Tar Campania (NA) Sez. III n.1296 del 9 marzo 2016
Urbanistica.Ordine demolitorio e vendita a terzi dell'immobile abusivo

L'ordine demolitorio va rivolto nei confronti di colui che risulta avere commesso l'abuso. Costui non può sottrarsi alle relative responsabilità solo perché ha provveduto nel frattempo a vendere l'immobile a terzi; questo perché è di tutta evidenza che il perseguimento del potere sanzionatorio in materia di contrasto all’abusivismo edilizio non può essere neutralizzato dall’alienazione a terzi della proprietà del bene contestato. Inoltre, dalla lettura dell'art. 31, commi 2 e 3, d.p.r. 380/2001 emerge come i destinatari della sanzione demolitoria, in forma non alternativa, possono essere sia il proprietario sia il responsabile dell'abuso. La previsione si giustifica con l'obbligo per l'amministrazione di reprimere in qualsiasi momento l'esecuzione di opere senza titolo aventi natura di illecito permanente, a fronte del quale sul piano urbanistico-edilizio corrisponde un'insopprimibile esigenza pubblicistica di rimessa in pristino nei confronti dei soggetti che, in quanto proprietari, si presumano esserne gli autori e comunque responsabili.

N. 01296/2016 REG.PROV.COLL.

N. 01588/2015 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1588 del 2015, proposto da:
Domenico Provitolo, rappresentato e difeso dagli avv. Federico Acocella e Carlo Duccilli, con domicilio eletto in Napoli, Via G. Pergolesi, 1 presso lo studio dell’avv. Ruggiero;

contro

- Comune di Ercolano, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Sergio Soria, presso lo studio con domicilio eletto presso Sergio Soria in Napoli, Parco Comola Ricci, 165;
- Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo (MIBAC), in persona del ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliata in Napoli, Via Diaz, 11;

per l'annullamento:

1) dell’ordinanza 100/2014 prot. 71363 del dirigente del settore Pianificazione Urbanistica, Ufficio Antiabusivo del Comune di Ercolano del 15 dicembre 2014, notificata il 13 gennaio 2015, con la quale è stata ingiunta la demolizione, ai sensi degli artt. 29-33 d.p.r. n. 380/2001, di opere abusivamente realizzate, in assenza dei prescritti titoli abilitativi in Ercolano al Corso Resina n. 364 (villa Vargas Machucca);

2) del verbale di accertamento del Comando Polizia Locale di Ercolano prot. n. 17578 del 10 agosto 1985;

3) dell’ingiunzione di demolizione del Comune di Ercolano n. 36/85 del 13 agosto 1985;

4) dell’accertamento di non ottemperanza all’ingiunzione di cui sub 3);

5) della dichiarazione di acquisizione al patrimonio del Comune di Ercolano prot. n. 1964 del 15 gennaio 2007;

6) dell’ignoto e non indicato per estremi “sopralluogo congiunto con il Soprintendente per la tutela dei monumenti e con il Comando di polizia locale”;

Nonché per l’accertamento e la declaratoria di sopravvenuta revoca o inefficacia, anche tacita o implicita, degli atti di accertamento di inottemperanza all’ingiunzione n. 36/1985 e di acquisizione gratuita al patrimonio di cui ai precedenti punti sub 2c) e 2d) e per il conseguente diritto del ricorrente a mantenere la disponibilità al trasferimento della proprietà unitamente alle opere, alla luce di rettifica del procedimento sanzionatorio adottato dal Comune di Ercolano.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Ercolano e del Ministero per i Beni e le attività culturali e del turismo;

Vista l’ordinanza cautelare n. 830 del 23 aprile 2015;

Vista l’ordinanza di appello cautelare n. 3981 del 9 settembre 2015 del Consiglio di Stato;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore alla pubblica udienza del giorno 12 gennaio 2016 il dott. Gianmario Palliggiano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

 

FATTO

1.- Con l’odierno ricorso, notificato il 12 marzo 2015 e depositato il successivo 30, Provitolo Domenico ha impugnato l’ordinanza di demolizione n. 100/2014 e gli atti ad essa collegati in epigrafe meglio specificati

Riferisce il ricorrente che, come risulta dalla stessa ordinanza impugnata, in data 10 agosto 1985, il Comando di Polizia locale predispose il verbale di accertamento prot. n. 17578 a carico del ricorrente, in qualità di proprietario, committente, responsabile, poiché, “in assenza di alcun titolo abilitativo”, aveva realizzato in Ercolano al Corso Resina n. 364 le seguenti opere abusive: “un vano in sopraelevazione realizzato con blocchi di cemento e solaio in ferro e laterizi per una superficie complessiva di circa 25 mq sul lato destro”; nonché “sul lato sinistro” …“la copertura di un terrazzino con travetti prefabbricati e laterizi poggianti su due pilastri in c.a. per una superficie di circa 9 mq.”.

In virtù del predetto accertamento, in data 13 agosto 1985, il comune emise, l’ordine n. 36/1985, ai sensi dell’art. 7 L. 47/1985, notificato al ricorrente il successivo 22, contenente l’ingiunzione a demolire le opere contestate.

Successivamente, il 10 febbraio 1986, il comando della Polizia municipale effettuò un nuovo sopralluogo, a seguito del quale rilevò che l’ingiunzione n. 36/85 non era stata adempiuta (cfr. nota prot. n. 467 del 14 febbraio 1986)

Sicché, l’amministrazione comunale, con atto prot. n. 1964 del 15 gennaio 2007, emise la dichiarazione di acquisizione di opera abusiva e della relativa area di sedime al patrimonio comunale.

La stessa ordinanza oggi impugnata attesta, tuttavia, che “dalla consultazione degli atti di ufficio tali beni, però, non risultano ancora trascritti alla CC.RR.II. in favore del Comune di Ercolano”.

In seguito, con atto di compravendita del 4 maggio 2007, il ricorrente alienò ai coniugi Ciro B. e Anna P. l’unità immobiliare in questione. Pertanto, a partire da quella data, non è più proprietario del bene, oggetto di contestazione.

2.- Su questi antefatti, l’amministrazione comunale ha emesso l’ordinanza n. 100/2014, impugnata con l’odierno ricorso, dalla quale emerge ancora l’attribuzione al ricorrente dello status di proprietario dell’unità immobiliare.

Con la predetta ordinanza, il comune di Ercolano ha proceduto alla rettifica dell’originaria ingiunzione a demolire n. 36/1985 e ne ha emesso una nuova ai sensi, non più dell’art. 7 L. 47/1985, bensì degli artt. 27 e 33 d.p.r. 380/2001. Per questo, ad avviso del ricorrente, ha condotto una nuova istruttoria e nuove valutazioni, sintetizzabili nei seguenti passaggi:

a) “da un recente sopralluogo congiunto con il Soprintendente per la tutela dei monumenti e con il comando di P.L. presso l’edificio … è emerso che l’opera edilizia in questione non è autonomamente utilizzabile, in quanto il vano in comunione con preesistente unità immobiliare, nonché realizzato in sopraelevazione a preesistente locale a piano terra”;

b) “l’abuso edilizio … rientra tra le categorie non sanabili, ai sensi dell’art. 33 L. 47/85 in quanto realizzato in ampliamento di immobile vincolato ai sensi della L. 1089/39…”;

c) “per i motivi su esposti si ritiene plausibile l’eventuale destinazione a fini pubblici del manufatto in questione, in quanto il medesimo in netto contrasto con rilevanti interessi storici urbanistici e paesaggistici”;

3.- Il ricorrente ritiene quindi che il nuovo ordine di demolizione sia stato irrogato illegittimamente e che comunque tale ordine e l’inottemperanza allo stesso non potranno spiegare effetto alcuno nei suoi confronti, posto che la sanzione avrebbe dovuto essere irrogata a carico del nuovo proprietario, a lui subentrato. Eccepisce in ogni caso di non essere più legittimato passivo alla vicenda in questione.

Formula poi una serie di censure nel merito che saranno illustrate nel dettaglio in punto di diritto.

Chiede, da un lato, l’annullamento dell’ordinanza impugnata nonché l’accertamento e la dichiarazione della sopravvenuta revoca o comunque inefficacia anche implicita, degli atti di accertamento di inottemperanza all’ingiunzione n. 36/1985 e di acquisizione gratuita al patrimonio di cui agli atti prot. n. 1964/2007, prot. n. 4267 del 14 febbraio 1986 e del 28 febbraio 1996.

4.- Si sono costituiti in giudizio il comune di Ercolano che, con memoria depositata in data 18 aprile 2015, ha concluso per il rigetto del ricorso.

Il MIBAC si è costituito in giudizio per il tramite dell’Avvocatura distrettuale dello Stato che ha depositato memoria di mera costituzione.

Con ordinanza n. 830 del 24 aprile 2015, il Tar ha respinto la richiesta di sospensione cautelare dell’esecuzione del provvedimento impugnato.

Il Consiglio di Stato, con ordinanza n. 3981 del 9 settembre 2015, ha accolto l’appello cautelare.

Il ricorrente, con memoria depositata il 9 dicembre 2015, ha puntualizzato e ribadito le proprie argomentazioni.

Alla pubblica udienza del 12 gennaio 2016, la causa è stata trattenuta per la decisione

DIRITTO

1.- Va in primo luogo rigettata l’eccezione di carenza di legittimazione sostanziale passiva, formulata dal ricorrente in via introduttiva alle censure e ribadita col quinto motivo di ricorso. Al riguardo, Provitolo Domenico deduce la circostanza di non essere più proprietario del bene sul quale è stato compiuto l’abuso.

Le opere oggetto di sanzione, come sopra ampiamente illustrato, furono già interessate dall’ordinanza di demolizione n. 36 del 13 agosto 1985, notificata al ricorrente il successivo 22, rimasta non eseguita.

A tale ordinanza ha fatto seguito il provvedimento prot. 53254 del 27 dicembre 2006, di acquisizione delle stesse, unitamente all'area di sedime, al patrimonio indisponibile dell'ente comunale. Il provvedimento non fu trascritto presso la competente Conservatoria Registri immobiliari di Napoli, dal momento che l'immobile in questione, in data 4 maggio 2007, è stato alienato dal ricorrente a B. Ciro e P. Anna, nei confronti dei quali, peraltro, l’amministrazione comunale, con nota prot. 11083 del 5 marzo 2015, ha fornito la comunicazione di avvio del procedimento teso alla demolizione, ai sensi dell’artt. 7 e seguenti L. n. 241/1990; il che si pone quale atto presupposto necessario per la formalizzazione del provvedimento sanzionatorio anche nei confronti degli attuali proprietari.

Contrariamente all'assunto del ricorrente sussiste quindi la sua legittimazione passiva in quanto l'ordine demolitorio, anche quello l’attuale, in rettifica di quello precedente, va rivolto nei confronti di colui che risulta avere commesso l'abuso. Costui non può sottrarsi alle relative responsabilità solo perché ha provveduto nel frattempo a vendere l'immobile a terzi; questo perché - come insegna pacifica ed ormai risalente giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione (Cass. Pen., Sez. III, 5 novembre 1998, n. 2882) - è di tutta evidenza che il perseguimento del potere sanzionatorio in materia di contrasto all’abusivismo edilizio non può essere neutralizzato dall’alienazione a terzi della proprietà del bene contestato.

Inoltre, dalla lettura dell'art. 31, commi 2 e 3, d.p.r. 380/2001 emerge come i destinatari della sanzione demolitoria, in forma non alternativa, possono essere sia il proprietario sia il responsabile dell'abuso. La previsione si giustifica con l'obbligo per l'amministrazione di reprimere in qualsiasi momento l'esecuzione di opere senza titolo aventi natura di illecito permanente, a fronte del quale sul piano urbanistico-edilizio corrisponde un'insopprimibile esigenza pubblicistica di rimessa in pristino nei confronti dei soggetti che, in quanto proprietari, si presumano esserne gli autori e comunque responsabili.

A ciò aggiungasi che, nel contratto di compravendita del 4 maggio 2007, stipulato con rogito notarile (di cui copia è allegata all’atto introduttivo del ricorso), il ricorrente ha del tutto trascurato di rappresentare al notaio rogante ed ai compratori l'esistenza dei provvedimenti comunali di demolizione e di acquisizione interessanti il bene; non a caso, gli attuali proprietari, con lettera redatta in data 19 gennaio 2015 dal proprio legale (all. 4 al ricorso), hanno anticipato azioni legali per l'annullamento dell'atto di compravendita.

In ogni caso, la mancata notifica all’effettivo proprietario del bene non inficia la legittimità dell’ordinanza di demolizione bensì unicamente la sua efficacia, nel senso che non potrà essere opposta nei di lui confronti fino a quando non ne viene a conoscenza (cfr., ex multis e da ultimo, Tar Veneto, Venezia, sez. I, 20 novembre 2015, n. 1240; T.A.R. Campania, Napoli, sez. IV, 10 novembre 2015, n. 5262).

2.- Ciò chiarito, col primo motivo di ricorso, il ricorrente censura la violazione e la falsa applicazione degli artt. 26 e 33 d.p.r. 380/2001; dell’art. 33, comma 2, L. n. 47/1985; degli artt. 1, 3 e 6 L. n. 241/1990; l’eccesso di potere per difetto d’istruttoria di motivazione, errore sui presupposti di fatto e di diritto; violazione dei principi di necessari età, proporzionalità e alternatività della sanzione; perplessità della motivazione.

2.1.- Rileva in particolare che gli interventi abusivi contestati nel 1985 (un vano in sopraelevazione e la copertura di un terrazzino) sono state riesaminati, riqualificati e sanzionati nuovamente.

Con l’ordinanza rinnovata, l’amministrazione comunale contesta che l’opera realizzata non sia autonomamente utilizzabile, “in quanto il vano realizzato in sopraelevazione, finirebbe per essere in comunione con il preesistente locale a piano terra.”.

Ne consegue che l’intervento abusivo è stato ricondotto nell’ambito della categoria della ristrutturazione edilizia, sanzionata ai sensi dell’art. 33, comma 2, d.p.r. 380/2001. A suo avviso, tuttavia, questa qualificazione sarebbe erronea, almeno riguardo alla copertura del terrazzino.

Il ricorrente sostiene infatti che, mentre con l’ordinanza n. 36/1985, il comune ha applicato la sanzione demolitoria, ai sensi dell’art. 7 L. 47/1985, avendo dato rilievo alla realizzazione di un nuovo manufatto senza la prescritta concessione, al contrario, con l’ordinanza n. 100/2014, il comune, nel ritenere l’opera abusiva in questione non autonomamente utilizzabile ha attribuito all’intervento una qualificazione del tutto differente da quella effettuata nel 1985, con applicazione della diversa sanzione, di cui agli artt. 27 e 33 d.p.r. 380/2001.

Vi sarebbe stata, pertanto, una rinnovazione dell’istruttoria, con una nuova e diversa qualificazione dell’intervento sanzionato e del relativo regime sanzionatorio.

2.2.- Il motivo non è fondato.

L’impugnata ordinanza n. 100/2014 ha contenuto reiterativo e di rettifica della precedente ordinanza di demolizione n. 36/1985, preso atto che le opere all’epoca riscontrate come abusive, non sono state mai rimosse. Sicché, in senso contrario all’assunto del ricorrente, non vi è stata alcuna rinnovazione d’istruttoria, ma solo la constatazione dell’inottemperanza alla precedente ordinanza, a fronte degli abusi che sono cristallizzati al momento in cui furono all’epoca compiuti..

Era ben chiaro che il comune, per intervenire nuovamente, per di più nei confronti non solo del ricorrente, all’epoca autore degli abusi, ma anche degli attuali proprietari – ai quali, si rammenta è stata fornita, con nota prot. 11083 del 5 marzo 2015, comunicazione di avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7 L. n. 241/1990 - nel riformulare l’ordinanza di demolizione, ha dovuto tenere conto del mutato quadro normativo attualmente vigente e del sopravvenire di ulteriori vincoli sull’area.

2.3.- Ciò chiarito in via preliminare, le opere abusive riscontrate - nella specie, si ripete, una sopraelevazione della superficie di circa mq. 25 ed una copertura di un terrazzino della superficie di mq. 9 - sono state realizzate su di un immobile che era già sottoposto a vincolo, ai sensi della L. n. 1089/1039, disciplina oggi confluita nel d. lgs. 42/2004, in quanto dichiarato “bene culturale”, inserito tra l’altro nell'elenco delle Ville Vesuviane del secolo XVIII.

Poiché l’abuso edilizio ha comportato ampliamenti volumetrici e di superficie su un immobile vincolato, l’opera compiuta rientra a rigore nell’ambito degli interventi non sanabili, ai sensi dell’art. 33 L. n. 47/1985.

3.- La questione della rilevanza del vincolo può essere meglio illustrata con l’esame del secondo motivo di ricorso, col quale il ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 27 e 33 d.p.r. 380/2001, dell’art. 33 L. n. 47/1985, degli artt.1, 3 e 6 L. n. 241/1990; l’eccesso di potere per difetto d’istruttoria, carenza di motivazione, errore sui presupposti di fatto e di diritto, travisamento; violazione degli artt. 1 e seguenti L. 1089/1939 e 1, 20 22 e 33 L. n. 42/2004.

3.1.- A suo avviso, le ragioni esposte col precedente motivo non verrebbero meno a causa dell’esistenza sull’immobile del vincolo diretto, ai sensi della L. 1089/1939, che avrebbe erroneamente indotto l’amministrazione ad applicare l’art. 27, comma 2, d.p.r. 380/2001 ed il richiamato art. 33 L . 47/1985.

Il ricorrente osserva, sul punto, che la menzionata normativa di cui alla L. 1089/1939 non imponeva l’inedificabilità assoluta perché, ai sensi dell’allora vigente art. 18, era obbligatorio sottoporre qualsiasi trasformazione alla preventiva autorizzazione degli organi preposti. Corrobora questa tesi, osservando che l’indicata L. 1089/1939 è oggi confluita nel d. lgs. 42/2004, attualmente in vigore, che - agli artt. 20, 22 e 23 - conferma la natura non ostativa all’edificazione del vincolo in parola, considerato che prevede anche la possibilità di intervento tramite d.i.a.

3.2.- Il motivo, per quanto suggestivo, non è fondato.

Come sopra anticipato, l'immobile sul quale sono state realizzate le opere abusive sanzionate, da un lato, è sottoposto al vincolo "storico-culturale", ad opera del MIBAC; trattasi infatti di un antico fabbricato, denominato"villa Vargas Machucca", rientrante, tra l'altro, nell'elenco delle Ville Vesuviane del XVIII secolo; dall'altro lato, l’immobile ricade in territorio sottoposto alla tutela prevista dal d. lgs. 42/2004, in precedenza L. n. 1497/1939, in virtù dei DD.MM. 17 agosto 1961 e 26 marzo 1985 (pubblicati, rispettivamente, nelle Gazzette Ufficiali n. 212 del 28 agosto 1961 e n. 98 del 26 aprile 1985), cui fa riferimento anche la legge n. 431/1985. I vincoli sono tutti preesistenti al compimento degli interventi abusivi.

Non regge la considerazione del ricorrente sulla natura non assoluta del vincolo introdotto ai sensi della L. 1089/1939. Si osserva, in proposito, che l’art. 18 della L. 1089/1939, invocato dal ricorrente, imponeva a proprietari, possessori e detentori a qualsiasi titolo delle cose mobili od immobili, soggette a vincolo storico-artistico, di sottoporre alla competente Soprintendenza i progetti delle opere di qualunque genere che intendessero eseguire, al fine di ottenerne la preventiva approvazione.

La norma non può valere nel caso di abusi edilizi per i quali non era stata chiesta alcuna preventiva autorizzazione. E’ per questa ragione che, correttamente, l’amministrazione comunale ha fatto applicazione dell’art. 7 L. 47/1985, norma che predispone l’apparato sanzionatorio in tema di “opere eseguite in assenza di concessione”.

In ogni caso, gli abusi a suo tempo realizzati dal ricorrente non possono classificarsi quali interventi minori, avendo al contrario comportato un ampliamento volumetrico con inevitabile impatto sull'assetto complessivo del territorio, sottoposto alla tutela dei noti vincoli paesaggistici ed ambientali.

3.3.- Attualmente, l’immobile ricade in area inclusa dal Piano Territoriale Paesistico dei comuni Vesuviani, approvato con D.M. 4 luglio 2002 e nel vigente P.R.G. nel Comparto n. 12, per il quale è espressamente fissata una tutela specifica per le esistenti ville e monumenti, la quale impone un regime di inedificabilità.

Alla normativa ed agli atti di programmazione del territorio sopra descritti, nessuno dei quali è oggetto di specifica censura da parte del ricorrente, deve aggiungersi che l’art. 5 della Legge regionale Campania 10 dicembre 2003 n. 21 - contenente: Norme urbanistiche per i comuni rientranti nelle zone a rischio vulcanico dell’area vesuviana - al comma 1, sancisce il divieto di rilascio in zona rossa (gravante sull’intero territorio del comune di Ercolano) di titoli edilizi che consentano “la realizzazione di interventi finalizzati all’incremento dell’edilizia residenziale”, ai sensi dell’art. 2.

4.- Né migliore considerazione può ricevere il terzo motivo di ricorso col quale il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 27, comma 2, d.p.r. 380/2001, in relazione al d. lgs. n. 42/2004 ed alla L. 1089/1939, per incompetenza del dirigente ad emettere gli impugnati.

Il motivo è infondato, posto che il dirigente del Settore Pianificazione Urbanistica del Comune di Ercolano, ai sensi della normativa vigente, è legittimato e competente.

4.1.- In particolare, l'art. 51, comma 3,L. 8 giugno 1990 n. 142 - nel testo novellato dall'art. 6, comma 2,L. 15 maggio 1997 n. 127, nonché dell'art. 2, L. 16 giugno 1998 n. 191 e dell'art. 107, comma 3, lett. g), d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267 – prescrive che l’ordinanza di demolizione di opere edilizie abusive rientra nella competenza del dirigente comunale, ovvero, nei Comuni sprovvisti di detta qualifica, dei responsabili degli uffici e dei servizi e non del Sindaco. Trattasi, infatti, di ipotesi tipica di esercizio del potere gestionale, per il quale le menzionate discipline normative hanno determinato il generalizzato trasferimento delle competenze del Sindaco ai dirigenti del comune (Cons. Stato, Sez. V, 8 marzo 2005 n. 952; Idem, 4 maggio 2004, n.2694; Idem, 21 novembre 2003, n. 7632).

4.2.- Inoltre, l'art. 107, comma 3, lett. g), d. lgs. n. 267/2000, tra i compiti attribuiti al dirigente contempla espressamente “tutti i provvedimenti di sospensione dei lavori, abbattimento e riduzione in pristino di competenza comunale, nonché i poteri di vigilanza edilizia ed irrogazione delle sanzioni amministrative previste dalla vigente legislazione statale e regionale in materia di prevenzione e repressione dell'abusivismo edilizio e paesaggistico ambientale”, nonché (comma 5) “l'adozione di atti di gestione e di atti e provvedimenti amministrativi”.

4.3.- Peraltro, l'art. 45 dello Statuto del Comune di Ercolano (pubblicato in BURC Regione Campania supp. n. 61 del 19 novembre 2001), ed entrato in vigore dal 24 novembre 2001, conferma l'indicata normativa.

4.4.- In definitiva, il provvedimento impugnato è pienamente legittimo in quanto adottato in conformità alla normativa primaria ed allo Statuto dell’ente comunale, che di tale normativa è attuativo (Cons. Stato, Sez. V, 27 settembre 2007 n. 6297; TAR Campania, Napoli, Sez. III, 11 marzo 2009 nn. 1380, 1378 e 1375; 10 febbraio 2009 n. 661; 1° dicembre 2008, n. 20721).

5.- Con il quarto motivo, il ricorrente si duole della violazione e della mancata applicazione degli artt. 1, 7 , 8 e 10 L. n. 241/1990 per omessa comunicazione di avvio del procedimento, nonché dell’eccesso di potere per violazione del giusto procedimento e per carenza d’istruttoria.

Osserva il ricorrente che, ove il comune gli avesse inviato la comunicazione di avvio del procedimento di rettifica del provvedimento repressivo, avrebbe potuto rappresentare all’ente sia il mutamento di titolarità proprietaria sia le insufficienze istruttorie e procedimentali su circostanze la cui conoscenza sarebbe stata utile per irrogare una sanzione proporzionata e legittima.

Il motivo non ha fondamento.

Al riguardo deve osservarsi che, da un lato, proprio in occasione della comunicazione della precedente ordinanza n. 36/1985, era stato comunque instaurato un contraddittorio procedimentale, i cui termini sostanziali e procedimentali erano ben conosciuti dal ricorrente. Dall’altro, la censura deve essere oggi riconsiderata alla luce della sopravvenuta novella, ad opera della legge n. 15/2005, della L. n. 241/1990, con l’inserimento della regola di cui all’art. 21-octies secondo cui non sono annullabili gli atti afflitti da vizi solo formali-procedurali, allorquando, com’è nel caso in esame, si tratti di atti dovuti e vincolati e l’esito del procedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, anche laddove fosse intervenuta la preventiva comunicazione di avvio del procedimento. Ne consegue che, anche a volere riconoscere che la fase di avvio del procedimento possa essere stata deficitaria, accedendo in linea puramente ipotetica alla prospettazione di parte ricorrente, siffatta lacuna formale non sarebbe comunque idonea a determinare l’annullamento dell’ordinanza impugnata, la quale, si ripete, trae origine pur sempre da un’inottemperanza del ricorrente (T.A.R. Campania, Napoli, sez. IV, 23 dicembre 2015, n. 5883).

Per questi spetti, il ricorso va respinto.

6.- Deve, infine, affrontarsi la richiesta di accertamento e di dichiarazione della sopravvenuta revoca ovvero inefficacia, anche implicita, degli atti di accertamento d’inottemperanza all’ingiunzione n. 36/1985 e di acquisizione gratuita al patrimonio di cui ai prot. n. 1964/2007, prot. n. 4267 del 14 febbraio 1986 e del 28 febbraio 1986 e per il conseguente diritto del ricorrente a preservare la proprietà delle opere, anche in relazione all’alienazione avvenuta nel 2007, alla luce dell’attività di rettifica del procedimento sanzionatorio adottato dal comune di Ercolano.

6.1.- Questo specifico motivo di doglianza appare al Collegio degno di considerazione, limitatamente al provvedimento di acquisizione gratuita della proprietà.

Ed invero, l’acquisizione della proprietà all’epoca fu diretta conseguenza dell’inottemperanza all’ordine di demolizione, formulato ai sensi dell’art. 7 L. 47/1985, attualmente art. 31 d.p.r. 380/2001.

Ora, va in primo luogo considerato che, a fronte dell’inadempimento all’ordine di demolizione e di rimessa in pristino, per opere abusive eseguite su immobili vincolati, ai sensi delle leggi n. 1089/1939 e n. 1497/1939, l’art. 9, comma 3, L. 47/1985 (attualmente art. 33, comma 3, d.p.r. 380/2001) non prevede l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale ma dispone che “l'amministrazione competente a vigilare sull'osservanza del vincolo, salva l'applicazione di altre misure e sanzioni previste da norme vigenti, ordina la restituzione in pristino a cura e spese del responsabile dell'abuso, indicando criteri e modalità diretti a ricostituire l'originario organismo edilizio, ed irroga una sanzione pecuniaria”.

In disparte l’inequivocabile dato normativo, nel caso di specie è comunque evidente che la reiterazione dell’ordine di demolizione assume un chiaro valore di revoca implicita della disposta acquisizione gratuita del bene, posta l’incompatibilità concettuale tra una manifestazione di volontà intesa ad apprendere l’opera ed un’altra orientata, invece, a ribadire l’interesse alla demolizione ed a riportare il bene allo stato preesistente l’abuso.

Sicché non rimane al Collegio che prendere atto della manifestazione per atti concludenti dell’intenzione del comune di Ercolano di soprassedere in merito al mantenimento ed alla relativa esecuzione del provvedimento di acquisizione.

7.- Per quanto sopra, pertanto, il ricorso va respinto, salvo l’accoglimento della domanda limitata all’accertamento della sopravvenuta revoca dell’acquisizione gratuita al patrimonio del comune resistente.

In relazione alla complessità in fatto della vicenda, alla circostanza della riattivazione dei poteri sanzionatori e repressivi dell’abuso a distanza di anni dall’accadimento dei fatti ed all’accoglimento limitato al provvedimento di acquisizione sanante, il Collegio ravvisa la sussistenza delle eccezionali ragioni per compensare integralmente le spese del giudizio tra le parti costituite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Accoglie la richiesta di accertamento di sopravvenuta revoca dell’acquisizione gratuita al patrimonio prot. n. 1964 del 15 gennai 2007.

Compensa integralmente le spese del presente giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 12 gennaio 2016 con l'intervento dei magistrati:

 

Fabio Donadono, Presidente

Gianmario Palliggiano, Consigliere, Estensore

Giuseppe Esposito, Consigliere

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 09/03/2016

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)