Cass. Sez. III Sent. 33657 del 6/10/2006 (Ud.12/07/2006)
Presidente: Postiglione A. Estensore: Fiale A. Imputato: Rossi.
(Dichiara inammissibile, App. Salerno, 10 Gennaio 2006)
EDILIZIA - COSTRUZIONE EDILIZIA - Preesistente edificio abusivo - Realizzazione di nuova opera - Qualificabilità quale pertinenza - Esclusione.

In tema di costruzioni edilizie, il regime autorizzatorio previsto per le pertinenze non è applicabile all'opera pertinenziale che acceda ad un manufatto principale abusivo, atteso che il bene accessorio ripete le proprie caratteristiche dall'opera principale a cui è intimamente connesso, risultando così anch'esso in contrasto con l'assetto urbanistico del territorio.
 REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. PAPA Enrico - Presidente - del 12/07/2006
Dott. POSTIGLIONE Amedeo - Consigliere - SENTENZA
Dott. MIRANDA Vincenzo - Consigliere - N. 1382
Dott. DE MAIO Guido - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. FIALE Aldo - Consigliere - N. 13479/2006
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
ROSSI ANNA MARIA, n. a Salerno l'8.1.1946;
avverso la sentenza del 10.01.2006 della Corte di Appello di Salerno;
Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
Udita in pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere Dr. FIALE Aldo;
Udito il Pubblico Ministero in persona del Dr. PASSACANTANDO Guglielmo che ha concluso per l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo D), perché estinto per prescrizione, con eliminazione della relativa pena. Rigetto del ricorso nel resto.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 10.1.2006 la Corte di Appello di Salerno confermava la sentenza 25.11.2002 del Tribunale di Salerno - Sezione distaccata di Montecorvino Rovella, che aveva affermato la penale responsabilità di Rossi Anna Maria in ordine ai reati di cui:
- alla L. n. 47 del 1985, art. 20, lett. b), (per avere realizzato in assenza della prescritta concessione edilizia, in aderenza ad un fabbricato preesistente, una tettoia con struttura lignea e coperta in tegole delle dimensioni di mt. 12,30 x 4,70 ed altezza variabile da mt. 3 a mt. 4,60 con sottostante pavimentazione - acc. in Pontecagnano Faiano, il 15.6.1999);
- alla L. n. 1086 del 1971, artt. 1, 2, 4, 13 e 14;
- alla L. n. 64 del 1974, artt. 17 e 20;
e, unificati i reati nel vincolo della continuazione ex art. 81 cpv. c.p., l'aveva condannata alla pena complessiva - condizionalmente sospesa - di giorni 20 di arresto ed Euro 5.500,00 di ammenda, con ordine di demolizione delle opere abusive.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso la Rossi, la quale ha eccepito:
- la intervenuta prescrizione dei reati;
- l'illegittimo disconoscimento della natura pertinenziale delle opere eseguite, non comportanti alcun incremento di volumetria;
- l'incongrua ed immotivata determinazione della pena in misura eccedente di molto il limite edittale, pur essendo stato affermato che "le generiche devono essere riconosciute con criterio di prevalenza";
- l'illegittimo diniego del beneficio della sospensione condizionale;
- la mancata valutazione della possibilità di convenire la pena detentiva in quella pecuniaria.
Il difensore, con istanza pervenuta il 10 luglio, ha chiesto un rinvio dell'odierna trattazione del processo, comunicando di aderire all'astensione dalle udienze proclamata dall'Avvocatura in sede nazionale, ma il Collegio non ha aderito a tale richiesta in considerazione dell'imminente scadenza dei termini di prescrizione. MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per le ragioni di seguito specificate.
1. La doglianza riferita alla qualificazione giuridica dell'intervento edilizio abusivo è manifestamente infondata. Correttamente, infatti, i giudici del merito hanno escluso che le opere realizzate costituiscano "pertinenze", sottratte in quanto tali al regime concessone (oggi del permesso di costruire). La nozione di "pertinenza urbanistica" (vedi Cass., Sez. 3^:
5.11.2002, ric. Cipolla, 27.11.1997, ric. Spanò; 24.10.1997, ric. Mirabile; 30.6.1995, ric. Iocca) ha peculiarità sue proprie, che la distinguono da quella civilistica: deve trattarsi, invero, di un'opera preordinata ad un'oggettiva esigenza dell'edificio principale, sfornita di un autonomo valore di mercato, non valutabile in termini di cubatura o comunque dotata di un volume minimo tale da non consentire, in relazione anche alle caratteristiche dell'edificio principale, una sua destinazione autonoma e diversa da quella a servizio dell'immobile cui accede.
L'opera pertinenziale, inoltre, non deve essere parte integrante o costitutiva di altro fabbricato, sicché non può considerarsi tale l'ampliamento di un edificio che, per la relazione di congiunzione fisica con esso, ne costituisca parte, come elemento che diviene essenziale all'immobile o lo completa affinché esso meglio soddisfi ai bisogni cui è destinato (vedi, tra le decisioni più recenti, Cass., Sez. 3^: 17.1.2003, Chiappatone).
La pertinenza urbanistica, inoltre, deve accedere ad un edificio preesistente edificato legittimamente, poiché il bene accessorio ripete le sue caratteristiche dall'opera principale a cui è intimamente connesso (vedi Cass., Sez. 3^: 28.4.2005, Maggiore;
5.11.2002, Cipolla; 22.2.2001, Capocci).
Nella fattispecie in esame non si verte in tema di "pertinenza" perché, a completamento di un edificio preesistente ed abusivo (per il quale risulta soltanto presentata una domanda di condono in data 1.3.1995) ed in prosecuzione della costruzione di esso, è stato poi realizzato sostanzialmente una sorta di portico, che, per la sua funzione di ampliamento ed essendo privo di una propria autonomia individuale e funzionale, costituisce elemento essenziale dell'immobile e parte integrante dello stesso.
3. La pena - base, irrisoriamente aumentata per la continuazione, è assai prossima ai minimi edittali e, nella determinazione della stessa, i giudici del merito hanno esplicitato di avere avuto riguardo alla "particolare intensità dell'elemento psicologico, reso evidente dalla perpetrazione di un ulteriore abuso in relazione ad immobile già realizzato in assenza di provvedimenti abilitativi". Le attenuanti generiche (diversamente da quanto si afferma in ricorso) non sono state riconosciute ed il diniego di esse risulta razionalmente motivato "in ragione della presenza di un precedente penale specifico" (trattasi della condanna a pena sospesa di cui alla sentenza 1.6.1993 del GIP. della Pretura di Salerno). 4. Il beneficio della sospensione condizionale è stato concesso già a conclusione del primo grado di giudizio.
5. La richiesta di conversione della pena detentiva in quella pecuniaria corrispondente non costituiva oggetto dei motivi di appello.
6. L'accertamento dei reati risale al 15.6.1999 e la scadenza del termine ultimo di prescrizione sarebbe coincisa, pertanto, con il 15.12.2003 per le contravvenzioni di cui ai capi A), B) e C) e con il 15.6.2002 per la contravvenzione di cui al capo D).
Va computata, però (secondo quanto stabilito dalle Sezioni Unite con la sentenza 11.1.2002, n. 1021, ric. Cremonese), una sospensione del corso della prescrizione per complessivi anni uno e mesi uno, in seguito a rinvii disposti su richiesta dell'imputato e del difensore dal 2.7.2001 al 21.1.2002 e dal 13.5.2002 al 25.11.2002, non per esigenze di acquisizione della prova ne' a causa del riconoscimento di termini a difesa.
La prescrizione stessa, inoltre, è rimasta sospesa, L. n. 47 del 1985, ex art. 44, in relazione alla possibilità di accedere alla procedura di condono edilizio ai sensi del D.L. n. 269 del 2003:
- dal 2.10.2003 al 5.2.2004, ex lege;
- e dal 6.2.2004 al 15.7.2005, in seguito ad espressi provvedimenti giudiziali di rinvio.
Ciò sposta la scadenza del termine prescrizionale al 27.10.2006, per le contravvenzioni di cui ai capi A), B) e C) ed al 27.4.2005 per la contravvenzione di cui al capo D).
La inammissibilità del ricorso, comunque, non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude ogni possibilità sia di fare valere sia di rilevare di ufficio, ai sensi dell'art. 129 c.p.p., l'estinzione dei reati contravvenzionali puniti con sola ammenda (capo D dell'imputazione) per prescrizione pur maturata in data anteriore alla pronuncia della sentenza di appello, ma non dedotta ne' rilevata da quel giudice (vedi Cass., Sez. Unite, 22.3.2005, n. 4, ric. Bracale).
7. Tenuto conto della sentenza 13.6.2000, n. 186 della Corte Costituzionale e rilevato che, nella specie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria della stessa segue, a norma dell'art. 616 c.p.p., l'onere delle spese del procedimento nonché del versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1.000,00. P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione, visti gli artt. 607, 615 e 616 c.p.p., dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 12 luglio 2006.
Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2006