Cass. Sez. III n. 31967 del 8 agosto 2024 (CC 26 giu 2024)
Pres. Ramacci Rel. Liberati Ric. Carmellini
Urbanistica.Giudicato amministrativo e giudice penale

Il giudicato amministrativo è solo tendenzialmente vincolante per il giudice penale, trattandosi di un giudizio fra parti, soggetto al principio della domanda e agli oneri di allegazione e produzione propri di tale tipo di giudizi, che quindi non può vincolare il giudice penale, che deve valutarlo a norma degli artt. 187 e 192, comma 3, cod. proc. pen., ai fini della prova del fatto accertato. Secondo il principio generale fissato dall'art. 2 cod. proc. pen., al giudice penale spetta il potere di risolvere autonomamente ogni questione da cui dipende la decisione, salvo che sia diversamente stabilito e l'unica disposizione che attribuisce espressamente "efficacia di giudicato" nel processo penale a sentenze extra-penali è l'art. 3, comma 4, cod. proc. pen. con riferimento alla "sentenza irrevocabile del giudice civile che ha deciso una questione sullo stato di famiglia o di cittadinanza.


RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza dell’11 gennaio 2024 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Cagliari, in funzione di giudice dell’esecuzione, provvedendo sulla richiesta avanzata dalla condannata Roberta Carmellini, volta a ottenere la revoca dell’ordine di demolizione delle opere abusive disposto con decreto penale di condanna del 10 marzo 2022, divenuto esecutivo il 21 marzo 2022, impartitole in relazione ai reati di cui all’art. 44, lett. c), d.P.R. 380/2001 e all’art. 181, comma 1, d.lgs. 42/2004, ha revocato la disposta sospensione di tale ordine e ha rigettato la richiesta di revoca.

2. Avverso tale ordinanza la condannata ha proposto ricorso per cassazione, per il tramite degli Avvocati Salvatore Casula e Silvio Pinna, che lo hanno affidato a un unico articolato motivo, mediante il quale hanno denunciato, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione e l’errata applicazione di disposizioni di legge, in particolare dell’art. 22-bis, comma 9, della l. Regione Sardegna n. 45 del 1989 e del decreto assessoriale della Regione Sardegna n. 1 del 23 gennaio 2008, e un vizio della motivazione.
Hanno esposto che a sostegno della richiesta di revoca degli ordini di demolizione e di rimessione in pristino la condannata aveva allegato di essere in possesso di tutti i titoli abilitativi necessari per poter mantenere le opere oggetto di tali ordini (costituite da un chiosco – bar sul litorale del Comune di Muravera), e cioè della concessione demaniale marittima (del 21/6/2007, prorogata fino al 21/12/2020 e, successivamente, fino al 31/12/2033), della autorizzazione paesaggistica (rilasciata il 22/5/2008) e della autorizzazione edilizia (rilasciata il 31/7/2008). Nonostante ciò, il Comune di Muravera, con nota del 4/4/2018, aveva comunicato alla ricorrente l’avvio del procedimento volto alla emanazione dell’ordinanza di demolizione della struttura, contestandone la mancata rimozione al termine della stagione balneare e la conseguente mancanza del relativo titolo edilizio e di una efficace autorizzazione paesaggistica, emanando, in data 18/9/2018, l’ordinanza di demolizione, di cui era stata sospesa l’efficacia con ordinanza del 12/12/2018 del TAR della Sardegna, adito dalla ricorrente. Nel corso del giudizio amministrativo il Comune di Muravera, con provvedimento del 21/1/2020, aveva integrato il contenuto dell’ordinanza di demolizione, ponendo a fondamento della demolizione, oltre a quanto già contestato, anche la traslazione del chiosco – bar rispetto alla concessione demaniale del 2004 e alla successiva proroga del 2014, quale elemento integrativo della contestazione e strumentale  alla demolizione, trattandosi di variazione essenziale rispetto al progetto, in particolare alla autorizzazione edilizia del 2008 e alla autorizzazione paesaggistica dello stesso anno. 
Il TAR della Sardegna, con sentenza dell’11/1/2021 aveva respinto i motivi aggiunti proposti dalla ricorrente e dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse l’impugnazione di cui al ricorso introduttivo.
Avverso tale decisione la ricorrente aveva proposto appello al Consiglio di Stato, che con sentenza del 13/10/2021 aveva annullato i provvedimenti impugnati, evidenziando che il mantenimento della struttura oltre il termine della stagione balneare doveva ritenersi assentito dai titoli già rilasciati dalla amministrazione.
Il Tribunale di Cagliari, quale giudice dell’esecuzione, aveva, però, escluso la incidenza ostativa di tale decisione sull’ordine di demolizione, ritenendola, erroneamente, fondata sulla irrilevanza della traslazione del chiosco, sottolineando l’operatività del limite temporale per le strutture già assentite a causa della mancata adozione da parte del Comune di Muravera del Piano di Utilizzo del Litorale. Il Tribunale di Cagliari avrebbe, quindi erroneamente ritenuto non rilevante tale decisione amministrativa sulla esecuzione dell’ordine di demolizione.
Il Consiglio di Stato, però, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale di Cagliari, aveva affermato che il mantenimento della struttura oltre il termine della stagione balneare, oggetto della contestazione, era già assentito dai titoli rilasciati e non ritirati in autotutela dalla pubblica amministrazione, in quanto, ai sensi dell’art. 22-bis della suddetta l. Regione Sardegna n. 45 del 1989 (aggiunto dalla l. Regione Sardegna n. 11 del 2017), non vi era limitazione temporale per le strutture già esistenti.
Tanto premesso, circa l’iter della vicenda, hanno ribadito l’erroneità di quanto affermato nell’ordinanza impugnata e posto a fondamento del rigetto della richiesta di revoca dell’ordine di demolizione, in quanto le autorizzazioni rilasciate alla ricorrente non prevedevano alcun obbligo di rimozione stagionale del manufatto, collegato solamente alla scadenza della concessione demaniale, fissata originariamente al 31/12/2009 e prorogata fino al 2033, e ciò ne consentiva il mantenimento ai sensi dell’art. 22-bis della suddetta l. Regione Sardegna n. 45 del 1989, non avendo il Comune di Muravera adottato il Piano di Utilizzo dei Litorali (PUL), con la conseguente deroga all’obbligo di rimozione delle strutture di facile rimozione a servizio della balneazione al termine della stagione balneare di cui al comma 5 dell’art. 22-bis della suddetta l. Regione Sardegna n. 45 del 1989.
Hanno, pertanto, chiesto l’annullamento dell’ordinanza impugnata e la revoca dell’ordine di demolizione, in quanto incompatibile con i titoli abilitativi rilasciati alla ricorrente e legittimanti il mantenimento delle opere oggetto di tale ordine, erroneamente valutati dal giudice dell’esecuzione.

3. Il Procuratore Generale ha concluso sollecitando l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata, sottolineando la rilevanza, ai fini della chiesta revoca dell’ordine di demolizione, della sentenza n. 6897/2021 del Consiglio di Stato, che ha annullato l’ordinanza di demolizione adottata il 18 settembre 2018 dal Comune di Muravera (decisione fondata sul rilievo che il manufatto da demolire deve ritenersi legittimato anche in ordine alla permanenza temporale, sottolineando come “il mantenimento della struttura oltre il termine della stagione balneare, oggetto della contestazione, fosse in realtà assentito dai titoli efficaci già rilasciati – e non ritirati in autotutela dalla stessa amministrazione”, e che la limitazione temporale espressamente non opera per le strutture già assentite).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.

2. Giova premettere, per la miglior comprensione della vicenda e per poter compiutamente apprezzare le censure sollevate dalla ricorrente, che quest’ultima è stata condannata, con decreto penale del 10/3/2022 del Tribunale di Cagliari, in relazione ai reati di cui agli artt. 44, lett. c), d.P.R. 380/2001 e 181, primo comma, d.lgs. 42/2004 (per avere, quale titolare della ditta individuale Bobo Beach di Carmellini Roberta, in assenza di titoli abilitativi e comunque sulla base di titoli inefficaci, realizzato e mantenuto nell’area demaniale del Comune di Muravera, in zona sottoposta a vincoli paesaggistici, un manufatto in pannelli metallici e lignei, con copertura in pannelli metallici, e una ulteriore struttura prefabbricata sul retro). Con il medesimo decreto è stata ordinata la demolizione delle opere abusive e la rimessione in pristino dello stato dei luoghi.
La concessione demaniale marittima, per l’occupazione di un’area demaniale marittima di complessivi mq. 182,7 (allo scopo di destinarla a box-bar con veranda coperta e servizi igienici, tavolini e sedie, oggetto dell’ordine di demolizione e rimessione in pristino), era stata rilasciata il 20/7/2004, vi è subentrata la Carmellini il 21/6/2007 ed è stata prorogata, per effetto di successivi provvedimenti adottati dal Comune di Muravera, al 31/12/2033.
L’autorizzazione paesaggistica alla posa di strutture amovibili e attrezzature balneari nella medesima località oggetto della concessione demaniale, rilasciata dal Comune di Muravera il 21/5/2008, aveva efficacia fino al 31/12/2009.
L’autorizzazione edilizia rilasciata dal medesimo Comune il 31/7/2008 teneva conto della originaria durata della concessione al 31/12/2009 e prevedeva l’obbligo di rimuovere i manufatti entro il 31/12/2009, data di scadenza della concessione demaniale.
Sulla base del contenuto di tali autorizzazioni e delle scadenze previste in quella paesaggistica e in quella edilizia, il Comune di Muravera ha quindi ordinato la demolizione e la rimessione in pristino dello stato dei luoghi, sottolineando la necessità di permesso di costruire e l’insufficienza della autorizzazione edilizia a causa della stabilità delle opere, mai rimosse al termine di ogni stagione balneare o alla fine di ogni anno.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Sardegna, adito dalla Carmellini al fine di ottenere l’annullamento dell’ordinanza di demolizione emanata dal Comune di Muravera, con sentenza del 16 dicembre 2020 ha ritenuto assorbente quanto evidenziato dal Comune di Muravera nella integrazione dell’ordinanza di demolizione del 21/12/2020, a proposito della traslazione del manufatto, spostato verso il mare in un’area quasi interamente diversa da quella originariamente prevista, come tale determinante una variazione essenziale realizzata in assenza del permesso di costruire, non assentibile mediante la sola autorizzazione edilizia in possesso della Carmellini, e ha quindi ritenuto l’intervento eseguito in totale difformità dal titolo edilizio, sanzionabile con la demolizione. Il giudice amministrativo ha quindi ritenuto assorbente tale rilievo e, di conseguenza, improcedibile per carenza di interesse l’impugnazione originariamente proposta e infondata quella aggiuntiva, rivolta verso l’atto integrativo dell’ordinanza di demolizione.
Il Consiglio di Stato, adito dalla stessa Carmellini, con sentenza del 7/10/2021 ha accolto l’impugnazione e ha annullato i provvedimenti emessi dal Comune di Muravera. Il Consiglio di Stato, ripercorse le vicende concessorie e autorizzative che avevano riguardato l’area occupata dalla Carmellini e le opere ivi realizzate e mantenute, ha escluso che le modifiche apportate dalla ricorrente possano essere qualificate come variazioni essenziali, trattandosi della mera traslazione del medesimo manufatto, senza alcun mutamento di destinazione d’uso o aumento di cubatura. Il giudice amministrativo ha anche ritenuto che il mantenimento della struttura oltre il termine della stagione balneare fosse consentito dai titoli rilasciati e non ritirati dalla amministrazione in via di autotutela, escludendo che la limitazione temporale di cui all’art. 22-bis della l. regione Sardegna n. 45 del 1989 si applichi alle strutture già assentite.
Nell’ordinanza impugnata il Tribunale, dopo aver riassunto il contenuto dei vari provvedimenti concessori e autorizzativi rilasciati alla ricorrente ed esaminato le decisioni amministrative rese a seguito dei ricorsi proposti dalla stessa Carmellini, ne ha escluso l’incidenza sulla eseguibilità della demolizione, richiamando, anzitutto, il principio, non controverso, secondo cui la sentenza del giudice amministrativo, essendo la materia del contendere nella disponibilità delle parti, può fondarsi su elementi di fatto parziali o incompleti, a differenza del processo penale che attribuisce al giudice ampi poteri conoscitivi, esercitabili anche d’ufficio. Il Tribunale ha, inoltre, sottolineato la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 43 della l. Regione Sardegna n. 3 del 2020 e l’irrilevanza di quanto esposto nella sentenza del Consiglio di Stato a proposito della non operatività dei limiti temporali di efficacia delle concessioni per le strutture già assentite, in relazione ai Piani di Utilizzo dei Litorali, non avendo il Comune di Muravera ancora applicato il Piano in via definitiva, escludendo di conseguenza la rilevanza del giudicato amministrativo fatto valere dalla condannata.

3. Ciò premesso, quanto allo svolgimento della vicenda, ai provvedimenti concessori e autorizzativi ottenuti dalla ricorrente e alle relative decisioni amministrative, va, anzitutto, richiamato il consolidato e univoco orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui l’ordine di demolizione è sempre riesaminabile in sede esecutiva al fine di una eventuale revoca, che è però consentita solo in presenza di determinazioni della pubblica amministrazione, o del giudice amministrativo, che siano incompatibili con l’abbattimento del manufatto, ovvero quando sia ragionevolmente prevedibile, in base a elementi concreti e specifici, che tali provvedimenti o decisioni saranno adottati in breve tempo (Sez. 3, n. 3128 del 18/11/2021, dep.2022, Scordino, Rv. 282698; Sez. 3, n. 37470 del 22/05/2019, Impagliazzo, Rv. 277668, Sez. 3, n. 55028 del 09/11/2018, B., Rv. 274135; Sez. 3, n. 9145 del 01/07/2015, dep. 2016, Manna, Rv. 266763; Sez. 3, n. 47402 del 21/10/2014, Chisci, Rv. 260972; cfr. da ultimo Sez. 3, n. 14647 del 2024, non massimata; Sez. 3, n. 2785 del 2024, non massimata). 
Nel caso in esame i provvedimenti adottati dalla Pubblica Amministrazione e le decisioni amministrative rese a seguito delle impugnazioni proposte nei confronti degli stessi dalla ricorrente riguardano l’ordinanza di demolizione emessa, autonomamente, dal Comune di Muravera, e non anche l’ordine di demolizione e di rimessione in pristino disposto dal giudice ordinario con il decreto penale di condanna emesso nei confronti della ricorrente, né attengono a provvedimenti concessori o autorizzativi incompatibili con tale ordine di demolizione, cosicché risultano inidonei a incidere sulla esecuzione di tale ordine, stante l’autonomia dell’ordine di demolizione emanato dal giudice ordinario, che non agisce in via di supplenza rispetto agli organi amministrativi, ma esercita un potere sanzionatorio autonomo e distinto rispetto all'analogo potere dell'autorità amministrativa (v. Sez. 3, Ordinanza n. 47263 del 25/09/2014, Russo, Rv. 261213, con cui è stato anche chiarito che l’ordine di demolizione impartito dal giudice penale deve essere eseguito in ogni caso, anche se sia stata disposta acquisizione gratuita dell'opera abusiva al patrimonio del Comune, ferma restando la sola eccezione dell'adozione di una deliberazione consiliare, dichiarativa dell'esistenza di prevalenti esigenze pubbliche, e sempre che l'opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici o ambientali; v. anche, nel medesimo senso, Sez. 3, n. 9864 del 17/02/2016, Corleone, Rv. 266770; Sez. 3, n. 30170 del 24/05/2017, Barbuti, Rv. 270253; Sez. 3, n. 2582 del 23/05/2018, dep. 2019, Russo, Rv. 274817).
Sempre a proposito della rilevanza delle decisioni amministrative che possano determinare una astratta incompatibilità con l’esecuzione della demolizione, che, cioè, si pronuncino su provvedimenti amministrativi di condono o sanatoria o autorizzativi, va richiamato il principio, anch’esso univoco e consolidato e correttamente richiamato anche nell’ordinanza impugnata, secondo cui il giudicato amministrativo è solo tendenzialmente vincolante per il giudice penale, trattandosi di un giudizio fra parti, soggetto al principio della domanda e agli oneri di allegazione e produzione propri di tale tipo di giudizi, che quindi non può vincolare il giudice penale, che deve valutarlo a norma degli artt. 187 e 192, comma 3, cod. proc. pen., ai fini della prova del fatto accertato (v. Sez. 3, n. 17855 del 19/03/2019, Cavelli, Rv. 275702, che, nel ribadire detto principio, ha osservato che, secondo il principio generale fissato dall'art. 2 cod. proc. pen., al giudice penale spetta il potere di risolvere autonomamente ogni questione da cui dipende la decisione, salvo che sia diversamente stabilito e che l'unica disposizione che attribuisce espressamente "efficacia di giudicato" nel processo penale a sentenze extra-penali è l'art. 3, comma 4, cod. proc. pen. con riferimento alla "sentenza irrevocabile del giudice civile che ha deciso una questione sullo stato di famiglia o di cittadinanza"; v. anche Sez. 3, n. 1628 del 28/10/2015, dep. 2016, Campedelli, Rv. 266328, e Sez. 5, n. 41796 del 17/06/2016, Crisafulli, Rv. 268041).
Ne consegue, in definitiva, l’infondatezza dei rilievi sollevati dalla ricorrente, in quanto basati su decisioni amministrative che non riguardano i titoli autorizzativi e concessori relativi all’opera oggetto dell’ordine di demolizione impartito dal giudice penale, bensì solamente l’analogo ordine emesso dall’autorità amministrativa, come tali inidonei, di per sé, a incidere sulla eseguibilità della demolizione disposta dal giudice penale.

4. Va, comunque, per completezza osservato che i rilievi della ricorrente, basati sulla sentenza del Consiglio di Stato del 7/10/2021, di annullamento dell’ordinanza di demolizione del Comune di Muravera del 18/9/2018, non sono fondati.
Il Consiglio di Stato ha, infatti, ritenuto illegittima l’ordinanza di demolizione adottata dal Comune di Muravera il 18/9/2018 sia perché la traslazione dell’edificio non determinerebbe una variazione essenziale rispetto alla autorizzazione edilizia e a quella paesaggistica; sia perché il mantenimento della struttura balneare (oggetto dell’ordine di demolizione) sarebbe consentita “dai titoli efficaci già rilasciati – e non ritirati in autotutela dalla stessa pubblica amministrazione” (pag. 9 della sentenza del Consiglio di Stato allegata sub 17 al ricorso della Carmellini); sia perché la limitazione cronologica prevista dall’art. 22-bis della l. Regione Sardegna n. 45 del 1989 (aggiunto dalla l. Regione Sardegna n. 11 del 2017) non opererebbe per le strutture già assentite.
Ora, la ravvisabilità o meno di una variazione essenziale, quale conseguenza della traslazione dell’area sulla quale insiste il manufatto di proprietà della ricorrente oggetto dell’ordine di demolizione, è irrilevante rispetto alla eseguibilità o meno dell’ordine di demolizione impartito dal giudice penale, in quanto questo si fonda sul definitivo accertamento di un abuso edilizio e di un illecito paesaggistico, accertamento che non può certo essere sovvertito da un accertamento incidentale compiuto successivamente dal giudice amministrativo, tra l’altro in relazione a una integrazione dell’originaria ordinanza di demolizione emessa dal Comune di Muravera che, come già evidenziato, è autonoma rispetto all’ordine di demolizione adottato dal giudice penale.
Analogamente, l’affermazione, anch’essa incidentale, della legittimazione al mantenimento delle opere, già giudicate abusive e destinate alla demolizione e alla rimessione in pristino, fondata sul rilievo che tale mantenimento sarebbe consentito dai titoli autorizzativi rilasciati alla ricorrente, si pone in contrasto con il giudicato formatosi sull’accertamento di responsabilità della ricorrente in ordine ai reati di cui all’art. 44, lett. c), d.P.R. 380/2001 e all’art. 181, comma 1, d.lgs. 42/2004, che sono stati addebitati alla Carmellini per avere, quale titolare della ditta individuale Bobo Beach di Carmellini Roberta, in assenza di titoli abilitativi e comunque sulla base di titoli inefficaci, realizzato e mantenuto nell’area demaniale del Comune di Muravera, in zona sottoposta a vincoli paesaggistici, un manufatto in pannelli metallici e lignei, con copertura in pannelli metallici, e una ulteriore struttura prefabbricata sul retro: quanto affermato nella motivazione della sentenza amministrativa allegata dalla ricorrente non può certamente, per le ragioni già esposte al par. 3, inficiare il definitivo accertamento della responsabilità della ricorrente medesima in ordine alle condotte che le sono state addebitate.
Infine, anche l’affermazione secondo cui non opererebbe la limitazione cronologica di cui all’art. 22-bis l. Regione Sardegna n. 45 del 1989 (introdotto dalla l. Regione Sardegna n. 11 del 2017), in quanto tale limitazione non sarebbe applicabile alle strutture già assentite, oltre a porsi anch’essa in contrasto con il giudicato penale, con la conseguente sua irrilevanza, non tiene conto della decisiva circostanza, correttamente evidenziata nell’ordinanza impugnata a pag. 6, che il Comune di Muravera non ha ancora approvato in via definitiva il Piano di Utilizzo dei Litorali (PUL), cosicché la disposizione richiamata dal Consiglio di Stato non può ancora operare nel contesto nel quale sono state realizzate le opere da demolire.
Va aggiunto, per completezza, che nella decisione amministrativa posta a fondamento del ricorso, nell’affermare l’inopponibilità di limiti cronologici alla permanenza di strutture fisse già assentite, non si tiene conto della sentenza n. 101 del 2021 della Corte costituzionale, che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo - per violazione degli artt. 117, secondo comma, lett. s), Cost. e 3 dello statuto speciale per la Sardegna - l'art. 2, comma 1, lett. a), della legge Regione Sardegna n. 3 del 2020 che, aggiungendo il comma 1-bis all'art. 43 della legge Regione Sardegna n. 8 del 2015, prevede il possibile posizionamento, per l'intero anno solare, delle strutture turistico-ricreative a servizio della balneazione di facile rimozione, in quanto la norma regionale, impugnata dal Governo, mediante l'indicata autorizzazione ex lege senza imporre la preventiva valutazione di compatibilità paesaggistica, viola l'art. 146 del d.lgs. n. 42 del 2004 - che reca «norme di grande riforma economico-sociale», valide anche per le Regioni a statuto speciale - ed esorbita dalle competenze statutarie. 

5. Il ricorso deve, in conclusione, essere rigettato, a cagione della irrilevanza, rispetto al giudicato penale contenente l’ordine di demolizione oggetto dell’impugnazione, della decisione amministrativa invocata dalla ricorrente.
Al rigetto del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 26/6/2024