Consiglio di Stato Sez. II n. 1474 del 21 febbraio 2025
Urbanistica.Decorrenza del termine per l’impugnazione di una concessione edilizia

Il principio secondo cui, ai fini della decorrenza del termine per l’impugnazione di una concessione edilizia da parte di un proprietario di immobile limitrofo occorre la piena conoscenza della stessa, che si verifica con la consapevolezza del suo contenuto specifico o del progetto edilizio ovvero quando la costruzione realizzata rivela in modo certo e univoco le essenziali caratteristiche dell’opera, va applicato tenendo conto della singola fattispecie, e ciò a valere sia per le impugnative dei titoli “ordinari”, che delle sanatorie, quale che ne sia la relativa tipologia. 

Pubblicato il 21/02/2025

N. 01474/2025REG.PROV.COLL.

N. 05761/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5761 del 2022, proposto dalla Società Immobiliare G. & B. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonio Belvedere, Andrea Manzi, Francesco Boetto e Matteo Peverati, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Andrea Manzi in Roma, via Alberico II, n. 33;

contro

il Comune di Milano, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Maria Lodovica Bognetti, Paola Cozzi, Giuseppe Lepore, Antonello Mandarano, Alessandra Montagnani Amendolea, Anna Maria Pavin, Maria Giulia Schiavelli e Elena Maria Ferradini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Giuseppe Lepore in Roma, via Polibio n. 15;

nei confronti

dei signori Stefano Di Stefano, Giuseppe Scarano e Elena Maria Rosa Vitaloni e della Società Tecnilens s.r.l., rappresentati e difesi dall’avvocato Claudio Linzola, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Milano, Sezione Seconda, 10 maggio 2022, n. 1069, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Milano, dei signori Stefano Di Stefano, Giuseppe Scarano e Elena Maria Rosa Vitaloni e della Società Tecnilens s.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 4 febbraio 2025, il Cons. Antonella Manzione e uditi per le parti gli avvocati Gianluca Calderara, in sostituzione dell’avvocato Andrea Manzi, Maria Romana Ciliutti, in sostituzione dell’avvocato Giuseppe Lepore e Claudio Linzola;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.Oggetto della controversia è la sanatoria rilasciata in data 10 aprile 2013 (n. 308) al signor Stefano Di Stefano, nella sua qualità di comproprietario e amministratore della società Tecnilens s.r.l., per la realizzazione di una tettoia aperta su tre lati, qualificata come “suono insonorizzante”, nell’area cortilizia di un locale di pubblico trattenimento all’insegna “Garden Gate”, esercitabile da solo o congiuntamente ad altra area del medesimo fabbricato, all’insegna “Black Hole”.

2. La società Immobiliare G. & B. s.r.l., già proprietaria del compendio immobiliare a confine, ubicato in viale Umbria, nn. 128/130 a Milano, chiede la riforma della sentenza segnata in epigrafe che ha dichiarato irricevibile il suo ricorso per l’annullamento di ridetto permesso di costruire in sanatoria.

2.1. In maggior dettaglio, il titolo edilizio in questione aveva ad oggetto la realizzazione di «una tettoia di n. 4 lati a copertura parziale dell’area cortilizia libera nella parte retrostante del lotto, resa nuda a seguito della demolizione dei fabbricati pre-esistenti avvenuta presumibilmente intorno all’anno 2000 per la realizzazione del sottostante passante ferroviario». La tettoia concessa, aperta su 3 lati, occupava una superficie di circa mq. 400 ».

3. Il T.a.r. per la Lombardia, dopo avere ricostruito il quadro giurisprudenziale in materia di decorrenza dei termini per l’impugnativa delle sanatorie, ha ritenuto il ricorso tardivo, in quanto «Nel caso in esame, anche in considerazione della presenza di numerosi contenziosi tra le due proprietà (definiti con sent. nn. 2060/20 e 1039/21 – […]), di istanze di accesso e di solleciti rivolti al Comune perché intervenisse per verificare eventuali abusi (cfr. sentenza di questa Sezione n.485/2022), appare evidente che la società ricorrente avesse avuto contezza dell’esistenza delle opere, quanto meno già quando ha presentato la domanda di permesso di costruire», ovvero il 6 febbraio 2018. Per contro, non ha ritenuto di dare alcun sostanziale rilievo alle richieste di accesso agli atti presentate in data 28 maggio 2019 e 27 settembre 2019, ma evase dal Comune di Milano solo in data 28 gennaio 2020, come preteso dalla Società (v. Cons. Stato, sez. II, 26 giugno 2019, n. 1390; sez. IV, 23 maggio 2018, n. 3075).

4. La Immobiliare G. & B. s.r.l. contesta tale declaratoria di irricevibilità ritenendola frutto di motivazione erronea, illogica, contraddittoria e incoerente, nonché adottata in violazione dell’art. 115 c.p.c., non essendo stati valutati, ovvero essendo stati valutati male, i presupposti di fatto e di diritto invocati per individuare il dies a quo dell’impugnativa (motivo sub 1). La Società, infatti, non avrebbe potuto in alcun modo evidenziare i profili di illegittimità del titolo impugnato fino al momento in cui non ne ha avuto la disponibilità, ovvero a seguito di riscontro alla propria richiesta di accesso agli atti (v. Cons. Stato, sez. IV, 10 settembre 2018, n. 5307);

4.1. Ripropone quindi le censure di cui al ricorso di primo grado (motivo sub 2), non esaminate dal T.a.r. per la Lombardia, e segnatamente:

a) violazione dell’art. 3 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e dell’art. 64 del Regolamento edilizio del Comune di Milano approvato con deliberazione del Consiglio comunale n. 81 del 20 luglio 1999, avendo il Comune stesso assentito un intervento chiaramente esorbitante rispetto alla dichiarata tipologia di manutenzione straordinaria;

b) violazione e falsa applicazione degli artt. 36 e 37 del medesimo d.P.R. n. 380 del 2001, nonché degli artt. 87 e 88 del Regolamento edilizio e dell’art. 46 delle N.T.A. del P.R.G. e eccesso di potere sub specie di carenza dei presupposti, travisamento dei fatti e carenza di istruttoria, per non avere rilevato la mancanza del requisito della doppia conformità, nel caso di specie insussistente giusta il regime edificatorio riveniente dalle disposizioni richiamate (tanto al momento della realizzazione dell’intervento -insistendo lo stesso nella zona omogenea “B1”, con destinazione funzionale “M/S”, invece che “M”, come indicato nell’istanza- che all’atto della presentazione della richiesta, in quanto l’area di cui si tratta non è menzionata nell’allegato “C” delle N.T.A. del P.R.G.);

c) violazione dell’art. 5 del d.P.R. n. 380/2001 e dell’art. 3 del d.P.R. 1° agosto 2011, n. 151, in quanto il progetto non sarebbe stato sottoposto al preventivo parere del competente Comando dei vigili del fuoco, benché il locale realizzato sia utilizzato per lo svolgimento di attività di discoteca;

d) violazione dell’art. 5 del d.P.R. n. 380 del 2001 sotto ulteriore profilo, ovvero per la mancata acquisizione anche del parere della Azienda sanitaria locale (A.S.L.), richiesto dal comma 3, lett. a), della norma, nella versione vigente ratione temporis, non essendo sufficiente al riguardo il parere reso in data 11 giugno 2010, in quanto non contenente lo stato di fatto, sì da consentirne la verifica di rispondenza a quello realmente sussistente.

5. Si costituivano in giudizio sia il Comune di Milano, che i signori Scarano, Vitaloni e Di Stefano, quest’ultimo anche in qualità di amministratore della Società Tecnilens s.r.l., tutti proprietari del complesso immobiliare con riferimento al quale era stata rilasciata la sanatoria impugnata.

5.1. In particolare la difesa civica riproponeva con memoria le eccezioni, ulteriori rispetto a quella di tardività formulata in primo grado e positivamente esaminata dal Giudice, che non sono state scrutinate dalla stessa sentenza, perché ritenute assorbite nella irricevibilità. A suo dire la società Immobiliare G. & B. s.r.l. non era titolare di interesse ad agire, in quanto lo stato dei luoghi al momento della proposizione del ricorso non corrispondeva più a quello assentito: in data 7 febbraio 2022, infatti, il Comune di Milano ha adottato ordinanza di ingiunzione a demolire quanto ivi realizzato in ampliamento con s.c.i.a. del 2013 e s.c.i.a. in variante del 2015, avendo riscontrato la differenza tra quanto realizzato e quanto assentibile sulla base dei procedimenti dichiarativi de quibus. Tale ingiunzione a demolire è stata oggetto di impugnativa da parte della società Tecnilens s.r.l. (ricorso al T.a.r. per la Lombardia n.r.g. 355/2022, come meglio chiarito nel prosieguo definitivamente risolto a sfavore della stessa).

5.2. Seguivano memorie di tutte le parti e repliche della Immobiliare G. & B. s.r.l. e dei controinteressati.

5.2.1. I signori Di Stefano, Vitaloni e Scarano e la società Tecnilens s.r.l., oltre a controdedurre nel merito alle argomentazioni dell’appellante, riproponevano a loro volta eccezioni già dedotte e non valutate in primo grado, come di seguito sintetizzate:

- inammissibilità del ricorso di primo grado non avendo la Società ricorrente prodotto alcun titolo di proprietà legittimante la condizione dell’azione dell’interesse ad agire, dato che a distanza di anni l’edificio della stessa è stato completato e gli appartamenti di cui si compone sono stati venduti a terzi;

- in generale comunque a parte la vicinitas non sarebbe stato evidenziato il nocumento aggiuntivo astrattamente riveniente da un titolo edilizio riferito ad opere interne della proprietà viciniore.

5.2.2. Il Comune di Milano invece nel richiamare gli esiti sfavorevoli ai controinteressati del contenzioso avverso l’ingiunzione a demolire del 2022 (Cons. Stato, sez. II, 31 ottobre 2023, n. 9814, la revocazione avverso la quale è stata dichiarata inammissibile con sentenza della medesima sez. II, 10 dicembre 2024, n. 9948), insisteva per l’inammissibilità del ricorso di primo grado, e ora dell’appello, pur ribadendo la legittimità del permesso in sanatoria n. 308 del 2013 per le opere di manutenzione straordinaria ivi descritte.

5.2.3. Su tale evoluzione del contenzioso tra le parti, i controinteressati intendevano puntualizzare l’oggetto dell’ordinanza di demolizione del 2022, a loro dire riferito alle sole opere di cui alle s.c.i.a in sanatoria del 2013 e 2015, con le quali si era inteso avallare l’incremento dell’estensione della preesistente tettoia, destinata e dichiarata, sin dal 2012 (permesso di costruire n. 682255 del 25 ottobre 2012), ad attività di trattenimento e svago, già oggetto nella parte originaria, aperta su tre lati, del permesso in sanatoria di cui è causa. L’Immobiliare G. & B. s.r.l., a sua volta, ribadiva la persistenza del proprio interesse alla decisione ai fini se non altro della soccombenza virtuale per ottenere la condanna di controparti alle spese, pur riconoscendo che «in effetti l’ingiunzione a demolire del 7 febbraio 2022 astrattamente “supera” il permesso di costruire in sanatoria oggetto dell’odierna controversia, in quanto riferito al generalizzato ripristino dello stato dei luoghi», implicando quindi la demolizione dell’intera struttura denominata “Garden Gate”.

6. Alla pubblica udienza del 4 febbraio 2025, esaurita la discussione orale, la causa passava in decisione.

7. Il Collegio ritiene il ricorso di primo grado irricevibile per tardività, come affermato dal T.a.r. per la Lombardia. Quanto detto assumendo quale momento di conoscenza ovvero di potenziale conoscenza della sanatoria, risalente al 10 aprile 2013, la presentazione del progetto a corredo dell’istanza di permesso di costruire avanzata dall’Immobiliare G. & B. s.r.l. in dato 6 febbraio 2018, preso atto che il gravame è stato notificato il 18 maggio 2020 (e depositato il 4 giugno 2020).

7.1. L’infondatezza dell’appello consente di assorbire nella stessa lo scrutinio delle censure di inammissibilità a vario titolo proposte sia dall’Amministrazione appellata che dai controinteressati.

8. Va altresì precisato come esuli dal perimetro dell’odierna decisione l’esatta portata dell’ordinanza di ingiunzione a demolire del 4 febbraio 2022, ovvero se nel richiamo generico al «fabbricato» denominato “Garden Gate”, oggetto di -indebito- accatastamento come Unità immobiliare in categoria D/3, identificata al foglio 442, mappale 339, subalterno 701, vada ricompresa anche la tettoia aperta su tre lati di cui alla sanatoria n. 308 del 2013.

Ciò alla luce del ribadito interesse alla decisione da parte dell’appellante, che peraltro nell’evocare l’atto de quo ne richiama la portata dirimente solo «in astratto», insistendo per la decisione di merito, «quantomeno» al fine di una pronuncia di favore sulle spese. In egual misura il Comune di Milano, competente in concreto a dare esecuzione alla misura sanzionatoria adottata, da un lato rivendica l’avvenuto superamento dell’intera problematica giusta l’avvenuta verifica degli interventi realizzati «successivamente al rilascio del permesso di costruire n. 308/2013, qui impugnato», dall’altro ribadisce che quest’ultimo «è stato legittimamente emesso e ha ad oggetto le opere di manutenzione straordinaria ivi descritte» (v. le rispettive memorie versate in atti il 3 gennaio 2025).

9. Punto essenziale della vicenda, che costituisce peraltro il segmento terminale di una pluralità di contenziosi già intercorsi tra le medesime parti sempre in relazione agli interventi edilizi reciprocamente posti in essere sui fabbricati di proprietà ubicati a confine, dei quali quello dei controinteressati destinato da tempo a discoteca, è la tempestività del ricorso presentato dalla Immobiliare G. & B. s.r.l. avverso un provvedimento di sanatoria risalente a diversi anni or sono.

10. Come correttamente ricostruito dal T.a.r. per la Lombardia, la tematica della decorrenza del termine per l’impugnativa dei titoli edilizi, è stata oggetto di plurime pronunce del giudice amministrativo, in particolare per adattare il concetto di “conoscenza piena” del contenuto dei provvedimenti osteggiati alle peculiarità della materia e segnatamente alla eccezionalità dell’istituto del condono o alla specialità di quello della sanatoria ordinaria. La diversità di approccio e gli adattamenti che via via sono stati proposti dalla giurisprudenza, conseguono alla ragione logica, prima ancora che giuridica, che mentre un’edificazione ex novo cade da subito sotto la percezione dei sensi e può essere rilevata empiricamente nella sua consistenza – oltre che ricondotta ad un titolo sulla base della cartellonistica di cantiere – lo stesso non è a dirsi per quella che già c’è, magari da tempo immemorabile. In caso di sanatoria “ordinaria”, peraltro, che per regola consegue all’avvenuta accertamento di un abuso edilizio e alla pendenza dei termini del procedimento sanzionatorio, si è affermato che la differenza di regime giuridico va ravvisata anche nella circostanza che non può pretendersi dal terzo, quand’anche denunciante il potenziale illecito, un’interlocuzione continuativa con gli uffici comunali per avere contezza dell’avvenuto rilascio del titolo postumo.

11. In generale, dunque, l’impugnativa di un titolo “ordinario”, salvo lo si contesti in toto, giusta la realizzazione dell’intervento, ad esempio, in zona a inedificabilità assoluta, ovvero in violazione delle regole sulle distanze, ovvero comunque in presenza di situazioni manifeste che secondo l’ id quod plerumque accidit stimolano un’immediata reazione del soggetto leso, salva ovviamente la tutela civilistica ex art. 872 c.c., viene correlata alla possibilità, attraverso la visione dello stato di avanzamento dei lavori, di percepirne la contrarietà con il regime urbanistico ed edilizio vigente nel territorio di riferimento. Il termine per impugnare i provvedimenti autorizzativi di interventi edilizi, viene invece fatto decorrere dal momento in cui le opere realizzate rivelano, in modo certo ed univoco, le loro caratteristiche e, quindi, l’entità delle violazioni urbanistiche e della lesione eventualmente derivante dal provvedimento al ricorrente medesimo qualora si controverta dell’esatta dimensione, consistenza o finalità, dell’erigendo manufatto, mettendone in dubbio, appunto, le modalità di realizzazione non in quanto tali – sicché si verserebbe in una fattispecie di abuso suscettibile di denuncia in quanto l’intervento è stato realizzato per così dire praeter actum – ma in quanto erroneamente assentite dal titolo di legittimazione di cui dunque si intende dolersi (v. ex multis Cons. Stato, sez. II, 1° agosto 2019, n. 5462; sez. IV, 27 giugno 2023, n. 6267).

12. Ciò non può valere in relazione a un fabbricato che insiste sul territorio da tempo, con riferimento al quale solo in occasione della realizzazione di qualcosa di aggiuntivo, ovvero, al contrario, per sopravvenute esigenze, non necessariamente di natura edificatoria, del terzo, sorge l’interesse alla relativa impugnativa. È evidente quindi che in tali casi, sempre in linea generale, l’effettiva conoscenza della sanatoria e dei presupposti progettuali sulla base dei quali essa è stata rilasciata è indispensabile per valutarne la legittimità e conseguentemente opporvisi, avendone interesse (vedi, ex multis, Cons. Stato, sez. II, 3 novembre 2023, n. 9520; sez. V, 11 ottobre 2024, n. 8198; sez. VI, 13 gennaio 2020, n.314; id., 10 settembre 2018, n. 5307).

13. Tale differenza di impostazione non configura certo una tutela sperequata fra i terzi che, di fronte al mero “fatto compiuto” della costruzione abusiva, non possano ancora dolersi dinanzi al giudice amministrativo e, a seguito della sua sanatoria, non possano giovarsi dell’ampio dies a quo coincidente con la cognizione dell’‘adeguatezza’ (cfr. art. 36, comma 3, del d.P.R. n. 380/2001) dell’impianto motivazionale sotteso all’accertamento di conformità, e i terzi che, ai fini dell’impugnazione di un permesso di costruire previamente rilasciato, possono, invece, assumere quale dies a quo il momento di piena ed effettiva conoscenza della portata lesiva degli interventi edilizi con esso assentiti. Al contrario, essa risponde a evidenti canoni di proporzionalità, nonché all’esigenza di trovare un giusto punto di equilibrio tra le esigenze di tutela del terzo che si assuma pregiudicato da un’attività edilizia, anche risalente nel tempo, l’affidamento che controparte deve poter riporre nel corretto operato della p.a. che ne ha avallato l’attività e l’interesse pubblico a ripristinare lo stato dei luoghi, quale garanzia di effettività del buon governo del territorio.

14. Delineati come sopra i principi generali della tematica, va tuttavia precisato che ogniqualvolta emerga con chiarezza che la conoscenza dell’atto è avvenuta in epoca antecedente, esigenze di certezza del diritto e di stabilità delle situazioni giuridiche, a valere a maggior ragione in un ambito, come l’edilizia, di innegabile complessità giusta la formazione multilivello delle relative fonti regolatorie, trovino applicazione i principi generali sull’impugnativa degli atti. La “piena conoscenza”, infatti - il cui verificarsi determina il dies a quo per il computo del termine decadenziale per la proposizione del ricorso giurisdizionale - si ha quando la parte interessata “percepisce” l’esistenza di un provvedimento amministrativo e degli aspetti che ne rendono evidente la lesività della sua sfera giuridica, in modo da rendere distinguibile l’attualità e la concretezza dell’interesse ad agire contro di esso. Può, dunque, parlarsi di piena conoscenza quando la parte interessata individua l’atto e il suo contenuto essenziale, non essendo necessaria la conoscenza di tutti i suoi elementi.

In sintesi, il principio secondo cui, ai fini della decorrenza del termine per l’impugnazione di una concessione edilizia da parte di un proprietario di immobile limitrofo occorre la piena conoscenza della stessa, che si verifica con la consapevolezza del suo contenuto specifico o del progetto edilizio ovvero quando la costruzione realizzata rivela in modo certo e univoco le essenziali caratteristiche dell’opera, va applicato tenendo conto della singola fattispecie, e ciò a valere sia per le impugnative dei titoli “ordinari”, che delle sanatorie, quale che ne sia la relativa tipologia.

12.1. Il che è quanto ha fatto il T.a.r. per la Lombardia nella sentenza impugnata, avendo sia ricostruito, seppur sinteticamente, la cornice giurisprudenziale consolidata in materia, sia dato rilievo alle «peculiarità» del caso di specie che depongono ragionevolmente nel senso di una conoscenza quanto meno dello stato dei luoghi ben antecedente l’avvenuta acquisizione della sanatoria, e non consentono di dare rilievo alla (tardiva) richiesta di accesso agli atti per legittimare una posticipazione dell’impugnativa, così come preteso dalla Società appellante.

13. Tale peculiarità, peraltro, è stata messa in luce sia dal Comune di Milano, che ha eccepito la tardività proprio facendo riferimento alla pratica “incrociata” di rilascio del titolo edilizio a favore della Immobiliare G. & B. s.r.l., sia dai controinteressati, richiamando peraltro i contenziosi, all’epoca ancora in corso, che comunque hanno attinto le medesime tematiche e dimostrato per tabulas la reciproca conoscenza dello stato dei luoghi, in quanto appunto reciprocamente contestato.

14. Il Collegio ritiene dunque che il primo giudice né abbia omesso di valutare circostanze di fatto e di diritto evidenziate dall’appellante, né, men che meno, di esplicitare le ragioni del proprio convincimento. Esso al contrario radica dichiaratamente sull’approfondimento istruttorio che ha connotato il rilascio del permesso di costruire alla Società ricorrente, incentrato sulla tematica delle modalità di tutela dalle immissioni sonore provenienti dalla discoteca a confine, che rende poco plausibile l’ignoranza dello stato dei luoghi, appunto, e la conoscenza che ne doveva conseguire (ove non ne fosse già conseguita) del titolo giuridico sotteso agli stessi.

Va peraltro ricordato come nella specie la Immobiliare G & B. s.r.l. fosse interessata ad una vasta operazione edificatoria, che per l’intuibile valore commerciale che l’ha connotata non poteva prescindere dalla valutazione in concreto degli effetti dell’attività in essere nell’immobile confinante. La progettualità, infatti, ha riguardato sia una corposa ristrutturazione edilizia ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. d) del d.P.R. n. 380 del 2001, mediante demolizione e ricostruzione della maggior parte di un fabbricato preesistente e il recupero abitativo del piano sottotetto già a destinazione produttiva, per un totale di mq. 580,62 di superficie; sia la realizzazione, su un diverso lotto relativo ad un’area originariamente libera di mq. 838,92, di un nuovo edificio ad uso residenziale, a torre, costituito da sei piani fuori terra, più piano interrato e piano sottotetto, con copertura piana, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. e), del medesimo d.P.R. n. 380/2001.

14.1. Era dunque inevitabile che in sede di istruttoria della pratica edilizia fosse dato rilievo alla tematica delle rilevazioni acustiche, essendo peraltro emerso dalla relazione previsionale del clima acustico, il superamento del valore limite di emissioni notturne della classe IV (51,5 db (A) misurato, 50 db (A), valore limite) e il superamento del valore limite differenziale notturno (3db), ricondotto proprio all’attività della discoteca “Black Hole”, ossia della discoteca limitrofa, di proprietà dei controinteressati. Per tale ragione lo Sportello unico per l’edilizia del Comune di Milano chiedeva alla Immobiliare G. & B. s.r.l. di eseguire opere di mitigazione acustica e nel permesso rilasciatole poneva a tal fine la condizione di eseguire rilievi fonometrici in corso d’opera «atti a dimensionare le barriere acustiche e i sistemi di contenimento adottati e a verificarne la reale efficacia, così come richiesto da ARPA nel parere protocollo n. 2019.6.67.135, pervenuto in data 22.02.2019» (punto 6).

14.2. In sintesi, la vicinanza di locali adibiti a trattenimento e svago e la preoccupazione (concretamente valutata dalla competente Agenzia regionale) di arginare l’intensità delle emissioni sonore in ragione della destinazione residenziale dell’erigendo complesso immobiliare, era circostanza non solo inequivocabilmente nota, ma comprensibilmente fatta oggetto di specifica valutazione per trovare la migliore soluzione progettuale atta a garantire la coesistenza tra i due stabili. Solo per completezza, il Collegio rileva come proprio la destinazione del locale a confine a trattenimento e svago fondi l’interesse della Immobiliare G. & B. s.r.l. ad opporsi quantomeno a qualsivoglia intervento ampliativa di quanto già esistente, tant’è che ridetta Società è intervenuta in tutti i contenziosi instaurati dalle controparti, seppure nei confronti del solo Comune di Milano.

15. D’altro canto, non a caso il primo giudice ha evocato anche alcuni di tali contenziosi e segnatamente, per quanto ritenuto rilevante dal Collegio, quelli all’epoca definiti con le sentenze di primo grado n. 2060 del 2020 e n. 1039 del 2021.

15.1. La decisione del T.a.r. per la Lombardia n. 2060 del 2020 (confermata in appello da Cons. Stato, sez. VI, 24 aprile 2024, n. 3721, che non ha accolto le pretese di maggior portata rivendicate dall’originario ricorrente), ha accolto parzialmente il ricorso presentato del Di Stefano avverso il permesso di costruire rilasciato alla Immobiliare G. & B. s.r.l., n. 139 del 2019. In particolare, ha ritenuto fondate le doglianze avverso l’imposta realizzazione di una barriera fonoassorbente a confine con il proprio stabile, ovvero in dispregio delle regole sulle distanze tra edifici, e cioè proprio della barriera fonoassorbente che doveva costituire il rimedio alle problematiche di impatto acustico rivenienti dalla discoteca a confine, per la progettazione della quale era inevitabile conoscere la allocazione esatta della stessa, tettoie cortilizie incluse.

L’avallo di quella poi concretamente realizzata, spostata del metraggio necessario, è conseguita addirittura alla nomina di commissario ad acta all’esito di giudizio di ottemperanza. In particolare, solo in data 24 maggio 2022, l’Immobiliare G. & B. ha presentato al Comune di Milano una s.c.i.a. in variante al permesso di costruire n. 139 del 23 aprile 2019, prevedendo la realizzazione della barriera atta a tutelare il proprio compendio immobiliare dalle immissioni acustiche provenienti dalla discoteca conformemente alla soluzione ritenuta ammissibile dalla Commissione per il Paesaggio, nonché in linea con le indicazioni di cui alla ricordata sentenza del T.a.r. n. 2060/2020 (v. anche sentenza di ottemperanza del T.a.r. per la Lombardia n. 864/2021).

16. A fronte di tale inequivoca e documentata ricostruzione, la Società appellante si limita ad un tentativo di dequotare la vicenda della ricerca della soluzione compromissoria a tutela del proprio stabile da immissioni rumorose all’avvenuta e doverosa produzione da parte sua della certificazione di impatto acustico che ai sensi del d.P.C.M. 5 dicembre 1997 andava riferita alle componenti edilizie del proprio edificio, a prescindere quindi, si dovrebbe credere, da qualsivoglia fonte di emissione sonora vicina.

17. Come se ciò non bastasse, l’ulteriore contenzioso menzionato nella sentenza impugnata, al pari del precedente e diversamente da quanto sostenuto dall’appellante, pur essendo stato incardinato ancora una volta dal Di Stefano, egualmente interseca la vicenda di cui è causa. In tale occasione oggetto di impugnativa innanzi al T.a.r. per la Lombardia (che ha definito la vicenda con sentenza della sez. II, 26 aprile 2021, n. 1039, di inammissibilità per carenza di interesse) era l’atto endoprocedimentale costituito dalla nota dello Sportello unico per l’edilizia del Comune di Milano dell’11 gennaio 2017, prot. 438162/2015 – WF 14945/2015, avente ad oggetto “viale UMBRIA 118 – z.d. 4”, con la quale si comunicava l’avvio del procedimento volto alla definitiva dichiarazione di inammissibilità/irregolarità dei titoli edilizi mediante i quali era stata realizzata la copertura del cortile con tettoie, sulla base della s.c.i.a. in variante di altra del 3 settembre 2013 (variante presentata il 5 agosto 2018).

17.1. Non a caso, anche in tale giudizio la Immobiliare G.& B. s.r.l. è intervenuta ad opponendum, giustificando il proprio interesse a contrastare l’attività edilizia (ulteriore) in ragione dei rumori provenienti dall’attività. Ciò in quanto «I manufatti realizzati in forza delle s.c.i.a. contestate dal provvedimento impugnato incidono sul decoro, sulla vivibilità, sulla godibilità e sul valore dei (confinanti) immobili della Società Immobiliare G. & B. S.r.l., anche per via del fatto che all’interno di tali manufatti viene svolta un’attività da discoteca fonte di rumori, luci e vibrazioni assai moleste per l’interveniente». È peraltro la medesima Immobiliare G. & B: ad aver appellato ridetta sentenza lamentando che la valutazione della comunicazione di avvio del procedimento quale atto meramente endoprocedimentale avrebbe «favorito il Signor Di Stefano, permettendogli di fatto di continuare ad utilizzare impunemente, per l’esercizio della propria attività di discoteca, i manufatti (fondatamente) dichiarati irregolari dal Comune», nel contempo penalizzandola ingiustamente, dato che essa, «in conseguenza di quanto sopra, continua a dover sopportare, in adiacenza al proprio fondo, la presenza di un immobile non conforme alla normativa urbanistico-edilizia che, in quanto tale e in ragione delle sue caratteristiche edilizie intrinseche, diminuisce il pregio e la vivibilità dell’intero contesto urbano di riferimento» (v. l’atto di appello richiamato testualmente nella sentenza del Consiglio di Stato, sez. VI, 26 aprile 2024, n. 3827, che ha respinto l’appello avverso la sentenza del T.a.r. n. 1039/2021).

18. D’altro canto, risultano in atti comunicazioni che recano in indirizzo entrambe le parti in causa, a riprova della valutazione da parte del Comune della necessità del continuo coinvolgimento di entrambi i contendenti in una vicenda che ne vedeva continuamente contrapposti i relativi interessi. Significativa in tal senso la comunicazione in data 13 novembre 2019 con la quale gli uffici hanno informato i signori Di Stefano, Scarano e Vitaloni della conclusione del procedimento amministrativo finalizzato all’espletamento delle ulteriori verifiche istruttorie richieste con riferimento all’intervento edilizio della Società appellante, ove si preannuncia altresì che « la richiesta verifica della regolarità del progetto di cui al Permesso di costruire 139/2019, avrebbe riguardato anche i titoli edilizi relativi al confinante fabbricato di proprietà dell’esponente, stante che, con riferimento al rilievo di cui alla lett. a), lo stesso è sede di un’attività di pubblico spettacolo, discoteca “Black Hole” e che, con riferimento alla lett. b), la lamentata inosservanza delle distanze, ai sensi del DM 1444/68, risultava del tutto generica».

19. L’appellante, infine, critica la sentenza nella parte in cui, a fronte dell’inequivoca esistenza di situazioni sintomatiche della conoscenza dello stato dei luoghi, ne fa conseguire un onere per il terzo interessato di attivarsi, intendendolo come onere di impugnazione del relativo titolo abilitativo.

19.1. Anche tale motivo non può essere condiviso. Alla luce delle considerazioni svolte a livello generale sulla percepibilità dell’impatto lesivo di un intervento edilizio, ritiene il Collegio che il terzo interessato a contestarne la legittimità non possa procrastinare a suo piacimento la richiesta di accesso agli atti inerenti una sanatoria, laddove la distanza della costruzione altrui gli è non solo nota, ma addirittura pregiudiziale ai fini della realizzazione di soluzioni progettuali atte a frapporre una barriera anche fisica tra i reciproci manufatti.

20. Proprio applicando dunque le coordinate generali esposte in materia di calcolo dei termini per impugnare un titolo edilizio nel loro atteggiarsi in termini generali con temperamenti correlati alla singolarità della fattispecie, non può che concordarsi con la soluzione assunta dal primo giudice, che ha richiamato, a riprova della conoscenza di una sanatoria risalente al 2013 sia i numerosi contenziosi tra le due proprietà, sia le interlocuzioni con il Comune, sia soprattutto la documentazione posta a corredo dell’istanza di permesso di costruire poi rilasciato in data 23 aprile 2019 (permesso n. 139). In particolare da quest’ultima si desume « che l’Immobiliare G. & B. fosse a conoscenza, al momento della presentazione della domanda di permesso di costruire, non solo della presenza dell’attività, ma anche delle opere funzionali all’attività ricettizia, con la conseguenza che la richiesta di accesso non è idonea a procrastinare i termini di proposizione del ricorso […], in quanto la società aveva l’onere di attivarsi, non appena ha avuto contezza od anche il ragionevole sospetto che le opere realizzate per la nuova attività fossero sorrette da un titolo amministrativo abilitante».

21. Alla luce delle considerazioni che precedono l’appello va respinto.

22. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la Società Immobiliare G.& B. s.r.l. al pagamento delle spese dell’odierno grado di giudizio, che liquida complessivamente in euro 7.000,00 (settemila/00), dei quali euro 3.500,00 (tremilacinquecento/00) a favore del Comune di Milano e euro 3.500/00 (tremilacinquecento/00) a favore dei controinteressati in solido, oltre accessori, se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 febbraio 2025 con l’intervento dei magistrati:

Oberdan Forlenza, Presidente

Giovanni Sabbato, Consigliere

Antonella Manzione, Consigliere, Estensore

Francesco Guarracino, Consigliere

Carmelina Addesso, Consigliere