Cass. Sez. III n. 23474 del 5 giugno 2009 (Ud. 30 apr 2009)
Pres. Lupo Est. Sensini Ric. De Santis ed altro
Urbanistica. Falso (planimetrie ed elaborati grafici)
L’idoneità offensiva della condotta di falso deve essere valutata, ai fini della eventuale sussistenza dì un falso “innocuo”, con riguardo alle circostanze del caso concreto e con criterio “ex ante”, a nulla rilevando che dalla condotta non sia scaturito un effettivo inganno della Pubblica Amministrazione. Siffatto accertamento, in tema di falso ideologico, va riferito al significato ed al valore dell’atto di cui si controverte, e non alla verifica degli effetti che a quell’azione conseguono, in quanto successivi e comunque estranei agli clementi costitutivi della fattispecie.
Le planimetrie e gli elaborati grafici, presentati a corredo di una richiesta di autorizzazione e redatte dall’esercente una professione necessitante di una speciale abilitazione dello Stato, hanno natura di “certificato”, poiché assolvono alla funzione di dare all’autorità competente una esatta rappresentazione della realtà e, quindi, di provare la verità di quanto in essi affermato
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. LUPO Ernesto - Presidente - del 30/04/2009
Dott. FIALE Aldo - Consigliere - SENTENZA
Dott. FRANCO Amedeo - Consigliere - N. 00949
Dott. AMORESANO Silvio - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. SENSINI Maria Silvia - Consigliere - N. 021351/2008
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) DE SANTIS MAURIZIO N. IL 21/05/1950;
2) SCHIAVO GENNARO N. IL 01/01/1948;
avverso SENTENZA del 31/03/2008 CORTE APPELLO di SALERNO;
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. SENSINI MARIA SILVIA;
Udito il Procuratore Generale in persona Dott. Izzo Gioacchino che ha concluso per l'annullamento con rinvio.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1 - Il Tribunale di Salerno, con sentenza in data 11/10/2005, affermava la penale responsabilità di Spinelli Rita, Iuliani Stefania, Sessa Vincenzo, Francese Adelaide e De Santis Maurizio (attuale ricorrente) in relazione ai reati di cui all'art.110 c.p., L. n. 47 del 1985, art. 20, lett. b) e c) e - avuto
riguardo alle posizioni del De Santis e di Schiavo Gennaro (quest'ultimo anch'egli ricorrente) - anche in relazione al reato di cui all'art. 481 c.p.. Per una migliore comprensione dei fatti, va premesso che la vicenda si ricollega alla lottizzazione - ritenuta illegittima dal Tribunale - di un'area di circa 13.000 mq, sita nella zona industriale di Salerno. Si contestava, in particolare, che la Spinelli quale proprietaria dell'area suddetta nonché amministratrice della "S.M.I.I. s.r.l.", la Iuliani quale amministratrice della "Floriana s.r.l.", il De Santis quale direttore dei lavori, avevano lottizzato illegittimamente detta area, senza la relativa autorizzazione. In particolare, i predetti avevano proceduto alla suddivisione della stessa - originariamente acquisita dalla Spinelli mediante "atti di adesione a procedura espropriativa" promossa dall'A.S.I. (Area di Sviluppo Industriale) di Salerno, per la realizzazione di un impianto per la produzione di prodotti farmaceutici e, successivamente, per la costruzione di centro medico- chirurgico polifunzionale, di un fabbricato da destinare all'editoria medica e per la ristrutturazione di tre corpi di fabbrica preesistenti, da utilizzare in proprio - in tre lotti indipendenti, di superficie rispettivamente di circa mq. 7.000-4.000 e 2.000, mediante la realizzazione di muri in c.a., sormontati da recinzione metallica, che li rendevano indipendenti anche per quanto concerneva l'accesso.
I primi Giudici ritenevano integrato il reato di lottizzazione abusiva sotto il duplice profilo materiale, in quanto si erano costruiti i muretti di recinzione senza alcuna autorizzazione comunale, senza il nulla - osta dell'A.S.I. ed in violazione della normativa urbanistica, e giuridico, perché ai lotti così ottenuti si erano date destinazioni del tutto incompatibili sia con il nulla- osta A.S.I., sia con quanto autorizzato dal Comune di Salerno con concessione n. 30/1998: il fabbricato nuovo, che doveva ospitare il centro medico polifunzionale, non era stato realizzato; il capannone, che avrebbe dovuto ospitare l'attività di editoria medica, era stato costruito, ma aveva avuto una destinazione diversa da quella prevista dalla convenzione con l'A.S.I. e dalla concessione del Comune, in quanto, previa edificazione di opere abusive, e malgrado il divieto di alienare fatto alla società "S.M.I.I. s.r.l.", vi era stata installata una grossa officina per la riparazione di autoveicoli (per tale capannone era stato stipulato un contratto preliminare di compravendita con la società "Floriana s.r.l"). Infine, i tre corpi di fabbrica preesistenti, che secondo il nulla-osta dell'A.S.I. e la relativa concessione, dovevano essere adibiti ad attività di supporto al Centro Medico Polifunzionale, erano stati locati a studi professionali, con evidente intento speculativo.
Osservava il Tribunale che, relativamente ai reati di cui alla L. n.47 del 1985, art. 20, lett. b) (capi B) e C) della rubrica), non
poteva essere riconosciuto alcun effetto estintivo della procedura amministrativa attivata, trattandosi di opere eseguite nell'ambito di una lottizzazione abusiva.
Sussistente doveva ritenersi anche il reato di cui all'art. 481 c.p. a carico del De Santis e dello Schiavo in quanto i predetti, nella loro qualità di progettisti, avevano rappresentato sugli allegati progettuali relativi allo stato dei lavori a tutto il 20/3/2002, a corredo dell'istanza di concessione in sanatoria L. n.47 del 1985, ex art. 13, avanzata nell'interesse della "S.M.I.I.
s.r.l.", una falsa situazione dei luoghi, segnatamente omettendo di rappresentare l'esistenza di un muretto in c.a., sormontato da recinzione metallica, atto a delimitare il lotto di circa mq. 1.800, comprendente i tre fabbricati preesistenti, e quello di circa mq. 4.600 del costruendo centro medico.
2 - Con la sentenza impugnata, la Corte di Appello di Salerno, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, assolveva gli imputati, "perché il fatto non sussiste", dal reato di lottizzazione abusiva (capo a) della rubrica); dichiarava non doversi procedere in relazione ai reati edilizi perché estinti per definizione in via amministrativa; relativamente al reato di cui all'art. 481 c.p., confermava la condanna per Schiavo Gennaro a mesi 1 di reclusione e rideterminava quella a carico del De Santis in mesi 4 di reclusione, con il beneficio, per entrambi, della sospensione condizionale della pena.
Disponeva il dissequestro dell'area e condannava gli imputati al risarcimento dei danni in favore del comune di Salerno, costituitosi parte civile.
In particolare, con riferimento al reato di cui alla L. n. 47 del 1985, art. 20, lett. c), la Corte di merito ne escludeva la
sussistenza in quanto il tipo di insediamenti realizzati non contrastava con le previsioni del piano e perché si verteva nell'ipotesi di lotto intercluso (e/o di completamento), in area completamente urbanizzata. Prevedendo il Piano consortile che la zona in oggetto si qualificasse come zona "D 4 mista", all'interno di essa potevano essere localizzati sia interventi di piccola industria, sia interventi di commercio e terziario.
A differenti conclusioni la Corte di Appello perveniva in relazione al reato di falso, ritenuto pienamente sussistente, essendo indubbia l'omissione materiale sui grafici della reale situazione dei luoghi - non risultando riportati i muretti - ed altrettanto evidente l'importanza che gli stessi assumevano, ai fini della definizione dell'avvenuta o meno trasformazione del territorio. 3. Avverso la sentenza della Corte territoriale hanno proposto ricorso per Cassazione De Santis e Schiavo, a mezzo del difensore, deducendo:
3.1) violazione di legge in relazione agli artt. 49 e 481 c.p. e manifesta illogicità della motivazione. Pure al cospetto di un falso astrattamente idoneo ad ingannare il pubblico, il giudice è tenuto comunque ad accertare i possibili effetti della paventata falsità rispetto alla concreta situazione giuridica. Con la conseguenza che laddove il falso si riveli privo di qualsiasi concreta incidenza sulla sfera giuridica di chicchessia, lo stesso deve essere valutato penalmente irrilevante in quanto innocuo, come di recente ritenuto dalla Cassazione a Sezioni Unite nella sentenza n. 46982/2007. Nella specie, l'omessa rappresentazione grafica dei muretti ai fini del rilascio del titolo in sanatoria era del tutto irrilevante, avendo la Corte territoriale escluso il reato di lottizzazione abusiva e dato atto che il tipo di insediamenti realizzati non contrastava con le previsioni di piano. La Corte territoriale aveva affermato la sussistenza del falso, senza accertare in concreto se la società istante avesse comunque diritto alla sanatoria dei lavori abusivi e senza valutare appieno l'inesistenza della falsa rappresentazione dei luoghi, in quanto la tavola 1 andava letta congiuntamente alle tavole 4 bis e 5 bis e la tavola 5 bis esponeva una completa rappresentazione fotografica di tutte le opere realizzate sull'area della "S.M.I.I. s.r.l." ed, in particolare, il muretto di cui si assumeva la mancata rappresentazione nella tavola 1;
3.2) illogicità della motivazione e travisamento della prova in quanto la Corte aveva proceduto ad un'inammissibile ed arbitraria lettura atomistica degli allegati progettuali, sul solo rilievo formale della omessa rappresentazione del muro nella tavola 1, senza considerare che la tavola 1 rappresentava la planimetria generale di luoghi, mentre le ulteriori tavole fornivano la rappresentazione di dettaglio, in via fotografica, di tutte le opere presenti sull'area alla data di aprile 2002;
3.3) difetto di motivazione sull'elemento soggettivo del reato, tanto più che la Corte di merito aveva dato atto della insussistenza della causale indicata dal Tribunale a giustificazione della prova dell'elemento soggettivo;
3.4) difetto di motivazione in ordine alla concedibilità o meno ai ricorrenti delle attenuanti generiche, pur richieste con i motivi di appello. Si chiedeva l'annullamento della sentenza. MOTIVI DELLA DECISIONE
4 - Il primo motivo di ricorso va rigettato perché infondato. 4.1 - Per "falso innocuo", secondo la stessa pronuncia di questa Corte a Sezioni Unite n. 46982/2007 - richiamata dai ricorrenti - deve intendersi il falso che risulti "inoffensivo per la concreta inidoneità ad aggredire gli interessi da esso potenzialmente minacciati": con conseguente necessità, per l'interprete, di un accertamento in concreto, in relazione alle peculiarità del singolo caso, onde verificare i possibili effetti della falsità con riferimento a quella determinata situazione giuridica interessata dalla falsità stessa.
Tuttavia, il concetto di "concreta inidoneità a ledere gli interessi potenzialmente minacciati dal falso" non può tradursi in un'indebita esclusione dello stesso tutte le volte in cui, in concreto, per una qualsiasi ragione, la falsità non abbia esplicato i suoi effetti. Al contrario, per "concreta inidoneità", deve intendersi l'effettiva e concreta mancanza di un'esposizione a pericolo di quei beni che la norma penale intende tutelare: il che si verifica esclusivamente quando il falso non abbia "concretamente" la capacità di conseguire uno scopo antigiuridico, in quanto l'infedele rappresentazione ovvero la compiuta alterazione della situazione rappresentata appaiano del tutto irrilevanti ai fini del significato dell'atto e del suo valore probatorio e, pertanto, inidonee al conseguimento delle finalità che con l'atto falso si intendevano raggiungere.
Va, pertanto, ribadito in questa sede il principio secondo cui l'idoneità offensiva della condotta di falso deve essere valutata, ai fini della eventuale sussistenza di un falso "innocuo", con riguardo alle circostanze del caso concreto e con criterio "ex ante", a nulla rilevando che dalla condotta non sia scaturito un effettivo inganno della Pubblica Amministrazione. Siffatto accertamento, in tema di falso ideologico, va riferito al significato ed al valore dell'atto di cui si controverte, e non alla verifica degli effetti che a quell'azione conseguono, in quanto successivi e comunque estranei agli elementi costitutivi della fattispecie (cfr., in termini, Cass. Sez. 6, 21/1/2005 n. 12175, Tarricone ed altri; Sez. 5, 22/10/1993, Amalfi). Nessun dubbio può, inoltre, sussistere sulla significativa rilevanza della omissione in oggetto. Secondo il prevalente indirizzo giurisprudenziale, le planimetrie e gli elaborati grafici, presentati a corredo di una richiesta di autorizzazione e redatte dall'esercente una professione necessitante di una speciale abilitazione dello Stato, hanno natura di "certificato", poiché assolvono alla funzione di dare all'autorità competente una esatta rappresentazione della realtà e, quindi, di provare la verità di quanto in essi affermato (cfr. Cass. Sez. 5, 7/12/2007 n. 3146, P.C. in proc. Sechi ed altro;
Sez. 5, 21/3/2006 n. 15860, Stivalini ed altro; Sez. 5, 8/3/2000 n. 5098, Stenico ed altri). Non rientrano, per contro, nella nozione di "certificati" quegli atti che, nell'ambito di un procedimento amministrativo per il rilascio di un'autorizzazione, non hanno la funzione di dare alla Amministrazione un'esatta informazione su circostanze di fatto e, quindi, di provare la verità di quanto in essi affermato, essendo semplicemente espressivi di un giudizio, di valutazioni e convincimenti soggettivi, sia pure erronei, ma che non alterano i fatti (cfr. Cass. Sez. 2,12/12/2006 n. 3628, Pinto). I giudici del merito, nel compiere l'accertamento di fatto concernente la concreta idoneità del falso de quo, si sono attenuti a tale principio, rilevando come l'omissione materiale sugli elaborati grafici della reale situazione dei luoghi apparisse sicuramente rilevante, avuto riguardo alle circostanze del caso concreto, soprattutto in considerazione dell'importanza che i muretti assumevano ai fini della definizione dell'avvenuta o meno trasformazione del territorio e del rispetto delle prescrizioni impartite. Nel caso specifico, oltretutto, la documentazione era a corredo di un'istanza di concessione in sanatoria anche L. n. 47 del 1985, ex art. 13 (ora D.P.R. n. 380 del 2001, art. 36), istituto
qualificato da una fondamentale verifica di conformità dell'opera agli strumenti urbanistici vigenti, sia al momento della realizzazione dell'intervento che in quello della richiesta, e la mancata rappresentazione di muretti che separino o frazionino aree all'interno di uno stesso lotto non può non incidere sulla valutazione dei parametri urbanistici, ad esempio, in merito alla superficie minima del lotto stesso, agli indici, etc.. 4.2 - Con il secondo motivo di ricorso, i ricorrenti deducono travisamento della prova per avere i giudici del merito proceduto ad una valutazione atomistica e non unitaria degli allegati progettuali, dal momento che i rilievi fotografici documentavano esattamente lo stato dei luoghi.
La censura non ha pregio, avendo la Corte di merito correttamente posto in luce che in alcun modo i rilievi fotografici potevano sostituire quelli grafici e che, comunque, le foto erano state prodotte dopo la richiesta di integrazione documentale, avanzata dalla Pubblica Amministrazione (cfr. pag. 9 sent. impugnata). 4.3 - Del pari infondata è la doglianza relativa al preteso difetto di motivazione in punto di sussistenza dell'elemento soggettivo del reato di cui all'art. 481 c.p.. In tema di falso ideologico, ai fini della configurabilità dell'elemento soggettivo, è sufficiente il dolo generico che si concreta nella volontarietà della dichiarazione falsa, con la consapevolezza del suo carattere inveritiero.
Del tutto irrilevanti sono, pertanto, le ragioni che hanno determinato il soggetto ad operare la falsa attestazione, rimanendo, conseguentemente, estranea ogni indagine volta alla volontà dell'agente di favorire se stesso o altri (cfr., ex multis, Cass. Sez. 5, 24/1/2005 n. 6820, P.C. in proc. Incaminato). La Corte di Appello, pur avendo escluso la pretesa causale di quella omissione (vale a dire, la lottizzazione abusiva), non ha, tuttavia, mancato di evidenziare - e ciò deve ritenersi sufficiente ai fini della configurabilità del dolo - che una tale, rilevante omissione non poteva sfuggire agli attuali ricorrenti, attesa, da un lato, la loro qualità di progettisti; dall'altro, l'importanza che il dato omesso rivestiva ai fini dell'avvenuta o meno trasformazione del territorio e del rispetto delle prescrizioni impartite. 4.4 - Fondato è, per contro, l'ultimo motivo di gravame, relativo al difetto di motivazione in punto di concedibilità o meno ai ricorrenti delle attenuanti generiche. A tale riguardo si rileva come sia graficamente assente, nella sentenza impugnata, una qualsivoglia argomentazione da parte dei giudici di secondo grado, ne', ovviamente, a tale carenza può supplirsi con il richiamo alla pronuncia del Tribunale, sia perché in buona parte riformata dalla Corte territoriale, sia perché la relativa censura è stata, con apposito ed articolato motivo di gravame, riproposta con i motivi di appello. Relativamente a tale omessa pronuncia, la sentenza impugnata va annullata, con rinvio alla Corte di Appello di Napoli. Il ricorso va rigettato nel resto.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE annulla la sentenza impugnata limitatamente alla mancata decisione
sulla concessione delle circostanze attenuanti generiche. Rigetta il ricorso nel resto.
Rinvia alla Corte di Appello di Napoli.
Così deciso in Roma, il 30 aprile 2009.
Depositato in Cancelleria il 5 giugno 2009