Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 2965, del 10 giugno 2014
Urbanistica.Illegittimità piano di lottizzazione-convenzione urbanistica senza Valutazione Ambientale Strategica (VAS).
Un piano attuativo riguarda pur sempre la potestà di pianificazione del territorio e in quanto tale almeno potenzialmente è in grado di dispiegare i propri effetti sul bene ambiente, per cui in linea di principio non può dirsi sottratto alla possibilità di essere sottoposto a procedura di compatibilità ambientale a mezzo di VAS. La valutazione ambientale strategica è da identificarsi come un passaggio endoprocedimentale della pianificazione, concretantesi nella espressione di un parere che riflette la verifica di sostenibilità ambientale della pianificazione stessa. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)
N. 02965/2014REG.PROV.COLL.
N. 07594/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7594 del 2013, proposto da:
Antonino Tutino, Armando Mammone, Bernardo Basso, Gennaro Mungari, Giovanni Scara', Vincenzo Mancuso, Franceschina Sculco, Floriano Mungari, Michelangela Peronaci, Domenico Sculco, rappresentati e difesi dagli avv.ti Alfredo Gualtieri, Demetrio Verbaro, Sandro Cretella, con domicilio eletto presso Giuseppe Cosco in Roma, via Anapo, 29;
contro
Comune di Crotone, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Vincenzo Vrenna, con domicilio eletto presso Paolo Monte in Roma, Lungotevere Vittoria N. 10;
nei confronti di
Immobiliare Pizzuti Srl, Pizzuti Real Estate Srl; in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro-tempore, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Calabria - Catanzaro: Sezione I n. 00350/2013, resa tra le parti, concernente piano di lottizzazione - convenzione urbanistica.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Crotone;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 febbraio 2014 il Cons. Nicola Russo e uditi per le parti gli avvocati Verbaro e Vrenna;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
I ricorrenti sono cittadini residenti nel comune di Crotone, proprietari di immobili siti in zona limitrofa a quella interessata dall’atto di pianificazione urbanistica approvato dal Consiglio comunale di Crotone con delibera n. 75 del 23.7.2010.
Con tale delibera il Consiglio comunale approva un piano attuativo ad iniziativa privata, contenente uno schema di convenzione di lottizzazione e una contestuale autorizzazione alla permuta di aree di proprietà comunale.
Con ricorso in primo grado gli odierni appellanti impugnavano detta delibera, proponendo successivamente ricorsi per motivi aggiunti avverso le deliberazioni della Giunta comunale 189/2011, 360/2011, la convenzione urbanistica stipulata tra le ditte lottizzanti ed il Comune ed ulteriori provvedimenti consequenziali.
Con la sentenza ora impugnata il giudice di prime cure dichiarava il ricorso ed i motivi aggiunti inammissibili per difetto di legittimazione dei ricorrenti.
Avverso tale sentenza sono insorti dieci degli originari ricorrenti, proponendo ricorso in appello di fronte a questo Consiglio, con cui hanno chiesto l’annullamento e/o la riforma della sentenza impugnata e l’accoglimento del ricorso, previa sospensione dell’efficacia degli atti impugnati.
Gli appellanti contestano la sentenza di primo grado ritenendo sussistente la loro legittimazione ad agire in virtù del criterio della vicinitas. Nell’atto di appello vengono inoltre riproposti i motivi di ricorso già presenti nel ricorso in primo grado e non esaminati dal T.A.R. in quanto assorbiti nella declaratoria di inammissibilità, ed in particolare: violazione di legge con riferimento alla normativa in materia di Valutazione Ambientale Strategica; travisamento dei fatti con riferimento ai titoli di proprietà delle aree interessate dal piano e violazione delle norme relative alla partecipazione nel procedimento dei proprietari; eccesso di potere per sviamento.
Si è costituito in giudizio il Comune di Crotone, chiedendo a questo Consiglio di dichiarare l’inammissibilità o comunque di rigettare l’appello.
Sono pervenuti tardivamente gli atti di costituzione della Pizzuti Real Estate s.r.l. e della Immobiliare Pizzuti s.r.l.
Con ordinanza n. 4462 del 13.11.2013 questa Sezione ha accolto l’istanza cautelare ai fini della sollecita definizione del merito.
Alla pubblica udienza del 25.2.2014 la causa è stata spedita in decisione.
DIRITTO
Deve in primo luogo esaminarsi la questione relativa alla legittimazione, dal momento che il TAR Calabria ha ritenuto i ricorrenti, odierni appellanti, sforniti di legitimatio ad causam e tale statuizione è stata espressamente censurata con l’appello.
La problematica relativa alla legittimazione dei vicini ad impugnare atti riguardanti il regime urbanistico-edilizio di aree confinanti è stata ed è tuttora oggetto di ampio dibattito giurisprudenziale, sulla quale si è più volte soffermata significativamente anche la giurisprudenza di questa Sezione.
Secondo un preciso orientamento la legittimazione ad impugnare va riconosciuta ai proprietari di fondi confinanti con l’area interessata ad un intervento edilizio in ragione della semplice “vicinitas”, trovandosi il terzo in una situazione di stabile collegamento con la zona interessata dall’edificazione, senza che sia necessario dimostrare ulteriormente la sussistenza di un interesse qualificato alla tutela giurisdizionale, giacchè tale situazione vale a differenziare una posizione di interesse qualificato rispetto al “quisque de populo” (Cons Stato Sez. VI 26 luglio 2001 n.4123; idem 15 giugno 2010 n.3744; Cons. Stato Sez. V 7 maggio 2008 n.2086; Cons. Stato Sez. IV 17 settembre 2012 n.4926; idem 30 novembre 2009 n.7491; 16 marzo 2010 n. 1535; 20 maggio 2004 n. 3263).
Questo arresto giurisprudenziale è stato per il vero più volte integrato e temperato da statuizioni che mettono la vicinitas in più stretta correlazione lalegitimatio ad causam con l’interesse ad agire, affermandosi che la legittimazione attiva sussiste ogni qual volta il progettato intervento urbanistico-edilizio, pur concernente un’area non di appartenenza del ricorrente, incida negativamente sul bene di proprietà o in godimento del vicino sì da comprometterne la fruizione o il valore.
Così, si è detto, occorre che dall’approvazione e dall’esecuzione delle scelte urbanistiche derivi al ricorrente un pregiudizio certo e concreto in relazione ai molteplici aspetti e ai vari interessi costitutivi della sua sfera giuridica (Cons. Stato Sez. IV 24 dicembre 2007 n.6619; 22 giugno 2006 n.3947; idem 10 giugno 2004 n.3755; 5 settembre 2003 n.4980; 9 novembre 2010 n. 8364).
In tali sensi, questa Sezione pur non obliterando il principio della “vicinitas” tout court, ha avuto cura di sottolineare, ai fini del radicamento delle condizioni legittimanti l’azione, la necessità che per i vicini si verifichi uno specifico vulnus alla loro sfera giuridica sub specie della sussistenza di un detrimento economico- patrimoniale comunque derivante per il bene (in tal senso decisione n.8364/2010 già citata).
A fronte dei suindicati “paletti” interpretativi che hanno meritevolmente delimitato la portata della nozione di “vicinitas” quale fattore legittimante l’azione, ritiene pur sempre il Collegio che il caso de quo possa farsi ragionevolmente rientrare nell’ambito della opzione esegetica posta a fondamento del riconoscimento della legitimatio ad agendum
Se è vero infatti che ai fini dell’impugnativa la verifica del vulnus alla propria posizione va effettuata alla stregua di un giudizio che tenga conto della natura e delle dimensioni dell’opera in progettazione, della sua destinazione, delle sue implicazioni urbanistiche, e delle conseguenze prodotte dal nuovo insediamento sulla qualità della vita di coloro che per residenza sono in durevole rapporto con l’area interessata (Cons. Stato sez. IV 31 maggio 2007 n.2849; idem 12 maggio 2009 n. 2908; idem 13 novembre 2012 n. 5715, che ha affermato l’esistenza di un interesse differenziato e qualificato sulla scorta della considerazione per cui in relazione alla prevista ubicazione in situ di un compendio edilizio di una certa consistenza - 14 villette a due piani, quattro ville a due piani e due condomini a tre piani - una cosa è avere di fronte la propria residenza un parco a verde e altra cosa ancora essere fronteggiati da un insediamento residenziale con tutti i consequenziali riflessi in tema di spazi occupati da opere infrastrutturali strumentali all’edificazione, di aumento del carico urbanistico e connesso aumento del traffico veicolare e pedonale, etc.).
Questa Sezione ha valorizzato, in proposito, anche il pregiudizio in tema di sottrazione di visuale, luce ed aria (cfr. dec. n. 5715/2012 cit., che ha ritenuto configurabile nella fattispecie una lesione a godere della veduta - nella specie un parco a verde - considerata dalla giurisprudenza amministrativa posizione giuridica suscettibile di pregiudizio e restaurabile patrimonialmente (Cons. Stato Sez. V 27 marzo 1081 n.113; Sez.VI 15 giugno 2010 n. 3744 già citata).
Rebus sic stantibus, avuto riguardo alle circostanze di fatto che connotano la vicenda in esame e alla luce dei parametri giurisprudenziali fissati insubjecta materia, nel caso di che trattasi appaiono riscontrabili le condizioni legittimanti la proposizione della domanda giudiziale sia sotto il profilo di posizione qualificata (vicinitas) sia sotto l’aspetto del requisito dell’interesse a ricorrere ex art.100 c.p.c.
Gli appellanti, infatti, sono un gruppo di cittadini proprietari e conduttori di unità abitative site in fabbricati che sorgono in area immediatamente prossima a quella in cui dovrà realizzarsi l’intervento approvato con la delibera comunale impugnata. Alcuni di loro fanno parte di un condominio una cui area pertinenziale è ricompresa nel piano attuativo impugnato. Inoltre, le abitazioni degli appellanti, a seguito della realizzazione dell’intervento, verrebbero private della vista del mare.
In base all’orientamento che si ritiene preferibile, dunque, il quale - anche al fine di evitare una proliferazione incontrollata di ricorsi non fondati effettivamente sulla tutela di un interesse qualificato - ritiene la vicinitas condizione necessaria ma da sola non sufficiente a fondare la legittimazione e l'interesse al ricorso (Cons. St., sez. IV, 17 settembre 2012, n. 4924; idem, 13 novembre 2012 n. 5715; idem 13 marzo 2014 n. 1210), nella fattispecie non manca una posizione differenziata in capo agli appellati.
Considerata la ricomprensione nel piano attuativo dell’area pertinenziale del condominio di residenza di alcuni appellanti nonchè il nocumento che può derivare dalla privazione della “vista mare” dalle abitazioni degli appellanti, appare evidente che l’intervento incida sulla proprietà e/o sul godimento dei beni degli appellanti medesimi, potendo comprometterne la fruizione o il valore (Cons. St., sez. IV, 13 novembre 2012, n. 5715).
Tanto premesso, una volta tolta di mezzo la declaratoria di inammissibilità di cui alla sentenza impugnata, occorre scendere ad esaminare il merito delle doglianze, che sono state riproposte nel presente grado in quanto rimaste assorbite in prime cure dalla predetta statuizione di rito.
Gli appellanti sostengono la violazione della normativa ambientale, non essendo stata esperita la Valutazione di Impatto Ambientale (VAS), né la relativa verifica di assoggettabilità.
La censura merita accoglimento con riferimento al mancato esperimento della verifica di assoggettabilità a VAS.
La normativa statale, infatti, prevede il necessario esperimento della verifica di assoggettabilità a VAS con riferimento a piani e programmi che determinano l'uso di piccole aree a livello locale e per le modifiche minori dei piani e dei programmi già sottoposti a VAS (combinato disposto artt. 12 e 6 co. 3 e 3-bis D.lgs. n. 152/2006).
Tale verifica di assoggettabilità avente ad oggetto piccole aree a livello locale o modifiche minori è inoltre prevista dalla normativa regionale (L.R. Calabria n. 19/2002, artt. 20 e 22).
La citata legge regionale è integrata dal regolamento regionale n. 3/2008, che agli allegati A e B, escluderebbe dalla procedura di VAS i piani attuativi che abbiano un’estensione superiore ai 10 ettari.
Tuttavia, anche alla luce della recente sentenza della Corte Costituzionale n. 178/2013, richiamata da parte appellante, tale previsione non può trovare applicazione. La Consulta ha infatti dichiarato l’illegittimità costituzionale di norme regionali che restringono, rispetto alle previsioni della normativa statale, l’ambito di applicazione della procedura di assoggettabilità a VAS in base alle dimensioni quantitative dell’intervento.
La Corte Costituzionale ha ritenuto illegittime tali previsioni regionali, che vanno a compromettere in tale settore un equilibrio definito in sede di legge dello Stato.
Tale principio deve applicarsi anche al caso di specie e deve pertanto disapplicarsi la previsione contenuta nell’allegato A e B del regolamento regionale n. 3/2008.
La Corte Costituzionale ha costantemente affermato che la valutazione ambientale strategica (VAS) e la valutazione di impatto ambientale (VIA) disciplinate dal d.lgs. n. 152 del 2006 in attuazione della direttiva 27 giugno 2001, n. 2001/42/CE, attengono alla materia “tutela dell’ambiente” (sentt. n. 398 del 2006, n. 225 del 2009, n. 221 del 2010, n. 33 del 2011, n. 227 del 2011), di competenza esclusiva dello Stato, e che interventi specifici del legislatore regionale sono ammessi nei soli casi in cui essi, pur intercettando interessi ambientali, risultino espressivi di una competenza propria della Regione. Il significativo spazio aperto alla legge regionale dallo stesso d.lgs. n.152 non può, quindi, giungere fino ad invertire le scelte che il legislatore statale ha adottato in merito alla sottoposizione a VAS di determinati piani e programmi, scelte che in ogni caso sono largamente condizionate dai vincoli derivanti dal diritto dell’Unione. E, invero, ciò che la suddetta normativa ammette è solo un intervento del legislatore regionale ampliativo del livello di protezione accordato agli interessi ambientali “qualora lo richiedano interessi particolari del loro territorio”.
Ora, un piano attuativo, come quello in contestazione, riguarda pur sempre la potestà di pianificazione del territorio e in quanto tale almeno potenzialmente è in grado di dispiegare i propri effetti sul bene ambiente, per cui, in linea di principio non può dirsi sottratto alla possibilità di essere sottoposto a procedura di compatibilità ambientale a mezzo di VAS.
Ora, tale procedura non è stata espletata nel caso di specie, configurandosi pertanto una violazione di legge da sanzionarsi con l’annullamento dei relativi provvedimenti amministrativi di approvazione, in quanto hanno omesso di attivare la procedura di carattere precauzionale e preventivo della VAS, e comunque senza valutare l’assoggettabilità o meno del piano in questione a tale verifica di compatibilità ambientale.
Va rilevato, dunque, a carico delle deliberazioni impugnate il vizio di tipo procedimentale nell’iter di formazione e approvazione del piano di attuazione, costituito dal mancato, previo assoggettamento alla procedura di VAS, fondatamente dedotto dagli originari ricorrenti (attuali appellanti), tenuto conto, come già fatto presente da questo Consiglio (Sez. IV 12 gennaio 2011 n.133 e, più di recente, 17 settembre 2012 n. 4926) che la valutazione ambientale strategica è da identificarsi come un passaggio endoprocedimentale della pianificazione, concretantesi nella espressione di un parere che riflette la verifica di sostenibilità ambientale della pianificazione stessa.
Rimangono assorbite le ulteriori censure mosse da parte appellante.
Le spese del doppio grado seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza gravata, annulla gli atti impugnati in primo grado.
Condanna l’amministrazione appellata al pagamento delle spese, competenze ed onorari del doppio grado di giudizio in favore degli appellanti, liquidate complessivamente in euro 4.000,00, oltre IVA e CPA.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 febbraio 2014 con l'intervento dei magistrati:
Riccardo Virgilio, Presidente
Nicola Russo, Consigliere, Estensore
Raffaele Potenza, Consigliere
Francesca Quadri, Consigliere
Leonardo Spagnoletti, Consigliere
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/06/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)