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Cass. Sez. III sent.. 42961 del 28-11-2005 (c.c. 22 settembre 2005)
Pres. Zumbo Est. De Maio Ric. V.
Rifiuti – Articolo 53bis D.Lv. 22-97 – Sequestro mezzi
I mezzi di trasporto impiegati nel traffico illecito di rifiuti costituiscono non già lo strumento contingentemente utilizzato per la commissione del reato, ma lo strumento essenziale che integra gli estremi della fattispecie astratta del reato, atteso che l’articolo 53bis D.Lv. 22-97 punisce una serie di condotte che devono essere realizzate “attraverso l’allestimento di mezzi e attività continuative organizzate” cosicché tra detti mezzi possono rientrare detti mezzi di trasporto.
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Svolgimento del processo e motivi della decisione
Con ordinanza in data 11 febbraio 2005 il GIP del Tribunale di Milano rigettò l'istanza di revoca del sequestro preventivo di n. 9 autocarri di proprietà di proprietà della XXX Autotrasporti srl di M. disposto con decreto dello stesso GIP del 16 dicembre 2003 a carico di L.V. in relazione al reato di cui all'art. 53 bis D.L.vo 22/97. Avverso tale ordinanza propose appello ex art. 322 bis cpp l'indagato deducendo come unico motivo l'inammissibilità del sequestro in questione perché relativo a un fatto costituente mero illecito amministrativo.
Il Tribunale di Milano, sez. per il riesame, pur rilevano l'inapplicabilità nella specie della confisca obbligatoria ex art. 53 co. 2 D.L.vo 22/97, con ordinanza del 6 aprile 2005 ha rigettato l'appello, ritenendo che "l'adozione del provvedimento di sequestro preventivo è tuttavia giustificata dall'applicabilità dell'art. 321/2, in quanto i beni in questione possono essere oggetto di confisca facoltativa ai sensi dell'art. 240/1 cp" e che "i mezzi di trasporto impiegati per il traffico illecito di rifiuti costituivano lo strumento essenziale che integra gli estremi di un elemento della fattispecie astratta di reato".
Avverso tale ordinanza propone ricorso il difensore dell'indagato, il quale denuncia, con il primo motivo, violazione degli artt. 178 e 321 cpp, in quanto nella vicenda cautelare in esame sarebbe sempre mutata l'indicazione del presupposto dell'applicazione della misura (di volta in volta: nel decreto di sequestro preventivo la natura di cosa pertinente al reato dei mezzi sequestrati; la ravvisabilità di una ipotesi di confisca obbligatoria nei provvedimenti di rigetto delle iniziali istanze di revoca e, invece, di una ipotesi di confisca facoltativa nell'ordinanza impugnata). Tale ultima prospettazione non sarebbe "rispettosa dei limiti che circoscrivono i poteri cognitivi e decisori del Tribunale del riesame, il cui potere di integrazione, infatti, secondo il ricorrente, "non può spingersi fino al punto di rivoluzionare l'impianto del provvedimento applicativo della misura"; l'individuazione di un nuovo e diverso presupposto applicativo del sequestro - sempre secondo il ricorrente - avrebbe dovuto condurre il Tribunale all'annullamento della misura.
Con il secondo motivo viene denunciata violazione degli artt. 240 cp, 322 bis e 321 co. 2 cpp, perché, avendo il sequestro riguardato i soli trattori, non sarebbe ravvisabile tra il delitto ascritto al V. e i mezzi stessi quella specifica e strutturale strumentalità che la giurisprudenza ritiene indispensabile ai fini della sequestrabilità a fini preventivi.
Con il terzo motivo viene denunciata ancora violazione degli artt. 321 cpp e 240 co. 3 cp, norma quest'ultima che esclude "la possibilità di procedere a confisca di beni che appartengono a persona estranea al reato" (nella specie, la XXX che sarebbe "sempre rimasta estranea alle scelte poste in essere dall'indagato, il quale ha agito di propria esclusiva iniziativa").
Il ricorso va dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza, dovendosi rilevare, in puntuale relazione alle censure mosse, che:
I) il potere di integrazione probatoria, di cui parla lo stesso ricorrente, è espressamente riconosciuto al Tribunale del riesame dall’art. 324 co. 7 (che richiama l'art. 309 co. 9: "il Tribunale può annullare il provvedimento impugnato o riformarlo in senso favorevole all'imputato anche per motivi diversi da quelli enunciati ovvero può confermarlo per ragioni diverse da quelle indicate nella motivazione del provvedimento stesso"): si sottolinea che la norma ha in tutte le ipotesi di decisione-annullamento, riforma, conferma-riconosciuto al Tribunale il potere di mutare la motivazione, ma non anche di sostituire la propria a quella del tutto mancante nel provvedimento originario (come è reso evidente dalle espressioni motivi “enunciati” e ragioni indicate), nella quale ultima ipotesi soltanto si verifica la nullità genetica del provvedimento. Questa Corte ha, pertanto, precisato che il Tribunale deve annullare il provvedimento impugnato nel solo caso che lo stesso sia del tutto privo di motivazione, e non anche nel caso, verificatosi nella specie, in cui ritenga di dover sostituire le ragioni di diritto in un primo tempo poste a fondamento della misura, con altre diverse ritenute più esatte (giurisprudenza consolidata fin dalle non recenti sez. III, 7 dicembre 1995 n. 3674, Camillacci; Sez. I, 18 giugno 1997 n. 2925, PG in c. D'Alessandro);
II) effettivamente, in tema di sequestrabilità preventiva di beni, questa Corte ha costantemente precisato che è legittimo il sequestro delle cose che, trovandosi avvinte al reato e al suo accertamento da un legame individuato caso per caso, posseggono, se lasciate nella disponibilità del titolare, una specifica, necessaria e strutturale strumentalità rispetto all'aggravamento della conseguenze del reato o alla commissione di futuri reati. Allineato con tale principio deve ritenersi il rilievo dei giudici di merito secondo cui "i mezzi di trasporto impiegati per il traffico illecito di rifiuti in contestazione costituivano non già lo strumento contingentemente utilizzato per la commissione del reato, ma lo strumento essenziale che integra gli estremi della fattispecie astratta di reato, atteso che l'art. 53 bis D.L.vo 22/97 punisce una serie di condotte (cessione, ricezione, trasporto, ecc. di rifiuti) che devono essere realizzate "attraverso l'allestimento di mezzi e attività continuative organizzate" e quindi anche attraverso la predisposizione di mezzi e attività organizzate, quali sono gli autocarri oggetto di sequestro. Né, in contrasto con i rilievi fin qui svolti, vale obiettare che "i soli trattori sono all'evidenza suscettibili di essere adibiti al trasporto di qualunque tipo di materiale", perché l'argomento prova troppo, essendo indiscutibile che qualsiasi cosa, in ipotesi utilizzata per la commissione di un reato, può essere utilizzata anche per altro. Ciò che ai fini della sequestrabilità preventiva è decisivo è che tra la cosa e il reato esista quel legame diretto e immediato sopra precisato, che esattamente i giudici di merito hanno nella specie individuato nella stessa previsione normativa che ha tipizzato l'allestimento dei mezzi (di trasporto) quale requisito della fattispecie;
III) il V. avrebbe commesso i reati ipotizzati nella sua qualità di "direttore tecnico" della XXX, di "dipendente addetto al trasporto dei rifiuti", secondo le espressioni adoperate dallo stesso ricorrente (pag. 10 ric.), per cui, in forza dei principi relativi al rapporto organico, risulta arbitrario, quanto meno in questa fase, prospettare una distinzione tra la persona fisica-V. e la persona giuridica-XXX. Inoltre, la detta distinzione, se esatta e riconosciuta rilevante, priverebbe l'attuale ricorrente dell'interesse alla restituzione e quindi anche della legittimazione alla presente procedura. Comunque, restano insuperate sul punto anche le osservazioni dei giudici di merito secondo cui la XXX, intestataria dei beni, è "la struttura giuridica che ha reso possibile la realizzazione del reato costituendo anzi un elemento essenziale ed indispensabile di quella organizzazione che integra un elemento essenziale del reato, in quanto tipizzato nella fattispecie criminosa", per cui, in quanto tale, non può essere ritenuta estranea al reato.
Alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché (non essendo ravvisabile un'ipotesi di assenza di colpa) al versamento in favore della Cassa delle ammende della somma, equitativamente fissata, di cinquecento euro.