Cass. Sez. III n. 28747 del 21 giugno 2018 (Ud 11 mag 2018)
Presidente: Di Nicola Estensore: Ramacci Imputato: Pellegrino
Urbanistica.Fiscalizzazione illecito edilizio
La disciplina prevista dall'art. 34, comma secondo, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, cosiddetta procedura di fiscalizzazione dell'illecito edilizio, trova applicazione, in via esclusiva, per gli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire, e non equivale ad una "sanatoria" dell'abuso edilizio, in quanto non integra una regolarizzazione dell'illecito e non autorizza il completamento delle opere realizzate
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, con ordinanza del 30/10/2017 ha respinto l’appello presentato nell’interesse di Raffaele PELLEGRINO avverso il provvedimento in data 21/7/2017 del Giudice per le indagini preliminari, reiettivo della richiesta di dissequestro di un immobile già sottoposto a vincolo cautelare reale per difformità dal permesso di costruire e mancanza della prescritta autorizzazione sismica.
Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione tramite il proprio difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2. Con un unico motivo di ricorso lamenta che il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto privi di efficacia il “permesso di costruire a sanatoria ai sensi dell’art. 34, comma 2 d.P.R. 380\01 e dell’autorizzazione sismica in sanatoria”, rilevando come il primo titolo abilitativo riguarderebbe esclusivamente la non conforme distanza dai confini e dai fabbricati vicini e che entrambi i titoli in sanatoria conseguiti costituirebbero fatti nuovi rilevanti ai fini della revoca del sequestro.
Rileva inoltre il vizio di motivazione in ordine alla dedotta insussistenza delle esigenze cautelari.
Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Occorre preliminarmente rilevare che, per quanto è dato desumere dal tenore del ricorso e dell’ordinanza impugnata, unici atti ai quali questa Corte ha accesso, in mancanza di indicazioni sul contenuto della provvisoria incolpazione, l’immobile cui si riferiscono i titoli abilitativi richiamati dovrebbe essere stato sottoposto a sequestro perché difforme dal permesso di costruire n. 28\2015 e realizzato in violazione della disciplina antisismica.
Inoltre, secondo quanto specificato in ricorso, per gli interventi abusivamente realizzati sarebbe stato rilasciato un “ permesso di costruire a sanatoria ai sensi dell’art. 34, comma 2 d.P.R. 380\01” ed un ulteriore titolo, definito “autorizzazione sismica in sanatoria” (n. 233/2017).
Nell’ordinanza impugnata, invece, si fa rifermento alla procedura di fiscalizzazione di cui al menzionato art. 34 d.P.R. 380\01, con conseguente versamento, da parte dell’interessato, della somma stabilita dall’amministrazione.
3. Ciò posto, il Tribunale ha escluso ogni effetto sanante alla procedura di fiscalizzazione, rilevando come l’intervento edilizio debba essere unitariamente considerato e ricordando anche che l’unica sanatoria possibile è quella di cui all’art. 36 d.P.R. 380\01.
L’assunto è corretto.
4. La sanatoria disciplinata dagli articoli 36 e 45 d.P.R. n. 380/01 (e, in precedenza, dagli artt. 13 e 22 legge n. 47 del 1985) è destinata, in via generale, al recupero degli interventi abusivi previo accertamento della conformità degli stessi agli strumenti urbanistici generali e di attuazione, nonché alla verifica della sussistenza di altri requisiti di legge, specificamente individuati.
In base al menzionato articolo 36, la sanatoria può essere ottenuta quando l'opera eseguita in assenza del permesso sia conforme agli strumenti urbanistici generali e di attuazione approvati o non in contrasto con quelli adottati, tanto al momento della realizzazione dell'opera, quanto al momento della presentazione della domanda, che può avvenire fino alla scadenza dei termini di cui agli articoli 31, comma 3, 33, comma 1, 34, comma 1, e, comunque, fino all'irrogazione delle sanzioni amministrative.
Sulla richiesta di sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale deve pronunciarsi - con adeguata motivazione - entro sessanta giorni, trascorsi inutilmente i quali la domanda si intende respinta.
L'istanza è subordinata, inoltre, al pagamento di una somma a titolo di oblazione, secondo le modalità descritte nello stesso articolo.
In base a quanto espressamente disposto dall'articolo 45, il rilascio della sanatoria «estingue i reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti», con esclusione, quindi, di altri reati eventualmente concorrenti.
Inoltre, il rilascio del provvedimento di sanatoria consegue ad un'attività vincolata della P.A., consistente nell'applicazione alla fattispecie concreta di previsioni legislative ed urbanistiche a formulazione compiuta e non elastica, che non lasciano all'Amministrazione medesima spazi per valutazioni di ordine discrezionale.
Va altresì ricordato che questa Corte ha pure escluso l'ammissibilità di una «sanatoria parziale», dovendo l'atto abilitativo postumo contemplare gli interventi eseguiti nella loro integrità (cfr.. Sez. III n. 19587, 18 maggio 2011; n. 45241, 5 dicembre 2007, non massimata; Sez. 3, n. 291 del 26/11/2003 (dep.2004), P.M. in proc. Fammiano, Rv. 226871).
Diversamente, l’art. 34 d.P.R. 380\01 si riferisce agli interventi ed alle opere realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire, che sono rimossi o demoliti a cura e spese dei responsabili dell'abuso entro il termine congruo fissato dalla relativa ordinanza del dirigente o del responsabile dell'ufficio e, decorso tale termine, sono rimossi o demoliti a cura del comune e a spese dei medesimi responsabili dell'abuso.
Quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, il dirigente o il responsabile dell'ufficio applica una sanzione pari al doppio del costo di produzione, stabilito in base alla legge 27 luglio 1978, n. 392, della parte dell'opera realizzata in difformità dal permesso di costruire, se ad uso residenziale, e pari al doppio del valore venale, determinato a cura della agenzia del territorio, per le opere adibite ad usi diversi da quello residenziale.
Le disposizioni dell’articolo si applicano anche agli interventi edilizi di cui all'articolo 23, comma 1, eseguiti in parziale difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività.
Come è stato già chiaramente affermato da questa Corte, il provvedimento adottato dall'autorità amministrativa a norma dell’art. 34, comma 2 citato trova applicazione solo per le difformità parziali e, in ogni caso, non equivale ad una sanatoria, atteso che non integra una regolarizzazione dell'illecito ed, in particolare, non autorizza il completamento delle opere, considerato che le stesse vengono tollerate, nello stato in cui si trovano, solo in funzione della conservazione di quelle realizzate legittimamente (così, Sez. 3, n. 19538 del 22/4/2010, Alborino, Rv. 247187. Conf. Sez. 3, n. 24661 del 15/4/2009, Ostuni, Rv. 244021; Sez. 3, n. 13978 del 25/2/2004, Tessitore, Rv. 228451).
5. Tali principi sono pienamente condivisi dal Collegio dovendosi pertanto ribadire che la disciplina prevista dall'art. 34, comma secondo, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, cosiddetta procedura di fiscalizzazione dell'illecito edilizio, trova applicazione, in via esclusiva, per gli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire, e non equivale ad una "sanatoria" dell'abuso edilizio, in quanto non integra una regolarizzazione dell'illecito e non autorizza il completamento delle opere realizzate.
6. Va inoltre osservato che, parimenti, va esclusa ogni efficacia estintiva delle violazioni della disciplina antisismica quale conseguenza del rilascio di autorizzazioni postume a sanatoria.
Sul punto la giurisprudenza di questa Corte è uniforme (v., ex pl., Sez. 3, n. 11271 del 17/2/2010; Braccolino, Rv. 246462; Sez. 3, n. 19256 del 13/4/2005, Cupelli, Rv. 231850; Sez. 3, n. 1658 del 1/12/1997 (dep.1998), Agnesse, Rv. 209571) e le esclusioni individuate dalla condivisibile lettura della disciplina in esame hanno superato anche il vaglio della Corte Costituzionale (Corte Cost. sent. 149 del 30 aprile 1999).
7. Per ciò che riguarda, infine, il dedotto vizio di motivazione, la relativa censura è inammissibile, in quanto l’articolo 325 cod. proc. pen. consente il ricorso per cassazione avverso le ordinanze emesse a norma dell’articolo 322-bis cod. proc. pen. solamente per violazione di legge.
Sul punto si sono espresse anche le Sezioni Unite di questa Corte le quali, richiamando la giurisprudenza costante, hanno ricordato che “…il difetto di motivazione integra gli estremi della violazione di legge solo quando l'apparato argomentativo che dovrebbe giustificare il provvedimento o manchi del tutto o risulti privo dei requisiti minimi di coerenza, di completezza e di ragionevolezza, in guisa da apparire assolutamente inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dall'organo investito del procedimento” (Sez. U, n. 25932 del 29/5/2008, Ivanov, Rv. 239692. Conf. Sez. 5, n. 43068 del 13/10/2009, Bosi, Rv. 245093. V. anche Sez. 2, n. 18951 del 14/3/2017, Napoli e altro, Rv. 269656; Sez. 6, n. 6589 del 10/1/2013, Gabriele, Rv. 254893).
8. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla declaratoria di inammissibilità consegue l’onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di euro 2.000,00
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 11/5/2018