Cass. Sez. III n. 43591 del 29 ottobre 2015 (Ud 18 feb 2015)
Pres. Squassoni Est. Grillo Ric. Di Stefano ed altri
Urbanistica. Sanatoria e confisca del terreno lottizzato
Il rilascio del permesso in sanatoria per le opere edilizie realizzate sui singoli lotti non è incompatibile con la confisca del terreno lottizzato, poiché il titolo abilitante sopravvenuto legittima soltanto l'opera edilizia che ne costituisce l'oggetto, ma non comporta alcuna valutazione di conformità di tutta la lottizzazione alle scelte generali di pianificazione urbanistica, con la conseguenza che anche il rilascio di una pluralità di concessioni edilizie nell'area interessata da una lottizzazione abusiva non rende lecita un'attività che tale non è: il permesso non ha, infatti, una funzione strumentale urbanistica di pianificazione dell'uso del territorio
RITENUTO IN FATTO
1.1 Con sentenza del 6 marzo 2014 la Corte di Appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Marsala dell'11 luglio 2012 emessa nei confronti di D.S.V., D. S.A., DI.ST.Vi., T.A. A., D.S.G.F. e L.A.M., imputati dei reati di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 30 e art. 44, lett. c); all'art. 110 cod. pen. e D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1 e artt. 110 e 734 cod. pen. (fatti commessi in (OMISSIS)), sostituiva la pena detentiva loro rispettivamente inflitta dal primo giudice con la corrispondente pena pecuniaria e confermava, nel resto la sentenza impugnata.
1.2 Per l'annullamento della detta sentenza propongono ricorso i suddetti imputati a mezzo del loro difensore di fiducia, deducendo due motivi: con il primo, la difesa lamenta violazione della legge penale per l'omessa motivazione in ordine alla mancata estensione della causa di non punibilità prevista dal D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181 all'art. 734 od. pen. Con il secondo motivo la difesa lamenta la violazione di legge per inosservanza della norma penale (D.P.R. n. 380 del 2001, art. 30 e art. 44, lett. c) sia in riferimento alla conferma della responsabilità per il reato di lottizzazione abusiva, sia in ordine alla disposta confisca, nonostante da parte del Comune fosse stata rilasciata la concessione edilizia in sanatoria e fosse anche intervenuto il rilascio del certificato di compatibilità paesaggistica da parte dell'Autorità amministrativa preposta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile. Va ricordato in punto di fatto che agli odierni imputati è stato contestato, in concorso tra loro, il reato di lottizzazione abusiva riguardante un fondo indiviso suddiviso in cinque distinti lotti ciascuno dei quali recintato e provvisto di cancello ed all'interno dei quali erano state eseguite le opere edilizie meglio indicate nei rispettivi capi di imputazione.
2. Con il presente ricorso la difesa ripropone i due temi già sottoposti al vaglio della Corte di Appello che aveva giudicato infondato l'appello. Poichè si tratta di una riproposizione di argomenti identici a quelli prospettati con l'atto di appello e senza aggiunta di considerazioni nuove atte a superare il percorso motivazionale della Corte distrettuale, già per tale ragione si versa in una ipotesi di inammissibilità così come più volta chiarito da questa Corte Suprema secondo la quale "E' inammissibile il ricorso per Cassazione fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, invero, dev'essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell'art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), all'inammissibilità" (in termini Sez. 4^ 29.3.2000 n. 5191, conforme Cass. Sez. 1^ 30.9.2004 n. 39598; e più di recente Sez. 6A 23.6.2011 n. 27068).
2.1 Condivide, al riguardo questo Collegio quanto già affermato da questa Suprema Corte secondo cui "L'accertamento della distruzione o deturpamento di bellezze naturali, che costituisce il nucleo della corrispondente fattispecie criminosa, continua ad essere demandato, anche successivamente alle modifiche al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181 apportate dalla L. n. 308 del 2004, al giudice penale, indipendentemente da ogni valutazione di compatibilità paesaggistica da parte dell'autorità amministrativa, rilevante, infatti, unicamente con riguardo all'elemento psicologico o alla gravità del reato" (Sez. 3^ 17.6.2010 n. 34205, Vastarini ed altro, Rv. 248369).
La Corte di legittimità ha, così, ribadito il principio già espresso da SS.U. 21.10.19992 n. 248, Rv. 193416 secondo il quale la valutazione in ordine al danno paesaggistico è sempre demandata al giudice penale: riprova di ciò è data dalla L. n. 308 del 2004, art. 1, commi 36 e 37. In particolare mentre il comma 36 ha modificato il D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181 introducendo il comma 1 ter secondo il quale "Ferma restando l'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie di cui all'art. 167, qualora l'autorità amministrativa competente accerti la compatibilità paesaggistica secondo le procedure di cui al comma 1-quater, la disposizione di cui al comma 1 non si applica a) per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati; b) per l'impiego di materiali in difformità dall'autorizzazione paesaggistica; c) per i lavori configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 3 con evidente riferimento all'art. 181 che ha per oggetto esclusivo l'assenza di preventiva autorizzazione da parte dell'Autorità amministrativa preposta al vincolo", il successivo comma 37 della L. n. 308 del 2004, art. 1 prevede testualmente che "Per i lavori compiuti su beni paesaggistici entro e non oltre il 30 settembre 2004 senza la prescritta autorizzazione o in difformità da essa, l'accertamento di compatibilità paesaggistica dei lavori effettivamente eseguiti, anche rispetto all'autorizzazione eventualmente rilasciata, comporta l'estinzione del reato di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181 e di ogni altro reato in materia paesaggistica alle seguenti condizioni: omissis".
2.2 In altri termini questa Corte Suprema, anche successivamente alla pronuncia delle S.U. del 1992 dianzi citata ha precisato che la valutazione amministrativa di compatibilità paesaggistica compiuta dall'Autorità amministrativa preposta al settore ha una efficacia scriminante limitata, circoscritta, cioè, al solo reato di esecuzione di lavori non autorizzati su beni paesaggistici di cui all'art. 181 cit., fatta eccezione per i fatti commessi entro e non oltre il (OMISSIS), per i quali, ex art. 1, comma 37 cit. è prevista l'estinzione anche del reato di cui all'art. 734 cod. pen..
2.3 Nel caso in esame, correttamente la Corte distrettuale ha escluso l'estensione automatica della causa di non punibilità prevista dal D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1 ter al reato di deturpamento del paesaggio, sia in coerenza con il disposto normativo tenuto conto anche della data di commissione del reato (risalente al (OMISSIS)), sia in coerenza con la uniforme giurisprudenza di questa Corte, richiamando, quanto alla formulazione di un giudizio negativo di pregiudizio del paesaggio, quanto detto in proposito dal Tribunale di Marsala.
3. Per quanto riguarda il secondo motivo, afferente alla inosservanza della legge penale in relazione alla conferma del reato di lottizzazione abusiva, correttamente la Corte ha ritenuto la configurabilità del reato in relazione ad una serie di indici inequivoci (numero dei lotti; ridotta dimensione degli stessi;
frazionamento del fondo; qualità personali degli acquirenti che non risultavano essere dediti alla attività agricola: suddivisione di ciascun lotto mediante apposizione di confini e limiti all'accesso;
realizzazione all'interno di ognuno dei lotti di opere edilizie e di urbanizzazione primarie e secondarie (quali la costruzione di stradelle di accesso) idonee ad integrare la tipica ipotesi di lottizzazione materiale.
3.1 Gli odierni ricorrenti sono dunque concorsi nell'attuazione di "una trasformazione edilizia ed urbanistica del territorio" predisposta a conferire (e che effettivamente ha conferito) ad una porzione di esso un assetto diverso da quello pianificato, con modalità non consentite neppure attraverso la predisposizione di un piano attuativo, sicchè deve ritenersi inconferente ogni riferimento all'esistenza di opere di urbanizzazione della zona (comunque inesistente).
3.2 La decisione della Corte distrettuale si pone in linea con il pacifico orientamento della giurisprudenza di questa Corte Suprema che identifica la lottizzazione abusiva c.d. "materiale" (come quella ricorrente nella fattispecie), oltre che nel compimento di atti giuridici specifici quali la suddivisione in lotti di un unico fondo e la loro alienazione a terzi, anche nell'esecuzione di attività materiali come la costruzione di edifici ovvero la realizzazione di opere di urbanizzazione sia primaria che secondaria, allorquando tali atti ed attività risultano finalizzati all'utilizzazione e pianificazione del territorio per scopi edilizi in assenza di un piano di lottizzazione convenzionale e/o di altro strumento equipollente attuativo del piano regolatore generale v. sul tali punti Sez. 3^ 2.3.2004 n. 20661, Repino, Rv. 228608; idem 7.4.2004 n. 20390, Casarin, Rv. 228612; più di recente Sez. 3A 4.11.2014 n. 6180, Di Stefano, Rv. 262387).
3.3 Tale interpretazione trova un preciso riferimento normativo nel D.P.R. n. 380 del 2001, art. 30, comma 1 il quale riproduce il precedente testo contenuto nella Legge fondamentale urbanistica n. 47 del 1985, art. 18 a mente del quale la lottizzazione abusiva c.d.
"materiale" si verifica "quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senza prescritta autorizzazione".
4. Nell'ambito del secondo motivo la difesa ha rilevato l'illegittimità della disposta confisca anche in considerazione dell'avvenuto rilascio del permesso di costruire in sanatoria per tutte le opere realizzate nei singoli lotti: si tratta, tuttavia, di una censura palesemente infondata anzitutto perchè il rilascio della concessione edilizia non equivale affatto all'approvazione ex post della lottizzazione dell'area.
4.1 Come precisato in una ormai risalente pronuncia di questa Corte Suprema (Sez. 3A 1.7.2004 n. 39916, Lamedica ed altri, Rv. 230085) "In tema di lottizzazione abusiva, la sanatoria per condono edilizio delle costruzioni abusive eseguite non è incompatibile con il provvedimento di confisca delle aree lottizzate, mentre esplica influenza a tali effetti l'eventuale autorizzazione a lottizzare concessa in sanatoria, atteso che questa pur non estinguendo il reato di lottizzazione abusiva dimostra "ex post" la conformità della lottizzazione agli strumenti urbanistici e la volontà dell'amministrazione di rinunciare alla acquisizione delle aree al patrimonio indisponibile comunale".
4.2 Va poi aggiunto che l'eventuale autorizzazione ex post a lottizzare non estingue il reato di lottizzazione abusiva, non essendo espressamente prevista come causa estintiva (cfr. Sez. 3A:
6.3.1996, n. 2408, Antonioli e altro; 12.12.1997, n. 11436, Sapuppo ed altri), anche se è stato sottolineato che in evenienze del genere, qualora la sanatoria per la lottizzazione sia stata concessa, ciò può incidere solo sulla confisca che non può essere disposta dal Giudice penale in quanto l'autorità amministrativa competente, riconoscendo ex post la conformità della lottizzazione agli strumenti urbanistici generali vigenti sul territorio, ha inteso evidentemente lasciare il terreno lottizzato alla disponibilità dei proprietari, rinunciando implicitamente ad acquisirlo al patrimonio indisponibile del Comune.
4.3 E' stato, in tale contesto, affermato che il rilascio della concessione in sanatoria per le opere edilizie realizzate sui singoli lotti non è incompatibile con la confisca del terrene lottizzato, poichè il titolo abilitante sopravvenuto legittima soltanto l'opera edilizia che ne costituisce l'oggetto, ma non comporta alcuna valutazione di conformità di tutta la lottizzazione alle scelte generali di pianificazione urbanistica, con la conseguenza che anche il rilascio di una pluralità di concessioni edilizie nell'area interessata da una lottizzazione abusiva "non rende lecita un'attività che tale non è: la concessione non ha, infatti, una funzione strumentale urbanistica di pianificazione dell'uso del territorio" (Sez. 3A, 21.4.1989, a 6160, Greco).
4.4 In conclusione, il rapporto tra la confisca obbligatoria delle opere abusivamente costruite sul terreno lottizzato ed un'eventuale sanatoria delle stesse per "condono edilizio" va visto alla luce delle disposizioni contenute nella L. n. 47 del 1985, art. 35, comma 7 secondo cui "per le costruzioni ed altre opere di cui all'art. 31, comma 1 realizzate in comprensori la cui lottizzazione sarebbe dovuta avvenire a norma della L. 6 agosto 1967, n. 765, art. 8 il versamento dovuto per l'oblazione di cui all'art. 31 non costituisce titolo per ottenere il rilascio della concessione edilizia in sanatoria, che resta subordinata anche all'impegno di partecipare pro quota agli oneri di urbanizzazione dell'intero comprensorio in sede di stipula della convenzione".
4.5 Tale previsione normativa, con il disciplinare le condizioni per la sanatoria soltanto "per le costruzioni e le altre opere", realizzate in comprensorio abusivamente lottizzato, implicitamente esclude l'attività lottizzatoria, come tale, dall'ambito di applicazione della disciplina sanante, riguardante, invece i singoli manufatti realizzati in attuazione del fine lottizzatorio e nell'ambito della lottizzazione, previa valutazione globale dell'attività lottizzatoria secondo il meccanismo previsto dalla L. n. 47 del 1985, art. 29 e art. 35, comma 13, (cfr. Sez. 3^, 20.12.2002, n. 8557, Cicchella A. Rv. 2245167; conforme Sez. 3^ 21.1.2007 n. 9982, Quattrone, Rv. 238982 in riferimento al condono edilizio di cui all'art. 39 della L 23.12.1994 n. 724; Sez. 3^ 39916/04 cit.).
4.6 I richiami giurisprudenziali citati sul punto dalla difesa non appaiono, in ogni caso, pertinenti nè conducenti, in quanto la eventuale revocabilità del provvedimento ablatorio consegue solo all'adozione di un provvedimento esplicito da parte della competente Autorità amministrativa autorizzatorio della lottizzazione: tale circostanza, come già visto in precedenza non si è mai verificata.
5. Sotto un secondo, e più assorbente profilo, la censura è manifestamente infondata in quanto, come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte Suprema, e come si ricava inequivocabilmente dal testo del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 2 la confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere ivi realizzate consegue all'accertamento giudiziale del reato di lottizzazione abusiva, soprattutto nei casi - come quello in esame - di condanna, in quanto ciò che rileva ai fini dell'adozione del provvedimento ablatorio è l'accertamento del reato di lottizzazione abusiva (v. tra le tante, Sez. 3 - 21.11.2007 n. 9982, Quattrone, Rv.
238984; idem 13.7.2009 n. 39078, Apponi ed altri, Rv. 245347; idem 4.2.2013 n. 17066, Volpe ed altri, Rv. 255112).
6. Alla inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di ciascuno di essi anche al versamento della somma, che si ritiene congrua nella misura di Euro 1.000,00, in favore della Cassa delle Ammende, trovandosi essi ricorrenti in colpa nell'avere dato causa all'inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali ed alla somma di Euro 1.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 18 febbraio 2015.