Cons. Stato Sez. IV sent. 1620 dell’11/4/2007
Urbanistica. Ristrutturazione

Realizzazione di un complesso intervento edilizio, consistente nella ristrutturazione, con riplasmazione di volumi, demolizione e ricostruzione, di due fabbricati: uno recente, originariamente destinato ad autorimessa e ricadente in una cellula edilizia, ed uno classificato di rilevante interesse e ricadente in una diversa cellula edilizia.

 

R E P U B B L I C A I T A L I A N A

N.1620/2007
Reg. Dec.
N. 2576 Reg. Ric.
Anno 2004
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

Sul ricorso in appello n.2576 del 2004 proposto dal Condominio di Via S. Francesco da Paola n.6 in Torino, in persona dell’amministratore, e da Avignone Antonio Giuseppe, rappresentati e difesi dagli avv.ti Andrea Di Porto e Gianfranco Bongioanni ed elettivamente domiciliati presso il primo in Roma, Via Parma n.22;

C O N T R O

Comune di Torino, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Maria Antonietta Caldo, Donatella Spinelli e Massimo Colarizi ed elettivamente domiciliato presso quest’ultimo in Roma, Via Panama n.12;

E N E I C O N F R O N T I D I

Zoppoli & Pulcher Costruzioni Generali S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Fabrizio Gaidano, Carlo Besostri e Mario Contaldi ed elettivamente domiciliata presso quest’ultimo in Roma, Via Pier Luigi da Palestrina n.63;

P E R L’ANNULLAMENTO

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, sez. I, n. 1801/2003 in data 16 dicembre 2003;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Torino e della Zoppoli & Pulcher Costruzioni Generali S.p.A.;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore alla pubblica udienza del 23 gennaio 2007 il Consigliere Carlo Deodato ed uditi, altresì, i difensori delle parti, come da verbale d’udienza;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO

Con la sentenza appellata il T.A.R. del Piemonte respingeva il ricorso proposto dal Condominio di Via S. Francesco di Paola n.6 a Torino (d’ora innanzi Condominio) e da un condomino avverso la concessione edilizia (e la relativa variante) rilasciata dal Comune alla Zoppoli & Pulcher – Costruzioni Generali S.p.A. (d’ora innanzi Zoppoli & Pulcher) ed avente ad oggetto la ristrutturazione con riplasmazione di volumi di un complesso edilizio costituito da un’autorimessa e da un edificio storico, giudicandola immune dai vizi denunciati dai ricorrenti.

Avverso tale decisione proponevano rituale appello questi ultimi, criticando la correttezza delle argomentazioni assunte a sostegno della pronuncia reiettiva gravata, ribadendo la sussistenza dei vizi denunciati a carico dei provvedimenti impugnati in prima istanza e concludendo per l’annullamento di questi ultimi, in riforma della sentenza appellata.

Resistevano il Comune di Torino e la Zoppoli & Pulcher, contestando la fondatezza delle censure dedotte a sostegno dell’appello, difendendo la legittimità dei titoli edilizi controversi e concludendo per la reiezione del ricorso.

Le parti illustravano ulteriormente le loro ragioni mediante il deposito di memorie difensive.

Il ricorso veniva, quindi, trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 23 gennaio 2007.

DIRITTO

1.- Le parti controvertono sulla legittimità dei provvedimenti con i quali il Comune di Torino ha assentito alla Zoppoli & Pulcher la realizzazione di un complesso intervento edilizio, consistente nella ristrutturazione, con riplasmazione di volumi, demolizione e ricostruzione, di due fabbricati: uno recente, originariamente destinato ad autorimessa e ricadente in una cellula edilizia, ed uno classificato di rilevante interesse e ricadente in una diversa cellula edilizia.

Gli appellanti reiterano le doglianze svolte in prima istanza, criticando il convincimento espresso dai primi giudici in merito alla loro infondatezza, ed insistono per l’annullamento dei titoli edilizi gravati, previa riforma della statuizione impugnata.

L’Amministrazione e la società appellate difendono, di contro, la correttezza della pronuncia impugnata, negano la sussistenza delle violazioni denunciate a carico dei provvedimenti controversi e concludono per la reiezione dell’appello.

2.- L’appello è infondato, alla stregua delle considerazioni di seguito svolte, e va, conseguentemente, respinto.

3.- Con un primo gruppo di censure, sorrette da argomentazioni diverse ma riferibili logicamente al medesimo assunto e, quindi, esaminabili congiuntamente, sostengono gli appellanti che l’ubicazione in due cellule edilizie diverse dei fabbricati interessati dall’intervento contestato avrebbe imposto il rilascio di due distinti titoli, obbligato l’Amministrazione ad applicare all’intervento riferito alla singola cellula il solo, pertinente regime edilizio ed impedito, in definitiva, l’utilizzabilità, ai fini della ristrutturazione dell’autorimessa, della superficie lorda di pavimento (SLP) ricavata dall’intervento sull’edificio storico.

Tale ordine di argomentazioni postula logicamente la premessa, sulla quale, a ben vedere, si sostiene l’iniziativa giudiziaria del Condominio, della incomunicabilità delle cellule edilizie e della loro esclusiva soggezione al pertinente regime costruttivo, con il corollario della illegittimità dell’assenso riferito ad un progetto unitario e che consenta la realizzazione di volumi e superfici calcolati sulla base della SLP disponibile in entrambe le cellule, anziché, come doveroso (secondo gli appellanti), sulla base di quella utilizzabile in ciascuna di esse.

3.1- La fondatezza della tesi appena riferita dev’essere (evidentemente) scrutinata alla stregua della disciplina edilizia comunale che si occupa di regolare proprio il regime costruttivo delle cellule edilizie.

3.2- In coerenza con tale metodo d’indagine, si deve, allora, rilevare che, non solo la disciplina di riferimento non vieta interventi costruttivi che interessino più cellule, ma, al contrario, ammette espressamente progetti che riguardino più cellule confinanti (art.10, comma 42, delle N.U.E.A.), esigendo solo, in questo caso, uno studio d’insieme, e consente, in ogni caso, all’interno dei cortili il recupero mediante demolizione (tra l’altro) di autorimesse recenti e loro ristrutturazione “entro i limiti della quantità di SLP esistente”, senza distinguere, in proposito, il caso in cui i fabbricati da demolire, ricadenti nello stesso cortile, risultino ubicati in due cellule distinte (art.10, comma 26, delle N.U.E.A.).

Dall’analisi delle prescrizioni appena riportate si ricava, quindi, che il regime positivo della fattispecie controversa riconosce espressamente e, comunque, chiaramente l’assentibilità, nell’ambito di un unico procedimento, di interventi che interessino cellule confinanti, nonchè la computabilità, ai fini del progetto unitario, della SLP ricavata dalla demolizione di fabbricati ricadenti in diverse cellule (fermo restando, ovviamente, il limite massimo della SLP complessivamente disponibile).

3.3- Le conclusioni appena raggiunte consentono, dunque, di rilevare l’infondatezza di tutti gli argomenti intesi a denunciare la violazione della disciplina edilizia di riferimento e basati sull’assunto della incomunicabilità delle due cellule in questione e della loro esclusiva soggezione al regime costruttivo ad esse singolarmente riferibile.

Ne consegue che vanno disattese le censure con cui si deduce la necessità del rilascio di due distinti titoli edilizi (per la ristrutturazione dei due fabbricati in questione) e la violazione delle prescrizioni del P.R.G. riferite al rispetto della SLP effettivamente e concretamente disponibile.

3.4- In ordine a quest’ultima questione, occorre, ancora, chiarire che i vincoli riferiti ai volumi ed alle superfici utilizzabili vanno riferiti alla zona (da valersi quale unico parametro urbanistico rilevante, ai fini che qui interessano) e non alla cellula (da valersi solo quale unità progettuale minima), sicché la verifica circa il rispetto degli indici di fabbricabilità va compiuta con riguardo alla SLP ricavata dal complessivo intervento di ristrutturazione (comprensivo, cioè, dell’autorimessa e dell’edificio storico) e non con esclusivo riguardo (come vorrebbero gli appellanti) a quella riferita alla singola cellula.

Sulla base di tali premesse, si deve, allora, rilevare, per un verso, che, secondo i calcoli ricavabili dagli elaborati progettuali (e non smentiti da contrarie allegazioni probatorie), la SLP complessivamente utilizzata nell’intervento controverso (calcolata senza il computo della superficie dell’autorimessa, che, secondo l’art.2, comma 11, delle N.U.E.A. non costituisce SLP) è inferiore a quella resasi disponibile per effetto della demolizione del complesso edilizio originario e, per un altro, che la prescritta indisponibilità della superficie dell’autorimessa non impediva il recupero di quest’ultimo fabbricato, con riplasmazione dei volumi, mediante l’utilizzo (non vietato da alcuna disposizione regolamentare) della SLP ricavata dalla ristrutturazione di un edificio ubicato in una cellula confinante, restando, così, confermata la conformità dei titoli edilizi contestati alle prescrizioni edilizie di riferimento.

4.- Così riscontrata la coerenza degli assensi edilizi gravati in primo grado alla disciplina regolamentare ad essi applicabile, occorre procedere all’esame dei motivi di ricorso intesi a denunciare violazioni formali o procedimentali.

4.1- Va, anzitutto, disattesa la censura con la quale si sostiene l’inosservanza dell’obbligo motivazionale, posto che, come correttamente rilevato in prima istanza, una volta accertata in sede istruttoria, come nel caso di specie (si veda il tenore delle relazioni tecniche prodotte dal Comune in primo grado e richiamate nelle premesse dei provvedimenti impugnati), la conformità del progetto alle prescrizioni di riferimento, la concessione edilizia non necessita di alcuna ulteriore motivazione (cfr. ex multis Cons. St., sez. IV, 30 giugno 2005, n.3539).

4.2- In ordine, poi, all’asserita violazione del dovere di imparzialità (sintomatica del denunciato vizio di eccesso di potere) individuata nel rilascio della concessione in variante e consistente, secondo la prospettazione dei ricorrenti, nell’incontrollato ed incondizionato assenso a successive e ripetute integrazioni del progetto originario, è sufficiente osservare che, in difetto di diversi e puntuali indici rivelatori di uno sviamento di potere, il mero fatto del rilascio di un permesso alla modifica dell’intervento inizialmente assentito (che costituisce un evento fisiologico e comune nell’esercizio della funzione amministrativa in questione) non integra in alcun modo l’inosservanza dei doveri di trasparenza e correttezza nell’espletamento della potestà autorizzatoria nella specie scrutinata.

5.- Con l’ultimo motivo di appello si insiste nel sostenere l’illegittimità della concessione in variante, là dove consente, in presunta violazione degli artt. 8 nn.19 e 24 del P.R.G. e 5 nn.18 e 19 dell’allegato tecnico, la realizzazione del parcheggio al piano terreno, anziché nel sottosuolo.

5.1- Anche tale censura si rivela infondata.

5.2- Mentre, infatti, gli appellanti negano l’applicabilità al caso di specie delle prescrizioni regolamentari che consentono nel centro storico, in via eccezionale, la realizzazione di parcheggi al piano terreno per i soli edifici esistenti, sulla base dell’erroneo presupposto che il fabbricato in questione non possa qualificarsi tale, in realtà l’intervento di recupero e di ristrutturazione dell’autorimessa con riplasmazione dei volumi impone, ai fini che qui interessano, la classificazione dell’edificio assentito come esistente e non come nuovo (risultando realizzato mediante l’utilizzo di volumi e superfici già esistenti e non consentiti ex novo).

6.- Alle considerazioni che precedono conseguono la reiezione dell’appello e la conferma della statuizione gravata.

7.- Alla soccombenza consegue, infine, la condanna dei ricorrenti, in solido tra loro, alla rifusione in favore delle parti appellate delle spese processuali, nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, respinge il ricorso indicato in epigrafe e condanna gli appellanti, in solido tra loro, a rifondere al Comune di Torino ed alla Zoppoli & Pulcher le spese di questo grado di giudizio, che liquida in complessivi Euro 3.500,00 in favore di ciascuna parte;

ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 23 gennaio 2007, con l'intervento dei signori:

Paolo Salvatore - Presidente
Vito Poli - Consigliere
Anna Leoni - Consigliere

Carlo Deodato - Consigliere Estensore

Salvatore Cacace - Consigliere

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

Carlo Deodato Paolo Salvatore

IL SEGRETARIO
Rosario Giorgio Carnabuci

Depositata in Segreteria

Il 11/04/2007….

(Art. 55, L. 27.4.1982, n. 186)

Il Dirigente

Dott. Antonio Serrao