L’obbligo di licenza edilizia prima della Legge n. 1150/1942
(Nota a Cons. Stato, Sez. VI, 5 gennaio 2015, n. 13 ed a TAR Liguria, Sez. I, 30 dicembre 2014, n. 1975)

di Massimo GRISANTI

Sulla Rivista Lexambiente (cfr. http://lexambiente.it/materie/urbanistica/184-dottrina184/10630-urbanisticalobbligo-di-munirsi-della-licenza-edilizia-su-tutto-il-territorio-comunale-esiste-dal-1935.html) sono stati più volte pubblicati miei scritti nei quali, a confutazione di talune sentenze dei giudici amministrativi di prime cure (v. TAR Toscana, n. 899/2014), veniva dimostrato come almeno sin dal 1935 sussiste nella legislazione statale l’obbligo della licenza edilizia su tutto il territorio comunale.

La dimostrazione dell’assoluta non rispondenza a verità di quanto affermato nella sentenza del TAR Toscana (ovverosia che l’obbligo di licenza in tutto il territorio comunale è stato apposto solamente con la Legge n. 765/1967 e che alcun valore possono avere i regolamenti locali antecedenti al 1942 che impongono siffatto obbligo generalizzato) è stata fornita ricordando i provvedimenti normativi vigenti sin dal 1865.

Le appena trascorse festività natalizia ci portano in dono due importanti ed autorevoli conferme della validità dei regolamenti comunali antecedenti al 1942 che obbligano gli interessati a munirsi di licenza edilizia, così come avvalorano le conclusioni più volte da me consegnate alla Rivista Lexambiente ovverosia che il TAR fiorentino è l’organo giudiziale dello Stato indipendente del Granducato di Toscana.

Il Consiglio di Stato, con la sentenza qui annotata, richiamando l’art. 111 del R.D. n. 297/1911 – proprio la norma che il TAR Toscana ritenne inidonea a fornire il basamento legale del regolamento edilizio comunale di Firenze adottato con atto podestarile del 29/12/1931, introducente l’obbligo generalizzato di licenza edilizia – ha statuito, con riferimento al Regolamento edilizio comunale di Napoli approvato nel 1935, che <… a conferma della sostanziale correttezza delle conclusioni alle quali si è giunti in sentenza, vale osservare – e comunque ribadire – quanto segue: (...) non assume rilievo dirimente evidenziare che l’art. 111 del regolamento del 1911 disciplinava le materie dei regolamenti edilizi comunali, con riferimento ai centri abitati e senza nulla stabilire in ordine alla possibilità di assoggettare l’esercizio dello “jus aedificandi” alla preventiva licenza sindacale, atteso che, come rilevato da Tar, il regolamento del 1911 non conteneva una elencazione tassativa di materie e non poneva quindi una limitazione esplicita alla potestà regolamentare del Comune in materia edilizia …>.

Il TAR per la Liguria, con la sentenza n. 1975/2014, ha stabilito, con riferimento al Regolamento edilizio comunale di Genova approvato nel 1929:

<… Tralasciando normative anteriori che pure contemplavano i regolamenti comunali senza, tuttavia, dettare un specifica disciplina occorre prendere le mosse dall’art. 3 r.d. 22 novembre 1937 n. 2105 (che ai sensi dell’art.1 sostituiva le disposizioni di cui al rd 25 marzo 1935 n. 640) che statuiva “In tutti i comuni del regno nei quali non è prescritta l’osservanza delle norme contenute negli articoli 7 e successivi le amministrazioni comunali devono provvedere a che nei regolamenti edilizi di cui all’art. 3 del testo unico della legge comunale e provinciale vigente sia resa obbligatoria osservanza delle disposizioni contenute nei seguenti articoli 4, 5 e 6”. Il successivo articolo 6 stabiliva che “coloro che intendono fare nuove costruzioni ovvero modificare od ampliare quelle esistenti debbono chiedere al podestà apposita autorizzazione, obbligandosi ad osservare le norme particolari dei regolamenti di edilizia e d’igiene comunali”. Lo stesso articolo contemplava poi la possibilità di irrogare al demolizione in caso di costruzione in assenza di autorizzazione.

Dall’esame della normativa di cui sopra si evince come la potestà regolamentare trovasse il proprio fondamento nella legge, fosse prevista a tutela di interessi sostanziali e fosse altresì presidiata dalla sanzione della demolizione. Anzi la legge imponeva alle amministrazioni comunali il recepimento delle norme di cui sopra.

Successivamente l’art. 31, comma 1, l. 1150/1942 nel testo originario ha previsto che: “Chiunque intenda eseguire nuove costruzioni edilizie ovvero ampliare quelle esistenti o modificarne la struttura o l'aspetto nei centri abitati ed ove esista il piano regolatore comunale, anche dentro le zone di espansione di cui al n. 2 dell'art. 7, deve chiedere apposita licenza al podestà del comune”. La legge 1150/1942, inoltre, disciplinava all’art. 33 il contenuto dei regolamenti edilizi comunali prevedendo che “I comuni debbono con regolamento edilizio provvedere, in armonia, con le disposizioni contenute nella presente legge e nel Testo unico delle leggi sanitarie approvato con R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, a dettare norme precipuamente sulle seguenti materie, tenendo, se ne sia il caso, distinte quelle riguardanti il nucleo edilizio esistente da quelle riguardanti la zona di ampliamento e il restante territorio comunale”.

La legge urbanistica stabiliva l’obbligo cogente di richiedere la licenza edilizia nel centro abitato e nelle zone di espansione e ciò senza la mediazione di regolamenti edilizi comunali mentre rimetteva ai regolamenti edilizi la valutazione in ordine alla necessità della licenza edilizia nella restante parte del territorio comunale. Pertanto ove le amministrazioni comunali avessero già provveduto ai sensi della normativa previgente i regolamenti emessi in ottemperanza delle disposizioni del rd. 22 novembre 1937 n. 2105 i relativi regolamenti venivano fatti salvi rientrando nella potestà discrezionale del Comune intervenire o meno su di essi. Del pari il Comune avrebbe potuto, nell’esercizio della propria discrezionalità, introdurre o meno l’obbligo delle licenza edilizia nelle zone diverse dal centro abitato e dalla zone di espansione.

La legge urbanistica, da un lato, superava il precedente sistema di autorizzazione e, al contempo, dall’altro lato, fondava il potere dei regolamenti edilizi comunali, legittimando altresì i regolamenti previgenti.

Ne conseguiva la legittimità dei regolamenti edilizi che avessero inteso imporre l’obbligo delle licenza edilizia a tutto il territorio comunale irrilevante essendo la circostanza che tali regolamenti fossero anteriori o successivi all’entrata in vigore del 22 novembre 1937 n. 2105 e della legge 1150/1942, atteso che il primo decreto obbligando i Comuni ad adottare i regolamenti non poteva che fare salvi i regolamenti già adottati (che fossero conformi alle sue disposizioni) e atteso altresì che la legge 1150/42 rimettendo alla amministrazione comunale tali valutazioni, ne faceva salve le determinazioni precedentemente assunte. In altre parole nel momento in cui la legge attribuiva ai regolamenti la valutazione discrezionale in ordine alla necessità di licenza edilizia comunale al di fuori delle zone in cui la stessa era obbligatoria per legge, al contempo legittimava, ratificandoli, i regolamenti che tale scelta avessero già in precedenza compiuto.

Conseguiva a tale sistema l’obbligo di munirsi del titolo edilizio per tutte le costruzioni in qualunque zona fossero state edificate, ove tale obbligo fosse previsto dai regolamenti edilizi comunali e l’applicazione delle relative sanzioni per il caso di inosservanza.

Deve notarsi, come già in precedenza evidenziato, come in questo sistema i regolamenti edilizi comunali trovassero il fondamento nella legge, rispondessero ad esigenze di tutela non meramente formale ma sostanziale e fossero presidiati dalla sanzione della demolizione.

La giurisprudenza prevalente ha, pertanto, evidenziato l’assoggettamento alla sanzione della demolizione per le costruzioni realizzate in assenza di titolo edilizio anche se eseguite al di fuori del centro abitato o delle zone di espansione pure il relativo obbligo fosse previsto dai regolamenti edilizi comunali (CS 5141/08, Cs 287/80, TAR Marche 2011 n. 634, TAR Emilia Romagna, Parma 2010 n. 5). La giurisprudenza contraria che pure esiste (TAR Friuli Venezia Giulia 553/2014) fonda il proprio assunto su una efficacia abrogatrice della l. 1150/1942 sulle previsioni dei regolamenti edilizi precedenti che ad avviso del Collegio non è riscontrabile alla luce delle disposizioni legislative precedentemente trascritte.

La conclusione sostenuta dalla giurisprudenza maggioritaria del resto è conforme a quanto previsto dall’ultimo comma dell’art. 31 l. 47/1985, che prevede: “Per le opere ultimate anteriormente al 1° settembre 1967 per le quali era richiesto, ai sensi dell'art. 31, primo comma, della L. 17 agosto 1942, n. 1150, e dei regolamenti edilizi comunali, il rilascio della licenza di costruzione, i soggetti di cui ai commi primo e terzo del presente articolo conseguono la concessione in sanatoria previo pagamento, a titolo di oblazione, della somma determinata a norma dell'articolo 34 della presente legge”.

La norma nel prevedere la condonabilità degli abusi li individua con riferimento anche all’obbligo del titolo edilizio previsto dai regolamenti comunali. (…)>.

Da qui la conferma giudiziale della tesi dell’obbligo della licenza edilizia almeno a partire dal 1935.

Infine, non si dispera che, prima o poi, l’onestà intellettuale di qualche Giudice porti a rimeditare l’errato indirizzo giurisprudenziale – poiché assolutamente infondato in diritto e precisamente laddove non si afferma che il riferimento ai centri abitati riguarda unicamente le modifiche della struttura e dell’aspetto – che fino ad oggi non riconosce il fatto che la Legge n. 1150/1942 ha ribadito l’obbligo ex lege di licenza in tutto il territorio comunale.

Invero, l’art. 2 del R.D.L. 25 marzo 1935, n. 640, convertito dalla Legge 23 dicembre 1935, n. 2471, stabilì che oltre alle norme tecniche edilizie, <… in tutti indistintamente i Comuni del Regno debbono osservarsi: nelle costruzioni, ricostruzioni e possibilmente nelle riparazioni organiche le prescrizioni stabilite dal testo unico approvato con R. decreto 27 luglio 1934, n. 1265 …> tra le quali, all’art. 221, l’obbligo dell’approvazione del progetto edilizio per qualsivoglia costruzione da farsi in tutto il territorio comunale. Un obbligo che lo stesso R.D.L. n. 640/1935 stabilisce espressamente al proprio art. 4, ove dice: <Coloro che intendano fare nuove costruzioni, ovvero modificare od ampliare quelle esistenti debbono chiedere al Podestà apposita autorizzazione, obbligandosi ad osservare le norme particolari dei regolamenti di edilizia e d'igiene comunali. (…)>.

Sarebbe proprio schizofrenico il comportamento di uno Stato che dopo aver riconosciuto l’esigenza del risanamento dei centri abitati e delle campagne nonché l’esigenza, all’indomani del verificarsi di eventi franosi e tellurici di risonanza nazionale, di rendere sicure le case oblitera l’obbligo della verifica preventiva dell’attività edilizia a standards igienico sanitari e costruttivi fissati in apposite norme tecniche.

Ma così non è, perché l’art. 45 della L.U.N. stabilì espressamente che <Sono abrogate tutte le altre disposizioni contrarie a quelle contenute nella presente legge o con essa incompatibili>. Allo scrivente non riesce vedere dove, le disposizioni normative antecedenti la Legge n. 1150/1942, siano con essa contrarie o incompatibili.

In conclusione, riportando quanto già contenuto nel mio scritto segnalato all’inizio di questo lavoro, l’interpretazione letteral-logico-sistematica degli articoli 31, 33 e 45 della L.U.N. porta a sostenere che l’art. 31 della Legge n. 1150/1942 stabilì l’obbligo di licenza edilizia solamente per modificare la struttura o l’aspetto nei centri abitati ed ove esista il piano regolatore comunale, anche dentro le zone di espansione di cui al n. 2 dell’art. 7.

Mentre tale art. 31 ribadì l’obbligo di licenza per le nuove costruzioni e per gli ampliamenti di quelle esistenti (in tutto il territorio comunale).

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Scritto il 11 gennaio 2015