TAR Campania (SA) Sez. III n. 2226 del 26 agosto 2022
Urbanistica.Fascia di rispetto ferroviario
L'autorizzazione alla deroga delle distanze minime dalle rotaie da parte dell'autorità (RFI - s.p.a.) cui compete la tutela del vincolo della fascia di rispetto ferroviario forma il necessario presupposto per il rilascio del titolo abilitativo, anche in via di sanatoria, conseguendo a valutazione discrezionale dei valori antagonisti secondo il criterio di prevalenza dell'interesse alla protezione della pubblica incolumità, nonché alla sicurezza dell'esercizio ferroviario: per il diniego del nulla osta è sufficiente una sintetica, implicita motivazione, che palesi le ragioni avverse all'accoglimento della istanza del privato, mentre è, semmai, il parere favorevole alla realizzazione o mantenimento di costruzioni infra m. 30 dalla rete a dovere individuare e puntualizzare le ragioni che legittimano la concessione del nulla osta, pena la elusione delle prescrizioni di legge, della tutela del bene primario della incolumità pubblica
Pubblicato il 26/08/2022
N. 02226/2022 REG.PROV.COLL.
N. 01907/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
sezione staccata di Salerno (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1907 del 2019, proposto da:
Sirob Costruzioni s. r. l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Marcello Fortunato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto, in Salerno, alla via SS. Martiri Salernitani, 31;
contro
Rete Ferroviaria Italiana s. p. a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Mario Esposito, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto, in Salerno, al Largo San Tommaso d’Aquino, 3, presso la Segreteria del T. A. R. Salerno;
per l’annullamento
- A) del provvedimento, prot. 6905 del 4.10.2019, con cui R.F.I ha respinto l’istanza, depositata dalla ricorrente, ai fini del rilascio dell’autorizzazione in deroga, ai sensi dell’art. 60 del d. P. R. 753 del 1980, alle distanze, di cui agli artt. da 49 a 56, del d. P. R. n. 753/1980, per la realizzazione di un intervento di sostituzione volumetrica, alla via Roma del Comune di Sarno;
- B) del provvedimento, prot.n. 47022019 del 4.11.2019, con cui R.F.I. ha confermato il provvedimento negativo, sub A);
- C) d’ogni altro atto, anche non conosciuto, presupposto, collegato, connesso e consequenziale;
Visti il ricorso ed i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Rete Ferroviaria Italiana s. p. a.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 12 luglio 2022, il dott. Paolo Severini;
Uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue;
FATTO
La società ricorrente, premesso, in fatto, che:
- operava, da svariati anni, nel settore dell’edilizia specializzata e, l’8.08.2018, essendo interessata a realizzare un intervento edilizio di sostituzione volumetrica di un preesistente fabbricato industriale, con un complesso residenziale, in area gravata da vincolo ferroviario, catastalmente definita al Comune di Sarno, al foglio 19, p.lle 1443 – 1454, aveva depositato istanza, ai fini del conseguimento dell’autorizzazione in deroga alle distanze, ex art. 60 d. P. R. 753 del 1980;
- con nota, prot. 4408 dell’11.09.2018, R.F.I. aveva richiesto approfondimenti istruttori, ai quali la società aveva fatto seguire, l’1.10.2018, una relazione tecnica, d’indagine fonometrica –vibrometrica;
- l’8.01.2019, R.F.I. aveva comunicato i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, ex art. 10 bis l. 241/90 e, nel rispetto del termine ivi previsto, la società aveva presentato proprie osservazioni;
- il 4.10.2019, R.F.I., con atto prot. 6905, aveva respinto l’istanza per la realizzazione dell’intervento in oggetto, così argomentando : “Preso atto delle risultanze del sopralluogo nel quale si è proceduto ad una mera constatazione dello stato dei luoghi e valutati gli elaborati grafici presentati dai quali si evince che la deroga si riferisce al cambio di destinazione e l'edificazione di un complesso residenziale, nella fascia dei 30 metri dalla più vicina rotaia”; “R.F.I. come da piano industriale decennale 2017 – 2026 prevede l’aumento della circolazione ferroviaria e il potenziamento delle infrastrutture ferroviarie; la sicurezza dell’esercizio ferroviario e l’incolumità delle persone rappresentano l’interesse prevalente di R.F.I. s. p. a.; “Il nuovo fabbricato sarebbe ubicato a metri 20,00 dalla più vicina rotaia e pertanto ricadrebbe in fascia protetta, giusto il disposto del d. P. R. 459/98 […] in materia di inquinamento acustico da traffico ferroviario”; “Alla luce delle consolidate valutazioni giurisprudenziali, confermate anche dalla Cassazione, occorre garantite il rispetto dei limiti di decibel assoluti di rumore, come da normativa speciale per i gestori di infrastruttura”; “Il traffico ferroviario potrebbe non garantire la salubrità degli ambienti, valutata in base al criterio di normale tollerabilità, non potendo escludersi al momento che la percezione dei rumori, vibrazioni e/o scuotimenti, provocati dai convogli ferroviari, potrebbero ritenersi intollerabili”; “Il cambio di destinazione del fabbricato potrebbe esporre R.F.I. alla necessità di ulteriori adempimenti, oltre quelli previsti dalla normativa di riferimento”; “A seguito della nota […] con la quale R.F.I. s. p. a. comunicava il preavviso di diniego, ai sensi dell’art. 10 bis l. 241/90, si segnala che non sono stati forniti riscontri, atti a modificare il giudizio assunto”;
- il 16.10.2019 aveva depositato istanza d’annullamento, in autotutela, di detto provvedimento, invitando R.F.I. a valutare, in concreto, le osservazioni proposte;
- con provvedimento del 4.11.2019, R.F.I. aveva comunicato che “la concessione della deroga va in contrasto con le norme dell’art. 60 del d. P. R. 753/80 in materia di sicurezza dell’esercizio ferroviario e della pubblica incolumità e pertanto (…) la richiesta formulata è inammissibile e improcedibile”;
tanto premesso, avverso gli atti indicati in epigrafe, articolava le seguenti censure in diritto:
I) VIOLAZIONE DI LEGGE (ART. 60 D.P.R. 753 DEL 1980 IN REL. ART. 10 BIS L. 241 DEL 1990) – ECCESSO DI POTERE (DIFETTO ASSOLUTO DEL PRESUPPOSTO, DI ISTRUTTORIA, ERRONEITÀ): lamentava la violazione dell’art. 10 bis della l. 241 del 1990, atteso che, a norma di legge, la determinazione conclusiva deve adeguatamente valutare le osservazioni dei privati e motivare “sul mancato accoglimento delle stesse”; rappresentava che, a seguito di detta comunicazione, aveva “controdedotto ai rilievi opposti dalla società R.F.I.”, ma che, ciò nonostante, nell’adozione della determinazione finale, la resistente aveva “di fatto, ignorato dette osservazioni, riportandosi a quanto dedotto con il preavviso di rigetto”;
II) VIOLAZIONE DI LEGGE (ART. 60 D.P.R. 753 DEL 1980 IN REL. ART. 10 BIS L. 241 DEL 1990) – ECCESSO DI POTERE (DIFETTO ASSOLUTO DEL PRESUPPOSTO, DI ISTRUTTORIA, ERRONEITÀ): a norma dell’art. 60 d. P. R. 753 del 1980, “possono essere autorizzate dagli uffici lavori compartimentali delle F.S., per le ferrovie dello Stato, e dai competenti uffici della M.C.T.C., per le ferrovie in concessione, riduzioni alle distanze prescritte dagli articoli dal 49 al 56”, ove “la sicurezza pubblica, la conservazione delle ferrovie, la natura dei terreni e le particolari circostanze locali lo consentano”; nella specie, il provvedimento impugnato si sarebbe limitato ad argomentare sul contrasto dell’intervento, rispetto a tale previsione normativa, senza ulteriori specificazioni, dalle quali comprendere le effettive ragioni della contrarietà dell’intervento in deroga, rispetto ai valori della circolazione ferroviaria; inoltre, atteso che il potere di deroga, di cui alla norma citata, era di natura discrezionale, era evidenziato il difetto di motivazione dell’atto gravato, essendo necessaria “una motivazione più articolata, al fine di consentire di ricostruirne l’iter logico”;
III) VIOLAZIONE DI LEGGE (ART. 60 D.P.R. 753 DEL 1980 IN REL. ART. 10 BIS L. 241 DEL 1990) – ECCESSO DI POTERE (DIFETTO ASSOLUTO DEL PRESUPPOSTO, DI ISTRUTTORIA, ERRONEITÀ): nel provvedimento, R.F.I. dava genericamente atto di aver svolto un “sopralluogo” ed una “mera constatazione dello stato dei luoghi”, onde non sarebbero state adeguatamente vagliate le specifiche condizioni, richieste dall’art. 60 d. P. R. 753/80, ai fini del rilascio dell’autorizzazione in deroga (difetto d’istruttoria);
IV) VIOLAZIONE DI LEGGE (ART. 60 D.P.R. 753 DEL 1980 IN REL. ART. 10 BIS L. 241 DEL 1990) – ECCESSO DI POTERE (DIFETTO ASSOLUTO DEL PRESUPPOSTO, DI ISTRUTTORIA, ERRONEITÀ): il provvedimento, ad avviso della ricorrente, dissimulava l’effettiva preoccupazione di R.F.I., di dover provvedere ad ulteriori lavori od adempimenti, preoccupazione expressis verbis desumibile dalla lettera dell’atto (sviamento di potere);
V) VIOLAZIONE DI LEGGE (ART. 60 D.P.R. 753 DEL 1980 IN REL. ART. 10 BIS L. 241 DEL 1990) – ECCESSO DI POTERE (DIFETTO ASSOLUTO DEL PRESUPPOSTO, DI ISTRUTTORIA, ERRONEITÀ): si rappresentava che l’intervento avrebbe dovuto compiersi al km. 28,060 della linea ferroviaria Cancello – Avellino; che “detto intervento è ubicato in prossimità di un «binario morto»; della vecchia linea Codola interrotta” e che “tra l’area oggetto di intervento e la linea ferroviaria, nonché lungo l’intero tracciato ferroviario, sono stati già realizzati immobili”, rispetto ai quali, peraltro “non sono rispettate le distanze minime, né dal binario morto né dalla vecchia linea Codola interrotta”; in particolare, “nel 1992 il Ministero dei Trasporti […] ha autorizzato la realizzazione del capannone industriale, di cui oggi si chiede la riqualificazione edilizia ad una distanza ridotta dalla linea ferroviaria ed in deroga all’art. 49 del d. P. R. 753/80”; quanto ai profili d’inquinamento acustico ed ambientale, si rappresentava che il d. P. R. 459 del 1998 prevede che “per il controllo acustico attribuibile alle linee ferroviarie, sono stabilite fasce di pertinenza nelle quali sono fissati i valori limite dell’inquinamento acustico, generato dall’infrastruttura”, i quali, dalla relazione tecnica geologica in atti, risultavano rispettati, nonché, in generale, che “dalle analisi strumentali effettuate, non si sono evidenziati impatti significativi da parte dell’infrastruttura ferroviaria, in termini di rumore, vibrazioni e scuotimenti, per il sito in esame”.
Si costituiva in giudizio R.F.I. s. p. a., con memoria nella quale illustrava il regime di disciplina degli interventi edilizi, da eseguire in zone sottoposte a vincoli ferroviari, richiamando l’art. 49 del d. P. R. 753/80, a norma del quale “lungo i tracciati delle linee ferroviarie è vietato costruire, ricostruire o ampliare edifici o manufatti di qualsiasi specie ad una distanza, da misurarsi in proiezione orizzontale, minore di metri trenta dal limite della zona di occupazione della più vicina rotaia” e, correlativamente, illustrava le deroghe a tale previsione, contemplate dall’art. 60, ai sensi del quale “quando la sicurezza pubblica, la conservazione delle ferrovie, la natura dei terreni e le particolari circostanze locali lo consentano, possono essere autorizzate […] riduzioni alle distanze prescritte dagli articoli dal 49 al 56”; sottolineava la natura “eccezionale” della deroga de qua, assentibile solo ove le condizioni, ivi contemplate, risultassero sussistenti, a seguito di una verifica da espletarsi “mediante accertamento di carattere prettamente tecnico”; circa l’impatto acustico, ai sensi della legge quadro n. 447 del 1995, evidenziava come la disciplina sul contenimento delle emissioni sonore, prodotte dallo svolgimento di servizi pubblici essenziali, quali la circolazione ferroviaria, abbia, quale obiettivo precipuo, quello di tutelare il diritto alla salute, inibendone ogni “fastidio o disturbo al riposo ed alle attività umane e pericoli per la salute umana” (art. 2, co.1, della legge medesima); quanto alla dedotta violazione dell’art. 10 bis della l .241/90, ne segnalava l’infondatezza, atteso che, nella specie, “R.F.I. ha inviato ben due note ex art. 10 bis, ha effettuato un sopralluogo e preso visione di tutta la documentazione, offerta dalla società”; e che, ai fini dell’adempimento dell’obbligo motivazionale, era sufficiente ed adeguata un’esternazione motivazionale che renda, nella sostanza, percepibile la ragione del mancato adeguamento dell’azione amministrativa alle deduzioni partecipative del privato. Circa l’ubicazione dell’intervento edilizio, in prossimità di un binario “morto”, osservava, in contrario, che “a distanza inferiore a 30 metri dagli edifici, vi è un binario cd. “tronchino”, sul quale non c’è circolazione “viva”, ma vengono effettuate molteplici manovre, nonché un binario, ad oggi, in fase di elettrificazione e di potenziamento dell’armamento, che sarà avviato nell’estate del 2020”, come da apposita convenzione, stipulata tra R.F.I. e Direzione Generale per la Mobilità della Regione Campania, in atti; donde la necessità di garantire la sicurezza della circolazione ferroviaria e la tutela dell’incolumità pubblica, anche rispetto a tale tratto della linea ferroviaria, utilizzato per manovre che, di norma, “comportano i medesimi rischi […] nonché gli stessi impatti a livello acustico della circolazione “ordinaria”. Ribadiva che “la distanza di mt. 20, inferiore a quella prevista dalla norma, non garantisce la sicurezza della circolazione ferroviaria e la pubblica incolumità” e che “la costruzione a tale distanza non consente il rispetto della fascia protetta in materia di impatto acustico”, sicché “il provvedimento impugnato contiene un’ampia ed esaustiva motivazione e dà puntualmente atto delle ragioni poste a base del diniego”; esso era “il frutto di un procedimento completo, articolato in diversi momenti di confronto e di contraddittorio, con ben due comunicazioni ex art. 10 bis l. 241/90, un sopralluogo, lo scambio e l’analisi di documenti, relazioni tecniche, planimetrie di progetto”. Del resto, quanto alla pregressa autorizzazione in deroga, ex art. 60 cit., concessa nel 1992 dal Ministero dei Trasporti, per la realizzazione del capannone industriale di cui ai fatti di causa, e del quale era chiesta la riqualificazione edilizia, rilevava, anzitutto, che “il nulla osta […] era stato rilasciato con riferimento allo specifico intervento di realizzazione del capannone industriale, diverso da quello oggetto della nuova istanza di assenso edilizia”, e tanto “in considerazione sia dei mutamenti del traffico ferroviario, sia delle evoluzioni della correlativa disciplina volta ad assicurare la sicurezza nella circolazione ferroviaria”, e della contestuale necessità, per la resistente, “di procedere ad una nuova valutazione […] al fine di garantire la sicurezza nella circolazione e di tutelare la pubblica incolumità”. Per di più, poneva in risalto la diversità sostanziale della destinazione d’uso degli interventi edilizi de quibus (nel 1992, realizzazione di un capannone industriale; nel 2019, realizzazione di un complesso residenziale di ben 27 appartamenti e 42 box), relativamente ai quali, a suo avviso, non si trattava “del riuso degli stessi volumi giù assentiti”, da cui “il forte impatto del progetto, nella zona sottoposta a vincolo, trattandosi della demolizione di un vecchio opificio e della realizzazione di una struttura completamente diversa, ad uso residenziale”, con conseguente integrazione del divieto normativo, di ricostruzione edilizia in prossimità (rectius, a distanza inferiore a trenta metri) di reti ferroviarie.
In data 9.01.2020, la Prima Sezione di questo Tribunale respingeva la domanda cautelare di parte ricorrente, poiché “il disposto dell’art. 60, d. p. r. 11 luglio 1980, n. 753 deve essere interpretato nel senso che, anche in mancanza delle cause ostative ivi previste (sicurezza pubblica, conservazione delle ferrovie, natura dei terreni e particolari circostanze locali), l’amministrazione ferroviaria sia non già obbligata a rilasciare l’autorizzazione in deroga, bensì semplicemente facultata a valutare discrezionalmente l’opportunità di rilasciare o meno l’autorizzazione stessa (v. T.A.R. Piemonte, sez. II, 23/1/2015 n. 151)”; e poiché “in ragione delle motivazioni corredanti l’impugnato provvedimento, nel caso in esame, non appaiono ricorrere le eccezionali circostanze e condizioni richieste dalla legge per autorizzare in deroga la costruzione del manufatto, all’opposto risultando sussistenti le cause ostative indicate dalla citata disposizione, come chiaramente rilevato da R.F.I. s. p. a. nel parere contrario all’autorizzazione”.
Seguiva, nell’imminenza della discussione, il deposito di memorie conclusionali e di replica, nell’interesse delle parti.
La resistente, in particolare, sosteneva che l’intervento “richiede la necessità del parere preventivo di R.F.I, potendo i lavori comportare, ad esempio, delle ripercussioni sulla stabilità dell’edificio stesso, per non parlare della necessità che si utilizzino gru o impalcate con rischio di ribaltamento sulla linea” e, di conseguenza, che “il cambio di destinazione d’uso è assoggettato alla preventiva autorizzazione di R.F.I. in zone sottoposte a vincolo”, evidenziando come il proponente dovesse “corredare il progetto, da sottoporre alla valutazione di R.F.I., di un piano che preveda idonei sistemi di mitigazione dell’immobile” (stante l’equiparazione del cambio di destinazione d’uso all’attività di ricostruzione, di cui alla lett. E) della circolare del Ministero dei Lavori Pubblici n. 1820 del 1960; l. 457 del 1978)”; sul punto, la ricorrente replicava che, “qualora fosse stata riscontrata la necessità di accorgimenti, la P. A. avrebbe dovuto chiedere modifiche progettuali, non disporre sic et simpliciter (…) il diniego dell’istanza”.
All’udienza pubblica del 12.07.2022, il gravame era trattenuto in decisione.
DIRITTO
Il Tribunale, richiamata l’ampia esposizione dei presupposti fattuali e giuridici, che hanno sorretto la negativa determinazione di R.F.I., oggetto di gravame, rileva che lo stesso non merita accoglimento.
Sviluppando le argomentazioni, espresse in nuce nell’ordinanza, che ha regolato la fase cautelare del presente giudizio, s’osserva, in particolare, che la prima doglianza dell’atto introduttivo non è fondata.
Se, da un lato, è vero che al rigetto delle osservazioni di parte ricorrente, a valle del preavviso di diniego, è dedicata, nel provvedimento conclusivo del procedimento, la sola seguente proposizione: “A seguito della nota prot. RFI-DPR-DTP-NA\40011\P\2019\0000016 con la quale RFI S.p.A. comunicava il preavviso di diniego, ai sensi dell’art. 10 bis 241/90, si segnala che non sono stati forniti riscontri, atti a modificare il giudizio assunto da RFI S.p.A.”, dall’altro è altrettanto vero che tale proposizione seguiva alla dettagliata esposizione dei motivi, già esposti in narrativa, che ostavano, nella specie, alla concessione della deroga, ex art. 60 d.P.R. 753/80.
Ne deriva che l’omessa specifica confutazione delle argomentazioni difensive, licenziate dal privato dopo aver ricevuto la comunicazione ex art. 10 bis l. 241/90, non riveste nella specie valore invalidante dell’atto finale, conformemente all’orientamento giurisprudenziale, compendiato, ex multis, nella massima che segue: “L'art. 10 bis, l. 7 agosto 1990, n. 241 non impone nel provvedimento finale la puntale e analitica confutazione delle singole argomentazioni svolte dalla parte privata, essendo sufficiente ai fini della sua giustificazione una motivazione complessivamente e logicamente resa a sostegno dell'atto stesso” (Consiglio di Stato, Sez. II, 20/02/2020, n. 1306).
Per di più, si consideri che, già in data 11.09.2018, R. F. I. aveva trasmesso, alla ricorrente, un primo preavviso di diniego: cui aveva fatto seguito, come s’apprende dallo stesso ricorso, il deposito, da parte della società istante, di una relazione tecnica, d’indagine fonometrica – vibrometrica; a tale integrazione documentale, era poi seguito un secondo avviso, ex art. 10 bis l. 241/90, in data 8.01.2019, ed infine, dopo le controdeduzioni della ricorrente del 28.01.2019, il provvedimento conclusivo di diniego, del 4.10.2019; ricevuto il quale, la stessa ricorrente produceva istanza d’annullamento, in autotutela, in data 16.10.2019, riscontrata da R.F.I. con l’atto del 4.11.2019, di natura meramente confermativa del precedente.
Come può agevolmente notarsi, non può certamente sostenersi, anche alla luce delle prolungate e reiterate modalità, in cui s’è snodato, nella specie, il contraddittorio infraprocedimentale tra P. A. e privato, che, a quest’ultimo, non sia stata assicurata, da R.F.I., la facoltà d’intervenire, anche con il supporto d’indagini di natura tecnica, nel procedimento medesimo, in guisa da cercare d’orientare la determinazione finale, conformemente ai propri interessi.
Ciò posto, la seconda doglianza, impingente in un preteso difetto di motivazione del provvedimento gravato, del pari è priva di pregio.
Ritiene il Collegio che, dallo stesso, si evincano chiaramente le ragioni, come dettagliatamente riferite in narrativa, che s’opponevano, nel caso in esame, alla concessione della deroga alle distanze, de qua agitur.
Del resto, giusta la massima che ha ispirato anche il rigetto dell’istanza cautelare di parte ricorrente, si tenga presente che: “Il disposto dell'art. 60, d. P. R. 11 luglio 1980, n. 753 va interpretato nel senso che, in mancanza delle cause ostative ivi previste (sicurezza pubblica, conservazione delle ferrovie, natura dei terreni e particolari circostanze locali), l'amministrazione sia non già obbligata a rilasciare l'autorizzazione in deroga alla riduzione della fascia di rispetto ferroviario bensì semplicemente facultata a valutare discrezionalmente l'opportunità di rilasciare o meno l'autorizzazione stessa; nel senso, cioè, che la mancanza di dette cause costituisca un presupposto necessario ma non sufficiente per il rilascio dell'autorizzazione; è pertanto legittimo il provvedimento con il quale si nega l'autorizzazione per ragioni di tutela del patrimonio ferroviario” (T. A. R. Piemonte, Sez. II, 23/01/2015, n. 151).
Negli stessi sensi, si consideri altresì T. A. R. Basilicata, Sez. I, 14/01/2015, n. 35, per cui: “L'autorizzazione alla deroga delle distanze minime dalle rotaie da parte dell'autorità (RFI - s.p.a.) cui compete la tutela del vincolo della fascia di rispetto ferroviario forma il necessario presupposto per il rilascio del titolo abilitativo, anche in via di sanatoria, conseguendo a valutazione discrezionale dei valori antagonisti secondo il criterio di prevalenza dell'interesse alla protezione della pubblica incolumità, nonché alla sicurezza dell'esercizio ferroviario: per il diniego del nulla osta è sufficiente una sintetica, implicita motivazione, che palesi le ragioni avverse all'accoglimento della istanza del privato, mentre è, semmai, il parere favorevole alla realizzazione o mantenimento di costruzioni infra m. 30 dalla rete a dovere individuare e puntualizzare le ragioni che legittimano la concessione del nulla osta, pena la elusione delle prescrizioni di legge, della tutela del bene primario della incolumità pubblica”.
Tampoco può ritenersi, come dedotto dalla ricorrente in sede di repliche conclusive, che le argomentazioni difensive, espresse da R.F.I. s. p. a., circa le concrete caratteristiche del tratto di binario e della linea ferroviaria, rispetto alle quali s’è registrato il mancato rispetto della distanza minima di legge di mt. trenta, abbiano rappresentato, nella specie, un’inammissibile integrazione postuma della motivazione, espressa dal firmatario dell’atto impugnato, giacché le stesse – a ben vedere – non hanno fatto altro, che dettagliare le ragioni di contrasto, rispetto alla “sicurezza dell’esercizio ferroviario”, alla “incolumità delle persone” ed alla “salubrità degli ambienti, valutata in base al criterio di normale tollerabilità”, già ripetutamente espresse, da R.F.I., nel diniego impugnato, nonché negli atti infraprocedimentali, nonché meramente confermativi, emessi a valle, ed a seguito del medesimo.
Considerazioni analoghe fondano, ad avviso del Tribunale, anche il rigetto della successiva terza censura, in cui parte ricorrente ha lamentato un presunto difetto d’istruttoria, che inficerebbe tale provvedimento: laddove, da quanto sopra osservato, discende agevolmente come lo stesso sia il risultato di un approfondimento istruttorio, adeguato rispetto alle determinazioni finali da assumere, anche in rapporto alle concrete caratteristiche del divisato intervento edilizio, cui l’istanza di deroga alle distanze si riferiva.
Il che c’introduce alla disamina della successiva quinta doglianza di parte ricorrente, rispetto alla quale s’osserva come nell’atto de quo sia chiaramente specificato che lo stesso scaturiva dalle “risultanze del sopralluogo” ed alla conseguente “constatazione dello stato dei luoghi”, nonché dalla valutazione degli elaborati grafici presentati, “dai quali si evince che la deroga si riferisce al cambio di destinazione e all’edificazione di un complesso residenziale, nella fascia dei 30 metri dalla più vicina rotaia”.
Le concrete caratteristiche dell’intervento edilizio in questione, in particolare, assumono, ad avviso del Collegio, valore dirimente, ai fini del rigetto dell’istanza di deroga, giacché lo stesso non si presta ad essere semplicisticamente liquidato, come vorrebbe la ricorrente, come una mera operazione di “sostituzione volumetrica di un preesistente fabbricato industriale, con un complesso residenziale”, implicando viceversa, lo stesso, un cambio di destinazione d’uso – da industriale a residenziale – del fabbricato preesistente, il quale evidentemente implica l’emersione di problematiche ben diverse, sotto gli evidenziati profili della salvaguardia della pubblica incolumità e della salubrità degli ambienti a realizzarsi, rispetto a quelle che avevano, illo tempore, giustificato la concessione della deroga, in favore dell’erigendo stabilimento produttivo: il che, correlativamente, priva d’ogni valenza invalidante il suggestivo riferimento, della ricorrente, alla precedente autorizzazione in deroga, o ad altre concesse sulla stessa linea ferroviaria, adombrante – a ben vedere – la denunzia del vizio d’eccesso di potere per disparità di trattamento: il quale vizio sarebbe di certo insussistente, alla luce delle suesposte argomentazioni.
Sul punto, in sede di replica, R.F.I. correttamente osservava come, nella specie, non potesse essere trascurata “la diversa consistenza e destinazione d’uso del complesso immobiliare: gli edifici oggetto del progetto sono, infatti, destinati ad abitazioni e box, e, precisamente, a 27 appartamenti e 42 box”, con conseguente “forte impatto nella zona sottoposta a vincolo”; e che “(anche) il solo cambio di destinazione d’uso è assoggettato alla preventiva autorizzazione di R.F.I. in zone sottoposte a vincolo, trattandosi di riqualificazione edilizia che, comportando o non interventi materiali modificativi, determina la riconfigurazione funzionale e anche strutturale che integrano gli estremi della ristrutturazione edilizia”, citando, a sostegno, l’ordinanza del T.A.R. Lombardia – Milano, Sez. II, n. 1532/2019: “La natura derogatoria dell’autorizzazione prevista dall’art. 60 del d. P. R. n. 753/1980 comporta che ogni cambio di destinazione d’uso è soggetto al previo controllo dell’autorità titolare del vincolo, trattandosi di valutare, secondo criteri di tipo tecnico-discrezionale, la compatibilità della situazione di fatto, in relazione alla natura dei terreni ed alle particolari circostanze che caratterizzano il luogo, con la conservazione della ferrovia e la sicurezza del traffico”.
In effetti, la Circolare del Ministero dei Lavori Pubblici del 23 luglio 1960, n. 1820, alla lett. E), sotto la rubrica “Categorie di attività nell’edilizia”, prevede anzitutto che: “Per nuova costruzione si intende una costruzione interamente nuova, anche se sorga su area risultante da demolizione”.
Per ciò che concerne, del resto, i profili d’inquinamento acustico ed ambientale, e la deduzione della ricorrente, per cui essi nella specie non sarebbero stati talmente significativi, da giustificare il diniego di deroga gravato, non può che richiamarsi l’ampia discrezionalità di cui gode la P. A. in materia, onde la convinzione, in esso espressa, secondo cui “Il traffico ferroviario potrebbe non garantire la salubrità degli ambienti, valutata in base al criterio di normale tollerabilità, non potendo escludersi al momento che la percezione dei rumori, vibrazioni e/o scuotimenti, provocati dai convogli ferroviari, potrebbero ritenersi intollerabili” appare immune da evidenti vizi logici o da palese arbitrarietà od irrazionalità, che soltanto potrebbero comportarne, in ipotesi, l’annullamento.
Si tenga presente, al riguardo, giusta la massima del T.A.R. Basilicata, citata in precedenza, e ancor prima secondo T. A. R. Puglia – Bari, Sez. II, 6/11/2009, n. 2634: “L'autorizzazione alla deroga delle distanze di cui di cui al d.P.R. n. 753 del 1980, lungo i tracciati delle linee ferroviarie costituisce il risultato di una valutazione discrezionale, da parte dell'Ente preposto, degli interessi antagonisti, secondo il criterio di prevalenza dell'interesse pubblico alla tutela della pubblica incolumità”.
Per ciò che riguarda, infine, la residuale doglianza, espressa nel quarto motivo di ricorso, è di tutta evidenza come la proposizione, adoperata dal firmatario dell’atto impugnato, secondo cui “Il cambio di destinazione del fabbricato potrebbe esporre R.F.I. alla necessità di ulteriori adempimenti, oltre quelli previsti dalla normativa di riferimento”, pur se obiettivamente non adeguata al tenore delle valutazioni da compiersi da parte di R.F.I., in ogni caso non può assurgere ad elemento sintomatico di uno sviamento di potere, di portata tale da importare l’accoglimento del ricorso e l’annullamento del medesimo atto, non rivestendo, tale proposizione, alcun rilievo determinante, nel contesto del suo corredo giustificativo, ai fini della decisione di negare la concessione della deroga alle distanze richiesta dalla ricorrente, la quale decisione s’è piuttosto basata, come risulta chiaro da quanto sinora detto, su altre, e ben più pregnanti, ragioni, del resto sufficientemente ivi esposte.
Ne deriva, conclusivamente, il rigetto del ricorso.
Le spese di lite, per la peculiarità della specie, meritano, peraltro, d’essere eccezionalmente compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania – Sezione staccata di Salerno (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso, in Salerno, nella camera di consiglio del giorno 12 luglio 2022, con l’intervento dei magistrati:
Pierluigi Russo, Presidente
Paolo Severini, Consigliere, Estensore
Valerio Bello, Referendario