Consiglio di Stato Sez. IV n. 4516 del 27 settembre 2017
Urbanistica. Inappicabilità del silenzio-assenso sulle istanze di titoli edili nei centri storici

L’art. 20, co. 8 DPR n. 380/2001 e, più in generale, l’art. 20, co. 4, l. n. 241/1990, nell’escludere dalla formazione del silenzio assenso gli atti ed i procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, ovvero ove sussistano vincoli (tra gli altri) culturali e/o paesaggistici, non intendono riferirsi ai soli casi in cui sussistano vincoli specifici, riguardanti un determinato immobile ovvero una parte di territorio, puntualmente individuati per il loro valore storico, artistico o paesaggistico con puntuali atti della pubblica amministrazione, ma si riferiscono, più in generale, a tutte le ipotesi in cui siano presenti, nell’ordinamento realtà accertate come riconducibili, anche in via generale, al patrimonio culturale e/o paesaggistico. Devono, dunque, ritenersi ricomprese nei casi per i quali è esclusa la formazione del silenzio assenso, le domande volte ad ottenere titoli edilizi relativi ad immobili situati in zona A del territorio comunale, posto che tale zona, ai sensi dell’art. 2 D.M. n. 1444/1968 è quella costituente parte del territorio interessata “da agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi, comprese le aree circostanti, che possono considerarsi parte integrante, per tali caratteristiche, degli agglomerati stessi" (segnalazione e massima Avv. M. BALLETTA).

Pubblicato il 27/09/2017

N. 04516/2017REG.PROV.COLL.

N. 03131/2017 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3131 del 2017, proposto da:
Fedele Fernando e Fedele Angelo, rappresentati e difesi dagli avvocati Roberto Palmisano, Mariagabriella Spata, con domicilio eletto presso lo studio Marco Gardin in Roma, via Laura Mantegazza, 24;

contro

Comune di Francavilla Fontana, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Giovanni Pesce, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Bocca di Leone 78;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. PUGLIA - SEZ. STACCATA DI LECCE: SEZ. I, n. 00393/2017, resa tra le parti, concernente diniego di permesso di costruire



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Francavilla Fontana;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 15 giugno 2017 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati Spata e Pesce;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

1. Con l’appello in esame, i signori Fernando e Angelo Fedele impugnano la sentenza 9 marzo 2017 n. 393, con la quale il TAR per la Puglia, sez. I della sezione staccata di Lecce, ha rigettato il ricorso proposto avverso il provvedimento 11 maggio 2016, con il quale il Dirigente dell’Ufficio tecnico comunale del Comune di Francavilla Fontana ha negato il rilascio del permesso di costruire per una ristrutturazione edilizia.

La sentenza impugnata afferma, in particolare:

- l’immobile oggetto della istanza di permesso di costruire ricade in zona omogenea A, centro storico, e dunque è soggetto a vincolo ex art. 136, co. 1, lett. c), d. lgs. n. 42/2004, il che esclude che sulla istanza possa formarsi il silenzio – assenso;

- al fine dell’attuazione degli interventi di ristrutturazione, allorchè si tratti di edifici rollati o demoliti, è necessario procedere a preventivo accertamento della preesistente consistenza dell’immobile;

- nel caso di specie, “il diniego si è fondato, tra l’altro, sulla impossibilità di definire la reale consistenza del manufatto”; né possono essere considerati rilevanti a tal fine atti di compravendita risalenti nel tempo ovvero gli estremi catastali degli immobili, né il ricorrente ha allegato, anche in giudizio,”alcuna fotografia attestante lo stato attuale dell’immobile”, di modo che “non solo la preesistente, ma anche l’attuale sagoma dell’immobile in esame deve ritenersi elemento del tutto generico e fumoso, e soprattutto giammai provato dal ricorrente”;

- ne consegue che “in difetto di uno specifico requisito richiesto ai fini della ristrutturazione edilizia (individuazione della sagoma dell’edificio preesistente), del tutto legittimamente l’amministrazione ha negato il rilascio del richiesto atto abilitativo”.

Avverso tale decisione vengono proposti i seguenti motivi di appello:

a) erronea valutazione ed interpretazione degli artt. 20 DPR n. 380/2001 e 136 d. lgs. n. 42/2004, nonché di generali principi; omessa valutazione della documentazione prodotta; erronea valutazione dei fatti e dei presupposti; ciò in quanto, nel caso di specie, si è formato il silenzio assenso, poiché “un immobile, sol perché ricadente nel centro storico, non può ritenersi automaticamente vincolato”;

b) omessa valutazione della documentazione prodotta; erroneità e falsità dei presupposti; errata valutazione della censura; poiché “gli appellanti in I grado hanno prodotto copiosa documentazione fotografica attestante sia lo stato attuale, sia quello preesistente dell’immobile” (v. elenco a pag. 11 appello), tale da smentire la sentenza impugnata, rendendo evidente l’“omissione dell’esame dell’ampia documentazione prodotta”. In particolare, il difetto di istruttoria ha determinato che l’intervento richiesto sia stato ritenuto di “ricostruzione”, laddove si tratta di “progetto di riqualificazione storico-ambientale e di ristrutturazione edilizia”. Inoltre, l’immobile di proprietà degli appellanti non è (come invece è stato qualificato) un “rudere”, né un “manufatto ormai inesistente”, ma “esiste in loco nella sua integrale consistenza e presenta tutti i suoi essenziali elementi strutturali, essendo dotato di murature perimetrali, murature interne, strutture orizzontali e copertura (solaio in latero - cemento attualmente calpestabile)”;

c) omesso esame e valutazione di censura proposta in I grado (eccesso di potere per illogicità, irrazionalità e contraddittorietà; violazione del principio di buona amministrazione); ciò in quanto, in un primo momento, il diniego è stato motivato con riferimento al parere negativo della competente Soprintendenza, ma non è stato affatto valutato il parere positivo successivamente rilasciato dalla stessa.

Si è costituito in giudizio il Comune di Francavilla Fontana, che ha comunque concluso per il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza.

All’udienza in camera di consiglio per la trattazione della richiesta misura cautelare, il Collegio, ritenuti sussistenti i presupposti di cui all’art. 60 Cpa, ha trattenuto la causa in decisione per il merito.

DIRITTO

2. L’appello è fondato, in relazione al secondo motivo proposto, concernente, in sostanza, il lamentato vizio di difetto di istruttoria nel procedimento conclusosi con il diniego di permesso di costruire.

2.1. Occorre, innanzi tutto, osservare che è invece infondato, e deve essere pertanto respinto, il primo motivo di appello, riferito alla presunta, intervenuta formazione del silenzio assenso sulla domanda di permesso di costruire.

Come è noto, l’art. 20 DPR n. 380/2001, nel prevedere (co. 8) che “decorso inutilmente il termine per l’adozione del provvedimento conclusivo, ove il dirigente o il responsabile dell’ufficio non abbia opposto motivato diniego, sulla domanda di permesso di costruire si intende formato il silenzio assenso”, esclude espressamente “i casi in cui sussistono vincoli relativi all’assetto idrogeologico, ambientali, paesaggistici o culturali”.

Tale disposizione, peraltro, è coerente con quanto previsto, in linea generale, dall’art. 20 della l. n. 241/1990, che esclude l’applicazione dell’istituto del silenzio assenso, tra l’altro e per quel che interessa nella presente sede, agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico.

In sostanza, l’art. 20, co. 8 DPR n. 380/2001 e, più in generale, l’art. 20, co. 4, l. n. 241/1990, nell’escludere dalla formazione del silenzio assenso gli atti ed i procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, ovvero ove sussistano vincoli (tra gli altri) culturali e/o paesaggistici, non intendono riferirsi ai soli casi in cui sussistano vincoli specifici, riguardanti un determinato immobile ovvero una parte di territorio, puntualmente individuati per il loro valore storico, artistico o paesaggistico con puntuali atti della pubblica amministrazione, ma si riferiscono, più in generale, a tutte le ipotesi in cui siano presenti, nell’ordinamento realtà accertate come riconducibili, anche in via generale, al patrimonio culturale e/o paesaggistico.

Devono, dunque, ritenersi ricomprese nei casi per i quali è esclusa la formazione del silenzio assenso, le domande volte ad ottenere titoli edilizi relativi ad immobili situati in zona A del territorio comunale, posto che tale zona, ai sensi dell’art. 2 D.M. n. 1444/1968 è quella costituente parte del territorio interessata “da agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi, comprese le aree circostanti, che possono considerarsi parte integrante, per tali caratteristiche, degli agglomerati stessi”.

Nel caso di specie, l’immobile oggetto di domanda di permesso di costruire, per dichiarazione degli stessi appellanti (v. pag. 2 appello) è situato nel centro storico (zona A) del Comune di Francavilla Fontana e risale all’inizio del 1900.

Da ciò consegue che, in relazione alle istanze volte al rilascio di titolo autorizzatorio edilizio concernenti lo stesso, non può formarsi il silenzio assenso, attesa la tutela cui l’immobile è sottoposto, anche ai sensi dell’art. 136, co. 1, lett. c), d. lgs. n. 42/2004..

2.2. Come si è detto, risulta fondato il secondo motivo di appello, posto che il Comune avrebbe dovuto più approfonditamente considerare la documentazione fornita dagli appellanti (comprensiva di planimetrie e di documentazione fotografica), al fine di stabilire la consistenza del fabbricato in ordine al quale era stato richiesto il titolo edilizio.

Ciò non significa che incombe sulla Pubblica Amministrazione l’onere di comprovare detta consistenza (ponendosi tale onere, come è evidente, a carico dell’istante), ma, al tempo stesso, non risulta coerente con la tutela delle facultates agendi del proprietario e con le disposizioni in tema di ristrutturazione edilizia (art. 3, lett. c), DPR n. 380/2001), il diniego di una istanza volta ad ottenere il permesso di costruire per ristrutturazione edilizia attesa la “impossibilità” di definire la preesistente consistenza del manufatto.

E ciò in presenza, come nel caso di specie, di riscontro dell’esistenza del fabbricato in catasto, di atti di compravendita del medesimo e di una pluralità di rilievi fotografici, che possono condurre, anche in via deduttiva, a stabilire la più volte citata consistenza (anche in misura inferiore, ma comprovabile, rispetto a quanto assunto dagli interessati, ovvero optando, in presenza di più risultati possibili, motivatamente per quello più restrittivo).

Nel caso di specie, dunque, a fronte della documentazione prodotta dagli interessati (in atti, ed esibita anche nel giudizio di I grado: v. attestazione del 14 marzo 2017), non può condividersi la sentenza impugnata, laddove essa assume un difetto di allegazione probatoria, anche in giudizio, da parte dei ricorrenti.

Al contrario, deve concludersi per la sussistenza del vizio di difetto di istruttoria nel quale è incorsa l’amministrazione e che rende illegittimo il diniego del permesso di costruire.

2.3. Alla luce di quanto esposto, l’appello deve essere accolto, con riferimento al secondo motivo di impugnazione (sub lett. b) dell’esposizione in fatto), il che dispensa il Collegio dall’esame dell’ulteriore motivo di appello proposto.

Di conseguenza, in riforma della sentenza impugnata, deve essere accolto il ricorso instaurativo del giudizio di I grado, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato.

Resta fermo il potere dell’amministrazione di esaminare compiutamente la domanda di permesso di costruire a suo tempo presentata, onde verificare l’effettiva e preesistente consistenza dell’immobile oggetto della domanda di permesso di costruire, nonché ogni potere della medesima in ordine alle determinazioni da assumere nel caso di specie, alla luce delle disposizioni urbanistiche ed edilizie ad esso applicabili.

Stante la natura e particolarità del caso trattato, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese ed onorari del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta),

definitivamente pronunciando sull’appello proposto da Fedele Fernando e Fedele Angelo (n. 3131/2017 r.g.), lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso instaurativo del giudizio di I grado, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato.

Compensa tra le parti spese ed onorari di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 giugno 2017 con l'intervento dei magistrati:

Paolo Troiano, Presidente

Oberdan Forlenza, Consigliere, Estensore

Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere

Leonardo Spagnoletti, Consigliere

Nicola D'Angelo, Consigliere

 
        

 
        

L'ESTENSORE
        

IL PRESIDENTE

Oberdan Forlenza
        

Paolo Troiano