Cass. Sez. III n. 49679 del 30 ottobre 2018 (UP 13 mag 2018)
Pres. Cavallo Est. Aceto Ric. Dottori
Urbanistica.Contravvenzioni previste dalla normativa antisismica
Le contravvenzioni previste dalla normativa antisismica puniscono inosservanze formali, volte a presidiare il controllo preventivo della pubblica amministrazione. Ne deriva che l'effettiva pericolosità della costruzione realizzata senza l'autorizzazione del genio civile e senza le prescritte comunicazione è del tutto irrilevante ai fini della sussistenza del reato e la verifica postuma dell'assenza del pericolo ed il rilascio del provvedimento abilitativo non incidono sulla illiceità della condotta, poiché gli illeciti sussistono in relazione al momento di inizio dell’attività
RITENUTO IN FATTO
1. I sigg.ri DOTTORI RITA, PRIMUCCI LINO, PACCUSSE GIUSEPPE e PACCUSSE GIOVANNI ricorrono per l’annullamento della sentenza del 29/09/2017 del Tribunale di Macerata che li ha dichiarati penalmente responsabili del reato di cui agli artt. 81, cpv., 110 cod. pen., 93, 94, 95 d.P.R. n. 380 del 2001, commesso in Poggio San Vicino il 05/02/2013, e li ha condannati alla pena di 1.000 euro di ammenda ciascuno.
1.1. Con unico motivo, deducendo la mancata applicazione della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto esclusivamente in conseguenza della consistenza delle opere realizzate e della continuazione tra reati, eccepiscono, ai sensi dell’art. 606, lett. b) ed e), cod. proc. pen., l’inosservanza e l’erronea applicazione dell’art. 131-bis cod. pen., e vizio di omessa motivazione sul punto.
Deducono che la condotta non ha arrecato alcun concreto pregiudizio agli interessi tutelati dalle norme incriminatrici, in conseguenza della sanatoria edilizia rilasciata dal Comune e della accertata conformità delle opere alle norme antisismiche; si tratta, inoltre, di condotta episodica e non abituale, posta in essere da persone immuni da precedenti penali e giudiziari.
Le contestate opere in variante sono state necessitate dal naturale crollo dell’immobile già lesionato dall’evento sismico, come ampiamente documentato nel corso del giudizio. Peraltro, proseguono, le domande si sanatoria erano state presentate comunque prima della data di accertamento dei reati, il 19/12/2012, con conseguente interruzione della permanenza del reato.
In conclusione, il Tribunale ha omesso di considerare tutti gli elementi di valutazione previsti dall’art. 131-bis cod. pen. per la applicazione della speciale causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. I ricorsi sono inammissibili perché manifestamente infondati.
4. Si imputa ai ricorrenti di aver realizzato in zona sismica i seguenti lavori di miglioramento sismico e di riparazione dei danni dal terremoto in difformità rispetto a quelli già autorizzati: a) le demolizione totale dell’edificio; b) la sua ricostruzione parziale per un’altezza media di circa mt. 1,70 con blocchi di laterizio; c) la posa in opera di un solaio in latero-cemento collocato tra il piano terra e quello seminterrato; d) la realizzazione di un piano seminterrato con pareti in cemento armato.
4.1. Il Tribunale ha escluso l’applicazione della speciale causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto in considerazione: a) della consistenza delle opere realizzate; b) della presenza di più reati legati dal vincolo della continuazione.
4.2. Quanto all’esistenza del vincolo della continuazione, il Tribunale ha applicato il principio affermato dall’indirizzo ancora maggioritario questa Corte secondo il quale la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131-bis cod. pen. non può essere dichiarata in presenza di più reati legati dal vincolo della continuazione, in quanto anche il reato continuato configura un'ipotesi di "comportamento abituale" per la reiterazione di condotte penalmente rilevanti, ostativa al riconoscimento del beneficio, essendo il segno di una devianza "non occasionale” (Sez. 2, n. 1 del 15/11/2016 - dep. 2017, Cattaneo, Rv. 268970; Sez. 3, n, 43816 del 01/07/2015, Amodeo, Rv. 265084; Sez. 3, n. 29897 del 28/05/2015, Gau, Rv. 264034).
4.3. Si tratta, però, di principio recentemente messo in discussione da altre, più recenti, pronunce di questa stessa Corte secondo cui, invece, ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131-bis cod. pen. non osta la presenza di più reati legati dal vincolo della continuazione, qualora questi riguardano azioni commesse nelle medesime circostanze di tempo, di luogo e nei confronti della medesima persona, elementi da cui emerge una unitaria e circoscritta deliberazione criminosa, incompatibile con l'abitualità presa in considerazione in negativo dall'art. 131-bis cod. pen. (Sez. 5, n. 5358 del 15/01/2018, Corradini, Rv. 272109; Sez. 5, n. 35590 del 31/05/2017, Battizzocco, Rv. 270998; Sez. 2, n. 19932 del 29/03/2017, Di Bello, Rv. 270320, secondo cui la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131-bis cod. pen. può essere dichiarata anche in presenza di più reati legati dal vincolo della continuazione, giacché quest'ultima non si identifica automaticamente con l'abitualità nel reato, ostativa al riconoscimento del beneficio, non individuando comportamenti di per se stessi espressivi del carattere seriale dell'attività criminosa e dell'abitudine del soggetto a violare la legge. Il giudice, in presenza di un reato continuato, per decidere sulla meritevolezza o meno del beneficio da parte dell'imputato, è chiamato a soppesare - in relazione alla modalità della condotta ed all'esiguità del danno o del pericolo - l'incidenza della continuazione in tutti i suoi aspetti, tra cui la gravità del reato, la capacità a delinquere, i precedenti penali e giudiziari, la durata temporale della violazione, il numero delle disposizioni di legge violate, gli effetti della condotta antecedente, contemporanea e susseguente al reato, gli interessi lesi ovvero perseguiti dal reo e le motivazioni a delinquere).
4.4. Ha maggior pregio il richiamo alla consistenza delle opere realizzate che esclude, con valore assorbente rispetto ad ogni altro profilo, la natura esigua del pericolo.
4.5. Come già affermato da questa Corte, ai fini della applicabilità dell'art. 131-bis cod. pen. nelle ipotesi di violazioni urbanistiche e paesaggistiche, la consistenza dell'intervento abusivo - data da tipologia, dimensioni e caratteristiche costruttive - costituisce solo uno dei parametri di valutazione, assumendo rilievo anche altri elementi quali, ad esempio, la destinazione dell'immobile, l'incidenza sul carico urbanistico, l'eventuale contrasto con gli strumenti urbanistici e l'impossibilità di sanatoria, il mancato rispetto di vincoli e la conseguente violazione di più disposizioni, l'eventuale collegamento dell'opera abusiva con interventi preesistenti, la totale assenza di titolo abilitativo o il grado di difformità dallo stesso, il rispetto o meno di provvedimenti autoritativi emessi dall'amministrazione competente, le modalità di esecuzione dell’intervento (Sez. 3, n. 19111 del 10/03/2016, Mancuso, Rv. 266586; Sez. 3, n. 47039 del 08/10/2015, Derossi, Rv. 265450).
4.6. Si badi: tale principio è stato affermato nei casi in cui la ridotta consistenza dell’opera era stata dedotta a giustificazione della invocata applicabilità dell’istituto, con quanto ne consegue in termini di sua inapplicabilità nel caso contrario. Solo quando la consistenza dell’intervento è modesta, infatti, è necessario prendere in considerazione tutti gli altri indici indicati da questa Corte.
4.7. I ricorrenti però deducono, a sostegno dell’applicazione della causa di non punibilità, il deposito a sanatoria del progetto e la mancanza di violazioni sostanziali delle norme tecniche che disciplinano l’edificazione nelle zone sismiche.
4.8. La deduzione è suggestiva ma platealmente infondata perché, a voler seguire fino in fondo la tesi difensiva, non si comprende perché il legislatore, pur avendo introdotto la speciale causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., abbia continuato a tenere indenni i reati in materia antisismica dagli effetti estintivi di sanatorie postume pur previsti in caso di reati urbanistici.
4.9. La ragione deve essere rivenuta nella radicale diversità dei beni tutelati dalle due normative, non colta dai ricorrenti.
4.10. Lo ha ben spiegato la Corte costituzionale allorquando, nel dichiarare la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’(allora)art. 22, terzo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie), sollevata, in riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione, affermò che <<appare sicuramente non arbitraria e non assolutamente irragionevole la scelta del legislatore di limitare la particolare ipotesi di estinzione dei reati, a seguito della sanatoria mediante accertamento di conformità, ai soli reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti (…) tale scelta è stata condizionata dalle particolari esigenze di sicurezza generale, volte ad evitare che, in via permanente anche per il futuro, si possa fare a meno delle specifiche procedure (e relativa tutela penale) attinenti alla idoneità statica per le opere in cemento armato o a struttura metallica e alle opere in zona sismica, semplicemente ricorrendo all'accertamento di conformità avente valenza esclusivamente urbanistica (…) del resto, nel sistema penale non resta in radice esclusa la possibilità per i soggetti interessati di avvalersi dei generali strumenti di composizione dell'azione penale, ricorrendo per le contravvenzioni concorrenti - ove ne sussistano gli estremi e a seconda delle diverse ipotesi - alla separata oblazione (articoli 162 e 162-bis del codice penale), previa eliminazione degli eventuali elementi impeditivi (conseguenze dannose o pericolose del reato eliminabili da parte del contravventore)>> (Ordinanza n. 149 del 1999).
4.11. Il ragionamento del Giudice delle leggi, prende le mosse dalla pacifica natura omissiva formale dei reati contestati agli imputati, essendo noto che le contravvenzioni previste dalla normativa antisismica puniscono inosservanze formali, volte a presidiare il controllo preventivo della pubblica amministrazione. Ne deriva che l'effettiva pericolosità della costruzione realizzata senza l'autorizzazione del genio civile e senza le prescritte comunicazione è del tutto irrilevante ai fini della sussistenza del reato e la verifica postuma dell'assenza del pericolo ed il rilascio del provvedimento abilitativo non incidono sulla illiceità della condotta, poiché gli illeciti sussistono in relazione al momento di inizio dell’attività (Sez. 3, n. 5738 del 13/05/1997, Petrone, Rv. 208299; cfr., più recentemente, Sez. 3, n. 27876 del 16/06/2015, Pro, Rv. 264201, secondo cui In tema di reati concernenti l'attività edificatoria in zone sismiche, l'eventuale rilascio postumo del parere favorevole da parte dell'Ufficio del Genio Civile competente, che attesta la rispondenza alla normativa antisismica delle opere realizzate, non elide l'antigiuridicità penale della condotta consistita nell'aver iniziato i relativi lavori senza preventiva autorizzazione scritta dal competente ufficio tecnico regionale; nello stesso senso, Sez. 3, n. 41617 del 02/10/2007, Iovine, Rv. 238007, secondo cui n tema di costruzioni in zone sismiche, ai fini della configurabilità delle contravvenzioni previste dalla normativa antisismica (art. 95 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380) è irrilevante che le costruzioni realizzate siano effettivamente pericolose, in quanto la normativa è finalizzata a garantire l'esercizio del controllo preventivo della P.A. sulle attività edificatorie in dette zone).
4.12. Dunque, l’argomento della verifica postuma della assenza di pericolosità sismica dell’intervento edilizio (e dunque della sua sostanziale non abusività, come sostengono i ricorrenti), non è tale da sminuire la rilevanza decisiva della dimensione dell’intervento che esclude in radice, nel caso di specie, la natura esigua del pericolo e la possibilità di applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.
5. Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi (che preclude la possibilità di rilevare d’ufficio la prescrizione eventualmente maturata successivamente alla sentenza impugnata) consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa dei ricorrenti (C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l'onere delle spese del procedimento nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di € 2.000,00 ciascuno.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 18/05/2018.