 TAR Campania (SA) Sez. II sent. 2353 del 25 marzo 2010
TAR Campania (SA) Sez. II sent. 2353 del 25 marzo 2010
Urbanistica. Incendi boschivi 
La modifica apportata all’art. 9, c. 4 della L. n. 47/75 dall’art. 1 bis d. l. 30 agosto 1993 n. 332, convertito con l. 29 ottobre 1993 n. 428 risulta meramente ricognitiva ed esplicativa di un principio immanente alle finalità conclamate di tutela del patrimonio boschivo, e cioè quello dell’assoluta inedificabilità delle aree in questione, a prescindere dalla loro tipizzazione urbanistica preesistente all’evento incendiario, siccome intesa a prevenire fenomeni speculativi e ad assicurare la rigenerazione del “bosco…considerato nella sua entità unitaria di ecosistema complesso” e la tutela del patrimonio boschivo nazionale quale bene insostituibile per la qualità della vita. Non a caso la successiva normativa di riforma (legge quadro in materia di incendi boschivi n. 353 del 1990) stabilisce all’art. 10 comma 1, che : “…. È inoltre vietata per dieci anni, sui predetti soprassuoli, la realizzazione di edifici nonché di strutture e infrastrutture finalizzate ad insediamenti civili ed attività produttive, fatti salvi i casi in cui per detta realizzazione sia stata già rilasciata, in data precedente l'incendio e sulla base degli strumenti urbanistici vigenti a tale data, la relativa autorizzazione o concessione…” escludendo in radice la possibilità di edificazione delle aree percorse da incendio sulla base della mera previsione che dette aree fossero edificabili prima dell’evento incendiario.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 02353/2010 REG.SEN.
 N. 01502/2002 REG.RIC.
 Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania
 sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda)
 ha pronunciato la presente
 SENTENZA
 Sul ricorso numero di registro generale 1502 del 2002, integrato da  motivi  aggiunti, proposto da:
 Russo Angelo, rappresentato e difeso, giusta procura a margine dell’atto   introduttivo del giudizio, dagli avv.ti Antonio Brancaccio e Francesco  Accarino,  presso il primo elettivamente domiciliato in Salerno, largo Dogana  Regia, N.15;
 contro
 Comune di Montecorice, in persona del Sindaco, legale rappresentante pro   tempore, rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso  notificato  in copia e delibera n. 71 del 27 maggio 2002, dall'avv. Tommaso Jovino,  con il  quale elettivamente domicilia in Salerno, piazza Portanova N.1 presso  avv.  P.Tarallo;
 Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali, in persona del Ministro,  legale  rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  distrettuale  dello Stato di Salerno, domiciliata per legge in Salerno, corso Vittorio   Emanuele N.58;
 Soprintendenza B.A.A.A.S. Salerno ed Avellino,
 Regione Campania;
 
 per l'annullamento
 previa sospensione dell'efficacia,
 
 dell’atto di diniego del 19.3.2002 di concessione in sanatoria( ai sensi  della  l. n. 47/85 e 724/94);.
 
 di ogni atto connesso e segnatamente del parere contrario della  c.e.c.i., previa  riunione delle istanze presentate dal ricorrente il 30.9.1986 n. 4885 e  il  28.2.1995 prot. n. 1108, espresso nella seduta dell’8.3.2001 con verbale  n.  03-decisione n. 01; della nota del Ministero per i Beni e le Attività  Culturali  – Soprintendenza ai B.A.A.A.S di Salerno ed Avellino prot. n. 1205,  pervenuta al  Comune in data 5.2.2001 prot. n. 812, non conosciuta; della delibera  della  Giunta della Regione Campania del 14.7.1987 n. 3262, non conosciuta;  nonché
 
 Con i MOTIVI AGGIUNTI, notificati il 29 settembre 2009, depositati il 14  ottobre  1009, per l’annullamento :
 
 della determinazione n. 001 del Comune di Montecorice del 19.3.2002,  resa ex  art. 151 d. lgs n. 490/1999, non notificata ed affissa all’Albo Pretorio  al n.  reg. 8431 del 21.3.2002 con la quale non è stata concessa  l’autorizzazione ex  art. 151 in conformità al parere espresso dalla Commissione Edilizia  Comunale  Integrata espresso nella seduta dell’8.3.2001 con verbale n.  03-decisione n. 01;
 
 del sopra menzionato verbale, non notificato e/o comunicato.
 
 Visto il ricorso ed i motivi aggiunti, con i relativi allegati;
 Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Montecorice;
 Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero per i Beni e le  Attivita'  Culturali;
 Viste le memorie difensive;
 Visti tutti gli atti della causa;
 
 Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14/01/2010 il dott. Francesco  Gaudieri  e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
 
 Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
 FATTO
 1.- Premette il sig. Angelo Russo, con l’atto notificato il 24 maggio  2002,  depositato il 14 giugno 2002, di aver ottenuto in data 4.3.1981  concessione  edilizia n. 178 per la costruzione di ville plurifamiliari in località  Pennino  di Montecorice su una superficie di mq 4355, su conforme nulla osta  della  Regione Campania del 13.8.80 n. 10093 (parere n. 2418 del 6.8.1980) e su  pareri  92/2, 94/7 espressi nella seduta del 15.10.80 e 22.1.1981 dalla c.e.c.,  le cui  opere vennero sospese e sequestrate dal Pretore di Agropoli in data  4.9.1982,  sul presupposto che l’area interessata era stata percorsa da incendi e  rientrava  nei piani previsti dall’art. 1 l. 1.3.1975 n. 47, e, come tale,  inedificabile;  aggiunge che dopo il dissequestro dell’area, disposto nel 1989 dalla  Suprema  Corte di Cassazione, è stato comunque ostacolato nella ripresa  dell’attività  edilizia dapprima dal Sindaco che, su segnalazione della Soprintendenza,   ordinava la sospensione dei lavori e poi dal P.M. presso la Pretura  Circondariale di Vallo della Lucania che sequestrava i beni,  dissequestrati poi,  con ordinanza del Tribunale di Salerno in data 10.1.1990; evidenzia di  aver  impugnato innanzi al Tar il diniego opposto dal Sindaco di Montecorice  all’istanza di proroga dell’efficacia della concessione edilizia n. 178  del  4.3.1981 nonché la contestuale declaratoria di decadenza della  concessione  edilizia; precisa che subito dopo la notifica dell’ordinanza n. 455 del  7.6.1990  favorevole del Tar Salerno, resa nel ricorso r. g. n. 812/90, il Sindaco   emetteva l’atto di sospensione dei lavori (impugnato con il ricorso r.  g. n. 166  del 1991), per addivenire successivamente all’annullamento della  concessione  edilizia n. 178 del 4.3.1981 (impugnato con il ricorso r. g. n. 2020 del  1990);  specifica di essere stato, infine, raggiunto anche dall’ordine di  sospensione  dei lavori e ripristino dello stato dei luoghi emesso dal Ministero per i  Beni  Culturali e Ambientali (impugnato con il ricorso r. g. n. 166 del 1991);   aggiunge di aver presentato ben due istanze di condono edilizio, la  prima (prot.  n. 4885 del 30.9.1986 ex l. n. 47/86) per sanare alcune modifiche  apportate a  due dei quattro fabbricati; la seconda (prot. n. 1108 del 28.2.1995 ex  l. n.  724/94), a mero scopo cautelativo, per tutti i fabbricati; respinte  dall’amministrazione comunale con il provvedimento in questa sede  impugnato, che  l’interessato censura per violazione di legge ed eccesso di potere sotto   concorrenti e plurimi profili.
 
 2.- Resiste in giudizio il Comune di Montecorice chiedendo la reiezione  dell’istanza perché inammissibile ed infondata.
 
 3.- Resiste, altresì, formalmente il Ministero intimato.
 
 4.- All’udienza del 14.1.2010, sulla conclusione delle parti presenti  come da  verbale di udienza, il Collegio si è riservata la decisione.
 DIRITTO
 Può prescindersi dalla disamina delle eccezioni in rito, essendo il  ricorso  infondato nel merito.
 
 1.- E’ controversa nel presente giudizio la legittimità del  provvedimento, in  epigrafe meglio specificato, con il quale la resistente amministrazione  comunale  ha respinto le due istanze di condono edilizio, la prima (prot. n. 4885  del  30.9.1986 ex l. n. 47/86) intesa a sanare alcune modifiche apportate a  due dei  quattro fabbricati realizzati; la seconda (prot. n. 1108 del 28.2.1995  ex l. n.  724/94), relativa a tutti i quattro fabbricati, presentate dal  ricorrente Russo  Angelo.
 
 Gioverà ricordare che delle due istanze in questione, la seconda, venne  presentata dal Russo “a mero scopo cautelativo, stante il provvedimento  di  annullamento della concessione originaria” (pag. 4 del ricorso), la n.  178 del  4.3.1981 (impugnata con ricorso r. g. n. 2020 del 1990, pure in  trattazione in  pari udienza)
 
 L’atto impugnato, dopo aver richiamato nelle premesse, trascrivendoli,  sia il  parere (sfavorevole) della Commissione edilizi integrata, sia la  determina  dirigenziale parimenti negativa e il diniego di autorizzazione, conclude  per la  reiezione sulla scorta del parere della c.e.c.i. avendone condivisa la  motivazione.
 
 L’amministrazione comunale, in definitiva, si è negativamente  determinata in  ordine all’invocata sanatoria, affermando che :
 
 “ è da condividere il parere espresso dalla Commissione Edilizia  Comunale  Integrata nella seduta dell’8 marzo 2001, verbale n. 03, decisione n.  01; :
 
 -le opere abusive di cui alle istanze di sanatoria ricadono in zona di  “conservazione integrale” del P.T.P. ed in zona “UNO” del Parco  Nazionale del  Cilento e Vallo di Diano;
 
 -la località interessata dall’intervento ricade in area dichiarata di  notevole  interesse pubblico ai sensi della legge n. 1497 del 1939, giusta D.M. 20  marzo  1969;
 
 -le strutture di cui si richiede la sanatoria se completate  comprometterebbero  in maniera irreversibile l’aspetto paesistico ambientale del sito ben  visibile  da più punti di belvedere:
 
 -le opere previste se effettuate risulterebbero incompatibili con la  tutela e la  riqualificazione ambientale del contesto nel quale le stesse dovrebbero  essere  inserite;
 
 -l’intervento se attuato comporterebbe l’alterazione di tratti  caratteristici  della località protetta che sono la ragione stessa per cui la località  medesima  è sottoposta a vincolo ai sensi della normativa di tutela ambientale  attualmente  vigente;
 
 -l’intervento evidenzia delle valenze paesaggistiche di notevole impatto   ambientale sia per la consistenza dell’intervento sia per il numero  delle unità  abitative ad esso connesso, in zona completamente priva di  urbanizzazione.
 
 Avverso le citate motivazioni, parte ricorrente deduce ben sei motivi di  ricorso  che, ad avviso del Collegio, non colgono nel segno.
 
 2.- Preliminarmente il Collegio deve darsi carico della sesta ed ultima  censura,  con la quale si deduce che l’atto impugnato sarebbe illegittimo siccome  firmato  dal Sindaco e dal responsabile del procedimento, in violazione del  principio di  separazione tra programmazione e gestione di cui all’art. 6 della legge  n.  127/97, dal momento che, se detta doglianza dovesse risultare, in tesi,  fondata,  essa sarebbe pregiudiziale ed assorbente di tutte le altre dedotte.
 
 La censura deve essere respinta siccome infondata, atteso che, anche  alla luce  della giurisprudenza di questo Tribunale (Tar Salerno n. 729 del 2007),  peraltro  conforme alla giurisprudenza dominante (ex multis Cons. St. Sez. IV 3  giugno  1997 n. 603), l’eventuale firma apposta sull’atto amministrativo  dall’organo  politico unitamente a quella del funzionario non rende, per ciò siolo,  illegittimo il provvedimento atteso che, in applicazione dei principi  generali  di conservazione degli atti giuridici e dell’utile per inutile non  vitiatur, il  provvedimento amministrativo deve stimarsi sicuramente legittimo perché  imputabile all’organo burocratico che, in base ai principi correnti, ne  ha la  competenza. .
 
 3.- Sgombrato il campo dalla censura d’incompetenza, deve dirsi che il  provvedimento impugnato risulta impermeabile alle doglianze rassegnate.
 
 Come innanzi riferito, l’amministrazione comunale ha respinto le istanze  di  sanatoria, con una motivazione pluristrutturata asserendo, in primis,  che “ è da  condividere il parere espresso dalla Commissione Edilizia Comunale  Integrata  nella seduta dell’8 marzo 2001, verbale n. 03, decisione n. 01.”
 
 Orbene, tra le ragioni ostative al rilascio della concessione in  sanatoria, la  Commissione integrata pone l’inedificabilità dell’area ex art. 9 l. n.  47/75,  opponendo, in sostanza, la non sanabilità delle opere ex art. 33 l. n.  47/85.
 
 Ad avviso del Collegio, il diniego è fondato e non risulta scalfito  dalle  argomentazioni opposte, per le argomentazioni che seguono.
 
 3.a.- Con legge 1 marzo 1975 n. 47 (in G.U. n. 72 del 14.3.1975)  rubricata  “Norme integrative per la difesa dei boschi dagli incendi”, furono  introdotte  una serie di disposizioni con le quali si demandava ad appositi piani  regionali  ed interregionali, la difesa e la conservazione del patrimonio boschivo  minacciato dagli incendi, prevedendosi all’at. 9, comma quarto,  espressamente  che “Nelle zone boscate, comprese nei piani di cui all’articolo 1 della  presente  legge, i cui soprassuoli boschivi siano stati distrutti o danneggiati  dal fuoco,  è vietato l’insediamento di costruzioni di qualsiasi tipo. Tali zone non  possono  comunque avere una destinazione diversa da quella in atto prima  dell’incendio”.
 
 Con l’art. 1 bis d. l. 30 agosto 1993 n. 332, convertito con l. 29  ottobre 1993  n. 428, alla citata disposizione venne aggiunto la precisazione che  “fino  all’approvazione dei piani di cui all’articolo 1, in tutte le zone i cui   soprassuoli boschivi siano stati distrutti o danneggiati dal fuco è  vietato  l’insediamento di qualsiasi tipo”.
 
 Successivamente la legge n. 47 del 1975, è stata abrogata e sostituita  dalla l.  n. 353/2000, rubricata come “Legge-Quadro in materia di incendi  boschivi”.
 
 Invero, in applicazione della citata normativa, l’amministrazione  comunale  legittimamente ha, dapprima, fondato il provvedimento di annullamento  della  concessione edilizia n. 178 del 4.3.1981 risultando i terreni di  proprietà del  Russo essere stati percorsi da incendio e, successivamente ha  utilizzato, tra  l’altro, il citato referente normativo per denegare anche la concessione  in  sanatoria.
 
 In sostanza, ha ritenuto insanabile l’opera ai sensi della lett. d),  dell’art.  33. l. n. 47/85 a mente delle cui previsioni, “le opere di cui all’art.  31 non  sono suscettibili di sanatoria quando siano in contrasto con i seguenti  vincoli,  qualora questi comportano in edificabilità e siano stati imposti prima  della  esecuzione delle opere stesse : d) ogni altro vincolo che comporti la in   edificabilità dell’area”.
 
 Al riguardo, la difesa di parte ricorrente, oppone, elementi che non  appaiono  utili ad incrinare la ragione individuata dall’amministrazione.
 
 3.b.- Si afferma, infatti, che “l’area di proprietà del ricorrente non è  mai  stata percorsa da incendio…l’evento dannoso del 23.8.78 ha percorso la  proprietà  di Russo Angelo da Montecorice, omonimo del ricorrente, proprietario di  fondo  confinante. La circostanza è documentata”.
 
 Contrariamente a quanto dedotto, inficiano le difese di parte ricorrente  :
 
 -la nota n. 10647 del 6 novembre 1981 inviata dall’Ispettorato  Ripartimentale  delle Foreste di Salerno alla Comunità Montana Alento Monte Stella, con  la  quale, reiterando quanto già riferito con nota del 16 gennaio 1981 n.  12883, si  afferma che “la zona…è stata varie volte percorsa dal fuoco, ed è  compresa nei  piani di cui all’art. 1 della legge Regionale n. 47 dell’1.3.1975”;
 
 -le conclusioni della consulenza tecnica d’ufficio disposta dal Pretore  di  Agropoli nel procedimento penale n. 845 dell’R.G. 1982, da cui risulta  che  “l’incendio di cui al verbale del 9 settembre 1978 si è realmente  verificato” e  che “il grado dei danni provocati dall’incendio è differenziato : nella  parte  bassa del fondo fino al limite dello sbancamento i danneggiamenti sono  lievi e  tali da non compromettere l’efficienza biologica del bosco; nella parte  alta il  bosco è stato nettamente compromesso”;
 
 - la sentenza istruttoria n. 124/85 del Tribunale di Vallo della  Lucania.
 
 3.c.- Si afferma, altresì, nelle menzionate difese che “non poteva  ipotizzarsi  la sussistenza del divieto di insediamenti dell’art. 9 l. n. 47/75, in  quanto,  tale divieto non riguarda le aree già edificabili prima dell’incendio,  in virtù  di specifica destinazione urbanistica”.
 
 Contrariamente a quanto dedotto, deve ritenersi applicabile nella specie  il  divieto di cui alla più volte richiamata normativa di tutela; infatti,  accertato  il passaggio del fuoco nell’agosto del 1978 e la natura boscata  dell’area ( con  la sentenza istruttoria sopra citata si precisa che la zona interessata  “è parte  integrante di un complesso boscato di pino d’aleppo…compresa nei piani  antincendio elaborati dalla Regione Campania”) deve, comunque, ritenersi  che,  pur a fronte della astratta edificabilità (nei termini consentiti dalla  normativa ambientale del sito con riferimento alla destinazione prevista  dal  programma di fabbricazione di Montecorice che la destinava a zona di  sviluppo  turistico) di cui alla pianificazione preesistente, all’epoca del  rilascio della  concessione edilizi n. 178 del 4.3.1981, il divieto di edificazione era  pienamente operante, siccome scaturente dal quarto comma dell’art. 9  della l. n.  47/85, per niente subordinato all’entrata in vigore dei piani regionali  ed  interregionali di cui all’art. 1 l. n. 47/75.
 
 A conferma delle conclusioni testè raggiunte, basterà osservare che la  citata  disposizione normativa venne modificata dall’art. 1 bis d. l. 30 agosto  1993 n.  332, convertito con l. 29 ottobre 1993 n. 428, a mente delle cui  indicazioni  “fino all’approvazione dei piani di cui all’articolo 1, in tutte le zone  i cui  soprassuoli boschivi siano stati distrutti o danneggiati dal fuco è  vietato  l’insediamento di qualsiasi tipo”.
 
 Né vale osservare che la modifica della norma è posteriore al rilascio  della  concessione annullata.
 
 Ad avviso del Collegio, la modifica sopra riportata risulta meramente  ricognitiva ed esplicativa di un principio immanente alle finalità  conclamate di  tutela del patrimonio boschivo, e cioè quello dell’assoluta  inedificabilità  delle aree in questione, a prescindere dalla loro tipizzazione  urbanistica  preesistente all’evento incendiario, siccome intesa a prevenire fenomeni   speculativi e ad assicurare la rigenerazione del “bosco…considerato  nella sua  entità unitaria di ecosistema complesso” e la tutela del patrimonio  boschivo  nazionale quale bene insostituibile per la qualità della vita.
 
 Non a caso la successiva normativa di riforma (legge quadro in materia  di  incendi boschivi n. 353 del 1990) stabilisce all’art. 10 comma 1, che :  “…. È  inoltre vietata per dieci anni, sui predetti soprassuoli, la  realizzazione di  edifici nonché di strutture e infrastrutture finalizzate ad insediamenti  civili  ed attività produttive, fatti salvi i casi in cui per detta  realizzazione sia  stata già rilasciata, in data precedente l'incendio e sulla base degli  strumenti  urbanistici vigenti a tale data, la relativa autorizzazione o  concessione…”  escludendo in radice la possibilità di edificazione delle aree percorse  da  incendio sulla base della mera previsione che dette aree fossero  edificabili  prima dell’evento incendiario.
 
 3.d.- Quanto, poi, alla ulteriore asserzione difensiva recante  affermazione che  tale divieto non “può assumere rilievo perché la proibizione dell’art. 9   riguarda le aree comprese nei piani approvati…ed all’epoca del rilascio  della  concessione non esisteva alcun piano” è appena il caso di osservare che  le  conclusioni innanzi raggiunte dal Collegio in ordine alla immediata  applicabilità della disposizione scaturente dall’art. 9, comma quarto,  siccome  norma di ordine pubblico, inficiano l’argomentazione tracciata dalla  difesa.
 
 3.e.- Quanto, infine, al fatto che “tali circostanze esulano dalle  valutazioni  della CEI, che è esclusivamente tenuta a considerare gli elementi di  compatibilità o incompatibilità con gli specifici valori e siti tutelati  dal  D.M. di vincolo” si osserva che la valutazione operata sul punto dalla  Commissione è stata fatta propria dall’Amministrazione comunale  competente alla  finale determinazione, sicchè ogni censura al riguardo andava proposta  avverso  l’atto dell’ente e, nei limiti in cui può ritenersi censurata la finale  determinazione, detta doglianza, per quanto già detto, deve ritenersi  infondata.
 
 Per tutte le suesposte considerazioni, il ricorso deve essere respinto,  in  applicazione del principio, ormai consolidato in giurisprudenza, a mente  del  quale allorchè il provvedimento amministrativo sia sorretto da una  pluralità di  ragioni giustificatrici tra loro autonome, è sufficiente a sorreggere la   legittimità dell’atto la fondatezza anche di una sola di esse ( ex  multis Con.  St. Sez. 7 aprile 1991 n. 244; 20 dicembre 2002 n. 7251; 10 giugno 2005  n.  3052).
 
 Nella specie, il vincolo di in edificabilità dell’area, di cui all’art. 9  l. n.  47/5, in quanto imposto ex lege prima della esecuzione delle opere  stesse,  preclude al ricorrente, in applicazione della previsione ostativa di cui  alla  lett. d) dell’art. 33 l. n. 47/85, la sanatoria delle opere realizzate  successivamente all’entrata in vigore dell’art. 9 della citata legge,  sulla base  di un titolo, legittimamente annullato dal Comune di Montecorice.
 
 Può concludersi per la reiezione del ricorso e dei motivi aggiunti..
 
 4.- Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate, con parziale  compensazione, nell’importo fissato in dispositivo..
 P.Q.M.
 Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Sezione staccata  di  Salerno, Sezione II, definitivamente pronunciando sul ricorso e motivi  aggiunti,  r. g. n. 1502 del 2002, proposti da Russo Angelo, li rigetta.
 
 Condanna il ricorrente al pagamento nei confronti del Comune di  Montecorice  delle spese di lite che, parzialmente compensate, liquida in euro  1.500,00,  oltre accessori.
 
 Spese compensate nei confronti del Ministero.
 
 Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità  amministrativa.
 
 Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 14/01/2010  con  l'intervento dei Magistrati:
 
 Luigi Antonio Esposito, Presidente
 Filippo Portoghese, Consigliere
 Francesco Gaudieri, Consigliere, Estensore
 
 L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
 
 
 DEPOSITATA IN SEGRETERIA
 Il 25/03/2010
 
                    




