REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOMBARDIA
(Sezione II)
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso con motivi aggiunti R.G. n. 129/2003 proposto dalla società Tecnica
S.r.l., in persona del suo Amministratore unico e legale rappresentante pro
tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Antonio Chierichetti e con domicilio
eletto presso la Segreteria del T.A.R. Lombardia, in Milano, via del
Conservatorio 13
contro
il Comune di Mornago, non costituito in giudizio
nonchè contro
la Provincia di Varese, non costituita in giudizio
a) con il ricorso originario:
per l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione,
dell’ordinanza n. 41/2002 del 26 novembre 2002, a firma del Responsabile del
Servizio Lavori Pubblici - Urbanistico - Manutentivo del Comune di Mornago,
recante ingiunzione alla società ricorrente di “sospendere immediatamente i
lavori di accumulo terra in essere e di mantenere inalterato l’attuale stato dei
luoghi relativo al terreno sito in Via B. Cellini e distinto nella mappa della
sezione censuaria di Mornago con il n. 390”, nonché di tutti gli atti
antecedenti e conseguenti, in quanto connessi ed in specie dell’atto di
significazione del Comune di Mornago prot. n. 8056 del 31 ottobre 2002;
b) con i motivi aggiunti depositati il 19 marzo 2003
per l’annullamento
della nota prot. n. 9625 del 26 novembre 2002, a firma del Responsabile del
Servizio Lavori Pubblici - Urbanistico - Manutentivo del Comune di Mornago e di
tutti gli atti comunque preordinati, antecedenti, connessi, coordinati e/o
consequenziali;
c) con i motivi aggiunti depositati il 29 marzo 2003
per l’annullamento
dell’ordinanza n. 5/2003 del 14 febbraio 2003, a firma del Responsabile del
Servizio Lavori Pubblici - Urbanistico - Manutentivo del Comune di Mornago, e di
tutti gli atti ad essa comunque preordinati, antecedenti, connessi, coordinati
e/o consequenziali.
VISTO il ricorso con i relativi allegati;
VISTI i motivi aggiunti depositati, rispettivamente, il 19 marzo 2003 ed il 29
marzo 2003;
VISTI tutti gli atti di causa;
NOMINATO relatore alla pubblica udienza del 26 gennaio 2006 il Referendario
dott. Pietro De Berardinis ed udito lo stesso;
UDITO il procuratore presente della parte costituita, come da verbale d’udienza;
RITENUTO in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
La ricorrente società Tecnica S.r.l. espone di aver ottenuto dal Comune di
Mornago in data 5 settembre 2002 la concessione edilizia n. 50/2002, per la
realizzazione di due fabbricati di civile abitazione sul terreno distinto in
mappa con i mappali nn. 389 e 1148.
In occasione dei primi scavi per la costruzione di detti fabbricati, la società
depositava su parte del limitrofo mappale n. 390, sottoposto a vincolo
idrogeologico, terra di riporto dello scavo effettuato, dandone comunicazione al
Comune con fax del 20 settembre 2002, in cui veniva precisata la temporaneità di
tale deposito.
Il Comune, tuttavia, con nota del 31 ottobre 2002, avvertiva la Tecnica S.r.l.
che il deposito temporaneo de quo avrebbe dovuto essere preceduto
dall’autorizzazione della Provincia di Varese, Ente preposto alla tutela del
vincolo idrogeologico, e che comunque il deposito non avrebbe potuto riguardare
la porzione di terreno identificata quale zona di salvaguardia ambientale, sulla
quale era tassativamente vietata ogni “costruzione o opera” non motivata dalla
necessità di garantire una migliore sistemazione idrogeologica.
A seguito di tale nota comunale, la Tecnica S.r.l. inviava all’Amministrazione
una lettera di chiarimenti, che però non sortiva l’effetto voluto. Ed infatti,
con ordinanza n. 41/2002 del 26 novembre 2002, a firma del Responsabile del
Servizio Lavori Pubblici - Urbanistico - Manutentivo del Comune di Mornago,
adottata ai sensi della l. n. 47/1985, veniva ingiunto alla predetta società di
sospendere immediatamente i lavori di accumulo di terra in essere e di mantenere
inalterato lo stato dei luoghi. Nell’ordinanza de qua il Comune preannunciava
anche l’intenzione di richiedere alla Provincia di Varese un parere vincolante
relativamente alla preesistenza e sussistenza del vincolo per scopi
idrogeologici.
Avverso l’ordinanza comunale n. 41/2002, ora citata, ha presentato ricorso la
Tecnica S.r.l., chiedendone l’annullamento e proponendo, in via incidentale,
domanda di sospensione del provvedimento impugnato (poi rinunciata).
A sostegno del gravame, la ricorrente ha dedotto un unico motivo di ricorso,
articolato nelle seguenti molteplici censure:
- violazione e falsa applicazione degli artt. 4, 6 e segg. della l. n. 47/1985;
- violazione e falsa applicazione del R.D.L. n. 3267/1923;
- violazione e falsa applicazione degli artt. 28 della l. n. 166/2002 e 338 del
T.U.L.S. (R.D. n. 1265/1934);
- violazione e falsa applicazione degli artt. 31-32 della l. n. 1150/1942;
- violazione e falsa applicazione dello strumento urbanistico vigente ed
adottato del Comune di Mornago nelle parti richiamate nell’ordinanza impugnata,
ed in particolare degli artt. 46, 48 e 49 delle N.T.A. del P.R.G. del Comune di
Mornago;
- eccesso di potere sotto i profili del travisamento dei fatti, erroneità ed
insussistenza dei presupposti, difetto di congrua motivazione, contraddittorietà
intrinseca tra le premesse ed il dispositivo dell’atto impugnato,
contraddittorietà tra diversi provvedimenti del medesimo Comune, illogicità e
perplessità manifeste, difetto di motivazione per carenza di ponderata
comparazione con gli interessi del privato, nonché violazione degli artt. 2 e 3
della l. n. 241 del 1990.
Nella Camera di Consiglio del 5 febbraio 2003 la Tecnica S.r.l. ha rinunciato
alla domanda incidentale di sospensione del provvedimento impugnato.
Con motivi aggiunti notificati il 21 febbraio 2003 e depositati il 19 marzo
2003, la Tecnica S.r.l. ha impugnato la nota del Comune di Mornago prot. n. 9625
del 27 dicembre 2002, con cui l’Amministrazione ha controdedotto alla lettera
della ricorrente del 20 dicembre 2002, recante contestazioni avverso l’impugnata
ordinanza di sospensione dei lavori.
A sostegno del predetto ricorso per motivi aggiunti ha dedotto le seguenti
censure:
- violazione e falsa applicazione degli artt. 4, 6 e segg. della l. n. 47/1985;
- violazione e falsa applicazione del R.D.L. n. 3267/1923;
- violazione e falsa applicazione dell’art. 25 della l.r. n. 8/1976;
- violazione e falsa applicazione degli artt. 28 della l. n. 166/2002 e 338 del
T.U.L.S. (R.D. n. 1265/1934);
- violazione e falsa applicazione degli artt. 31-32 della l. n. 1150/1942;
- violazione e falsa applicazione dello strumento urbanistico vigente ed
adottato del Comune di Mornago nelle parti richiamate nell’ordinanza impugnata,
ed in particolare degli artt. 46, 48 e 49 delle N.T.A. del P.R.G. del Comune di
Mornago;
- eccesso di potere sotto i profili del travisamento dei fatti, erroneità ed
insussistenza dei presupposti, difetto di congrua motivazione, contraddittorietà
intrinseca del provvedimento impugnato, contraddittorietà tra diversi
provvedimenti del medesimo Comune, illogicità e perplessità manifeste, difetto
di motivazione per carenza di ponderata comparazione con gli interessi del
privato, nonché violazione degli artt. 2 e 3 della l. n. 241 del 1990.
Con ulteriori motivi aggiunti notificati il 26 e 27 marzo 2003 e depositati il
29 marzo 2003, la Tecnica S.r.l. ha infine impugnato l’ordinanza del Comune di
Mornago n. 5/2003 del 14 febbraio 2003, recante ingiunzione alla ricorrente di
provvedere entro il 31 marzo 2003 alla rimozione del deposito di terra ed al
ripristino dello stato dei luoghi.
A sostegno del predetto ricorso per motivi aggiunti ha dedotto le seguenti
censure:
- violazione e falsa applicazione degli artt. 4, 6 e segg. della l. n. 47/1985;
- violazione e falsa applicazione del R.D.L. n. 3267/1923;
- violazione e falsa applicazione dell’art. 25 della l.r. n. 8/1976;
- violazione e falsa applicazione degli artt. 28 della l. n. 166/2002 e 338 del
T.U.L.S. (R.D. n. 1265/1934);
- violazione e falsa applicazione degli artt. 31-32 della l. n. 1150/1942 e
dell’art. 1 della l. n. 10/1977;
- violazione e falsa applicazione dello strumento urbanistico vigente ed
adottato del Comune di Mornago nelle parti richiamate nell’ordinanza impugnata,
ed in particolare degli artt. 46, 48 e 49 delle N.T.A. del P.R.G. del Comune di
Mornago;
- violazione e falsa applicazione dell’art. 8.4 del vigente Regolamento edilizio
e dell’art. 9 della l. n. 10/1977;
- eccesso di potere sotto i profili del travisamento dei fatti, erroneità ed
insussistenza dei presupposti, difetto di congrua motivazione, contraddittorietà
intrinseca del provvedimento impugnato, contraddittorietà tra diversi
provvedimenti del medesimo Comune, illogicità e perplessità manifeste, difetto
di motivazione per carenza di ponderata comparazione con gli interessi del
privato, nonché violazione degli artt. 2 e 3 della l. n. 241 del 1990.
Il Comune di Mornago e la Provincia di Varese, benché ritualmente notificati,
non si sono costituiti in giudizio.
Nell’imminenza dell’udienza pubblica la ricorrente ha depositato ulteriore
memoria, con cui ha precisato le proprie tesi, insistendo per l’accoglimento del
gravame.
All’udienza del 26 gennaio 2006 la causa è stata riservata dal Collegio per la
decisione.
DIRITTO
La ricorrente Tecnica S.r.l. con il ricorso originario in epigrafe indicato
impugna l’ordinanza del Comune di Mornago n. 41/2002 del 26 novembre 2002, a
mezzo della quale le viene ingiunta la sospensione dei lavori di accumulo di
terra in essere sul mappale n. 390 ed il mantenimento dello stato attuale dei
luoghi.
Con i motivi aggiunti di ricorso depositati in data 19 marzo 2003 ha impugnato
la nota del Comune di Mornago prot. n. 9625 del 27 dicembre 2002, recante il
riscontro alla memoria stragiudiziale presentata dall’odierna ricorrente avverso
l’ordinanza di sospensione e datata 20 dicembre 2002.
Da ultimo, con i motivi aggiunti di ricorso depositati in data 29 marzo 2003 ha
impugnato l’ordinanza del Comune di Mornago n. 5/2003 del 14 febbraio 2003, a
mezzo della quale le è stato ingiunto di provvedere entro il 31 marzo 2003 alla
rimozione del deposito di terra e al ripristino dello stato dei luoghi.
Preliminarmente, va sgombrato il campo dal dubbio che, nella vicenda in esame,
si debba addivenire ad una dichiarazione di improcedibilità del ricorso per
sopravvenuta carenza di interesse, a causa dell’avvenuta rimozione, da parte
della ricorrente, dell’accumulo di terra dal mappale n. 390 (cfr. docc. 14, 15 e
16 della ricorrente stessa).
In proposito, infatti, in disparte l’osservazione che la lettera della Tecnica
S.r.l. del 9 aprile 2003, con cui viene comunicata all’Amministrazione di
Mornago la predetta rimozione, reca l’esplicita indicazione che la stessa non
costituisce rinuncia al ricorso, né acquiescenza ai provvedimenti con lo stesso
impugnati, va richiamato l’orientamento giurisprudenziale (cfr., ex pluribus,
C.d.S., Sez. IV, 22 novembre 2004, n. 7620; id., sez. IV, 2 novembre 2004, n.
7104; id., sez. V, 29 gennaio 1999, n. 83), che il Collegio ritiene di
condividere, secondo il quale la dichiarazione di improcedibilità del ricorso
per sopravvenuta carenza di interesse consegue al verificarsi di una situazione
non soltanto del tutto nuova in fatto ed in diritto rispetto a quella esistente
al momento della proposizione del ricorso, ma che sia pure tale da rendere certa
e definitiva l’inutilità della sentenza, anche sotto il profilo strumentale e
morale.
Tale circostanza va accertata con il massimo rigore, al fine di impedire che la
declaratoria di improcedibilità si trasformi in un sostanziale diniego di
giustizia.
È così stata esclusa la sopravvenuta carenza di interesse nel caso dell’adozione
di una nuova variante urbanistica, per effetto della quale il ricorrente avrebbe
riottenuto il riconoscimento della capacità edificatoria del proprio immobile,
in quanto permaneva l’interesse, almeno in astratto, a richiedere il
risarcimento dei danni subiti per il comportamento della Pubblica
Amministrazione (C.d.S., sez. IV, 21 agosto 2003, n. 4699).
Si è anche escluso che, in materia di cd. accessione invertita, il verificarsi
dell’irreversibile trasformazione del fondo in conseguenza dell’intervenuta
realizzazione dell’opera pubblica comporti la carenza di interesse alla
pronuncia sulla legittimità degli atti di espropriazione posti in essere
dall’Amministrazione, in quanto, qualora si riconosca che l’espropriazione è
stata compiuta illegittimamente, l’espropriante è tenuto al risarcimento del
danno (v. C.d.S., Sez. IV, 28 maggio 1988, n. 475).
Per quanto appena detto, si deve ritenere, pertanto, che permanga l’interesse a
ricorrere della Tecnica S.r.l. ai fini della declaratoria di illegittimità dei
provvedimenti impugnati, anche in funzione di eventuali pretese risarcitorie, da
avanzare (e provare) in separato giudizio.
Passando all’esame del merito, ritiene il Collegio che tanto il ricorso
originario, quanto i motivi aggiunti, siano fondati e, quindi, meritevoli di
accoglimento,.
Ed infatti, va innanzitutto condivisa l’osservazione della ricorrente, secondo
cui è erroneo l’assunto dell’Amministrazione che nel caso di specie ci si trovi
di fronte ad una fattispecie integrante una costruzione od opera, la cui
realizzazione è tassativamente vietata nella parte di terreno individuata come
“zona di salvaguardia ambientale”, tranne che sia motivata dalla necessità di
garantire una migliore sistemazione idrogeologica.
Invero, da un lato la giurisprudenza (C.d.S., A.P., 5 dicembre 1984, n. 22) ha
precisato che lo scarico e spianamento su un terreno di una certa quantità di
detriti non integra l’ipotesi di trasformazione della destinazione dello stesso
(nel caso esaminato dal precedente ora citato: a zona agricola), nè quella di
occupazione di suolo mediante deposito di materiali ex art. 7 del d.l. n.
9/1982, per cui occorre specifica autorizzazione dell’Autorità comunale.
Dall’altro lato, appare evidente il carattere temporaneo del suddetto deposito e
la sua natura meramente strumentale rispetto alle esigenze di cantiere relative
all’intervento assentito con la concessione edilizia n. 50/2002; ciò è del resto
dimostrato dai verbali di sopralluogo della Polizia Municipale di Mornago prot.
n. 12 del 16 gennaio 2003 e prot. n. 16 del 30 gennaio 2003 (allegati alla nota
del Comune prot. n. 843 in data 30 gennaio 2003, trasmessa a questo Tribunale),
dove è evidenziato il perdurare di condizioni meteorologiche avverse (pioggia e
ghiaccio), che impedivano la prosecuzione dei lavori aventi ad oggetto il
suddetto intervento edilizio e, quindi, anche la rimozione dell’accumulo di
terra in essere.
Sotto questo profilo, anche a voler concedere che il deposito di terra di cui si
discute possa essere assunto nelle categorie di “opera o costruzione”, come
preteso dal Comune, si rileva che, in ogni caso, per le costruzioni di cui sia
dimostrata la temporaneità, intesa quale destinazione ad un’esigenza temporanea,
con strumentalità dell’opera rispetto all’esigenza stessa e con l’intenzione di
rimuovere l’opera non appena cessi la suddetta esigenza (cfr., ex pluribus,
T.A.R. Trentino Alto Adige, Bolzano, 13 maggio 2003, n. 181), non è richiesto
nessun titolo abilitativo ed in specie, nessuna concessione edilizia (C.d.S.,
Sez. V, 15 giugno 2000, n. 3321).
Non può essere, quindi, condiviso l’atteggiamento del Comune di Mornago, quale
esplicato nelle premesse dell’ordinanza n. 5/2003, in particolare laddove viene
affermato che per l’accumulo del terreno sarebbe occorso un provvedimento
abilitativo, ancorchè limitato nel tempo, volto alla verifica ed attestazione
della precarietà del deposito. Ciò, si ripete, proprio in considerazione del
fatto che i già ricordati verbali di sopralluogo della Polizia Municipale
attestavano le condizioni meteorologiche avverse, impeditive dell’esecuzione dei
lavori in discorso e della rimozione dell’accumulo temporaneo di terreno:
temporaneità del suddetto accumulo e intenzione di rimuoverlo non appena il
tempo lo avesse consentito - va aggiunto - da sempre rivendicati dall’odierna
ricorrente a riprova della propria correttezza, giacchè il materiale accumulato
avrebbe dovuto essere utilizzato per il riempimento e la sistemazione dei
mappali nn. 389 e 1148 (ossia i mappali interessati dall’intervento edilizio).
Alla luce di quanto detto circa la non riconducibilità dell’accumulo di terra in
discorso alle nozioni di “opera o costruzione” rilevanti ai fini
dell’individuazione degli abusi edilizi ed in ogni caso, circa il carattere
precario e temporaneo del suddetto accumulo, va inoltre escluso che, nel caso di
specie, occorresse l’acquisizione della concessione edilizia gratuita prevista
dall’art. 8.4 del Regolamento edilizio per gli interventi “minori”, come invece
affermato dal Comune di Mornago.
Per quanto riguarda, poi, il profilo della necessaria acquisizione del parere
vincolante della Provincia di Varese, quale Ente preposto alla tutela del
vincolo idrogeologico (sussistente per il mappale n. 390), decisiva è la
considerazione che l’impugnata ordinanza n. 5/2003 reca essa stessa
l’annotazione che la Provincia di Varese ha ritenuto di non dover rendere, nel
caso di specie, alcun parere, né di dover emanare alcun provvedimento
autorizzatorio, in quanto si tratta di ipotesi diversa da quelle per le quali è
prevista una competenza, di natura autorizzatoria, della Provincia medesima
(taglio dei boschi, o mutamento di destinazione d’uso dei terreni boscati o
sottoposti a vincolo idrogeologico).
Sotto questo profilo, pertanto, risulta condivisibile la doglianza avanzata
dalla ricorrente nei motivi aggiunti depositati il 29 marzo 2003 avverso la
suddetta ordinanza n. 5/2003 (e, per la verità, esplicata compiutamente, con
riguardo al contrasto con la risposta negativa della Provincia di Varese, nella
parte in fatto dei menzionati motivi aggiunti), di contraddittorietà intrinseca
dell’ordinanza n. 5/2003.
Va del pari affermata l’illegittimità anche dalla nota del Comune di Mornago
prot. n. 9625 del 27 dicembre 2002, impugnata con i motivi aggiunti depositati
il 19 marzo 2003, giacché la stessa, da un lato, insiste sulla necessità del
rilascio, nel caso de quo, di un provvedimento abilitativo, seppure temporaneo -
necessità da escludere, per quanto detto sopra; dall’altro, e altrettanto
erroneamente, insiste sulla necessaria previa acquisizione dell’autorizzazione
da parte della Provincia di Varese, atteso il vincolo idrogeologico
In definitiva, pertanto, sia il ricorso originario, sia i motivi aggiunti
depositati il 19 marzo 2003, sia quelli depositati il 29 marzo 2003 sono fondati
e come tali debbono essere accolti, con assorbimento delle ulteriori censure.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia - Sezione II, così
definitivamente pronunciando sul ricorso originario in epigrafe, nonché sui
motivi aggiunti, li accoglie.
Condanna le parti soccombenti al pagamento delle spese di giudizio, che liquida
in misura forfettaria in € 1.500,00 (millecinquecento/00), più I.V.A. e C.P.A.,
come per legge.
Demanda alla segreteria per gli adempimenti di competenza.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella Camera di Consiglio del 26 gennaio 2006, con
l’intervento dei signori magistrati:
Angela Radesi Presidente
Carmine Spadavecchia Consigliere
Pietro De Berardinis Referendario est.
Urbanistica. Accumulo temporaneo terre da riporto
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- Categoria: Giurisprudenza Amministrativa TAR
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TAR Lombardia, Sezione II, sent. N. 1066/06 del 26.04.2006 (dep. 03.05.2006)
Accumulo temporaneo terre di riporto da cantiere edile in zona soggetta a rischio idrogeologico. Necessità di concessione edilizia. Insussistenza. Non riconducibilità dell’accumulo di terra alle nozioni di “opera o costruzione” rilevanti ai fini dell’individuazione degli abusi edilizi.
(massima a cura di Alan VALENTINO)
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