Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 1059, del 20 febbraio 2013
Urbanistica.Vincolo pertinenziale
Il vincolo pertinenziale è caratterizzato sia da un oggettivo nesso funzionale e strumentale tra cosa accessoria e principale, cioè da un nesso che non consenta, per natura e struttura dell'accessorio, altro che la destinazione della cosa a un uso pertinenziale durevole; sia dalle dimensioni ridotte e modeste del manufatto rispetto alla cosa cui esso inerisce, per cui soggiace a concessione edilizia la realizzazione di un'opera di rilevanti dimensioni, che modifica l'assetto del territorio e che occupa aree e volumi diversi rispetto alla res principalis, indipendentemente dal vincolo di servizio o d'ornamento nei riguardi di essa. Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)
N. 01059/2013REG.PROV.COLL.
N. 09735/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello n. 9735 del 2010, proposto da
Villa Adriana residenziale s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Paolo Stella Richter e Pasquale Di Rienzo, ed elettivamente domiciliata presso i difensori in Roma, viale G. Mazzini n. 11, come da mandato a margine del ricorso introduttivo;
contro
Comune di Anzio, in persona del sindaco legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Giulio Lais, ed elettivamente domiciliato presso il difensore in Roma, via C. Monteverde n. 20, come da mandato a margine del ricorso introduttivo;
Regione Lazio, in persona del presidente legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;
nei confronti di
Claudio Fancelli, Marco Fancelli, Maria Antonietta Barone e Filippo Anastasi, rappresentati e difesi dall’avv. Alberto Costantini, ed elettivamente domiciliati presso il difensore in Roma, via Corso d’Italia n. 19, come da mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione seconda quater, n. 30619 del giorno 11 agosto 2010;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Anzio, nonché di Claudio Fancelli, Marco Fancelli, Maria Antonietta Barone e Filippo Anastasi;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 dicembre 2012 il Cons. Diego Sabatino e uditi per le parti gli avvocati Pasquale Di Rienzo, Paolo Stella Richter, Alberto Costantini e Giulio Lais;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso iscritto al n. 9735 del 2010, Villa Adriana residenziale s.r.l. propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione seconda quater, n. 30619 del giorno 11 agosto 2010 con la quale è stato accolto il ricorso proposto da Claudio Fancelli, Marco Fancelli, Maria Antonietta Barone e Filippo Anastasi contro l’appellante, il Comune di Anzio e la Regione Lazio per l'annullamento del permesso di costruire n. 20747 dell'8 luglio 2009, rilasciato dal Comune di Anzio alla società controinteressata "Villa Adriana Residenziale"; della determinazione n. 996 del 16 dicembre 2008; della deliberazione della Giunta Comunale di Anzio n. 121 del 13 ottobre 2008; nonché della deliberazione del Consiglio Regionale 31 luglio 2007 n. 41 (in S.O. n. 15 B.U.R. Lazio del 14 febbraio 2008 n. 6).
A sostegno delle doglianze proposte dinanzi al giudice di prime cure, gli originari ricorrenti avevano premesso di essere tutti proprietari di immobili siti in Anzio confinanti con l’area ricompresa tra i civici 116 e 118 di Via Gramsci, denominata “Villa Adriana” distinta in catasto al foglio 22 part. 172, e qualificata secondo le previsioni del vigente strumento urbanistico come zona di completamento B/2.
Il Comune, in data 8/7/09, ha rilasciato alla controinteressata Soc. Villa Adriana Residenziale s.r.l. il permesso di costruire n. 20747 per la realizzazione su detta area di un fabbricato di sette piani, di cui cinque fuori terra.
I ricorrenti hanno impugnato il permesso di costruire e gli atti indicati in epigrafe deducendo i seguenti motivi di impugnazione:
1. Violazione di legge. Violazione dell’art. 12 del D.P.R. n. 380/01. Eccesso di potere per travisamento dei fatti e difetto di istruttoria, con riferimento a quanto disposto dall’art. 21.4 delle N.T.A. del P.R.G. del Comune di Anzio.
Sostengono i ricorrenti che all’intervento in questione dovrebbe applicarsi la disposizione recata dall’art. 21.4 (B/2 Centro Urbano) primo comma delle N.T.A. del P.R.G. di Anzio secondo cui all’interno del perimetro del centro storico è ammesso un indice edificatorio di 0,45 mq di superficie utile netta per ogni metro quadro. L’altezza massima consentita è di due piani fuori terra e comunque non superiore a 7,5 metri lineari.
Secondo i ricorrenti non potrebbe applicarsi il secondo comma asteriscato dell’art. 21.4 delle N.T.A. che disciplina la demolizione ricostruzione delle aree del centro urbano poste a sud della linea ferroviaria, in quanto l’area in questione è libera e detta norma non contiene prescrizioni per i lotti liberi.
Inoltre l’art. 21.4 comma 2 sarebbe comunque inapplicabile perché la Scheda Norma Centro Storico, tav. 13, non risulterebbe esistente, essendo la tav. 13 riferita alle zone “C”.
2. Violazione di legge. Violazione dell’art. 12 del D.P.R. n. 380/01. Eccesso di potere per travisamento dei fatti e difetto di istruttoria, con riferimento a quanto disposto dall’art. 21.4 comma 2 delle N.T.A. del P.R.G. di Anzio.
Pur volendo ritenere applicabile il comma 2 dell’art. 21.4 delle N.T.A. del P.R.G. di Anzio, il permesso di costruire sarebbe illegittimo perché il fabbricato sarebbe troppo alto, non rispettando i parametri di cui all’art. 15 delle N.T.A.
3. Violazione di legge. Violazione dell’art. 12 del D.P.R. 380/01. Eccesso di potere per travisamento dei fatti e difetto di istruttoria, con riferimento a quanto disposto dall’art. 15.2 B/2 e dall’art. 21.4 comma 2 delle N.T.A. del P.R.G. del Comune di Anzio.
Sostengono i ricorrenti che il fabbricato non rispetterebbe le prescrizioni dell’art. 15.2 B/2 delle N.T.A. del P.R.G. di Anzio in quanto il terreno sarebbe caratterizzato da una forte pendenza e per i lotti con terreno in salita secondo la norma del P.R.G. dovrebbe farsi riferimento alla quota più bassa del terreno.
Nel caso di specie vi sarebbe un dislivello nel terreno di ben 6,75 metri e dunque il fabbricato, così come progettato, avrebbe l’altezza – tenendo conto della quota più bassa del terreno – di oltre 21 metri, superando di oltre tre metri il fabbricato adiacente.
4. Violazione di legge. Violazione dell’art. 28 del D.P.R. 16/12/92 n. 495 in combinato disposto con l’art. 18 del codice della strada. Violazione dell’art. 12 del D.P.R. 380/01 con riferimento all’art. 15 delle N.T.A. del Comune di Anzio. Eccesso di potere per travisamento dei fatti e carenza assoluta di istruttoria. Illegittimità derivata dalla illegittimità della delibera di G.M. n. 121/2008.
Deducono i ricorrenti che il fabbricato non rispetterebbe le prescrizioni dell’art. 15 delle N.T.A. del P.R.G. con riferimento alla distanza dalla strada.
5. Violazione di legge. Violazione dell’art. 12 del D.P.R. n. 380/01. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti, con riferimento a quanto disposto dall’art. 18 delle N.T.A. del P.R.G. del Comune di Anzio.
Sostengono i ricorrenti che il permesso di costruire violerebbe l’art. 18 delle N.T.A. del P.R.G. in quanto il progetto non prevedrebbe la realizzazione di un marciapiedi di m. 1,8.
6. Violazione di legge. Violazione dell’art. 12 del D.P.R. n. 380/01 in relazione all’art. 21.8 delle N.T.A. – Eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti.
Deducono i ricorrenti che la rampa di accesso ai parcheggi interrati ricadrebbe su area destinata a verde per la quale non potrebbero realizzarsi opere in cemento armato come quelle indicate in progetto.
7. Violazione di legge. Violazione del combinato disposto degli artt. 12, 13 e 20 del D.P.R. 380/01 – Eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, contraddittorietà ed illogicità manifesta.
Il progetto approvato sarebbe carente di alcuni elaborati progettuali, ed in particolare del piano quotato “ante e post operam”.
8. Violazione di legge. Violazione dell’art. 12 del D.P.R. n. 380/01 in relazione all’art. 145 del D.Lgs. n. 42/04. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti – Questione incidentale di legittimità costituzionale.
Deducono i ricorrenti l’illegittimità costituzionale dell’art. 36 quater comma 1 ter della L.R. n. 24/98, aggiunto dall’art. 13 comma 4 della L.R. Lazio 18/9/02 n. 32 e successivamente modificato dall’art. 2 comma 1 lett. b) della L.R. 20/10/06 n. 12, con conseguente illegittimità degli atti assunti, e quindi della delibera del Consiglio Regionale del 31 luglio 2007, dell’autorizzazione paesistica n. 996 del 16/12/08 rilasciata dal Comune di Anzio, e del permesso di costruire impugnato, in quanto non sarebbe stato possibile rilasciare tali atti che consentirebbero la realizzazione di un fabbricato di oltre 15 metri di altezza da computarsi dalla quota più bassa del terreno.
Costituitisi sia Villa Adriana residenziale s.r.l. che il Comune di Anzio, il ricorso veniva deciso con la sentenza appellata. In essa, il T.A.R. riteneva fondate le censure proposte, sottolineando l’illegittimità dell’operato della pubblica amministrazione, in relazione alle modalità di calcolo dimensionali dell’intervento assentito. Nel dettaglio, il T.A.R., respinto il primo motivo di doglianza, relativo all’applicabilità dell’art. 21.4 delle NTA del PRG di Anzio (con consequenziale esigenza di mantenere l’edificazione entro il limite di due piani fuori terra fino al massimo di 7,5 metri lineari), ha accolto il secondo, relativo al superamento delle prescrizioni di cui all’art. 15 delle NTA, assorbendo le ulteriori censure.
Contestando le statuizioni del primo giudice, con appello notificato il 12 novembre 2010 a seguito della notifica in data 22 settembre 2010 della sentenza gravata, la parte appellante evidenzia l’errata ricostruzione in fatto e in diritto operata dal giudice di prime cure, in relazione alle evocate modalità di calcolo, riproponendo le osservazioni già proposte e depositando altresì un plastico illustrativo della situazione esistente in loco.
Nel giudizio di secondo grado, proponeva altresì appello il Comune di Anzio, con atto notificato il 18 novembre 2010, mentre gli originari ricorrenti Claudio Fancelli, Marco Fancelli, Maria Antonietta Barone e Filippo Anastasi proponevano appello incidentale, con atto notificato il 17 gennaio 2011, per sentire accolte le censure ritenute assorbite dal T.A.R.
Alla pubblica udienza del giorno 11 dicembre 2012, il ricorso è stato discusso e assunto in decisione, previa ordinanza di rigetto dell’implicita ispezione di cose effettuata tramite il deposito del plastico operato dall’appellante principale.
DIRITTO
1. - In via preliminare, la Sezione intende rimarcare l’inammissibilità del deposito agli atti del giudizio, con atto del 30 ottobre 2012 da parte dell’appellante Villa Adriana Residenziale s.r.l., di un plastico rappresentante l’intervento da realizzare.
CCome già evidenziato nell’ordinanza n. 9735 del 13 dicembre 2012, tale deposito, fornendo al giudice un oggetto sul quale appuntare la propria attenzione al fine della conoscenza dei fatti di causa, non può essere assimilato a un deposito documentale e configura invece una domanda implicita d’ispezione di cose, disciplinata dell’art. 63 del codice del processo amministrativo e dagli art. 118 e 258 e sgg del codice di procedura civile. Pertanto, trattandosi di un’acquisizione probatoria che, da un lato, non era necessaria per l’accertamento dei fatti e, dall’altra, era stata proposta senza l’espressa autorizzazione da parte del giudice, la Sezione ha ritenuto che la stessa configurasse una violazione all’analitica disciplina sopra evidenziata in tema di acquisizione probatoria, disponendo la restituzione a Villa Adriana Residenziale s.r.l. del plastico in questione.
2. - Venendo al merito, rileva la Sezione come la disamina delle questioni controverse debba essere condotta, da un lato, in relazione alla graduazione delle questioni proposte in primo grado, come accolte dal T.A.R. e impugnate dagli appellanti, e dall’altro, in rapporto alla riproposizione delle censure respinte o assorbite dal primo giudice, come oggetto dell’appello incidentale degli originari ricorrenti.
In appello, la vicenda controversa deve trovare una sua coerenza processuale, ed è compito del giudice comporre, inserendole in una struttura argomentativa lineare, tutte le questioni sottoposte dalle parti, avendo come parametro di riferimento, da un lato, le statuizioni del giudice di primo grado effettivamente gravate e, dall’altro, le diverse ragioni di censura, come emergenti sia dal modus dell’impugnazione (principale o subordinata) e sia dai diversi interessi ivi sottesi (da ultimo, Consiglio di Stato, ad. plen., 7 aprile 2011 n. 4, dove si rimarca che “giudice ha il dovere di decidere gradualisticamente la controversia, secondo l'ordine logico che, di regola, pone la priorità della definizione delle questioni di rito rispetto alle questioni di merito, e fra le prime la priorità dell'accertamento della ricorrenza dei presupposti processuali rispetto alle condizioni dell'azione”).
Tale ricostruzione impone quindi di esaminare gli appelli principali, proposti da Villa Adriana Residenziale s.r.l. e dal Comune di Anzio, attinenti alla motivazione della sentenza gravata, procedendo alla disamina delle ragioni dell’appello incidentale degli originari ricorrenti solo nel caso di fondatezza di tali censure. Ciò deriva dai diversi sistemi d’introduzione del gravame utilizzati dalle parti poiché, come emerge dalla giurisprudenza (Consiglio di Stato ad. plen., 16 dicembre 2011 n. 24) le regole previste dall'art. 96 del codice del processo amministrativo in merito alla proposizione dell'appello incidentale ex art. 333 e 334 c.p.c., prevedono che sia l'impugnazione di cui all'art. 333 che quella di cui all'art. 334 c.p.c. possano essere rivolte contro capi autonomi della sentenza, ossia capi che non hanno già formato oggetto dell'impugnazione principale. Tuttavia, mentre l'impugnazione incidentale di cui all'art. 333 c.p.c. non è condizionata all'esito di quella principale, nel senso che resta efficace anche se quella principale è dichiarata inammissibile, l'impugnazione incidentale di cui all'art. 334 c.p.c. può essere proposta dalla parte in via subordinata all'accoglimento di quella principale o in via autonoma, ma è comunque condizionata all'esito di quella principale, nel senso che perde ogni efficacia se quella principale è dichiarata inammissibile.
Tuttavia, gli appelli proposti da Villa Adriana Residenziale s.r.l. e dal Comune di Anzio non sono fondati e vanno respinti per i motivi di seguito precisati e ciò impone alla Sezione di non esaminare le questioni proposte dall’appello incidentale proprio proposto da Claudio Fancelli, Marco Fancelli, Maria Antonietta Barone e Filippo Anastasi.
3. - Nel suo atto di appello, Villa Adriana Residenziale s.r.l., appurato che sono quattro i fabbricati, la cui altezza, secondo i ricorrenti e secondo il T.A.R. Lazio, deve essere considerata al fine della determinazione dell'altezza dell'erigendo edificio (operando la media delle altezze dei quattro edifici), censura le modalità di calcolo utilizzate dal giudice di prime cure, evidenziando cinque diversi profili di doglianza.
In primo luogo, si denuncia l'erroneità dell'appellata sentenza per avere il TAR Lazio ritenuto che, al fine della determinazione dell'altezza dell'erigendo edificio, dovesse fare media anche il confinante “ulteriore fabbricato adibito ad autorimessa alto appena metri 2,90”. La ragione è fondata sulla circostanza che detto manufatto altro non è che la pertinenza dell'edificio alto metri 18,15.
In secondo luogo, il T.A.R. Lazio ha errato nel ritenere che il progetto dovesse tenere conto dell'altezza della “villa di proprietà della Signora Barone, alta metri 8,75”, poiché vi è un dislivello di circa metri 15 tra le proprietà e che quindi non si dovesse tenere conto dell'altezza degli edifici che si trovano lungo la sottostante Riviera Zanardelli poiché il contesto urbanistico di Via Gramsci è del tutto diverso dal contesto della sottostante Riviera Zanardelli.
In terzo luogo, si evidenzia l’incongruità della tesi per cui non solo si dovesse tener conto dell'altezza dell'edificio di proprietà della signora Barone, situato lungo la sottostante Riviera ma detta altezza dovesse altresì essere misurata, assumendo una quota superiore a quella della strada da cui l'edificio stesso ha accesso (e quindi non tenendo in conto il piano autorimesse, che pure affaccia sulla via, non è affatto interrato ed è posto al di sotto della parte abitativa dell'edificio).
In quarto luogo, e venendo agli altri due edifici che, secondo i ricorrenti e il T.A.R. Lazio, vanno considerati, l’appellante lamenta l’erroneità dei calcoli operati in merito all’altezza, evidenziando come lo stesso perito di parte abbia riferito che “le misure ricavate possono variare in più o in meno … in dipendenza della posizione degli edifici”.
Riassuntivamente, in relazione alle doglianze pregresse, per l’appellante la tesi del TAR Lazio, secondo cui si sarebbe dovuto tenere conto anche dell'altezza del piccolo garage e della villa di proprietà della signora Barone, è errata in quanto per un verso considera un manufatto non avente alcuna autonomia rispetto all'edificio di cui è una pertinenza e per altro verso considera l'altezza (rectius: parte dell'altezza) di un edificio sottostante posto ad un notevole dislivello, appartenente al fronte edificato della Riviera Zanardelli che non ha alcuna attinenza con il fronte di Via Gramsci.
In quinto e ultimo luogo, per la denegata ipotesi in cui si ritenesse che non si debba tenere conto soltanto dell’altezza dei due confinanti fabbricati prospettanti sullo stesso lato della Via Gramsci, ma altresì sia di quelli aventi accesso dalla sottostante Riviera Zanardelli e sia di quelli posti sul lato opposto della medesima Via Gramsci, si afferma che dovrà tenersi conto anche dell'altezza degli ulteriori fabbricati situati nella Riviera Zanardelli, nonché di tutti i fabbricati situati nell'area prospiciente la Via Gramsci.
Le ragioni di censura contenute nell’atto di appello del Comune di Anzio sono fondamentalmente sovrapponibili a quelle proposte da Villa Adriana Residenziale s.r.l. in relazione agli edifici da considerare nel computo delle altezze (prime quattro ragioni sopra evidenziate) e possono quindi essere trattate contestualmente.
3.1. - Le doglianze sono tutte infondate e vanno respinte.
La particolarità della vicenda qui in esame deriva fondamentalmente da due diversi fattori, compiutamente esaminati dal giudice di prime cure e attinenti la conformazione orografica dell’area e la relativa disciplina urbanistica vigente.
Dal primo punto di vista, va considerata la zona in cui il fabbricato deve essere realizzato, atteso che via Gramsci si trova al di sotto della linea ferroviaria, in un tratto parallelo alla riviera Zanardelli. L’area si trova a un dislivello considerevole rispetto al livello del mare, e l’altezza del fabbricato da realizzare andrebbe quindi a incidere sulle possibilità di veduta e sulla conformazione architettonica dell’area nonché andrebbe ad incidere sulla vista godibile dagli appartamenti dei ricorrenti Fancelli Claudio, Fancelli Marco e Anastasi Filippo che si trovano di fronte al nuovo manufatto al di là di via Gramsci in via delle Ondine.
Dal secondo punto di vista, la disciplina urbanistica dell’area, e addirittura la stessa edificabilità, appaiono abbastanza confuse, tant’è che, come acutamente nota il primo giudice, il Comune di Anzio si è rivolto al progettista Cervellati per farsi fornire i dovuti chiarimenti in merito ed ha dovuto attendere ben due note di questi, in merito all’interpretazione della disciplina applicabile alla zona con riferimento ai lotti liberi.
È quindi evidente una situazione di difficoltà nella gestione urbanistica dell’area, in parte derivante da ragioni oggettive, in particolare alla conformazione orografica del territorio, e in parte dovuta alla tecnica di redazione degli atti di pianificazione, interamente imputabili all’ente territoriale e di cui, almeno implicitamente, il giudice di prime cure ha tenuto correttamente conto.
Sulla scorta di tale necessario chiarimento, le ragioni di censura dedotte possono agevolmente essere esaminate e superate per la loro infondatezza.
In relazione alla natura di pertinenza del fabbricato alto m.2,90, va evidenziato come questo manufatto abbia una sua completa autonomia sia in senso strutturale, come anche funzionale e catastale. Esso, infatti: a) è separato dal vicino fabbricato condominiale, collocandosi in modo avanzato rispetto al fronte stradale e si presenta in modo costruttivamente diverso; b) ha un proprio e distinto identificativo particellare, ossia il n. 465; c) è destinato a ospitare una singola autorimessa, inidonea a servire il vicino fabbricato composto di almeno dieci appartamenti.
Si tratta, com’è evidente, di caratteri che escludono l’esistenza di un vincolo pertinenziale, se solo si fa riferimento alla giurisprudenza pacifica in materia per cui tale concetto “è caratterizzato sia da un oggettivo nesso funzionale e strumentale tra cosa accessoria e principale, cioè da un nesso che non consenta, per natura e struttura dell'accessorio, altro che la destinazione della cosa a un uso pertinenziale durevole; sia dalle dimensioni ridotte e modeste del manufatto rispetto alla cosa cui esso inerisce, per cui soggiace a concessione edilizia la realizzazione di un'opera di rilevanti dimensioni, che modifica l'assetto del territorio e che occupa aree e volumi diversi rispetto alla res principalis, indipendentemente dal vincolo di servizio o d'ornamento nei riguardi di essa (Consiglio di Stato, sez. IV, 2 febbraio 2012 n. 615; id., sez. II, 12 maggio 1999 n. 729; id., sez. V, 23 marzo 2000 n. 1600).
In merito al secondo profilo di censura, e contestualmente anche al quinto (che ben potrebbe essere disatteso, trattandosi di motivo nuovo introdotto solamente in sede di appello), ossia in merito alla correttezza dell’identificazione degli edifici da considerare per il computo dell'altezza massima assentibile dell'edificio realizzando, e quindi della rilevanza dell’edificio di proprietà Barone, la Sezione osserva come sia del tutto convincente l’interpretazione data dal giudice di prime cure alle norme tecniche applicabili in loco.
Premesso che l’art. 15, comma 1, delle N.T.A., stabilisce che: “L’altezza dell’edificio non dovrà superare la media delle altezze dei fabbricati confinanti o prospettanti dall’altra parte della strada”, i profili controversi riguardano la corretta identificazione dell’area compresa nella nozione di fabbricati confinanti, che gli originari ricorrenti ritengono non limitata ai soli due palazzi a fianco del fabbricato da realizzarsi, ma comprendente l’insieme degli edifici confinanti con la particella 172 sulla quale deve essere realizzato l’intervento.
La Sezione condivide la lettura data dal T.A.R., per cui va presa in esame la circostanza che l’intervento in questione ricade nel centro urbano per la quale esiste una normativa specifica dettata dall’art. 21.4 delle N.T.A., disciplina che a sua volta rimanda all’art. 15 delle N.T.A. in funzione integrativa e nei limiti della compatibilità con quanto espressamente statuito dalla disciplina speciale relativa alle zone B/2 del centro urbano.
Quindi, essendo richiesto di considerare “le misure della zona circostante”, non può ritenersi che tale nozione si appiattisca su quella dei soli fabbricati adiacenti sul fronte stradale di via Gramsci, in quanto in tal modo si disapplicherebbe il disposto dall’art. 21.4 comma 2 delle N.T.A. del P.R.G. e si darebbe conto solo la disciplina più generale di cui all’art. 15 delle N.T.A., praticamente oscurando le ragioni di specialità dell’area e nascondendo la natura circolare e non lineare del concetto di zona circostante.
Va quindi approvata la lettura data dal T.A.R., per cui rientra nella nozione l’intero complesso dei fabbricati posti intorno all’area sulla quale insiste il manufatto oggetto di permesso di costruire, così come dispone la prima parte dello stesso art. 15 delle N.T.A. che fa espressamente riferimento ai “fabbricati confinanti”, senza che per questo il detto ambito debba essere esteso indefinitamente, in maniera da comprendervi ulteriori e non meglio precisati fabbricati, slegati da un elemento almeno catastale di prossimità.
In merito al terzo e al quarto motivo, entrambi riguardanti il computo delle altezze dei fabbricati, gli stessi devono essere considerato inammissibili, trattandosi di censura non proposta in primo grado.
La difesa di Villa Adriana Residenziale s.r.l., a fronte dell’espressa eccezione di controparte, sostiene (specialmente in relazione alla ragione di cui al terzo motivo) la natura di mera difesa di tale censura, e non di eccezione in senso stretto che, come tale, sarebbe ammissibile in quanto non rientrante nel divieto di cui all’art. 104 comma 1 del codice del processo amministrativo.
Va tuttavia osservato come la differenza tra le due figure evocate passi attraverso la loro funzione processuale, atteso che il divieto di eccezioni nuove in appello si riferisce alle eccezioni in senso stretto, e cioè agli atti o fatti in condizione di paralizzare la pretesa sostanziale del ricorrente, e non invece alle mere difese od eccezioni in senso ampio (Consiglio di Stato, sez. VI, 25 luglio 2006 n. 4620, in riferimento all'art. 345 comma 2 c.p.c., nel testo novellato dall'art. 52 l. n. 353 del 1990). Nel caso in specie, si assiste a una presa di posizione espressa su un elemento dell’azione proposta in primo grado che non ha unicamente una funzione difensiva lata, ma mira esplicitamente a interdire la ricostruzione della disciplina applicabile, come svolta dagli originari ricorrenti.
Non si è quindi in presenza di una difesa, ma di una eccezione in senso tecnico e come tale inammissibile in quanto proposta in violazione del disposto di cui all’art. 104 del codice del processo amministrativo.
4. - Conclusivamente, tutte le ragioni di doglianza sono infondate, per cui gli appelli proposti da Villa Adriana Residenziale s.r.l. e Comune di Anzio vanno respinti, con consequenziale improcedibilità dell’appello incidentale proposto da Claudio Fancelli, Marco Fancelli, Maria Antonietta Barone e Filippo Anastasi. Sussistono peraltro motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali, determinati dalle oggettive difficoltà di accertamenti in fatto, idonee a incidere sull’esatta conoscibilità a priori delle rispettive ragioni delle parti (così da ultimo, Cassazione civile, sez. un., 30 luglio 2008 n. 20598).
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:
1. Respinge gli appelli proposti nel ricorso n. 9735 del 2010 da Villa Adriana Residenziale s.r.l. e dal Comune di Anzio e, per l’effetto, dichiara improcedibile l’appello incidentale proposto da Claudio Fancelli, Marco Fancelli, Maria Antonietta Barone e Filippo Anastasi;
2. Compensa integralmente tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 11 dicembre 2012, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta - con la partecipazione dei signori:
Giorgio Giaccardi, Presidente
Diego Sabatino, Consigliere, Estensore
Raffaele Potenza, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere
Fulvio Rocco, Consigliere
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 20/02/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)