Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 2842, del 3 giugno 2014
Urbanistica.Temporaneità manufatto.

Non si può ritenere che la sola stagionalità dell'installazione del voluminoso manufatto per cui è causa conferisse al manufatto nel suo complesso il carattere di ‘temporaneità’, atteso: il carattere ontologicamente ‘non temporaneo’ di una struttura destinata all'esercizio di un'attività commerciale e di somministrazione; la permanente idoneità ad alterare lo stato dei luoghi che il complessivo manufatto (di notevoli dimensioni) era idoneo a determinare, anche a prescindere dalla rimozione per alcuni mesi l’anno. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 02842/2014REG.PROV.COLL.

N. 03997/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3997 del 2013, proposto dalla società ‘Lo Smeraldo’ di Ciotoli Giovanni & C. S.a.s., rappresentata e difesa dall'avvocato Alfredo Zaza D'Aulisio, con domicilio eletto presso Francesco Cardarelli in Roma, via G. Pierluigi Da Palestrina, 47

contro

Comune di Formia; 
Ministero per i beni e le attività culturali - Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le province di Roma, Frosinone, Latina, Rieti e Viterbo - Soprintendenza dei beni archeologici del Lazio, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
Peter Pan Disco Bar di Nucci Francesco & C. S.n.c., rappresentata e difesa dall'avvocato Gioacchino Panzera, con domicilio eletto presso Paolo D'Onorio De Meo in Roma, via Cola di Rienzo, 264

per la riforma della sentenza del t.a.r. del lazio – sezione staccata di latina, sezione i, n. 408/2013



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero per i beni e le attività culturali e della società ‘Peter Pan Disco Bar’ di Nucci Francesco & C. s.n.c.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 marzo 2014 il Cons. Claudio Contessa e uditi per le parti l’avvocato Roberto De Tilla per delega dell'avvocato Zaza D'Alisio, l'avvocato dello Stato Biagini e l'avvocato Panzera

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue



FATTO

La società ‘Lo Smeraldo di Ciotoli Giovanna & c. s.a.s.’ riferisce di gestire in Formia, nella pineta di Vindicio, un’attività di bar-ristoro svolta su un’area demaniale marittima in concessione dell’estensione di circa 552 mq.

Riferisce, altresì, che con ricorso proposto dinanzi al T.A.R. del Lazio – Sezione staccata di Latina e recante il n. 971/2010 ebbe ad impugnare gli atti con cui il Comune di Formia aveva consentito a un’impresa concorrente (la società ‘Peter Pan Disco Bar’ di Nucci Francesco & c. s.n.c.) di ampliare il piccolo chiosco bar già esistente nell’ambito della medesima pineta (per un’estensione di circa 12 mq.) trasformandolo in una grande struttura di circa 120 mq.

Con il ricorso in questione, in particolare, l’odierna appellante aveva impugnato, lamentandone l’illegittimità: i) la deliberazione del Consiglio comunale di Formia n. 35 del 21 giugno 2010 con la quale erano stati autorizzati gli uffici comunali ad assentire l’ampliamento del chiosco-bar della società appellata, nonché ii) la concessione demaniale marittima rilasciata in favore dell’appellata il 22 settembre 2010.

Con successivo ricorso per motivi aggiunti, l’odierna appellante aveva altresì impugnato il titolo abilitativo edilizio mediotempore rilasciato dal Comune in favore della stessa società appellata in data 4 marzo 2011.

Con la sentenza in epigrafe il T.A.R. del Lazio – Sezione staccata di Latina ha respinto il ricorso ritenendolo infondato.

La sentenza in questione è stata gravata in appello dalla società ‘Lo Smeraldo’ di Ciotoli Giovanna & c. s.a.s. la quale ne ha chiesto la riforma articolando plurimi motivi di doglianza.

Si è costituita in giudizio la società ‘Peter Pan Disco Bar’ di Nucci Francesco & c. s.n.c.

Con ordinanza n. 2646/2013 (resa all’esito della Camera di consiglio del 9 luglio 2013) questo Consiglio di Stato ha sospeso gli effetti della sentenza in epigrafe rilevando che “in attesa dell’esito del giudizio di secondo grado, non emergono elementi tali da consentire l’ampliamento del manufatto di cui è causa”.

Alla pubblica udienza del 4 marzo 2014 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto dal titolare di una licenza per pubblico esercizio nella pineta di Vindicio di Formia (LT) avverso la sentenza del T.A.R. del Lazio – Sezione staccata di Latina con cui è stato respinto il ricorso da lui proposto avverso gli atti con cui il Comune di Formia ha assentito (attraverso il rilascio di un permesso di costruire) l’ampliamento di un chiosco-bar nell’ambito della medesima pineta in favore di un’impresa concorrente.

2. Con un primo ordine di motivi l’appellante lamenta che i primi Giudici abbiano erroneamente fondato la pronuncia reiettiva sul carattere precario del chiosco-bar per cui è causa, il quale – per il suo carattere di temporaneità e stagionalità – non sarebbe idoneo a comportare una modifica dell’assetto del territorio tale da giustificare la richiesta e il rilascio di un titolo abilitativo edilizio.

Sotto tale aspetto, la sentenza sarebbe viziata per aver operato una indebita commistione fra la nozione di ‘temporaneità’ e quella di ‘stagionalità’: al riguardo, non potrebbe negarsi che il manufatto in questione fosse idoneo ad apportare una oggettiva modificazione dell’assetto del territorio, atteso che esso risulta idoneo a soddisfare esigenze stagionali ma ricorrenti nel tempo.

Allo stesso modo, la sentenza in epigrafe sarebbe meritevole di riforma per avere ritenuto che la facile amovibilità del manufatto ne comportasse ipso facto la precarietà strutturale.

Al contrario, riguardando la questione nei suoi tratti sostanziali, i primi Giudici avrebbero dovuto rilevare che il manufatto in parola fosse certamente destinato a soddisfare esigenze non temporanee e che, quindi, richiedesse certamente il rilascio di un apposito titolo abilitativo edilizio.

Il titolo in questione, tuttavia, non avrebbe potuto essere rilasciato, ostandovi: a) il vincolo di inedificabilità esistente nell’area (classificata dal vigente P.R.G. comunale come di ‘verde pubblico’); b) il vincolo di inedificabilità parimenti derivante dal P.T.P. il quale classifica l’area in parola come ambito T1 – ‘Fascia costiera ad alto valore paesistico’.

Né a conclusioni diverse potrebbe giungersi avuto riguardo all’articolo 56 del Regolamento edilizio comunale il quale riconosce sempre un carattere ontologicamente precario ai chioschi. Ed infatti, a tale disposizione non potrebbe riconoscersi un significato concreto contrastante con le previsioni del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia).

La società appellata osserva, in contrario, che l’iniziativa avversata in entrambi i gradi di giudizio aveva ottenuto tutti i necessari atti di assenso e titoli abilitativi (in particolare: nulla-osta della competente Capitaneria di porto in relazione ai profili di sicurezza della navigazione, nulla-osta dell’Azienda A.S.L. di Latina alla realizzazione di ulteriori servizi igienici, parere favorevole dell’Agenzia delle Dogane, parere favorevole da parte della competente Soprintendenza).

Fa notare, inoltre, che il manufatto oggetto dell’iniziativa avversata in primo grado non avrebbe un’estensione di 120 mq. (come affermato dall’appellante), bensì di soli 56,13.

Osserva, altresì, che ai fini della risoluzione della vicenda di causa risulta dirimente la previsione di cui all’articolo 56 del regolamento edilizio comunale, il quale riconosce carattere ontologicamente precario ai chioschi di qualunque tipologia e dimensione.

La società appellata rileva poi che l’eventuale (e comunque contestata) non conformità dell’intervento con le pertinenti norme di piano risulterebbe comunque superata in considerazione del fatto che l’istanza a suo tempo rivolta al Comune era stata formulata ai sensi dell’articolo 5 del 20 ottobre 1998, n. 447 (il quale è appunto finalizzato a consentire la realizzazione di impianti a destinazione produttiva anche in deroga alle pertinenti disposizioni di Piano).

Ad ogni modo risulterebbe del tutto condivisibile l’argomento offerto dai primi Giudici, secondo cui dal momento che la tipologia costruttiva dei ‘chioschi’ è solitamente destinata ad essere realizzata in aree caratterizzate da particolare pregio (e solitamente sottoposte a vincolo di inedificabilità), laddove si accedesse a un’interpretazione troppo rigorosa del pertinente paradigma normativo, si finirebbe puramente e semplicemente per impedire la realizzazione di tale tipologia di interventi (che, viene ripetuto, è invece quella tipica delle aree caratterizzate da particolare pregio).

3. L’appello è fondato.

3.1. In particolare il Collegio ritiene dirimente ai fini del decidere la fondatezza dell’argomento con cui si è osservato che l’intervento in questione, per le sue caratteristiche oggettive, fosse da qualificare come intervento di ‘nuova costruzione’, con quanto ne consegue ai fini del rilascio del necessario titolo abilitativo edilizio (d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380) in relazione ai vincoli di in edificabilità esistenti sull’area.

Al riguardo il Collegio ritiene di richiamare l’orientamento – da quale non si rinvengono elementi per discostarsi – secondo cui i manufatti non precari, ma funzionali a soddisfare esigenze permanenti, vanno considerati come idonei ad alterare lo stato dei luoghi, con un sicuro incremento del carico urbanistico, a nulla rilevando la precarietà strutturale del manufatto, la rimovibilità della struttura e l'assenza di opere murarie, posto che il manufatto non precario (es.: gazebo o chiosco) non è deputato ad un suo uso per fini contingenti, ma è destinato ad un utilizzo destinato ad essere reiterato nel tempo in quanto stagionale.

Si è condivisibilmente osservato al riguardo che la ‘precarietà’ dell'opera, che esonera dall'obbligo del possesso del permesso di costruire, postula un uso specifico e temporalmente limitato del bene e non la sua stagionalità la quale non esclude la destinazione del manufatto al soddisfacimento di esigenze non eccezionali e contingenti, ma permanenti nel tempo (in tal senso: Cons. Stato, IV, 22 dicembre 2007, n. 6615).

Sotto tale aspetto, il Collegio ritiene che per le sue caratteristiche tipologiche e funzionali, nonché in considerazione del regime temporale della relativa utilizzazione il manufatto per cui è causa fosse riconducibile alle previsioni di cui alla lettera e.5) del comma 1 dell'articolo 3 d.P.R. n. 380 del 2001 (a tenore del quale sono comunque da considerarsi nuove costruzioni le installazioni di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere che siano usati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, “e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee”).

Al riguardo, giova qui richiamare il condiviso orientamento secondo cui non possono comunque essere considerati manufatti destinati a soddisfare esigenze meramente temporanee quelli destinati a un’utilizzazione perdurante nel tempo, di talché l'alterazione del territorio non può essere considerata temporanea, precaria o irrilevante (Cons. Stato, VI, 12 febbraio 2011, n. 986; id., V, 12 dicembre 2009, n. 7789;. id., V, 24 febbraio 2003, n. 986; id., V, 24 febbraio 1996, n. 226).

3.2. Nemmeno si può ritenere che la sola stagionalità dell'installazione del voluminoso manufatto per cui è causa (destinato ad occupare, nella tesi della società appellata, 56,13 mq.) conferisse al manufatto nel suo complesso il carattere di ‘temporaneità’, atteso:

- il carattere ontologicamente ‘non temporaneo’ di una struttura destinata all'esercizio di un'attività commerciale e di somministrazione (in tal senso: Cons. Stato, IV, 23 luglio 2009, n. 4673).

- la permanente idoneità ad alterare lo stato dei luoghi che il complessivo manufatto (di notevoli dimensioni) era idoneo a determinare, anche a prescindere dalla rimozione per alcuni mesi l’anno.

3.3. Né a conclusioni diverse rispetto a quelle appena rassegnate può giungersi avuto riguardo alla previsione di cui all’articolo 56 del Regolamento edilizio comunale (il quale, nella tesi della società riconoscerebbe sempre un carattere ontologicamente precario ai chioschi.

Al contrario, la necessaria interpretazione secundumlegem della richiamata disposizione (volta, cioè, a preservarla da un’altrimenti inevitabile taccia di illegittimità per contrasto con il pertinente paradigma normativo primario) porta a ritenere che il carattere di ‘precarietà’ ivi richiamato possa comunque essere affermato solo all’esito di un’operazione di valutazione svolta ‘caso per caso’ in ordine alle caratteristiche oggettive e funzionali del manufatto di cui si discute.

3.4. Ed ancora, a conclusioni diverse rispetto a quelle sin qui delineate non può giungersi in relazione al fatto che la società appellata avesse proposto istanza di variazione dello strumento urbanistico ai sensi dell’articolo 5 del d.P.R. 20 ottobre 1998, n. 447 (il cui comma 1, come è noto, stabilisce che “qualora il progetto presentato sia in contrasto con lo strumento urbanistico, o comunque richieda una sua variazione, il responsabile del procedimento rigetta l'istanza. Tuttavia, allorché il progetto sia conforme alle norme vigenti in materia ambientale, sanitaria e di sicurezza del lavoro ma lo strumento urbanistico non individui aree destinate all'insediamento di impianti produttivi ovvero queste siano insufficienti in relazione al progetto presentato, il responsabile del procedimento può, motivatamente, convocare una conferenza di servizi, disciplinata dall’articolo 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (…), per le conseguenti decisioni, dandone contestualmente pubblico avviso. Alla conferenza può intervenire qualunque soggetto, portatore di interessi pubblici o privati, individuali o collettivi nonché i portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati, cui possa derivare un pregiudizio dalla realizzazione del progetto dell'impianto industriale”).

Al riguardo si osserva in primo luogo che la sola presentazione di un’istanza finalizzata dalla variazione dello strumento urbanistico ai sensi del richiamato articolo 5, lungi dal fornire argomenti in favore delle tesi della società appellata, conferma – piuttosto – il contrasto fra il progetto presentato e la pertinente disciplina di piano (di cui, per facta concludentia, si mostrava consapevole la stessa società appellata nel momento stesso in cui prendeva l’iniziativa finalizzata a superare il carattere ostativo di tale contrarietà).

In secondo luogo si osserva che la stessa appellata non ha fornito elementi persuasivi atti a ritenere l’effettiva percorribilità dell’iter delineato dal richiamato articolo 5 (e, in particolare, l’insussistenza nell’ambito del territorio comunale di diverse aree idonee ad ospitare l’iniziativa proposta in assenza della richiesta modifica di Piano).

Al riguardo si ritiene di richiamare il condiviso orientamento secondo cui condizioni imprescindibili per l'avvio del procedimento attraverso la convocazione della conferenza di cui al d.P.R. 20 ottobre 1998, n. 447, art. 5, sono da un lato la conformità del progetto alle norme vigenti in materia ambientale, sanitaria e della sicurezza del lavoro; dall'altro l'impossibilità di reperire nello strumento esistente ulteriori e diverse aree idonee all'iniziativa produttiva (in tal senso –ex plurimis -: Cons. Stato, IV, 3 marzo 2006, n. 1038).

4. Concludendo sul punto, le osservazioni sin qui svolte inducono a ritenere che:

- l’intervento avente ad oggetto la realizzazione del manufatto per cui è causa doveva essere qualificato come ‘nuova costruzione’ ai sensi del d.P.R. 380 del 2001, risultando infondate le deduzioni in fatto e in diritto che hanno indotto il Comune di Formia prima e i Giudici di primo grado poi ad escludere tale qualificazione;

- una volta accertato il carattere di ‘nuova costruzione’ del richiamato manufatto, ne consegue la fondatezza del primo ricorso (così come del presente appello) in considerazione della pluralità di vincoli di inedificabilità esistenti sull’area interessata (si tratta, secondo risultanze pacifiche in atti, di un’area classificata come ‘zona di verde pubblico’ dal vigente P.R.G. e come ‘ambito T1 – Fascia costiera ad alto valore paesistico’ dal vigente Piano Territoriale Paesistico).

5. Per i motivi dinanzi esposti sub 3 e 4 deve concludersi nel senso dell’accoglimento del ricorso in appello in relazione alle doglianze già articolate in primo grado e basate sulle violazioni di carattere edilizio e urbanistico, con conseguente impossibilità, allo stato, di realizzare il proposto intervento.

Ciò comporta l’annullamento degli atti impugnati in primo grado ed esime il Collegio dall’esame degli ulteriori motivi di ricorso basati sugli autonomi profili di illegittimità che vizierebbero la concessione demaniale marittima del 22 settembre 2010 e il parere paesaggistico rilasciato dalla competente Soprintendenza il 6 luglio 2011 atteso che – per le ragioni già esposte – il contestato ampliamento non potrebbe comunque essere effettuato.

6. Per le ragioni dinanzi esposte il ricorso in epigrafe deve essere accolto e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, deve accolto il ricorso di primo grado con conseguente annullamento degli atti in tale sede impugnati.

Il Collegio ritiene che sussistano giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, deve accolto il ricorso di primo grado con conseguente annullamento degli atti in tale sede impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.



Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 marzo 2014 con l'intervento dei magistrati:

Sergio De Felice, Presidente FF

Roberto Giovagnoli, Consigliere

Vito Carella, Consigliere

Claudio Contessa, Consigliere, Estensore

Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 03/06/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)