T.a.r. Lazio Sez. II-bis sent.5370 del 28 giugno 2005
IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione Seconda
bis
, ha pronunciato la seguente S
E N T E N Z A |
N.
8488 Reg. Gen. ANNO
1998 |
sui
ricorsi riuniti nn. 8488/1998 e 349/1999 proposti da
JACONELLI CONTI Maria,
rappresentata e difesa dall'Avv.
Pasquale di Rienzo ed elettivamente domiciliata presso lo studio dello
stesso, sito in Roma, alla Via Mordini n. 14;
contro
-
il Comune di Sacrofano, in persona del Sindaco p.t., non costitutitosi in
giudizio;
per l’annullamento previa
sospensiva
A)
quanto al ricorso rg. n. 8488/1998:
-
del provvedimento dell’U.T.C. del Comune di Sacrofano prot. n. 3710 del
17.4.1998, con il quale è stata respinta l’istanza di rilascio di una seconda
concessione edilizia per un fabbricato agricolo bifamiliare nel Comune di
Sacrofano, località Fontana Nuova nonché di ogni atto presupposto, connesso e
consequenziale;
B)
quanto al ricorso rg. n. 349/1999:
-
del provvedimento dell’U.T.C. del Comune di Sacrofano prot. n. 10466 del
5.11.1998, con il quale è stata respinta nuovamente l’istanza di rilascio di
una seconda concessione edilizia per un fabbricato agricolo bifamiliare nel
Comune di Sacrofano, località Fontana Nuova nonché di ogni atto presupposto,
connesso e consequenziale, ed in particolare la nota prot. n. 3710 del
17.4.1998;
Visti
i ricorsi con i relativi allegati;
Visti
gli atti tutti di causa;
Designato
relatore alla pubblica udienza del 26.5.2005 il Primo Referendario Maria
Cristina Quiligotti, ed uditi gli avvocati delle parti come da verbale di causa
agli atti del giudizio;
FATTO
Con
il ricorso sub A), notificato in data 22.6.1998 e depositato in data 2.7.1998,
la ricorrente ha impugnato il provvedimento dell’U.T.C. del Comune di
Sacrofano prot. n. 3710 del 17.4.1998, con il quale è stata respinta
l’istanza di rilascio di una seconda concessione edilizia per un fabbricato
agricolo bifamiliare nel Comune di Sacrofano, località Fontana Nuova, in quanto
non assentibile per il contrasto con le norme di salvaguardia previste
dall’art. 8 della L.R. n. 29/1997 “ Norme in materia di aree naturali
protette”, essendo i lavori iniziati non regolarmente come da sopralluogo
dell’U.T.C..
Ha
dedotto l’illegittimità del provvedimento impugnato per incompetenza e
violazione e falsa applicazione dell’art. 51 della L. n. 142/1990 ( primo
motivo), atteso che il provvedimento è stato adottato dal dirigente
dell’ufficio tecnico del Comune e non invece dal Sindaco o dall’Assessore
comunale a ciò appositamente delegato nonché per violazione e falsa
applicazione dell’art. 8, co. 3, lett. O ( punto 1) della L.R. n. 29/1997,
dell’art. 4 della L. n. 10/1977 e dell’art. 1 della L. n. 241/1990 e per
eccesso di potere per difetto dei presupposti ( secondo motivo), in quanto, ai
sensi dell’art. 8, co. 3, della L.R. n. 29/1997, “ 3. All'interno delle zone
A previste dall'articolo 7, comma 4, lettera a), numero 1), delle aree naturali
protette individuate dal piano regionale, sono vietati: … omissis …
q) la realizzazione di nuovi edifici all'interno delle zone territoriali
omogenee E) previste dall'articolo 2 del decreto del Ministro per i lavori
pubblici 2 aprile 1968, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 16 aprile 1968, n.
97, in cui sono comunque consentiti: 1) interventi già autorizzati e
regolarmente iniziati alla data di entrata in vigore della presente legge;”,
mentre nel caso di specie, risulterebbe agli atti che i lavori inerenti la
costruzione dei due edifici in questione sarebbero regolarmente stati iniziati,
in esecuzione della rilasciata concessione edilizia del 26.3.1994, come da
comunicazione di inizio dei lavori di cui alla nota prot. n. 6799 del 5.10.1994
( pur essendo stati successivamente interrotti a causa di gravi motivi di salute
della ricorrente); inoltre, il Comune di Sacrofano non avrebbe mai adottato il
provvedimento di decadenza dalla concessione edilizia ai sensi dell’art. 4,
co. 4, della L. n. 10/1997, per il mancato inizio dei lavori entro l’anno dal
rilascio della concessione, con conseguente difetto di idonea motivazione in
seno al provvedimento impugnato, atteso che dagli atti emergerebbe, anzi, la
contraria circostanza dell’intervenuto inizio dei detti lavori e della loro
successiva interruzione.
Infine
la ricorrente fa espressamente riserva di proposizione di motivi aggiunti
avverso il verbale di sopralluogo citato nel provvedimento impugnato del quale
chiede al Collegio di disporne la acquisizione in via istruttoria.
Con
memoria del 12.5.2005 la ricorrente ha più approfonditamente ribadito le
proprie tesi difensive.
Il
Comune, sebbene regolarmente evocato in giudizio, non si è costituito.
Con
il ricorso sub B), notificato il 28.12.1998 e depositato l’11.1.1999, la
ricorrente ha impugnato il provvedimento dell’U.T.C. del Comune di Sacrofano
prot. n. 10466 del 5.11.1998, con il quale, in riscontro alla richiesta di
riesame, presentata in data 17.10.1998, del rigetto della prima istanza di
medesimo contenuto, è stato ribadito il rigetto dell’istanza di rilascio di
una seconda concessione edilizia per un fabbricato agricolo bifamiliare nel
Comune di Sacrofano, località Fontana Nuova, atteso che dal sopralluogo dell’UTC
del Comune di Sacrofano del 27.2.1998 emergeva come, sul terreno oggetto della
concessione edilizia, i lavori iniziati consistevano esclusivamente in modesti
sbancamenti oramai ricoperti di acqua e vegetazione, opere che, per
giurisprudenza consolidata sul punto, non configurano l’inizio dei lavori ai
fini di cui all’art. 8 della L.R. n. 29/1997 e che, comunque, risultano
irrilevanti, ai fini urbanistici, le motivazioni inerenti allo stato di salute
della ricorrente nel periodo ricompreso tra la comunicazione di avvio di lavori
in data 20.10.1994 e la data di richiesta della nuova concessione edilizia il
5.3.1998.
Ha
dedotto l’illegittimità del provvedimento impugnato per violazione
dell’art. 4 della L. n. 10/1977 e dei principi generali nella materia ( primo
motivo), atteso che il Comune ha omesso di adottare il provvedimento di
decadenza dalla concessione edilizia ai sensi della citata norma, che, sebbene
abbia natura dichiarativa, necessita dell’apposito provvedimento e non ha
considerato che la ricorrente, nella vigenza dell’originaria concessione
edilizia, aveva presentato in data 15.3.1997, istanza di proroga della stessa,
istanza che, tuttavia, è rimasta priva di riscontro da parte del Comune e per
violazione e falsa applicazione dell’art. 8, co. 3, lett. O ( punto 1) della
L.R. n. 29/1997, dell’art. 4 della L. n. 10/1977 e dell’art. 1 della L. n.
241/1990 e per eccesso di potere per difetto dei presupposti, travisamento dei
fatti e difetto di istruttoria ( secondo motivo), in quanto, ai sensi
dell’art. 8, co. 3, della L.R. n. 29/1997, “ 3. All'interno delle zone A
previste dall'articolo 7, comma 4, lettera a), numero 1), delle aree naturali
protette individuate dal piano regionale, sono vietati:
omissis q) la
realizzazione di nuovi edifici all'interno delle zone territoriali omogenee E)
previste dall'articolo 2 del decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile
1968, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 16 aprile 1968, n. 97, in cui sono
comunque consentiti: 1) interventi già autorizzati e regolarmente iniziati alla
data di entrata in vigore della presente legge;”, mentre nel caso di specie,
risulterebbe agli atti che i lavori inerenti la costruzione dei due edifici in
questione sarebbero regolarmente stati iniziati, in esecuzione della rilasciata
concessione edilizia del 26.3.1994, come da comunicazione di inizio dei lavori
di cui alla nota prot. n. 6799 del 5.10.1994 ( pur essendo stati successivamente
interrotti a causa di gravi motivi di salute della ricorrente).
Con
O.P.I. n. 10/2005 del 10.1.2005 è stato ordinato al Comune il deposito di copia
del verbale di sopralluogo del 27.2.1998, della domanda di proroga della
concessione edilizia n. 7/1994 di cui alla nota prot. n. 3222 del 15.3.1997
nonché di ogni altro documento utile ai fini delle decisione.
La
ricorrente, con memoria del 12.5.2005, ha rilevato l’inesecuzione dell’O.P.I.
di cui sopra da parte del Comune, ha chiesto che venissero applicate le
disposizioni di cui all’art. 116 c.p.c. ed ha ribadito i profili di censura di
cui al ricorso.
Alla
pubblica udienza del 26.5.2005, il ricorso è stato preso in decisione
alla presenza degli avvocati delle parti come da verbale di causa agli atti del
giudizio.
DIRITTO
In
via preliminare, attesa la evidente connessione soggettiva ed oggettiva dei
ricorsi in esame, se ne dispone la riunione ai fini della trattazione congiunta
e della riunione con unica sentenza.
Con
il primo motivo di censura di cui al ricorso sub A) ha dedotto l’illegittimità
del provvedimento impugnato per incompetenza e violazione e falsa applicazione
dell’art. 51 della L. n. 142/1990, atteso che il provvedimento è stato
adottato dal dirigente dell’ufficio tecnico del Comune e non invece dal
Sindaco o dall’Assessore comunale a ciò appositamente delegato
Detto
motivo è infondato, atteso che, per consolidata giurisprudenza sul punto, a
norma dell'art. 51, comma 3, della L. 8 giugno 1990 n. 142, nel testo novellato
dall'art. 6 l. 15 maggio 1997 n. 127 (vigente all'epoca ed oggi confluito nel
d.lg. 18 agosto 2000 n. 267), rientra nella competenza del dirigente o, nei
comuni sprovvisti di detta qualifica, dei responsabili degli uffici e dei
servizi, e non del sindaco, il rilascio sia di provvedimenti concessori in
materia edilizia, ivi comprese le concessioni edilizie in sanatoria, sia di
provvedimenti di diniego, trattandosi di atti che ineriscono all'attività di
gestione del comune.
Con
il secondo motivo di censura di cui al ricorso sub A) e con il primo ed il
secondo motivo di censura di cui al ricorso sub B), la ricorrente ha sostenuto
che la concessione edilizia originariamente rilasciata non era decaduta per
inutile decorso del termine di un anno senza inizio dei lavori sia perché i
lavori erano, invece, iniziati sia perché, comunque, la decadenza non era stata
dichiarata tempestivamente ed espressamente da parte del Comune; ha
ulteriormente dedotto di avere presentato in data 15.3.1997 istanza di proroga
della concessione edilizia rilasciatagli, che sarebbe, tuttavia, rimasta priva
di riscontro da parte dell’amministrazione comunale.
Si
premette che, in caso di reiterazione della domanda di concessione edilizia,
quando quella precedentemente rilasciata sia decaduta per mancato inizio dei
lavori, non ci si trova in presenza di provvedimenti meramente confermativi o di
proroga della concessione già rilasciata ma di una nuova concessione, il cui
rilascio è subordinato all'adempimento degli obblighi relativi.
Ne
consegue la non rilevanza dell’argomentazione di cui da ultimo della difesa
della ricorrente, secondo cui la richiesta di rilascio della seconda concessione
edilizia, in realtà nella sostanza, andava interpretata da parte del Comune
come istanza di proroga del termine della concessione edilizia già rilasciata,
reiterativi della precedente istanza, tempestivamente presentata nelle more di
decorrenza del termine annuale di inizio di lavori di costruzione in data
15.3.1997.
Ed
infatti una volta ritenuta la sostanziale decadenza della predetta concessione
edilizia, correttamente il Comune ha valutato la nuova istanza alla stregua di
quanto emergeva dal suo dato testuale, ossia di richiesta di rilascio di una
nuova concessione edilizia del medesimo contenuto.
L’art.
4 della L. n. 10/1977 dispone, infatti, testualmente che “ Nell'atto di
concessione sono indicati i termini di inizio e di ultimazione dei lavori.
Il
termine per l'inizio dei lavori non può essere superiore ad un anno; il termine
di ultimazione, entro il quale l'opera deve essere abitabile o agibile, non può
essere superiore a tre anni e può essere prorogato, con provvedimento motivato,
solo per fatti estranei alla volontà del concessionario, che siano sopravvenuti
a ritardare i lavori durante la loro esecuzione. Un periodo più lungo per
l'ultimazione dei lavori può essere concesso esclusivamente in considerazione
della mole dell'opera da realizzare o delle sue particolari caratteristiche
tecnico-costruttive; ovvero quando si tratti di opere pubbliche il cui
finanziamento sia previsto in più esercizi finanziari.
Qualora
i lavori non siano ultimati nel termine stabilito, il concessionario deve
presentare istanza diretta ad ottenere una nuova concessione; in tal caso la
nuova concessione concerne la parte non ultimata.”.
La
decadenza dalla concessione edilizia per mancato inizio dei lavori nel termine
prefissato, a norma dell'art. 4 della L. 28 gennaio 1977 n. 10, è un istituto
giuridico fondato sull'elemento oggettivo del decorso del tempo e,
ai sensi dell'art. 4, 4º comma, della L. 28 gennaio 1977 n. 10, i
predetti termini indicati nell'atto sono intesi a dare certezza temporale
all'attività edificatoria; detto istituto è rivolto, previo accertamento dello
stato dell'attività costruttiva alla scadenza del termine suddetto, solo a dare
certezza di una situazione già prodottasi al verificarsi dei presupposti
stabiliti dalla legge ( T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, 29 aprile 2004, n.
7513).
Il
termine per l'inizio dell'attività edificatoria non è suscettibile nè di
sospensione nè di interruzione e non è, pertanto, prorogabile; se, infatti,
scaduto il termine di validità del titolo autorizzatorio, l'attività di
trasformazione edilizia non è ancora iniziata, prevale l'esigenza di
consentire, nel preminente interesse pubblico, la rivalutazione della perdurante
conformità dell'intervento assentito alla vigente normativa urbanistica,
esigenza, che, invece, nell'ottica del legislatore, si attenua in presenza di
un'attività edilizia già iniziata, benché non terminata per fatti
indipendenti dalla volontà del costruttore (
T.A.R. Sardegna, 6 agosto 2003, n. 1001).
Ne
consegue, ai fini che interessano, la assoluta irrilevanza dello stato di salute
della ricorrente, quale manifestatosi successivamente al presunto inizio dei
detti lavori di realizzazione degli edifici e ritenuto causa della predetta
interruzione, indipendentemente dalla circostanza che il predetto stato sia stato
previamente portato a conoscenza dell’amministrazione comunale interessata con
l’istanza di proroga della concessione e non invece dedotto, esclusivamente,
in un momento successivo, in sede di richiesta di riesame del rigetto di
rilascio della nuova concessione edilizia.
Ed
infatti, alla luce della citata interpretazione oggettiva del suddetto termine
di inizio lavori, la proroga dello stesso non sarebbe giuridicamente
configurabile per alcun motivo, neppure quello inerente allo stato di salute del
titola del titolo edificatorio.
Peraltro
la ricorrente, considerata l’inerzia del Comune nel riscontrare la predetta
istanza di proroga, presentata nelle more di decorrenza del termine annuale di
inizio dei lavori ( che si evidenzia non essere stata depositata nemmeno in
copia nel presente giudizio né a cura della ricorrente, direttamente
interessata, né a cura del Comune, che è rimasto, nella sostanza,
assolutamente inottemperante all’O.P.I.
n. 10/2005), avrebbe dovuto tempestivamente, e nei modi di legge, attivarsi
contro la predetta inerzia, ai fini di fare valere, eventualmente, le proprie
ragioni al riguardo nei confronti dell’amministrazione comunale.
Ciò
premesso, deve rilevarsi che l'orientamento giurisprudenziale sulla necessità
di un espresso provvedimento di decadenza non è costante.
Ed
infatti una parte della giurisprudenza ritiene che la decadenza della
concessione edilizia per mancato inizio ed ultimazione dei lavori non sia
automatica e, pertanto, tale decadenza debba essere necessariamente dichiarata
con apposito provvedimento, nei cui riguardi il privato non vanta che una
posizione giuridica di interesse legittimo, sicché non è configurabile nella
specie un giudizio d'accertamento ( T.A.R.
Abruzzo Pescara, 28 giugno 2002, n. 595) e che, pertanto, affinché la
concessione edilizia perda, per decadenza , la propria efficacia occorre un atto
formale dell'amministrazione che renda operanti gli effetti della decadenza
accertata ( Consiglio Stato, sez. V, 26 giugno 2000, n. 3612).
La
decadenza avrebbe, pertanto, dovuto formare oggetto di un apposito provvedimento
sindacale, che ne avesse accertato i presupposti rendendone operanti gli
effetti, come richiesto per tutti i casi di decadenza di concessioni edilizie (Cfr.
da ultimo V, 15.6.1998, n. 834), considerato che la
perdita di efficacia della concessione è subordinata all'esplicazione di una
potestà provvedimentale.
Il
Collegio, in tale situazione, in aderenza all’orientamento che appare
prevalente nella materia da ultimo, ritiene che debba farsi riferimento invece
alla lettera della legge, la quale fa dipendere la decadenza, non da un atto
amministrativo, costitutivo o dichiarativo, ma dal semplice fatto dell'inutile
decorso del tempo.
Diversamente
opinando, infatti, si farebbe dipendere la decadenza non solo da un
comportamento dei titolari della concessione ma anche della Pubblica
Amministrazione, ai fini dell’accertamento con apposito atto amministrativa
dell’intervenuta decadenza della concessione edilizia per l’inutile scadenza
del termine di inizio lavori, con probabili disparità di trattamento tra
situazioni che nella sostanza si presentano identiche sul punto che interessa.
La
decadenza della concessione edilizia per mancata osservanza del termine di
inizio dei lavori, pertanto, opera di diritto, con la conseguenza che il
provvedimento, ove adottato, ha carattere meramente dichiarativo di un effetto
verificatosi "ex se" con l'inutile decorso del termine. Segue da ciò
che: a) l'eventuale provvedimento di decadenza è sufficientemente motivato con
richiamo al termine ultimo previsto per l'inizio dei lavori, senza che sia
necessaria una comparazione tra l'interesse del privato e quello pubblico,
essendo quest'ultimo "ope legis" prevalente sul primo; b) non è
necessaria la comunicazione di avvio del procedimento, essendo la decadenza un
effetto "ipso iure" del mancato inizio dei lavori e non residuando
all'amministrazione alcun margine per valutazioni di ordine discrezionale (
T.A.R. Basilicata, 23 maggio 2003, n. 471).
La
decadenza della concessione edilizia si determina, pertanto, anche in assenza di
un'espressa dichiarazione da parte dell’amministrazione competente.
Ai
fini della verifica dell’effettivo inizio dei suddetti lavori nei termini di
legge di cui sopra, in punto di fatto, non può che prendersi dal contenuto
essenziale del verbale di sopralluogo dell’U.T.C. del 27.2.1998, che, sebbene
non depositato in copia agli atti del giudizio, nonostante apposita O.P.I. al
riguardo, tuttavia è stato riportato, nella sua parte motivazionale, nel testo
del provvedimento di cui al prot. n. 10466 del 5.11.1998, impugnato con il
ricorso sub B), rileva la
consistenza dei lavori effettuati quali “ modesti sbancamenti di terreno
oramai ricoperti di acqua e vegetazione”;
Si
ricorda, infatti, come tale attestazione debba considerarsi veridica fino a
prova contraria, prova che la ricorrente non è riuscita a fornire nel presente
giudizio.
Ed
infatti anche dall’elencazione dei lavori effettuati, come riportati nella
richiesta di riesame, dette opere consistono in “ picchettatura del terreno
interessato dalla costruzione, livellamento del medesimo terreno al livello
delle fondazioni, creazione degli scavi per il getto dei plinti di fondazione di
entrambi gli assentiti edifici, realizzazione della strada di accesso”.
Ne
consegue che, nella sostanza, non appare esservi un reale contrasto tra le parti
in ordine alla natura dei detti lavori, che, secondo entrambe le
rappresentazioni dello stato dei fatti, si sono fermati al livello dello
sbancamento dei terreni e della loro preparazione all’edificazione, senza che,
tuttavia, la edificazione in senso stretto, come intesa dalla prevalente
giurisprudenza sul punto, possa effettivamente considerasi iniziata.
Ed
infatti, ai fini della sussistenza, o meno dei presupposti per la decadenza
dalla concessione edilizia, l'effettivo inizio dei lavori relativi deve essere
valutato non in via generale ed astratta, ma con specifico e puntuale
riferimento all'entità ed alle dimensioni dell'intervento edificatorio
programmato ed autorizzato, all'evidente scopo di evitare che il termine
prescritto possa essere eluso con ricorso a lavori fittizi e simbolici e non
oggettivamente significativi di un effettivo intendimento del titolare della
concessione stessa di procedere alla costruzione dell'opera progettata
(Consiglio Stato, sez. V, 16 novembre 1998, n. 1615).
L'
inizio dei lavori idoneo ad impedire la decadenza della concessione edilizia può
ritenersi sussistente quando le opere intraprese siano tali da manifestare una
effettiva volontà da parte del concessionario di realizzare il manufatto
assentito, non essendo sufficiente il semplice sbancamento del terreno e la
predisposizione degli strumenti e materiali da costruzione. ( Consiglio Stato,
sez. V, 22 novembre 1993, n. 1165).
Pertanto
l' inizio dei lavori non si configura con la sola esecuzione dei lavori di scavo
di sbancamento senza che sia manifestamente messa a punto l'organizzazione del
cantiere e vi siano altri indizi che dimostrino il reale proposito del titolare
della concessione edilizia di proseguire i lavori sino alla loro ultimazione ed
al completamento dell'opera. ( Consiglio Stato, sez. IV, 3 ottobre 2000, n.
5242).
E
la declaratoria di decadenza della licenza edilizia per mancato inizio dei
lavori entro il termine fissato è illegittima solo ove il titolare della
concessione abbia eseguito "lo scavo ed il riempimento in conglomerato
cementizio delle fondazioni perimetrali fino alla quota del piano di campagna
entro il termine di legge" ( Consiglio Stato, sez. V, 15 ottobre 1992, n.
1006) oppure lo sbancamento interessi un'area di vaste proporzioni ( Consiglio
Stato, sez. V, 13 maggio 1996, n. 535).
Né
si ritiene che assuma rilevanza , ai fini che interessano della verifica del
regolare e tempestivo inizio dei lavori ai sensi dell’art. 4 della L. n.
10/1977, la circostanza che sia stata data comunicazione dell’inizio dei
lavori come da nota prot. n. 06799 del 5.10.1994, atteso che la predetta
circostanza non è idonea ad attestare l’effettivo inizio degli stessi, in
assenza di positivi riscontri materiali al riguardo; ed altrettanto è a dirsi
per la nomina del direttore dei lavori di cui alla nota prot. n. 06798 della
medesima data.
Non
si riscontra, pertanto, la dedotta violazione dell’art. 8, co. 3, della L.R.
n. 29/1997, il quale, nel prevedere le misure di salvaguardia, testualmente
dispone che “ 3. All'interno delle zone A previste dall'articolo 7, comma 4,
lettera a), numero 1), delle aree naturali protette individuate dal piano
regionale, sono vietati: … omissis … q)
la realizzazione di nuovi edifici all'interno delle zone territoriali omogenee
E) previste dall'articolo 2 del decreto del Ministro per i lavori pubblici 2
aprile 1968, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 16 aprile 1968, n. 97, in cui
sono comunque consentiti: 1) interventi già autorizzati e regolarmente iniziati
alla data di entrata in vigore della presente legge;”; atteso che, nel caso di
specie, si è ritenuto che non vi fosse stato alcun effettivo inizio dei lavori
tale da giustificare la mancata decadenza della concessione edilizia in
precedenza rilasciata.
Il
“ regolare inizio”, alla data di entrata in vigore della presente legge,
degli interventi già autorizzati, infatti, non può essere intesa in senso
difforme dall’inizio dei lavori ai fini della decadenza dalla concessione
edilizia di cui al richiamato art. 4 della L. n. 10/1977, indipendentemente
dalla irrilevante circostanza che effettivamente il Comune abbia provveduto
tempestivamente all’adozione di un atto formale ed espresso di decadenza.
Sussistono, tuttavia, giusti motivi per disporre la compensazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Il
Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Seconda bis, riuniti i
ricorsi di cui in epigrafe, li respinge.----------
Spese
compensate.-------------------------------------------------
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dalla Autorità Amministrativa.