. 98/2000, con cui, tra l’altro, veniva statuito che “Gli edifici ad uso residenziale realizzati ed occupati entro la data del 31.12.1999, che hanno un prevalente interesse pubblico, dichiarato dal Consiglio Comunale, non saranno demoliti e potranno essere assegnati al nucleo familiare che lo occupa se lo stesso, la momento dell’adozione della Delibera di Consiglio Comunale, è in possesso dei requisiti per partecipare a Bandi di assegnazione E.R.P., ovvero si trovi in uno dei casi previsti dall’art. 17 L.R.T. n. 96/96, nei limiti temporali previsti dalla stessa norma, e non vi siano altri alloggi disponibili di proprietà Comunale”.
Con nota prot. n. 5219 del 20 febbraio 2003, il legale degli odierni ricorrenti comunicava al Comune di Pietrasanta che, con l’allegata ingiunzione n. 31/02 SSA del 31 dicembre 2002, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Lucca aveva ingiunto ai suoi assistiti la demolizione entro 90 giorni delle opere edilizie abusive in argomento, in esecuzione della sentenza del 19 giugno 2001 del Tribunale di Viareggio, divenuta definitiva il 5 dicembre 2002 dopo la conferma in appello ed in Cassazione. Con la stessa nota, il legale precisava che, poiché tale ingiunzione era stata emessa dopo che il Comune aveva già acquisito la proprietà dell’immobile, avrebbe presentato opposizione dinanzi al Tribunale di Lucca, sezione distaccata di Viareggio, in quanto il consolidato orientamento della Cassazione Penale escludeva, per il caso di immobili già acquisiti, la possibilità di pervenire alla demolizione per ordine del P.M..
Va soggiunto, infine, che, come emerge dalle memorie e dalla documentazione prodotta dal Comune, ad oggi i ricorrenti risiedono nell’immobile per cui è causa acquisito dal Comune, previo regolare pagamento della relativa indennità di occupazione, avendo i requisiti necessari per l’assegnazione degli alloggi comunali in conformità alla destinazione di interesse pubblico attribuita dal Comune al fabbricato de quo.
2. I ricorsi vanno previamente riuniti per evidenti ragioni di carattere soggettivo e oggettivo.
3. Si può prescindere dall’esame delle eccezioni di improcedibilità per carenza di interesse - sollevate dal Comune resistente, in relazione a tutti i ricorsi in esame, per omessa impugnativa della deliberazione consiliare n. 6 del 15 gennaio 2001, con cui sostanzialmente il bene è passato, per destinazione, al patrimonio indisponibile del Comune; per essersi i ricorrenti avvalsi di tale deliberazione sia per sottrarsi all’ordine di demolizione imposto dalla Procura della Repubblica di Lucca in ottemperanza alla sentenza penale definitiva, sia per poter continuare ad abitare sino ad oggi nell’alloggio ormai acquisito dall’Ente; per la necessità, infine, in ottemperanza al provvedimento della Procura della Repubblica emesso in data 21 dicembre 2002, comunque di demolire gli immobili per cui è causa a prescindere dai provvedimenti amministrativi impugnati – stante l’infondatezza dei ricorsi nel merito.
4. Con il ricorso R.G. n. 1201/99, è stata impugnata l’ingiunzione a demolire n. 13 del 1° marzo 1999.
Il primo motivo, con il quale si deduce la omessa comunicazione di avvio del procedimento, è infondato alla luce del consolidato e condiviso orientamento giurisprudenziale, secondo il quale i provvedimenti repressivi di abusi edilizi non devono essere preceduti dall'avviso dell'inizio del procedimento, trattandosi di procedimenti tipizzati e vincolati e considerato che i provvedimenti sanzionatori presuppongono un mero accertamento tecnico sulla consistenza delle opere realizzate, nonchè sul carattere non assentito delle medesime (Consiglio di Stato, sez. IV, 30 marzo 2000, n. 1814; T.A.R. Campania, sez. IV, 28 marzo 2001, n. 1404, 14 giugno 2002, n. 3499, 12 febbraio 2003, n. 797; T.A.R. Sicilia, Catania sez. III, 3 marzo 2003, n. 374; T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. III, 20 aprile 2005, n. 577, 20 marzo 2006, n. 608; sez. II, 27 marzo 2007, n. 979).
Parimenti infondato è il secondo motivo di ricorso - con il quale è stata dedotta la carenza della motivazione - in quanto, secondo un consolidato e condiviso orientamento giurisprudenziale, i provvedimenti, che ordinano la demolizione di manufatti abusivi non abbisognano di particolari indicazioni in ordine all'attualità dell'interesse pubblico alla rimozione dell’abuso - che è in re ipsa, consistendo nel ripristino dell’assetto urbanistico violato (C.G.A. 5 dicembre 2002, n. 651; T.A.R. Campania, sez. IV, 4 luglio 2001, n. 3071; 13 giugno 2002, n. 3485; 20 ottobre 2003, n. 12962; T.A.R. Sicilia, sez. III, 26 ottobre 2005, n. 4105, sez. II, 27 marzo 2007, n. 979). Pertanto, l'ordinanza di demolizione di opere edilizie abusive è sufficientemente motivata con riferimento all'oggettivo riscontro dell'abusività delle opere ed alla sicura assoggettabilità di queste al regime concessorio (T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, 2 dicembre 2004, n. 18085). Tali provvedimenti, infatti, prescindono da qualsiasi valutazione discrezionale dei fatti e sono subordinati al solo verificarsi dei presupposti stabiliti dalla legge, così che, una volta accertata la consistenza dell'abuso, non vi è alcun margine di ponderazione per l'interesse pubblico eventualmente collegato. (Consiglio Stato, sez. IV, 27 aprile 2004, n. 2529).
E, nel caso di specie, dalla semplice lettura del provvedimento impugnato, risulta chiara sia la descrizione delle opere realizzate, sia il fatto che tali “opere sono abusive ad ogni effetto perché prive del necessario titolo concessorio come descritto per legge”, sia quale sia la normativa di riferimento e cioè, in particolare, gli artt. 7 e 8 della legge n. 47/1985 e l’art. 1 della legge n. 10/1977.
Infondato è, infine, il terzo motivo di ricorso – con il quale è stata dedotta la violazione di legge in relazione all’art. 13 della legge n. 471985, per non avere l’Amministrazione comunale preventivamente verificato la sanabilità degli abusi – in quanto, non essendo stata presentata, alla data di emanazione del provvedimento impugnato, alcuna istanza di sanatoria, l’Amministrazione non era tenuta ad effettuare alcuna verifica preventiva in ordine alla sanabilità degli abusi.
5. Il ricorso R.G. n. 1201/99 risulta, pertanto, infondato e va respinto.
6. Con il ricorso R.G. n. 2644/99, è stato impugnato il diniego di sanatoria comunicato con nota prot. n. 15801 del 1° luglio 1999.
Con il primo motivo di ricorso, i ricorrenti deducono il vizio di eccesso di potere per contraddittorietà della motivazione con precedente provvedimento, la violazione e falsa applicazione di legge in relazione all’art. 58 N.T.A. – Variante generale al P.R.G.C. del
20.12.1995, in quanto l’impugnato diniego di sanatoria “per la realizzazione di manufatto ad uso residenziale ed annessi accessori”, fondato sul rilievo che “nelle zone agricole E3A non sono ammesse abitazioni non rurali ed anche ai sensi della Legge n. 64/95 e n. 25/9”, sarebbe illegittimo perché contraddirebbe il tenore del precedente ordine di demolizione che classifica erroneamente la zona urbanistica dove ricade l’abuso come “E2”.
La censura è priva di pregio.
La circostanza che nell’ordine di demolizione sia indicata la zona E2 in luogo della E3A, è del tutto irrilevante ai fini della legittimità del diniego di sanatoria qui in esame.
Infatti, tale diniego è del tutto autonomo ed indipendente rispetto all’ordine di demolizione, e in esso viene indicata con precisione la zona urbanistica di riferimento, che è quella E3A, come ritenuto dagli stessi ricorrenti che invocano l’applicazione dell’art. 58 delle N.T.A., allora in vigore, che disciplina proprio le “zone agricole produttive di tipo A zone E3”.
Né può fondatamente sostenersi che il diniego non sarebbe stato motivato in ordine alla possibilità di realizzare nuove costruzioni nelle zone E3A.
Dalla semplice lettura del provvedimento impugnato, infatti, risulta chiarissimo che l’istanza relativa alla“realizzazione di manufatto ad uso residenziale ed annessi accessori non poteva essere accolta in quanto nelle “zone agricole E3A” non sono ammesse abitazioni non rurali ed anche ai sensi della legge n. 64/95 e n. 25/97”.
Risulta, dunque, palese che il provvedimento impugnato è stato adottato sul rilievo che la costruzione in argomento consisteva in un manufatto ad uso residenziale non rurale, che non poteva essere realizzato nelle zone agricole E3A, in cui erano ammesse solo nuove “residenze agricole”.
Del resto, anche la rubrica dell’art. 58 invocato dai ricorrenti – “Zone agricole produttive” – descrivendo il carattere delle zone ed anticipando il contenuto della disposizione, lascia intuire senza ombra di dubbio il divieto di utilizzare tali aree per scopi non collegati alle attività agricole.
Con il secondo motivo di ricorso, i ricorrenti lamentano l’eccesso di potere per illogicità della motivazione, in quanto le leggi regionali toscane n. 64/1995 e n. 25/1997, citate nel provvedimento impugnato, sarebbero state semplicemente qualificate come “leggi”, senza che fosse specificata la loro natura “regionale”.
La doglianza appare pretestuosa, in quanto dal provvedimento impugnato emerge chiaramente quale sia il nucleo motivazionale che lo sorregge, e cioè che nella zona agricola di riferimento, e cioè nella zona E3A, non sono ammesse abitazioni non rurali. Né i ricorrenti contestano nel merito la sussistenza di tale motivo ostativo.
Ciò è sufficiente a dare fondamento al provvedimento in questione, privando di qualsiasi pregio la censura formulata dai ricorrenti.
Con il terzo motivo di ricorso, i ricorrenti deducono la violazione di legge in relazione all’art. 3 L. n. 241/1990, in quanto nel provvedimento gravato non sarebbe stato precisato che l’impugnazione doveva essere promossa innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale, affermandosi, invece, che “contro la determinazione suddetta è ammesso ricorso giurisdizionale al Tribunale Regionale ai sensi dell’art. 16 della L. 28.01.1977 n. 10”.
Il rilievo non ha pregio.
Costituisce principio di diritto consolidato quello secondo cui la semplice omissione di quanto disposto dall’art. 3, comma 4, l. n. 241 del 1990 (“in ogni atto notificato al destinatario devono essere indicati il termine e l’autorità cui è possibile ricorrere”) non costituisce vizio di legittimità dell’atto amministrativo né giustifica “ex se” la rimessione in termini per errore scusabile (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. VI, 9 maggio 2011, n. 2730).
7. Il ricorso R.G. n. 2644/1999 risulta, pertanto, infondato in tutte le sue articolazioni e va, quindi, respinto.
8. Con il ricorso R.G. n. 2163/2000, sono stati impugnati il "Verbale di Accertamento di inadempienza spontanea ad ordinanza di demolizione n. 13 del 21.3.99" del 3 aprile 2000, a firma dell'Istruttore tecnico e del responsabile dell'Ufficio urbanistica del Comune di Pietrasanta, e
l’"Ordinanza di sgombero ed acquisizione al patrimonio comunale" n. 15 del 3 aprile 2000, emessa dal responsabile del procedimento e dal Dirigente dell'Ufficio Infrazioni Edilizie.
Con il medesimo ricorso è stata chiesta, altresì, la condanna del Comune di Pietrasanta al risarcimento dei danni conseguenti agli illegittimi provvedimenti impugnati.
Con il primo motivo di ricorso, i ricorrenti lamentano l’eccesso di potere per contraddittorietà della motivazione con precedente provvedimento, la violazione e falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 13 e 7, commi 3, 4 e 5 della legge n. 47/85, nonché l’eccesso di potere per sviamento.
Sostanzialmente, ritengono che l’ordinanza di demolizione n. 13/99, emessa prima della presentazione della domanda di sanatoria ex art. 13 della legge n. 47/85 e del successivo rigetto, avrebbe perso efficacia e, pertanto, non potrebbe costituire valido presupposto per la “confisca amministrativa”.
Quindi, i provvedimenti censurati sarebbero illegittimi in quanto il Comune avrebbe potuto adottarli soltanto dopo una nuova ordinanza di demolizione.
La censura non può essere condivisa.
L’art. 7 della legge n. 47/85, nel disciplinare il procedimento sanzionatorio conseguente alla commissione di determinati abusi edilizi, ai commi 3, 4 e 5, così recita: “3. Se il responsabile dell'abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall'ingiunzione, il bene e l'area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune. L'area acquisita non può comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita.
4. L'accertamento dell'inottemperanza alla ingiunzione a demolire, nel termine di cui al precedente comma, previa notifica all'interessato, costituisce titolo per l'immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, che deve essere eseguita gratuitamente.
5. L'opera acquisita deve essere demolita con ordinanza del sindaco a spese dei responsabili dell'abuso, salvo che con deliberazione consiliare non si dichiari l'esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l'opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici o ambientali”.
Nella fattispecie in esame, come emerso dalla esposizione in fatto, l’efficacia dell’ordinanza di demolizione n. 13/99 è stata sospesa da questo Tribunale con ordinanza cautelare n. 306 dell’8 agosto 1999 “fino alla pronuncia sulla domanda di sanatoria” presentata, ai sensi dell’art. 13 della legge n. 47/85, il 16 aprile 1999.
Il tenore della citata ordinanza cautelare era, dunque, inequivoco, in linea con un indirizzo giurisprudenziale, secondo il quale: “All'esito del procedimento di sanatoria, in caso di accoglimento dell'istanza, l'ordine di demolizione rimarrà privo di effetti in ragione dell'accertata conformità dell'intervento alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso sia al momento della presentazione della domanda, con conseguente venir meno dell'originario carattere abusivo dell'opera realizzata. Di contro, in caso di rigetto dell'istanza, l'ordine di demolizione riacquista la sua efficacia, con la sola precisazione che il termine concesso per l'esecuzione spontanea della demolizione deve decorrere dal momento in cui il diniego di sanatoria perviene a conoscenza dell'interessato, che non può rimanere pregiudicato dall'avere esercitato una facoltà di legge, quale quella di chiedere l'accertamento di conformità urbanistica, e deve pertanto poter fruire dell'intero termine a lui assegnato per adeguarsi all'ordine, evitando così le conseguenze negative connesse alla mancata esecuzione dello stesso" (T.A.R. Campania, Napoli, sez. II, 14 settembre 2009; nello stesso senso, TAR Campania, Napoli, sez. III, 12 aprile 2011 n. 2103).
E, pertanto, a seguito del diniego di sanatoria, comunicato ai ricorrenti con raccomandata a.r. prot. n. 15801 del 1° luglio 1999, pervenuta agli stessi il 7 luglio 1999, l’ordine di demolizione n. 13/99 ha riacquistato la sua efficacia e, quindi, ha determinato ope legis – non avendo i ricorrenti, nel termine di 90 giorni dalla comunicazione del diniego di sanatoria, proceduto alla demolizione, come emerso a seguito dell’accertamento dell’inadempienza, effettuato il 3 aprile 2000 - l’acquisizione, di cui all’art. 7 della legge n. 47/85, a favore della P.A., senza necessità che l’Amministrazione adottasse una nuova ed analoga ingiunzione a demolire.
Né, è opportuno rilevare, i ricorrenti hanno obiettato alcunché circa il carattere abusivo delle opere, né hanno eccepito che avrebbero potuto formulare eventuali doglianze in tal senso ove fosse stato emanato l’invocato nuovo ordine demolitorio.
Con il secondo motivo di ricorso, i ricorrenti lamentano la violazione di legge in relazione all’art. 7, commi 3 e 4, della legge n .47/85, l’eccesso di potere per sviamento, nonché l’insufficienza della motivazione.
Sostanzialmente, ritengono che l’ordine di acquisizione sarebbe illegittimo sia in quanto “non consente l’esatta identificazione dell’immobile da confiscare in via amministrativa sia perché non consente di valutare il rispetto dei limiti imposti dalla normativa”.
La censura è infondata.
L’ordinanza n. 15 del 6 luglio 2000 di sgombero ed acquisizione al patrimonio comunale dispone: “L’acquisizione delle opere abusive non demolite, dell’area di sedime nonché del terreno circostante, così come rappresentato in Catasto Terreni nel foglio di mappa 23 da porzione del mappale 1087 per una superficie complessiva di mq. 1000.
La trascrizione nei registri immobiliari, eseguita gratuitamente a favore del Comune di Pietrasanta (…) dovrà essere effettuata contro la seguente Ditta: NARDINI ARISTIDE nato a Forte dei Marmi il 23.1.1959 e PIERACCI ANNARITA nata a Monsummano Terme il 6.4.1960”.
E, sulla scorta di tale provvedimento, che ha quantificato la superficie da acquisire in complessivi mq. 1000, l’immobile, come risulta dalla nota di trascrizione, è stato, per tale superficie, regolarmente trascritto il 27 settembre 2000 a favore del Comune di Pietrasanta, con la precisazione che avrebbe fatto seguito il frazionamento del mappale 1087; in data 16 agosto 2001, come risulta dalla documentazione versata in atti, il mappale è stato, quindi, frazionato nelle particelle 1295, 1296 e 1297, di cui i primi due di proprietà comunale.
Ora, tenuto conto che, al momento dell’ordine di acquisizione, è necessaria soltanto la quantificazione dell’area da acquisire e non la precisa delimitazione, l’ordinanza va esente dalla censura avverso lo stesso formulata.
In merito, infatti, la giurisprudenza ha avuto ripetutamente modo di chiarire che “ai sensi dell'art. 7 comma 3 L. 28 febbraio 1985 n. 47 l'acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell'immobile abusivo e della relativa area di sedime costituisce effetto automatico della mancata ottemperanza all'ordinanza di ingiunzione della demolizione e, pertanto, il provvedimento di accertamento di detta inottemperanza, il quale costituisce titolo per l'immissione in possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, ha natura meramente dichiarativa e non implica scelte di tipo discrezionale, fermo restando che sia l'ordinanza di ingiunzione della demolizione sia quella di acquisizione al patrimonio comunale possono essere adottate senza la specifica indicazione delle aree oggetto di acquisizione, in quanto a tale individuazione può procedersi, sulla base dell'art. 7 L. n.47 cit. con successivo e separato atto ( cfr. fra le tante, T.A.R. Calabria - Catanzaro - Sez. II - 8 marzo 2007, n. 161 ; Cons. Stato Sez. VI, 8 aprile 2004, n. 1998)” (TAR Sicilia, Palermo, 2 ottobre 2007, n. 2050).
Né i ricorrenti si dolgono del fatto che il Comune di Pietrasanta avrebbe acquisito un'area superiore a quella consentita dalla legge 47/85.
9. Il ricorso R.G. n. 2163/2000 risulta, pertanto, infondato, per la parte impugnatoria, e va, quindi, correlativamente respinto.
10. La reiezione del ricorso R.G. n. 2163/200, per la parte impugnatoria, determina la reiezione anche della richiesta di risarcimento danni con lo stesso formulata, stante l’accessorietà della domanda risarcitoria rispetto alla domanda principale.
10. Quanto alle spese dei giudizi, le stesse seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti, previa riunione degli stessi, li respinge.
Respinge la domanda di risarcimento danni, di cui al ricorso R.G. n. 2163/2000.
Condanna i ricorrenti, in solido tra loro, a rifondere all’Amministrazione comunale resistente le spese dei giudizi, che liquida nella complessiva somma di euro 4.000 (quattromila/00), oltre IVA e CPA.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 21 ottobre 2011 con l'intervento dei magistrati:
Angela Radesi, Presidente
Eleonora Di Santo, Consigliere, Estensore
Silvio Lomazzi, Primo Referendario
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/10/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)