TAR Campania (NA) Sez. IV n,2154 del 28 aprile 2016
Urbanistica.Abusi edilizi e posizione di affidamento
Nel caso di abusi edilizi vi è un soggetto che pone in essere un comportamento contrastante con le prescrizioni dell’ordinamento, che confida nell’omissione dei controlli o comunque nella persistente inerzia dell’amministrazione nell’esercizio del potere di vigilanza. In questi casi il fattore tempo non agisce qui in sinergia con l’apparente legittimità dell’azione amministrativa favorevole, a tutela di un’aspettativa conforme alle statuizioni amministrative pregresse.Di affidamento meritevole di tutela si può parlare solo ove il privato, il quale abbia correttamente ed in senso compiuto reso nota la propria posizione all’Amministrazione, venga indotto da un provvedimento della stessa Amministrazione a ritenere come legittimo il suo operato non già nel caso in cui si commetta un illecito a tutta insaputa della stessa
N. 02154/2016 REG.PROV.COLL.
N. 02486/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2486 del 2012, proposto da:
Bruno Nicolosi, rappresentato e difeso dall'avv. Monica Vassallo, con domicilio eletto in Napoli, viale Gramsci n. 21;
contro
Comune di Napoli, rappresentato e difeso dagli avv. Anna Pulcini, Giuseppe Tarallo, Barbara Accattatis Chalons D'Oranges, Antonio Andreottola, Eleonora Carpentieri, Bruno Crimaldi, Annalisa Cuomo, Anna Ivana Furnari, Giacomo Pizza, Bruno Ricci, Gabriele Romano, con domicilio eletto presso l’Avvocatura Municipale - palazzo S. Giacomo;
per l'annullamento
della disposizione dirigenziale del Comune di Napoli n. 126 del 29 febbraio 2012, con cui si ordina la demolizione delle opere consistenti in uno sporto balcone con copertura in lamiere (m. 6,00 x 0,60) realizzato nell’appartamento sito in Napoli, via S. Cosmo Fuori a Porta Nolana, n. 77;
di ogni altro atto connesso.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Napoli;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 aprile 2016 il dott. Michele Buonauro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il Comune di Napoli, con Disposizione Dirigenziale n. 126 del 29 febbraio 2012, ha ordinato alla parte ricorrente, in qualità di responsabile, la demolizione di opere abusive e, in particolare, dello sporto balcone con copertura in lamiere (m. 6,00 x 0,60) realizzato nell’appartamento sito in Napoli, via S. Cosmo Fuori a Porta Nolana, n. 77 senza alcun titolo legittimante.
L’ordinanza specifica che l’intervento rientra nella tipologia della ristrutturazione edilizia con aumento volumetrico di cui all’art. 10, comma 1, lett. c., del D.P.R. n. 380/2001.
Deduce violazione della normativa urbanistica ed edilizia e violazione delle norme sul giusto procedimento; si duole, in ogni caso, dell’erroneità dei presupposti, essendo la balconata preesistente da tempo immemorabile.
Si è difesa l’amministrazione comunale che insiste per la reiezione dell’impugnazione.
Respinta l’istanza cautelare con ordinanza n. 951 del 2012, all'udienza pubblica del 20 aprile 2016 il ricorso è trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Il ricorso si rivela infondato.
2. Privo di pregio è il primo motivo di ricorso incentrato sul difetto di motivazione e di istruttoria, in quanto l’ordinanza gravata riporta in modo specifico sia presupposti in fatto (descrizione delle opere abusive e mancanza del permesso di costruire), che le norme poste alla base del provvedimento di riduzione in pristino (art. 33 D.P.R. n. 380/2001), facendo riferimento alle risultanze dell’istruttoria tecnica, così soddisfacendo in pieno il requisito dell’obbligo di motivazione di cui all’art. 3, legge n. 241/90, né è ravvisabile alcun difetto di istruttoria poiché l’abuso risulta da specifici atti degli atti di accertamento allegati in giudizio.
3. Alcun rilievo può avere la circostanza, neanche del tutto provata, della pre-esistenza di due balconcini, che sarebbero stati poi unificati dal ricorrente a seguito dell’acquisto dell’immobile, poiché l’intera opera, considerata anche nelle sue eventuali stratificazioni, non risulta legittimata da alcun titolo edilizio. Ne deriva, pertanto, l’incongruità delle censure che evocano la sproporzione della misura demolitoria, che correttamente sanziona l’intera opus di cui è stata accertata l’abusività.
3.1. Quanto all’assenza di ragioni di interesse pubblico a sostegno della misura demolitoria, la giurisprudenza si è più volte espressa, anche in tempi recenti (Cons. Stato, Sez. VI, 21 ottobre 2013, n. 5088; Cons. Stato, Sez. VI, 4 ottobre 2013, n. 4907), nel senso che il provvedimento di demolizione di una costruzione abusiva, al pari di tutti i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, è atto vincolato che non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest'ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né, ancora, alcuna motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, non potendo neppure ammettersi l'esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai legittimare (Cons. Stato Sez. VI, 28 gennaio 2013, n. 496; Cons. Stato Sez. IV, 16 aprile 2012, n. 2185; Cons. Stato Sez. IV, 28 dicembre 2012, n. 6702, Cons. Stato Sez. VI, 27 marzo 2012, n. 1813; Cons. Stato Sez. IV, 27 ottobre 2011, n. 5758; Cons. Stato Sez. IV, 20 luglio 2011, n. 4403; Cons. Stato Sez. V, 27 aprile 2011, dalla n. 2497 alla n. 2527; Cons. Stato Sez. V, 11 gennaio 2011, n. 79; T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, 8 settembre 2011, n. 2183; T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, 23 giugno 2011, n. 5582;; T.A.R. Campania Napoli Sez. III, 16 giugno 2011, n. 3211; T.A.R. Campania Napoli Sez. VIII, 9 giugno 2011, n. 3029; Cons. Stato Sez. V, 9 febbraio 2010, n. 628) e non potendo l'interessato dolersi del fatto che l'Amministrazione non abbia emanato in data antecedente i dovuti atti repressivi (Cons. Stato, VI, 31 maggio 2013, n. 3010; Cons. Stato, VI, 11 maggio 2011, n. 2781).
3.2. In particolare, nel caso di abusi edilizi vi è un soggetto che pone in essere un comportamento contrastante con le prescrizioni dell’ordinamento, che confida nell’omissione dei controlli o comunque nella persistente inerzia dell’amministrazione nell’esercizio del potere di vigilanza. In questi casi il fattore tempo non agisce qui in sinergia con l’apparente legittimità dell’azione amministrativa favorevole, a tutela di un’aspettativa conforme alle statuizioni amministrative pregresse (Cons. Stato, Sez. VI, 21 ottobre 2013, n. 5088; Cons. Stato, Sez. VI, 4 ottobre 2013, n. 4907; Cons. Stato, IV, 4 maggio 2012, n. 2592).
Al riguardo il Collegio rileva come di affidamento meritevole di tutela si possa parlare solo ove il privato, il quale abbia correttamente ed in senso compiuto reso nota la propria posizione all’Amministrazione, venga indotto da un provvedimento della stessa Amministrazione a ritenere come legittimo il suo operato non già nel caso, come quello di specie, in cui si commetta un illecito a tutta insaputa della stessa (Cons. Stato, Sez. IV, 15 settembre 2009, n. 5509).
3.3. Inoltre, l’abuso edilizio rappresenta un illecito permanente integrato dalla violazione dell’obbligo, perdurante nel tempo, di ripristinare in conformità a diritto lo stato dei luoghi, di talché ogni provvedimento repressivo dell’Amministrazione non è emanato a distanza di tempo da un illecito ormai esaurito, bensì interviene su una situazione antigiuridica che perdura sino a quel momento (T.A.R. Brescia, Sez. I, 22 febbraio 2010, n. 860).
Si rileva infine che, da un lato, consentire la possibilità di non sanzionare gli abusi edilizi per effetto del mero decorso di un notevole lasso di tempo, non determinato con precisione, significherebbe introdurre nel sistema un pericoloso elemento di indeterminatezza, perché la repressione di un dato abuso nel caso concreto sarebbe rimessa all’apprezzamento del singolo funzionario, oltretutto pressoché impossibile da sindacare nella presente sede giurisdizionale, con intuibile possibilità di strumentalizzazioni (T.A.R. Campania Napoli, Sez. IV, 22 maggio 2013, n. 2679).
3.4. Dall’altro, a fronte dalla serie di condoni edilizi concessi negli ultimi decenni, ammettere la sostanziale estinzione di un abuso per il mero decorso del tempo significherebbe costruire una sorta di sanatoria di fatto che opererebbe anche quando l’interessato non abbia ritenuto di avvalersi del corrispondente istituto previsto dalla citata normativa premiale, e quindi senza nemmeno la necessità di versare le oblazioni da essa previste. Per altro verso, poi, si deve comunque escludere che si possa parlare di affidamento tutelabile nel momento in cui di detta normativa l’interessato non abbia ritenuto di avvalersi (T.A.R. Campania Napoli Sez. IV, 19 marzo 2013, n.1535; T.A.R. Campania Napoli, Sez. IV, 19 marzo 2013, n.1536).
3.5. In punto di fatto poi, in ogni caso, parte ricorrente non ha dimostrato in modo certo il passaggio di un notevole lasso di tempo dalla realizzazione dell’abuso all’adozione dell’ordine di demolizione, né l’intervento realizzato appare essere irrilevante dal punto di vista edilizio.
Ora, in linea di massima il Comune nel disporre la sanzione demolitoria ben può limitarsi a verificare l’assenza di permesso di costruire (essendo sufficiente tale assenza a giustificare l’ordine di riduzione in pristino), senza dover effettuare ulteriori accertamenti in ordine alla modalità e data di esecuzione degli interventi abusivi.
Per il principio di buona amministrazione e di correttezza nei rapporti con i privati, però, tale regola generale può subire una deroga solo nei casi eccezionali in cui siano presenti degli evidenti elementi che mettano in dubbio l’abusività delle opere, quali ad esempio evidenze della possibile notevole risalenza degli interventi edilizi. Solo in tali casi l’Amministrazione non può ignorare del tutto, come ha fatto nel caso di specie, tali circostanze ma deve compire una istruttoria completa sul punto prendendo in esame le circostanze in questione al fine di trarne le dovute conclusioni.
Nell’ipotesi di specie, in sede di sopralluogo, erano presenti degli elementi che potevano ingenerare il ragionevole dubbio che il balcone fosse stato realizzato in epoca passata, ma in ogni caso mai così risalenti da risultare precedente all’introduzione dell’obbligo della necessità della concessione edilizia, che per il Comune di Napoli è da farsi risalire al Regolamento edilizio del 1935.
Le censure sono pertanto da rigettare
4. Con altro motivo del ricorso principale parte ricorrente ha lamentato la violazione dell’art. 7 della legge n. 241/90 per aver l’amministrazione omesso la comunicazione di avvio del procedimento che ha portato al provvedimento gravato.
La censura si rivela infondata.
Il Collegio evidenzia l’orientamento giurisprudenziale secondo cui in ragione del contenuto rigidamente vincolato che li caratterizza, gli atti sanzionatori in materia edilizia, tra cui l'ordine di demolizione di costruzione abusiva, non devono essere preceduti dalla comunicazione d'avvio del relativo procedimento (Consiglio Stato, sez. VI, 24 settembre 2010, n. 7129).
Ad ogni buon conto, poi, il Collegio, in considerazione delle espresse ragioni di rigetto degli altri motivi di ricorso, ritiene applicabile al caso in esame il disposto dell’art.21 octies della legge n.241/90, ai sensi del quale non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti, vertendosi in ambito provvedimentale vincolato e risultando che il contenuto dispositivo del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
5. Infondati risultano i motivi di ricorso basati sulla mancata necessità del permesso di costruire per le opere sanzionate, anche in considerazione del carattere di pertinenza della edificazione.
L’opera in questione, infatti, risolvendosi nella realizzazione di balcone (ancorché asseritamente preesistente, comunque abusivo), comporta un’alterazione della sagoma dell’edificio ed un aumento di superficie incompatibile con la qualificazione edilizia di manutenzione straordinaria o risanamento conservativo.
Quanto al carattere pertinenziale dell’opera, il Collegio evidenzia, in punto di fatto, che il manufatto in questione risulta essere incorporato nell’immobile principale di cui costituisce una parte integrante e, pertanto, non risponda alla nozione di pertinenza urbanisticamente rilevante; nozione quest’ultima che postula indefettibilmente l'individualità fisica e strutturale del manufatto destinato a servizio od ornamento di quello principale, e non quando sia considerabile un ampliamento dell’immobile preesistente ( T.A.R. Liguria Genova, sez. I, 31 dicembre 2009 , n. 4127).
5.1. Del resto, secondo quanto affermato per costante giurisprudenza amministrativa e penale proprio in ordine alla realizzazione di opere analoghe, la realizzazione di manufatti uniti ad un immobile principale che determinino una variazione planovolumetrica ed architettonica dell'immobile, non rientrano tra le opere minori soggette a D.I.A., ma sono soggette al preventivo rilascio di permesso di costruire (T.A.R. Campania Napoli, IV, 17.2.2009, n. 847; T.A.R. Liguria, sez. I, 31 dicembre 2009 , n. 4127; T.A.R. Campania Napoli, IV, 3.8.2007, n. 7258; Cass. Pen., III, 26.4.2007, n. 35011).
L’intervento in questione quindi, anche al di là della questione della sua natura pertinenziale, comportando una modifica della sagoma esistente rientra, come già visto, nelle ipotesi di ristrutturazione edilizia per la cui effettuazione è necessario il titolo abilitativo costituito dal permesso di costruire.
6. Ne consegue la legittimità della sanzione demolitoria disposta dal Comune nel provvedimento gravato. Per le ragioni esposte il ricorso va rigettato.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del resistente Comune di Napoli, delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi euro 2.000,00 (duemila).Contributo unificato come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 20 aprile 2016 con l'intervento dei magistrati:
Anna Pappalardo, Presidente FF
Michele Buonauro, Consigliere, Estensore
Maria Barbara Cavallo, Primo Referendario
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 28/04/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)