R E
P U
B B L
I C
A I T
A L
I A N
A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha
pronunciato la seguente
D E C I S I O N
E
sul
ricorso iscritto al NRG 201
1991
, proposto da Batimar 90 s.r.l.,
in persona del legale
rappresentante pro tempore,
rappresentato e difeso dall’
avvocato Fabrizio
Paoletti
ed elettivamente
domiciliato presso quest'ultimo in Roma, via Buzzoni n. 3
;
contro
Regione
Lazio
, in persona del
Presidente pro tempore, non costituito:
e
nei confronti di
Comune
di Ardea,
in persona del Sindaco pro
tempore, non costituito
;
per
l'annullamento
della
sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sezione I ter,
n. 1569
dell’8 novembre 1989
.
Visto
il ricorso in appello;
vista
la memoria prodotta dalla parte appellante a sostegno delle proprie difese;
visti
gli atti tutti della causa;
data
per letta alla pubblica udienza del 14 gennaio 2003
la relazione del consigliere Vito Poli, udito
l'avvocato Paoletti
;
ritenuto
e considerato quanto segue:
SVOLGIMENTO DEL
PROCESSO
Con
ricorso notificato il 13 dicembre 1990
,
la s.r.l. Batimar 90, proponeva appello avverso la sentenza
del T.A.R. Lazio, sezione I ter,
n. 1569
dell’8 novembre 1989
,
con cui venivano
respinte tutte le censure mosse avverso la deliberazione della giunta regionale
del Lazio – 1 agosto 1984, n. 5192 – recante l’approvazione, con
modifiche, del piano regolatore generale del comune di Ardea
.
Non si
costituivano la Regione Lazio ed il Comune di Ardea.
La
causa è passata in decisione all’udienza pubblica del 14 gennaio 2003
.
MOTIVI DELLA
DECISIONE
1.
L’appello è
infondato e deve essere respinto.
2. Oggetto
del presente giudizio è l’approvazione, con modifiche d’ufficio da parte
della Regione Lazio, del p.r.g. del Comune di Ardea.
3. La
società appellante è proprietaria di alcuni lotti di terreno, in località
Lido di Tirrenella, inseriti dal precedente programma di fabbricazione –
approvato con deliberazione regionale n. 67 del 20 gennaio 1976 - nella zona L,
destinati alla realizzazione di parcheggi.
Con
delibera commissariale n. 2 del 7 agosto 1979, veniva adottato il nuovo p.r.g.
che destinava i lotti in questione a zona B7, di completamento residenziale.
Proprio
a cagione della nuova destinazione urbanistica, impressa dal piano in itinere, la società si determinava all’acquisto dei lotti.
La
Regione, però, in sede di approvazione del piano, reintroduceva la destinazione
a parcheggio.
4.
Il giudice di prime cure ha respinto,
con dovizia di argomenti, tutte le censure (contenute nei motivi 1, 2, 3, 4, 6 e
7 del ricorso originario), inerenti il difetto di motivazione, la violazione
dell’art. 10, l. n. 1150 del 1942, lo stravolgimento delle linee fondamentali
del piano adottato dall’autorità comunale, l’omissione di una nuova
pubblicazione del piano, la lesione
delle prerogative costituzionali degli enti locali, la lesione
dell’affidamento dei privati.
Il
quinto motivo dell’originario ricorso – afferente alla natura espropriativa
del vincolo imposto in sede di approvazione, non ristorato da indennizzo –
disatteso compiutamento dall’impugnata sentenza, non è stato espressamente
riproposto ed il relativo capo di sentenza non ha costituito oggetto di
specifica critica nell’atto di appello. Su tale capo di sentenza, pertanto, si
è formato il giudicato interno.
Il thema
decidendum risulta, quindi, incentrato sulla esatta natura giuridica e sui
limiti del potere regionale di approvazione con modifiche dei p.r.g. adottati
dai comuni ed andrà esaminato alla luce dei principi specifici resi, sul punto,
da questo Consiglio (cfr. Ad. plen. 14 dicembre 2001, n. 9; sez. IV, 21 luglio
2000, n. 4076; sez. IV, 19 gennaio 2002, n. 245; Ad. plen. 22 dicembre 1999, n.
24), cui il collegio rinvia a mente dell’art. 9, l. n. 205 del 2000.
5.
L’art. 10, comma 2, l. n. 1150 del 1942, come modificato dall’art. 3, l. n.
765 del 1967, prevede e disciplina le possibilità di modifica del piano
regolatore da parte della regione nella fase di approvazione dello stesso.
Le
modifiche sono dei seguenti tipi: a) obbligatorie,
in quanto riconosciute indispensabili per assicurare il rispetto delle
previsioni del piano territoriale di coordinamento, la razionale sistemazione
delle opere e degli impianti di interesse dello Stato, la tutela del paesaggio e
dei complessi storici, monumentali, ambientali e archeologici, l’adozione di standards
urbanistici minimi; b) concordate,
ossia conseguenti all’accoglimento di osservazioni presentate al piano e
accettate dal comune; c) facoltative,
in quanto consistenti in innovazioni non sostanziali, tali cioè da non mutare
le caratteristiche essenziali del piano ed i suoi criteri di impostazione.
Le
modificazioni apportate dalla Regione Lazio, nel caso che occupa, appartengono
al primo tipo (come risulta per tabulas
dalla lettura della deliberazione regionale impugnata e della allegata
determinazione del comitato tecnico consultivo regionale). Ciò implica alcune
conseguenze precise in ordine al contenuto della motivazione in concreto
esigibile, specie in considerazione di quanto previsto dal secondo comma
dell’art. 3, l. n. 241 de 1990, la dove esclude dall’obbligo di motivazione
gli atti normativi e quelli a contenuto generale. Coerentemente si è affermato
che in occasione della formazione di uno strumento urbanistico generale, le
scelte discrezionali dell’amministrazione riguardo alla destinazione di
singole aree, non necessitano di apposita motivazione, oltre quella che si può
evincere dai criteri generali – di ordine tecnico discrezionale - seguiti
nell’impostazione del piano stesso, essendo sufficiente l'espresso riferimento
alla relazione di accompagnamento al progetto di piano regolatore generale,
salvo che particolari situazioni non abbiano creato aspettative o affidamenti in
favore di soggetti le cui posizioni appaiano meritevoli di specifiche
considerazioni.
Le
evenienze che, uniche, giustificano una più incisiva e singolare motivazione
degli strumenti urbanistici generali sono ravvisabili: a) nel superamento degli standards
minimi di cui al d.m. 2 aprile 1968, con l'avvertenza che la motivazione
ulteriore và riferita esclusivamente alle previsioni urbanistiche complessive
di sovradimensionamento, indipendentemente dal riferimento alla destinazione di
zona di determinate aree; b) nella
lesione dell'affidamento qualificato del privato derivante da convenzioni
di lottizzazione, accordi di diritto privato intercorsi tra il comune e i
proprietari delle areee, aspettative nascenti da giudicati di annullamento di
dinieghi di concessione edilizia o di silenzio - rifiuto su una domanda di
concessione; c) nella modificazione in zona agricola della destinazione di
un'area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo (cfr. ex
plurimis sez. IV, 25 luglio 2001, n. 4078; Ad. plen. n. 24 del 1999 cit.).
Nessuna di tali evenienze ricorre nel caso di specie, non potendosi invocare la
tutela dell’affidamento per le diverse destinazioni che vengono impresse a
singole porzioni di territorio, all’interno delle varie fasi che scandiscono
quello che rimane un unico complesso procedimento di formazione del p.r.g.
6. Premesso in via generale, che in sede di
approvazione dello strumento urbanistico, la Regione è tenuta ad indicare le
ragioni (di larga massima, per quanto sopra detto) delle modificazioni
d’ufficio di una scelta urbanistica effettuata dal comune, in quanto
altrimenti verrebbe menomata l’autonomia dello stesso comune, al quale in
definitiva competono le determinazioni sulle modalità di utilizzo del
territorio (cfr. sez. IV, n. 4076 del 2000 cit.; 3 agosto 1998, n. 1126), la
sezione osserva che tale obbligo di motivazione si atteggia diversamente a
seconda del tipo di modificazione d’ufficio apportata dall’amministrazione
regionale.
E’
affermazione costante della sezione che la modifica destinata a tutelare il
paesaggio o l’ambiente in genere, anche quando si risolva nell’imprimere ad
un’area il preesistente connotato di zona agricola o destinata a parcheggi
(come nel caso di specie), non richieda una diffusa analisi argomentativa, tanto
più che il limite delle innovazioni sostanziali fissato dalle modifiche
d’ufficio non riguarda quelle attinenti alla tutela del paesaggio e
dell’ambiente, che pertanto, possono anche mutare le caratteristiche
essenziali e i criteri di impostazioni del piano.
Nella
specie, per altro, come si evince dalla piana lettura del provvedimento
impugnato, la Regione si è mossa esplicitamente all’interno delle linee di
fondo e dei criteri ispiratori del piano, che, in base alla relazione tecnica di
accompagnamento predisposta dal comune, sono volti a: contenere l’espansione
edilizia; tutelare in modo assoluto le risorse naturali, paesistiche ed
archeologiche; riqualificare le zone turistiche; rispettare e valorizzare le
potenzialità agricole; riqualificare il centro storico, potenziare le attività
produttive industriali.
7.
Che la destinazione a servizi, ed in special modo a parcheggi, possieda una
valenza conservativa dei valori ambientali assumendo per tale via la funzione
decongestionante e di contenimento dell’espansione dell’aggregato urbano,
non è revocabile in dubbio; ed è principio espresso dalla giurisprudenza di
questo Consiglio ormai da alcuni lustri (per la zona agricola, cfr. ex
plurimis, sez. IV, n. 4076 del 2000 cit., n. 245 del 2000 cit.; 17 gennaio
1989, n. 5).
Inoltre,
la sussistenza di specifiche competenze dello Stato (ora delegate alle Regioni)
in materia di ambiente, paesaggio ed ecosistemi, non esclude che la tutela di
tali valori sia un obbiettivo primario anche per la pianificazione urbanistica.
Pertanto, in sede di approvazione di un piano regolatore, l’amministrazione a
ciò competente può introdurre vincoli diretti alla protezione dell’ambiente
e del paesaggio, ancorché non siano stati adottati i provvedimenti previsti
dalle leggi n. 1497 del 1939 e n. 1089 del 1939 (ora d.lgs. n. 490 del 1999), ed
anche in maniera più restrittiva di quelli indicati da questi ultimi, se
emanati.
Nella
specie, come risulta dalla deliberazione contestata, esiste un patrimonio
archeologico di rilievo, diffuso su tutto il territorio comunale ed insiste un
vincolo di tutela paesaggistica ed ambientale sopra il territorio ricompreso fra
la s.s. Pontina ed il mare.
Giova,
infine, rilevare che le ragioni di tutela ambientale, archeologica e
paesaggisitica sono state indicate in modo adeguato nella relazione del comitato
tecnico regionale posta a base dell’impugnata deliberazione, il chè non
consente di rilevare vizi di difetto di motivazione e di eccesso di potere per
travisamento dei fatti o difetto di istruttoria.
8. Per quanto concerne la doglianza incentrata
sulla omessa ripubblicazione del piano (con la conseguente impossibilità del
privato di formulare osservazioni), la giurisprudenza di questo
Consiglio, afferma che <
Tale affermazione – da cui la
sezione non intende discostarsi - è coerente con il carattere obbligatorio
dell’intervento regionale a tutela dell’ambiente, che rende superfluo
l’apporto collaborativo del privato, superato e ricompreso dalla scelta
pianificatoria operata dal comune e modificata in sede di approvazione dalla
Regione.
In diritto, pertanto, è da
respingersi la prospettazione dell’appellante.
In fatto, per altro, anche a voler
seguire la tesi difensiva dell’appellante, come evidenziato in precedenza, la
Regione si è mossa in sintonia e non in contrasto con le linee guida del piano,
il che esclude qualsivoglia stravolgimento di quest’ultimo e la necessità di
una sua ripubblicazione.
9. In conclusione l’appello
deve essere respinto.
Nessuna
statuizione sulle spese del giudizio non essendosi costituite le parti intimate.
P.Q.M.
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione quarta), definitivamente
pronunziando sul ricorso in appello, meglio in epigrafe indicato, così
provvede:
-
respinge l'appello proposto, e per l'effetto conferma la sentenza
indicata in epigrafe;
-
nulla sulle spese di giudizio
.
Ordina
che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così
deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14 gennaio 2003
, con la partecipazione
dei signori:
Stenio
RICCIO
Presidente
Costantino
SALVATORE
Consigliere
Dedi
RULLI
Consigliere
Giuseppe
CARINCI
Consigliere
Vito
POLI Rel.
Consigliere, rel. ed est.
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
IL SEGRETARIO
Massime
1)
Le scelte effettuate dall'amministrazione
nell'adozione ed approvazione del
piano regolatore generale costituiscono apprezzamento di merito sottratto al
sindacato di legittimità, salvo che non siano inficiate da errori di fatto o
abnormi illogicità (cfr. ex plurimis
e di recente, sez. IV, 8 febbraio 1999, n. 121);
2)
In occasione della formazione di uno strumento
urbanistico generale, le scelte discrezionali dell’amministrazione riguardo
alla destinazione di singole aree, non necessitano di apposita motivazione,
oltre quella che si può evincere dai criteri generali – di ordine tecnico
discrezionale - seguiti nell’impostazione del piano stesso, essendo
sufficiente l'espresso riferimento alla relazione di accompagnamento al progetto
di modificazione al piano regolatore generale, salvo che particolari situazioni
non abbiano creato aspettative o affidamenti in favore di soggetti le cui
posizioni appaiano meritevoli di specifiche considerazioni.
3)
Le evenienze che, uniche, giustificano una più
incisiva e singolare motivazione degli strumenti urbanistici generali sono
ravvisabili: a) nel superamento degli
standards minimi di cui al d.m. 2
aprile 1968, con l'avvertenza che la motivazione ulteriore và riferita
esclusivamente alle previsioni urbanistiche complessive di sovradimensionamento,
indipendentemente dal riferimento alla destinazione di zona di determinate aree;
b) nella
lesione dell'affidamento qualificato del privato derivante da convenzioni
di lottizzazione, accordi di diritto privato intercorsi tra il comune e i
proprietari delle areee, aspettative nascenti da giudicati di annullamento di
dinieghi di concessione edilizia o di silenzio - rifiuto su una domanda di
concessione; c) nella modificazione
in zona agricola della destinazione di un'area limitata, interclusa da fondi
edificati in modo non abusivo.
4)
Non è comunque configurabile un'aspettativa
qualificata ad una destinazione edificatoria in relazione ad una precedente
determinazione dell'amministrazione, ma soltanto un'aspettativa generica ad una
reformatio in melius, analoga a quella di ogni altro proprietario di aree che
aspira ad una utilizzazione più proficua dell'immobile;
pertanto non può essere richiesta la c.d. polverizzazione della
motivazione che sarebbe in
contrasto con la natura generale dell’atto, che non richiede altra motivazione
che quella dei criteri di ordine tecnico seguiti per la redazione dello stesso.
5)
In sede di approvazione del piano regolatore ai sensi dell’art. 10,
comma 2, l. n. 1150 del 1942, l’obbligo di motivazione delle modificazioni
introdotte dalla Regione si atteggiano diversamente a seconda del tipo di
modificazione d’ufficio (obbligatoria o facoltativa) apportata dalla Regione
stessa, per cui va ritenuto che la modifica destinata a tutelare il paesaggio o
l’ambiente in genere, anche quando si risolva nell’imprimere ad un’area il
preesistente connotato di zona agricola o destinata a parcheggi, non richieda
una diffusa analisi argomentativi, tanto più che il limite delle innovazioni
sostanziali fissato dalle modifiche d’ufficio non riguarda quelle attinenti
alla tutela del paesaggio e dell’ambiente, che pertanto, possono anche mutare
le caratteristiche essenziali e i criteri di impostazioni del piano.
6)
In considerazione delle competenze delegate dallo stato in materia di
tutela delle bellezze naturali, la regione, in sede di approvazione di un piano
regolatore generale, ben può introdurre vincoli diretti alla protezione del
paesaggio e dell’ambiente, ancorché non siano stati adottati i provvedimenti
previsti dalle leggi n. 1497 del 1939 e n. 1089 del 1939 (ora d.lgs. n. 490 del
1999), ed anche in maniera più restrittiva di quelli indicati da questi ultimi,
se emanati.