TAR Lazio (RM) Sez. II-bis n. 12361 del 29 novembre 2021
Urbanistica.Edificazione non avvenuta e ripetizione delle somme versate per oneri concessori e costo di costruzione
Ai fini della legittimazione a ripetere somme versate a titolo di oneri concessori e costo di costruzione per una edificazione poi non avvenuta, deve distinguersi tra la posizione del titolare del permesso di costruire originario, quella di colui il quale dal primo acquista (il solo) immobile (a seconda dei casi, già edificato o ancora, in tutto o in parte, inedificato), nonché la posizione di colui il quale, per voltura del titolo, subentra al primo nel procedimento.La differenza si radica nel diverso rapporto che si viene a creare rispetto al titolo edilizio, che fonda la causa del pagamento delle somme dovute in base al suo rilascio. E’ evidente che, una volta che il titolare cede solo il bene oggetto del permesso di costruire (ad esempio l’area edificabile) e con essa il relativo ius aedificandi (che pertiene al suolo), la mancata realizzazione dell’opera (totale o parziale) comporterà il diritto alla ripetizione solamente in capo a colui il quale avrà sostenuto il pagamento, non anche al proprietario subentrato, il quale è, a sua volta, titolare solo delle facoltà generate dall’immobile
Pubblicato il 29/11/2021
N. 12361/2021 REG.PROV.COLL.
N. 03612/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sull’incidente di esecuzione proposto dal Comune di Artena nel giudizio sul ricorso numero di registro generale 3612 del 2019, proposto da
Soc. Tagliente r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Antonio Campagnola, Monica Galano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Antonio Campagnola in Roma, via Lutezia N 8;
contro
Comune di Artena, in persona del Sindaco, legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Cristiano Olivieri, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Antonio Mordini n. 14;
per l’ottemperanza
alla sentenza di questa Sezione n. 3250 del 10.04.2012.
(con l’incidente di esecuzione proposto dal Comune di Artena il 3/8/2021):
per l’annullamento della “Determina del Commissario ad acta” n. 1/2021 (doc. n.1), datata 3 giugno 2021 e depositata in giudizio il successivo 4 giugno u.s., che – pronunciandosi favorevolmente sull'istanza che era stata formulata dalla Tagliente S.r.l., in data 19 gennaio 2011, per ottenere la restituzione degli oneri concessori corrisposti all'Amministrazione comunale dal Sig. Camillo Aldobrandini (doc. n.2) – ha “disposto a carico del Comune di Artena ed a favore della Soc. Tagliente il pagamento della somma di € 116.758,81”, di cui € 66.363,83 a titolo di oneri concessori indebitamente percepiti dalla Reclamante Amministrazione, € 1.479,16 per interessi legali ed € 48.915,82 per interessi moratori;
- nonché di ogni altro atto, cognito o incognito, comunque connesso a quello impugnato in via principale, con particolare riferimento alla Relazione del Commissario ad acta;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Artena;
Visti tutti gli atti della causa;
Vista la sentenza nr. 8777 del 4 luglio 2019 di accoglimento del ricorso;
Vista la sentenza nr. 12482 del 24 novembre 2020 su incidente di esecuzione proposto dal Commissario ad acta;
Viste le ordinanze nr. 908 del 23 gennaio 2020 e nr. 2988 dell’11 marzo 2021, che dispongono in ordine ai termini di adempimento del Commissario ad acta;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 27 ottobre 2021 il dott. Salvatore Gatto Costantino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Parte ricorrente ha agito, nel presente giudizio, per ottenere l’accertamento dell’obbligo del Comune di Artena di provvedere sulla propria istanza di restituzione di oneri di urbanizzazione e concessori per il titolo edilizio nr. 51 del 29 giugno 2002, rilasciato, a suo tempo, al Sig. Camillo Aldobrandini, (dante causa della medesima ricorrente).
Il TAR, con sentenza nr. 3250 del 10 aprile 2012, accoglieva il ricorso ordinando all’Ente di provvedere sulla istanza; rimasto inerte il Comune, subentrava il Commissario ad acta il quale, dopo i chiarimenti resi dalla Sentenza nr. 12482 del 24 novembre 2020 (pronunciata tra le parti e che qui è sufficiente richiamare), accoglieva l’istanza della parte ricorrente emanando la determina nr. 1/2021 del 13 giugno 2021 con la quale poneva “a carico del Comune di Artena ed a favore della Soc. Tagliente il pagamento della somma di € 116.758,81 secondo il calcolo indicato nelle premesse da aggiornarsi sino al dì dell’effettivo pagamento”.
Avverso il predetto provvedimento il Comune di Artena ha proposto reclamo con atto del 3 agosto 2021, regolarmente notificato al Commissario ed alla società ricorrente, dolendosi di quanto segue.
Premette di aver rappresentato, nel procedimento posto in essere dal Commissario (sin dalla riunione tenutasi il 30 gennaio 2020, come dato atto dal provvedimento del Commissario 1/2020), la insussistenza del diritto della parte ricorrente a ripetere quanto versato dal proprio dante causa a titolo di oneri di urbanizzazione e costo di costruzione per l’edificazione di cui al titolo edilizio rilasciato al primo, per difetto di legittimazione della soc.Tagliente, non essendo quest’ultima ad aver corrisposto le somme che intende ripetere.
Nella sentenza nr. 12482/2020 veniva prescritto che il Commissario avrebbe dovuto valutare espressamente le “ragioni che il Comune ha allegato a fondamento della propria “manifestazione di volontà” nel non accogliere l’istanza di ripetizione dell’indebito”, nella premessa che “il riconoscimento del diritto alla ripetizione dell’importo corrispondente alle volumetrie assentite e non realizzate o rinunciate dipende, in linea di principio, dalla corrispondenza degli importi richiesti alle volumetrie di cui si discute; nonché dal rapporto in forza del quale l’odierna ricorrente è subentrata nella titolarità del permesso di costruire che era stato originariamente rilasciato ad altro soggetto (ad esempio, se sia stata convenuta tra le parti la cessione dell’obbligo di pagamento degli oneri; se questi siano stati assolti dalla originaria dante causa o meno; e così via”.
Secondo l’Ente, nell’adozione della determina nr. 1/2021 il Commissario avrebbe immotivatamente disatteso le ragioni ostative e quindi anche le indicazioni rese dalla Sezione, che quindi vengono riproposte nell’odierno reclamo: la pacifica giurisprudenza è orientata a ritenere che l’unico soggetto legittimato ad esperire la restituzione di un indebito pagamento in materia di oneri concessori è quello che ha effettuato (a nome proprio) il pagamento privo di causa (TAR Veneto – Venezia, Sez. II, del 15 febbraio 2018 n.173) e, nel caso di specie, sarebbe indiscusso che non era stata la soc. Tagliente ad effettuare il pagamento, ma il suo dante causa sig. Aldobrandini (al quale era stata a suo tempo rilasciata la concessione edilizia nr. 51/2002).
Sotto altro profilo, il Comune si duole della circostanza che il Commissario avrebbe errato nel disporre a carico del Comune stesso anche il pagamento degli interessi moratori, per un importo pari ad euro 48.915,82 (mentre il Commissario li calcolava dalla data dell’istanza di restituzione, 19 gennaio 2011, gli interessi moratori formavano oggetto di richiesta formale solamente con la domanda del 17 giugno 2021; inoltre, venivano calcolati con la maggiorazione dell’8% sul tasso di riferimento BCE, mentre quest’ultimo si applica soltanto alle transazioni commerciali concluse a decorrere dall’1 gennaio 2013, come disposto dall’art. 3, comma 1, del D.lgs. n. 192/2012).
Con propria memoria, la Soc. Tagliente resiste al reclamo dell’Ente, rappresentando che la propria legittimazione deriva dalla volturazione del titolo edilizio (mentre le fattispecie esaminate dalla giurisprudenza che l’Ente ha invocato a proprio favore avevano ad oggetto la mera circolazione della “res” ossia dell’immobile), avvenuta a seguito di trasferimento del rapporto controverso dall’originario titolare della concessione alla odierna società, della quale il primo è socio unico; non sussisterebbe alcun difetto di motivazione nel provvedimento reclamato, avendo il Commissario – tramite il supporto legale reso dal consulente autorizzato, prof. Andrea Carbone - risposto a tutti i quesiti posti dal Collegio nella sentenza nr. 12482/2020; il calcolo degli interessi moratori sarebbe corretto essendo l’Ente in totale carenza di buona fede avendo protratto per 11 anni il pagamento di somme indebitamente percepite e richiamandosi in proposito la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione con sentenza nr. 15895/2019.
Nella camera di consiglio del 27 ottobre 2021, la causa è stata trattenuta in decisione.
Si osserva che, a fondamento del reclamo, sono poste dal Comune due fondamentali ordini di doglianze: la prima, con la quale ripropone tesi già a suo tempo rappresentate al Commissario e che, secondo l’Ente, quest’ultimo avrebbe (con motivazione asseritamente insufficiente o comunque erronea) disatteso, ribadendo il Comune che alla odierna ricorrente non sarebbe dovuta la ripetizione di quanto versato dal proprio dante causa; la seconda, subordinata, con la quale contesta il computo degli interessi moratori, per decorrenza e metodo di calcolo.
Quanto alla prima delle ragioni di reclamo, il provvedimento del Commissario ad acta si rivela immune dalle doglianze del Comune.
Sul punto, il provvedimento è (correttamente) motivato con riferimento alla relazione del consulente del Commissario, prof. Andrea Carbone, il quale rileva che “Dalla documentazione sottoposta risulta che l’originaria concessione n. 51/2002 è stata volturata, con il rilascio del permesso di costruire n. 69/2003 in favore della Soc. Tagliente s.r.l. la quale, pertanto è subentrata a tutti gli effetti all’originario titolare Camillo Aldbrandini (che peraltro era anche proprietario della Società) e, quindi, era legittimata, quale cessionaria di ogni pertinente diritto, a pretendere la restituzione degli oneri concessori che sosteneva essere stati indebitamente versati ovvero dovuti in restituzione (cfr. Cons. Stato 5194/2019)”
Invero, come puntualmente e diffusamente argomentato oltre nella relazione che il Consulente del Commissario ha reso nel procedimento, ai fini della legittimazione a ripetere somme versate a titolo di oneri concessori e costo di costruzione per una edificazione poi non avvenuta, deve distinguersi tra la posizione del titolare del permesso di costruire originario, quella di colui il quale dal primo acquista (il solo) immobile (a seconda dei casi, già edificato o ancora, in tutto o in parte, inedificato), nonché la posizione di colui il quale, per voltura del titolo, subentra al primo nel procedimento.
La differenza si radica nel diverso rapporto che si viene a creare rispetto al titolo edilizio, che fonda la causa del pagamento delle somme dovute in base al suo rilascio.
E’ evidente che, una volta che il titolare cede solo il bene oggetto del permesso di costruire (ad esempio l’area edificabile) e con essa il relativo ius aedificandi (che pertiene al suolo), la mancata realizzazione dell’opera (totale o parziale) comporterà il diritto alla ripetizione solamente in capo a colui il quale avrà sostenuto il pagamento, non anche al proprietario subentrato, il quale è, a sua volta, titolare solo delle facoltà generate dall’immobile (si veda, di recente, la fattispecie di cui alla sentenza del T.A.R. Firenze, Toscana, sez. III, 22/02/2021, n.271).
Invece, quando si verifica, oltre all’acquisto dell’immobile anche una successione (non già nell’immobile, ma) nel titolo edilizio che viene volturato al nuovo titolare della res, vengono trasferiti dal cedente al cessionario, oltre allo jus aedificandi laddove – e nei limiti in cui - non sia ancora esercitato, tutti i diritti ed obblighi che derivano dal titolo stesso (come, per l’appunto, il pagamento degli oneri eventualmente non ancora corrisposti o di loro differenze o adeguamenti, ed il rimborso di quelli corrisposti e corrispondenti ad opere non realizzate, ove non già ripetuti dal titolare originario).
In altri termini, essendo il diritto alla ripetizione degli oneri di urbanizzazione una situazione giuridica attiva che fa capo al titolare originario del permesso di costruire, quest’ultimo può disporne per atto tra vivi come qualunque altra obbligazione suscettibile di circolare inter vivos.
Pertanto, è possibile che ad agire per la ripetizione degli oneri di urbanizzazione sia un soggetto diverso dal titolare del permesso di costruire che li aveva versati, ogni qualvolta sussiste un titolo idoneo ed efficace di trasferimento del diritto da quest’ultimo al primo.
Nel caso di specie, l’originario titolare del permesso di costruire e la società che vi è subentrata hanno disposto del titolo, avendo in sostanza il primo costituito la seconda come suo socio unico ed avendo devoluto a quest’ultima il rapporto concessorio, tanto che l’Ente – su richiesta degli interessati – ha provveduto ad una corrispondente e conseguente formale voltura del titolo edilizio (come rilevato dalla relazione del Commissario ad acta nella parte sopra riportata) a favore del subentrante (il che ha implicato la successione nel credito, oltre che nella facoltà di edificare).
Con la conseguenza che va ritenuta assolta la condizione posta dalla sentenza nr. 12482/2020, laddove si indicava, tra le altre, la necessità di verificare il rapporto sottostante al subentro (ovvero a che titolo il dante causa del permesso di costruire avesse ceduto la propria posizione alla società Tagliente), così da riscontrare che il pagamento da parte dell’Ente alla richiedente degli oneri corrispondenti alle facoltà edilizie non esercitate estingua ogni obbligazione anche nei confronti del dante causa (il quale non ha più nulla da pretendere e non potrà più agire a sua volta).
Quanto al difetto di motivazione, genericamente invocato, il reclamo non può trovare accoglimento, essendo il provvedimento commissariale sostenuto da una compiuta ed approfondita analisi delle posizioni dell’Ente, come risulta dai documenti sub 13 e 14 allegati allo stesso reclamo e che è sufficiente al Collegio richiamare (in essi sono puntualmente esposte e ricostruite sia le fasi del procedimento, sia le analisi delle diverse motivazioni espresse dall’Ente o sostenute in giudizio).
Sotto i descritti profili, pertanto, nessuna delle doglianze sollevate in via principale dall’Ente può trovare accoglimento, dovendosi quindi confermare la determina oggetto di reclamo nella parte in cui pone a carico dell’Ente il rimborso delle somme per cui è causa.
Il secondo argomento di gravame, invece, è parzialmente fondato e si presta ad essere accolto nei seguenti termini.
Quanto al presupposto temporale del calcolo degli interessi moratori, il reclamo – nell’evidenziare che il Commissario avrebbe errato nel calcolare gli interessi moratori dal giorno della domanda di restituzione, ovvero il 19 gennaio 2011 – è infondato in fatto, poiché la determina reclamata è chiara nel disporre che “Dalla data di presentazione dell’istanza decorrono gli interessi legali e dalla data di messa in mora (27.4.2012) decorrono altresì gli interessi moratori e ciò sino al soddisfo”.
Pertanto, sulla base della domanda dell’Ente, il computo temporale della decorrenza degli interessi moratori non può essere oggetto di correzione.
Il ricorso è invece fondato quanto all’applicazione al calcolo degli interessi di mora della maggiorazione di cui all’art. 2, comma 1, del D.lgs. n. 192/2012, peraltro priva di presupposto istruttorio nella relazione del Commissario ad acta (né nel parere del Consulente), che non se ne occupano (con la conseguenza di doversi ritenere che il relativo computo sia stato svolto come un mero automatismo).
Si osserva che nella “scheda contabile” prodotta in allegato alla relazione del Commissario ad acta il 4 giugno 2021, il calcolo degli interessi è riportato con applicazione del tasso dell’8% (variabile a seconda dei mesi), confermandosi dunque che è stata data applicazione al saggio previsto dall’art. 2 del d.lgs. 09 novembre 2012 - n. 192.
A fronte del motivo (sostanziale eccezione) dell’Ente, nessuna replica è formulata dal Commissario o dalla parte ricorrente; ciò comporta (vertendosi in ordine a diritti soggettivi e quindi disponibili) un argomento di prova a favore della parte reclamante.
E’ bene rammentare che, per giurisprudenza pacifica (cfr. da ultimo, Cassazione civile , sez. III , 28/02/2019 , n. 5803), “il decreto legislativo n. 231 del 2002 ha introdotto, per il caso di mancato rispetto dei termini di pagamento delle fatture nelle transazioni commerciali, una particolare forma di interessi, i cosiddetti interessi moratori. Si tratta di una disciplina che prevede un termine di pagamento più breve e un interesse più elevato del saggio di interesse legale in modo che sia satisfattivo per il creditore. Ai sensi dell' articolo 2, comma 2, del decreto legislativo n. 231 del 2002 , per transazioni commerciali si intendono i contratti comunque denominati, tra imprese, ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni comportanti - in via esclusiva o prevalente - la consegna di merci o la prestazione di servizi verso il pagamento di un prezzo. La detta nozione di transazione commerciale di ispirazione comunitaria, in assenza di limitazioni, deve essere intesa in senso lato, come ricomprendente tutte le prestazioni di servizio”, con la conseguenza che è applicabile ai contratti di utilizzazione di beni collegati o connessi a un rapporto commerciale, ivi compresi i contratti di locazione (e di affitto), ma non alle obbligazioni che scaturiscono da fattispecie diverse, come quelle fondate direttamente su previsioni legali (Cassazione civile , sez. III , 03/09/2019 , n. 21973, in tema di spese di giustizia) o relative a crediti di rimborso delle prestazioni farmaceutiche nei confronti del SSN (Cassazione civile , sez. III , 10/04/2019 , n. 9991), o a quelli derivanti da un rapporto concessorio (Tribunale , Palermo , sez. V , 02/05/2019 , n. 2172), e così via.
In questo quadro, come correttamente dedotto dall’Ente in reclamo, la disciplina di cui al d.lgs. nr. 231 del 9 ottobre 2002, come modificato dal d.lgs. n. 192/2012, non trova applicazione all’obbligazione che sorge per effetto della restituzione all’avente diritto di una somma a suo tempo corrisposta a titolo di oneri di urbanizzazione e di costo di costruzione per un’opera edilizia in tutto o in parte non realizzata, venendo in rilievo, in tal caso, non già una transazione, ma una mera ripetizione di indebito.
Ciò comporta che, in accoglimento del gravame sul punto, il Commissario dovrà riesaminare il conteggio delle somme dovute, rideterminandosi previa elisione degli importi che risultino calcolati in applicazione delle maggiorazioni di cui all’art. 2, comma 1, del D.lgs. n. 192/2012, come comprese nel calcolo già effettuato nella determinazione reclamata.
Attesa l’esposizione che precede e data la novità della fattispecie, sussistono giuste ragioni per disporre la piena compensazione delle spese di lite tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis), definitivamente pronunciando sull’incidente di esecuzione nel ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei soli limiti di cui in parte motiva e, per l’effetto, dispone che il Commissario ad acta si ridetermini in conformità.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 ottobre 2021 con l'intervento dei magistrati:
Elena Stanizzi, Presidente
Salvatore Gatto Costantino, Consigliere, Estensore
Virginia Arata, Referendario