Cass.Pen. Sez. III n. 43235 del 24 ottobre 2023 (UP 11 ott 2023)
Pres. Ramacci Rel. Noviello Ric.Estero ed altri
Urbanistica.Lottizzazione abusiva e confisca possibile anche sulla base delle prove raccolte fino alla dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione
Rileva, anche nel processo relativo alla lottizzazione abusiva, il dovere di immediata declaratoria da parte del giudice della eventuale prescrizione maturata, “in ogni stato e grado del processo”, il che significa che tale declaratoria (e quella delle ulteriori misure connesse, come la confisca) può intervenire a prescindere dalla intervenuta raccolta dell’intero corredo probatorio proposto dalle parti. La scadenza della data di prescrizione se da un lato impone l’immediata dichiarazione della stessa e l’impossibilità di svolgere ulteriori approfondimenti processuali da utilizzare nella valutazione, pur ai soli fini prescrittivi, della lottizzazione contestata, non annulla e tantomeno rende inutilizzabili, per la mancata assunzione entro il termine prescrizionale dell’intero compendio di prove e indizi prospettato all’inizio del processo, gli esiti probatori raccolti in precedenza, che conservano la loro idoneità a fondare il giudizio finale che il giudice è comunque chiamato a formulare. Giudizio che non può che dipendere dalla intrinseca portata dei dati raccolti fino alla maturazione della prescrizione, come tale in grado anche, nei singoli casi concreti, di condurre alla esclusione della rilevazione degli elementi oggettivi e soggettivi della lottizzazione piuttosto che alla loro affermazione. In altri termini, la data di maturazione della prescrizione segna esclusivamente il limite massimo di svolgimento del processo per la raccolta delle prove e quindi segna il perimetro entro cui circoscrivere le prove utilizzabili ai fini del giudizio che il giudice è chiamato a formulare, a seguito dell’intervenuto esercizio della azione penale. Senza che la mancanza del contributo difensivo come anche eventualmente di parte delle prove prospettate dalla accusa possa – di per sé e in via meramente pregiudiziale ed astratta – inficiare in alcun modo la portata degli elementi raccolti, essendo piuttosto necessario che il giudice, ove sancisca la prescrizione del reato, ne illustri la sussistenza secondo una valutazione che dia conto in maniera idonea dei profili oggettivi e soggettivi del reato, anche eventualmente opportunamente rappresentando, in tali casi, la inadeguatezza o sub valenza delle prove proposte della difesa, a fronte del quadro probatorio già ritenuto indissolubilmente raggiunto con le prove assunte prima del termine di prescrizione.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 22 novembre 2022, la corte di appello di Roma, riformando parzialmente la sentenza del tribunale di Rieti del 30.9.2015, dichiarava non doversi procedere nei confronti di taluni coimputati, Ricci Marco, Giorgi Carlo, Torelli Elio, Torelli Guido, Grande Adelaide, Pignocchi Roberto in ordine al reato ex art. 323 cod. pen. di cui al capo d), in relazione a taluni permessi di costruire, perché estinto per prescrizione, e confermava nel resto la sentenza con cui, nei confronti di taluni coimputati, era stata dichiarata l’intervenuta prescrizione dei reati di cui ai capi a), b) e c) riguardanti i reati di cui agli artt. 110 cod. pen. 44 lett. c) in relazione all’art. 30 del DPR 380/01, d) limitatamente a taluni coimputati e talune condotte di abuso di ufficio, nonché e) con riferimento al reato ex art. 479 cod. pen., oltre ad ordinarsi la confisca di immobili rientranti nella lottizzazione comunque rilevata ai predetti ultimi fini.
2. Avverso la predetta sentenza Estero Roberto e Galiffo Francesco Paolo hanno proposto, tramite il proprio difensore di fiducia, ricorso per cassazione, sollevando due motivi di impugnazione.
3. Deducono con il primo, vizi di violazione di legge processuale in relazione agli artt. 581 lett. d) e 591 comma 1 lett. c) cod. proc. pen. con riguardo alla intervenuta statuizione di inammissibilità dell’appello proposto. La corte non avrebbe tenuto conto del motivo di appello n. 2 inerente il tema della confiscabilità dei manufatti, né della successiva memoria integrativa del predetto motivo n. 2 relativa anche essa ai profili di confiscabilità e con cui si chiedeva la revoca della confisca dei terreni e manufatti riconducibili ai due attuali ricorrenti e riguardanti le concessioni edilizie 21/06 e 22/06, rilasciate dal Comune di Toffia. Si osserva, a tale ultimo riguardo, come la questione della richiesta revoca della confisca non poteva essere valutata in termini di inammissibilità, prescindendo essa dalla circostanza che fosse intervenuta una piena assoluzione dal reato piuttosto che una dichiarazione di estinzione per prescrizione dello stesso. Si aggiunge che con il secondo motivo di appello si poneva altresì il tema della intervenuto esaurimento o meno dell’iter dibattimentale prima della intervenuta prescrizione, nonché il tema della perdurante proporzionalità della confisca. Nessuna analisi del contenuto della memoria così elaborata sarebbe stata effettuata.
4. Con il secondo motivo rappresentano il vizio ex art. 606 comma 1 lett. c) cod. proc. pen. in ordine agli artt. 30 e 44 del DPR 380/01 nonché il vizio di motivazione in ordine alla proporzionalità della disposta confisca. La corte non avrebbe esaminato il principio della doverosa dichiarazione in via immediata della prescrizione, con riguardo allo svolgimento di processi inerenti reati di lottizzazione di cui alla sentenza delle SS.UU. 13539 /2020. Si rappresenta che il processo sarebbe invero proseguito oltre la data dell’intervenuta prescrizione proprio per valutare la confiscabilità degli immobili e terreni, e si contesta la tesi della Corte di appello per cui il primo giudice, alla data di intervenuta prescrizione ( 5 giugno 2013) aveva già acquisito un grado di sufficiente certezza del fatto di lottizzazione abusiva al momento della maturazione della prescrizione, perché a tale ultima data si erano esaurite solo le prove proposte dalla Procura, laddove solo successivamente sarebbero stati esaminati i CT della difesa e sentito, attraverso spontanee dichiarazioni, l’imputato Ricci Mario. Quindi, in assenza del contributo probatorio difensivo non si sarebbe potuto accertare alla data del 5 giugno 2013, il fatto lottizzatorio contestato.
Si contesta altresì che con la sentenza di primo grado si sarebbe dimostrato sul piano soggettivo la ricorrenza del reato in capo agli odierni ricorrenti, con riverbero di tale tema in punto di proporzionalità della misura ablatoria. La Corte non avrebbe confutato la dedotta mancanza dell’elemento soggettivo in capo ai due attuali ricorrenti subacquirenti, peraltro emergente da conversazioni richiamate in ricorso e confermata da esiti di giudizi civili, assieme alla mancata valutazione della proporzionalità della confisca. In tale quadro, si conclude rilevando come la corte avrebbe sostenuto la sussistenza di elementi oggettivi e soggettivi della lottizzazione al momento della intervenuta prescrizione senza spendere alcuna argomentazione circa l’elemento soggettivo in capo ai due odierni ricorrenti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Occorre innanzitutto rilevare la inammissibilità della cd. memoria presentata, trattandosi di motivi nuovi, come del resto precisato dai ricorrenti nel corpo iniziale della stessa allorquando si precisa di volere presentare “breve memoria difensiva ad integrazione dei motivi di appello”. Si tratta quindi di motivi tardivamente proposti (in data 19.10.2022), ben oltre il termine di 15 giorni prima dell’udienza di discussione del 21.10.2022 ai sensi dell’art. 585 comma 4 cod. proc. pen. Per cui è possibile tenere conto solo di quei motivi di ricorso che si riportano alle notazioni contenute nell’atto di appello, e nello specifico al secondo motivo di appello. Si tratta di fare applicazione, anche in tema di motivi nuovi, del principio per cui l'inammissibilità dell'impugnazione non rilevata dal giudice dell'appello cautelare deve essere dichiarata dalla Corte di cassazione, quali che siano state le determinazioni cui detto giudice sia pervenuto nella precedente fase processuale, atteso che, non essendo le cause di inammissibilità soggette a sanatoria, esse devono rilevarsi, anche d'ufficio, in ogni stato e grado del procedimento (Sez. 3 - n. 35715 del 17/09/2020 Cc. (dep. 14/12/2020 ) Rv. 280694 – 01).
Entro tali limiti, occorre inoltre distinguere i due temi dedotti dalla difesa, e sostanzialmente presenti in entrambi i motivi di ricorso. Quali le questioni critiche avverso la dichiarazione di inammissibilità dell’appello e quella in tema di dichiarata confisca.
2. Va esaminato innanzitutto il tema della illegittimità della dichiarata inammissibilità dell’appello e della intervenuta dichiarazione di prescrizione nonostante la mancata valutazione del contributo probatorio difensivo. Il motivo è complessivamente infondato.
A tale ultimo proposito le Sezioni Unite di questa Suprema Corte (n. 13539 del 30/01/2020 (dep. 30/04/2020) Rv. 278870 – 01), hanno riaffermato la valenza, rispondente a principi di ordine costituzionale, dell'obbligo di immediata declaratoria della causa di estinzione del reato posto dall'art. 129, comma 1, cod. proc. pen., unicamente derogabile, in melius, dal comma 2 della stessa norma, laddove già risulti con evidenza la sussistenza di una causa di proscioglimento nel merito e, in peius, nel senso, cioè, di consentire ugualmente la prosecuzione del processo ai fini dell'adozione di provvedimenti lato sensu sanzionatori, solo in presenza di norme che espressamente statuiscano in tal senso. In proposito è stato ricordato opportunamente il rilievo, di ordine anche costituzionale, che l'art. 129 cod. proc. pen. riveste anche secondo questa Corte a Sezioni Unite.
Due sono, infatti, secondo quanto affermato in particolare da Sez. U, n. 17179 del 27/02/2002, Conti, Rv. 221403, le funzioni fondamentali che assolve tale norma, la prima essendo quella di favorire l'imputato innocente (o comunque da prosciogliere o assolvere), prevedendo l'obbligo dell'immediata declaratoria di cause di non punibilità "in ogni stato e grado del processo", e, la seconda, quella di agevolare in ogni caso l'exitus del processo, ove non appaia concretamente realizzabile la pretesa punitiva dello Stato; implicita in tali funzioni ve ne sarebbe poi una terza, consistente nel fatto che l'art. 129 cit. rappresenta, sul piano processuale, la proiezione del principio di legalità stabilito sul piano del diritto sostanziale dall'art. 1 cod. pen. Secondo tale prospettiva, «l'art. 129 si muove nella prospettiva di troncare, allorché emerga una causa di non punibilità, qualsiasi ulteriore attività processuale e di addivenire immediatamente al giudizio, anche se fondato su elementi incompleti ai fini di un compiuto accertamento della verità da un punto di vista storico».
Il principio dell'immediata operatività della causa estintiva, fatto salvo il limite dell'evidente innocenza dell'imputato, è dunque il frutto di una scelta legislativa che trova la sua ratio nell'intento di evitare la prosecuzione infruttuosa di un giudizio e nella finalità di assicurare la pronta definizione dello stesso, evitando così esasperati, dispendiosi ed inutili formalismi.
Da qui la conclusione delle Sezioni Unite di questa Corte, per cui “il principio di adozione in via immediata del proscioglimento (in esso compreso quello dovuto ad estinzione del reato) va dunque riaffermato, sicché il giudice di primo grado potrà disporre la confisca solo ove, anteriormente al momento di maturazione della prescrizione, sia stato comunque già accertato, nel contraddittorio delle parti, il fatto di lottizzazione nelle sue componenti oggettive e soggettive……. fermo restando che, una volta intervenuta detta causa, il giudizio non può, in applicazione dell'art. 129, comma 1, cod. proc. pen., proseguire al solo fine di compiere il predetto accertamento. In caso di declaratoria, all'esito del giudizio di impugnazione, di estinzione del reato di lottizzazione abusiva per prescrizione, il giudice di appello e la Corte di cassazione sono tenuti, in applicazione dell'art. 578-bis cod. proc. pen., a decidere sull'impugnazione agli effetti della confisca di cui all'art. 44 del d.P.R. n. 380 del 2001.” (Sez. U, n. 13539 del 30/01/2020 (dep. 30/04/2020 ) Rv. 278870 – 01)..
Alla luce di quanto sinora esposto e della questione sollevata, circa una intervenuta dichiarazione di prescrizione formulata senza tenere conto del contributo difensivo, intervenuto dopo la scadenza del termine di prescrizione, sì da impedire, in sostanza, secondo l’assunto difensivo, un completo accertamento del fatto di lottizzazione, occorre svolgere alcune precisazioni.
Le Sezioni Unite hanno solo escluso che il processo, dopo il maturare del termine di prescrizione possa proseguire per raccogliere ulteriori dati utili per accertare il fatto lottizzatorio in funzione della confisca, a fronte della impossibilità di procedere alla formulazione di alcuna condanna in ragione della intervenuta causa di estinzione.
Nulla tuttavia hanno detto nel senso che il giudizio sulla intervenuta prescrizione del reato (e dunque sulla sussistenza dei suoi elementi costitutivi) e sulla correlata confisca debba presupporre, in ogni caso, di per sé, l’integrale acquisizione di tutte le prove proposte, dalla accusa come dalla difesa.
L’attenzione della Corte si è incentrata, in ragione dei principi richiamati e come sopra riportati, esclusivamente sulla necessità che sia solo il materiale probatorio raccolto prima della scadenza del termine di prescrizione, ovviamente nel pieno rispetto delle garanzie difensive e del contraddittorio, a costituire il parametro del giudizio finale formulato dal giudice in rapporto alla contestata lottizzazione (in funzione tanto della prescrizione che della eventuale confisca).
In tal senso, ovvero nella prospettiva che la dichiarazione di prescrizione possa intervenire correttamente anche solo sulla base della assunzione di parte delle prove ammesse, è indicativa, tra l’altro, la precisazione delle Sezioni Unite che, illustrando la portata, anche in rapporto al giudizio sulla lottizzazione, dell’art. 44 del DPR 380/01, ha avuto cura di precisare che “nessuna lettura della norma costituzionalmente o convenzionalmente orientata nel senso della prosecuzione del processo, a prescrizione maturata, quando non sia stato ancora accertato il fatto appare, dunque, sostenibile”. Con espressione che invero appare rivelare, letta a- contrario, che il predetto accertamento ben potrebbe fondarsi anche solo su parte dell’istruttoria programmata, siccome interrotta dalla intervenuta prescrizione.
Nella predetta prospettiva appare utile anche l’affermazione delle Sezioni Unite di questa Corte, assunta anche essa con la decisione del 2020 già citata, per cui “non possono condurre ad una prosecuzione del giudizio che non abbia già accertato il reato, le norme, (… )che, nell'interpretazione di questa Corte, consentono al giudice, nonostante la declaratoria di proscioglimento, anche di proseguire nel giudizio per determinate specifiche finalità (tra esse annoverandosi l'art. 537 cod. proc. pen., in tema di pronuncia sulla falsità di documenti, e l'art. 301 del d.P.R. n. 43 del 1973 in tema di contrabbando). E' infatti chiaro che tali norme, proprio perché derogatorie rispetto all'art. 129 cod. proc. pen., non possono essere certo considerate esemplificative di un "sistema" in tal senso, tanto più in ragione della peculiarità di situazioni, come quella disciplinata, ad esempio, dall'art. 537 cod. proc. pen. (la cui finalità è quella di evitare la celebrazione di un giudizio civile per accertare la falsità dell'atto), non equiparabili a quella della confisca urbanistica”.
Si vuole, in altri termini, fare osservare, come le Sezioni Unite si sono solo preoccupate di stabilire il perimetro del compendio probatorio eventualmente utilizzabile per addivenire ad una dichiarazione di prescrizione del reato di lottizzazione abusiva, anche ai fini della correlata confisca. Perimetro individuato esclusivamente nel dato cronologico della maturazione del termine massimo di prescrizione del reato ex art. 44 lett. c) e 30 DPR 380/01.
Senza alcuna incidenza sul diverso profilo della tipologia delle prove sino ad allora raccolte, con particolare riferimento alla riconducibilità delle stesse alla proposta probatoria dell’accusa e/o della difesa.
Il tema infatti, autonomo e distinto, dell’accertamento di un reato, attiene piuttosto, per quanto qui di interesse, alla possibilità o meno di acclarare, alla luce delle prove raccolte, la sussistenza o meno degli elementi oggettivo e soggettivo del reato. E in proposito è indiscusso che la stessa prescrizione del reato possa essere dichiarata anche solo in presenza della avvenuta acquisizione di talune delle prove richieste e ammesse, in linea con il chiaro dettato normativo di cui al primo comma dell’art. 129 cod. proc. pen., per cui “in ogni stato e grado del processo, il giudice, il quale riconosce che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato ovvero che il reato è estinto o che manca una condizione di procedibilità, lo dichiara di ufficio con sentenza”.
Ciò che quindi alfine rileva, anche nel processo relativo alla lottizzazione abusiva, è il dovere di immediata declaratoria da parte del giudice della eventuale prescrizione maturata, “in ogni stato e grado del processo”, il che significa, per quanto qui di immediato interesse, che tale declaratoria (e quella delle ulteriori misure connesse, come la confisca) può intervenire a prescindere dalla intervenuta raccolta dell’intero corredo probatorio proposto dalle parti.
Va aggiunto, nel medesimo senso da ultimo evidenziato, che secondo le Sez. U, n. 13539 del 2020, cit., ai fini dell'adozione di un provvedimento di confisca di terreni abusivamente lottizzati, non è necessaria la pronuncia di una sentenza di condanna, ma occorre comunque un «pieno accertamento» del fatto. Ed egualmente questa Corte anche di recente (cfr. in motivazione Sez. 3 - , n. 5816 del 18/01/2022 Rv. 282833 – 01), ha evidenziato come la possibile coesistenza di statuizioni di prescrizione e di confisca risponde ad un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità, ed espressamente ritenuto compatibile sia con i principi costituzionali da Corte cost, sent. n. 49 del 2015, sia con i principi della CEDU da Corte EDU, GC, 28 giugno 2018, G.I.E.M. S.r.l. c. Italia, purché vi sia stato un «pieno accertamento» del fatto. Accezione, questa, che all’evidenza, lo si ripete, non si correla in alcun modo ad una data tipologia di prove da esaminare (tantomeno necessariamente e congiuntamente a tutte quelle proposte dall’accusa e dalla difesa) e tantomeno ad una ritenuta completezza del compendio probatorio come originariamente ammesso dal giudice procedente. Del resto, il principio per cui l’accertamento di un fatto possa avvenire anche solo con parte delle prove prospettate e ammesse, e persino in funzione di condanna, è immanente nel sistema, se solo si pensi alla formale disciplina per cui, seppure a date condizioni, il giudice può anche revocare l’ammissione di prove già ammesse (cfr. art. 190 comma 3 cod. proc. pen.).
Orbene, quanto al caso in esame, nella sentenza impugnata si dà atto, come anche rilevato dalla difesa, dell’intervenuto contributo probatorio difensivo ( in particolare con esame dei CT di parte e dichiarazioni spontanee di un imputato) solo successivamente alla intervenuta maturazione del termine di prescrizione, senza che ciò osti alla rilevazione ovvero accertamento della prescrizione e poi dei presupposti per la lottizzazione.
Per quanto allora sinora osservato, occorre sottolineare come anche nel caso in esame, la scadenza della data di prescrizione se da un lato impone l’immediata dichiarazione della stessa e l’impossibilità di svolgere ulteriori approfondimenti processuali da utilizzare nella valutazione, pur ai soli fini prescrittivi, della lottizzazione contestata, non annulla e tantomeno rende inutilizzabili, per la mancata assunzione entro il termine prescrizionale dell’intero compendio di prove e indizi prospettato all’inizio del processo, gli esiti probatori raccolti in precedenza, che conservano la loro idoneità a fondare il giudizio finale che il giudice è comunque chiamato a formulare.
Giudizio che non può che dipendere dalla intrinseca portata dei dati raccolti fino alla maturazione della prescrizione, come tale in grado anche, nei singoli casi concreti, di condurre alla esclusione della rilevazione degli elementi oggettivi e soggettivi della lottizzazione piuttosto che alla loro affermazione.
In altri termini, la data di maturazione della prescrizione, secondo quanto si evince dalla stessa sentenza della Suprema Corte immediatamente prima citata, segna esclusivamente il limite massimo di svolgimento del processo per la raccolta delle prove e quindi segna il perimetro entro cui circoscrivere le prove utilizzabili ai fini del giudizio che il giudice è chiamato a formulare, a seguito dell’intervenuto esercizio della azione penale.
Senza che la mancanza del contributo difensivo come anche eventualmente di parte delle prove prospettate dalla accusa possa – di per sé e in via meramente pregiudiziale ed astratta – inficiare in alcun modo la portata degli elementi raccolti, essendo piuttosto necessario che il giudice, ove sancisca la prescrizione del reato, ne illustri la sussistenza secondo una valutazione che dia conto in maniera idonea dei profili oggettivi e soggettivi del reato, anche eventualmente opportunamente rappresentando, in tali casi, la inadeguatezza o sub valenza delle prove proposte della difesa, a fronte del quadro probatorio già ritenuto indissolubilmente raggiunto con le prove assunte prima del termine di prescrizione.
Ove poi, le prove difensive non siano state assunte dopo la scadenza del termine di prescrizione oppure, come nel caso in esame, siano state assunte solo dopo il termine di prescrizione, e le stesse non siano state espressamente considerate nel giudizio che abbia portato alla dichiarazione di estinzione per prescrizione – e ciò, occorre sottolinearlo, legittimamente, per quanto sinora osservato circa i limiti di prosecuzione del processo anche per la lottizzazione e considerato che rispetto ad accertamenti da operare in melius per l’imputato si è sempre esclusa da questa Corte la possibilità di prosecuzione a tal fine del processo proprio per il contrasto della stessa con quanto disposto dall'art. 129 cod. proc. pen. (da ultimo, Sez. 3, n. 56059 del 19/09/2017, Marvelli, Rv. 272427 e Sez. 5, n. 5586 del 03/10/2013, Fortunato, Rv. 258875) -, nulla osta a che la difesa possa contestare in sede di impugnazione la valida pregnanza del giudizio di prescrizione. Anche eventualmente rinunziando alla prescrizione per portare ad acquisizione e valorizzazione prove ritenute a sé favorevoli.
Tuttavia, ove non si sia rinunziato alla prescrizione, la contestazione della scelta relativa alla intervenuta prescrizione sarà possibile, è opportuno pure precisarlo, entro i precisi limiti del peculiare statuto difensivo che opera in tali casi, secondo il quale il gravame avverso la sentenza dichiarativa della prescrizione del reato, con cui sia dedotta la sussistenza dei presupposti per l'assoluzione dell'imputato ex art. 129, comma 1, cod. proc. pen., deve connotarsi a pena di inammissibilità per la prospettazione dell'evidenza della causa di non punibilità specificamente invocata, in conformità alla previsione dell'art. 129, comma 2, cod. proc. pen. (in tal senso tra le altre Sez. 3 - , n. 18069 del 20/01/2022 Rv. 283131 – 01).
Tale complessiva ricostruzione va posta a questo punto in rapporto alla critica per cui sarebbe illegittima la dichiarazione di inammissibilità dell’appello, per il mancato esaurimento dell’iter dibattimentale prima della intervenuta prescrizione e in particolare sarebbe erronea la tesi della Corte di appello per cui il primo giudice alla data di intervenuta prescrizione ( 5 giugno 2013) aveva già acquisito un grado di sufficiente certezza del fatto di lottizzazione abusiva al momento della maturazione della prescrizione, perché a tale ultima data si erano esaurite solo le prove proposte dalla Procura, laddove solo successivamente sarebbero stati esaminati i CT della difesa e sentito, attraverso spontanee dichiarazioni, l’imputato Ricci Mario. Cosicchè in assenza del contributo probatorio difensivo non si sarebbe potuto accertare alla data del 5 giugno 2013, il fatto lottizzatorio contestato.
L'assunto difensivo è errato, alla luce di quanto sino ad ora rappresentato circa l’irrilevanza in sé, rispetto all’accertamento di intervenuta prescrizione, della mancata acquisizione di talune prove difensive o della loro acquisizione dopo il termine di prescrizione, e anche in ragione del fatto per cui, a fronte del giudizio di prescrizione si impone, per chi proponga impugnazione, un ancor più specifico onere di specificità, quale quello di evidenziare dati ed elementi che lascino emergere ictu oculi le ragioni giustificatrici della invocata assoluzione nel merito.
E invero, da una parte i ricorrenti – che non hanno rinunziato alla prescrizione - si sono limitati a invocare semplicemente il mancato completamento della ammessa istruttoria dibattimentale, che per quanto detto non costituisce circostanza di per sé astrattamente dirimente nel senso di impedire un valido giudizio di intervenuta prescrizione del reato. Dall’altra, in ogni caso, la predetta invocazione risulta del tutto generica, in assenza della doverosa specifica indicazione delle ragioni per cui il compendio probatorio valutato dai giudici ai fini della rilevata prescrizione sarebbe stato inadeguato per l’accertamento ad essa funzionale. Dall’altra, ancor più specificamente, gli imputati nel sostenere la propria innocenza si sono astenuti dal rappresentarne l’ “evidenza”, limitandosi ad invocare contenuti di conversazioni – peraltro non allegate integralmente ma solo per stralcio, in violazione del principio per cui sono inammissibili, per violazione del principio di autosufficienza e per genericità, quei motivi che riportano meri stralci di singoli brani di prove dichiarative, estrapolati dal complessivo contenuto dell'atto processuale al fine di trarre rafforzamento dall'indebita frantumazione dei contenuti probatori, o, invece, procedono ad allegare in blocco ed indistintamente le trascrizioni degli atti processuali, postulandone la integrale lettura da parte della Suprema Corte (Sez. 1, n. 23308 del 18/11/2014 (dep. 29/05/2015 ) Rv. 263601 – 01) – a fronte di una ben più complessa motivazione in ordine all’elemento psicologico del reato, che valorizza (pag. 14) non solo conversazioni bensì, e ancor prima di esse, un quadro, analiticamente spiegato, di piena conoscenza, da parte degli imputati, della macroscopica illegittimità dei titoli rilasciati per fabbricati ad evidente destinazione agricola.
Consegue l’inammissibilità dei motivi relativi alla critica alla intervenuta dichiarazione di inammissibilità dell’atto di appello, anche con riguardo alla tematica dei confini in cui è possibile rilevare la intervenuta prescrizione del reato di lottizzazione.
3. Quanto alle censure in tema di confisca, si osserva quanto segue. Innanzitutto la corte, diversamente da quanto prospettato dalla difesa, ha ritenuto nella sostanza (cfr. pag. 21) di limitare la dichiarazione di inammissibilità ai soli profili in tema di prescrizione del reato con riguardo al piano della responsabilità personale penale. Avendo invece espressamente e puntualmente affrontato il tema sollevato da taluni imputati, tra cui gli odierni ricorrenti, della revoca della disposta confisca.
Tanto precisato, dalla complessiva sentenza impugnata, conforme a quella di primo grado con cui si integra, come già in precedenza illustrato emerge una puntuale, attenta oltre che sicura ed analitica considerazione non solo dell’oggetto del reato, bensì anche del profilo soggettivo del medesimo, con riguardo pure ai due odierni imputati, come sopra già osservato, per cui la corte di appello ha analizzato tale aspetto superando con chiarezza le deduzioni di gravame (invocanti la rilevanza di provvedimenti cautelari in sede civile e di conversazioni interrcettate) in tema di ritenuta buona fede, elaborando chiari riferimenti contrastanti tale tesi (in tema di macroscopica evidenza delle violazione urbanistiche e correlata conoscenza delle stesse oltre che in tema di conversazioni ritenute rivelatrici del ritenuto consapevole coinvolgimento nel reato), e rispetto ai quali ben trova applicazione il principio per cui, con specifico riguardo ai vizi di mancanza, illogicità e contraddittorietà della motivazione, essi devono essere di spessore tale da risultare percepibili ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità vertere su difetti di macroscopica evidenza, mentre rimangono ininfluenti le minime incongruenze e si devono considerare disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico ed adeguato le ragioni del convincimento senza vizi giuridici (cfr., Sez. un., n. 24 del 24 novembre 1999, Rv. n. 214794; Sez. un., n. 12 del 31 maggio 2000, Rv. n. 216260; Sez. un., n. 47289 del 24 settembre 2003, Rv. n. 226074). Da qui anche l’insussistenza di ogni vizio di mancata valutazione di proporzionalità della confisca (per vero rivendicata solo nei motivi nuovi) rispetto ai ricorrenti quali terzi acquirenti di buona fede, stante l’affermata consapevole loro partecipazione nel reato.
4.Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che i ricorsi debbano essere rigettati con conseguente onere per i ricorrenti, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende
Così deciso il 11/10/2023