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Sez. 3, Sentenzan. 23980 del 26/05/2004 (Cc. 12/02/2004 n.00206 ) Rv. 228686
Presidente: Savignano G. Estensore: Fiale A. Imputato: P.M. in proc. Signorini. P.M. Consolo S. (Conf.)
(Annulla in parte con rinvio, Trib.riesame Napoli, 22 settembre 2003)
BELLEZZE NATURALI (PROTEZIONE DELLE) - IN GENERE - Reato di cui all'art. 163 del D.Lgs. n. 490 del 1999 - Esecuzione di opere - Nozione di opere - Individuazione.
CON MOTIVAZIONE

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Massima (Fonte CED Cassazione)
In tema di tutela delle zone paesistiche, configura il reato di cui all'art. 163 del D.Lgs. 29 ottobre 1999 n. 490, ora sostituto dall'art. 181 del decreto legislativo 22 gennaio 2004 n. 42 (cosiddetto codice Urbani), ogni modificazione dell'assetto del territorio, in assenza di autorizzazione, attuata attraverso qualsiasi opera non soltanto edilizia ma di qualunque genere, atteso che con le disposizioni in questione si è inteso assicurare una immediata informazione ed una preventiva valutazione da parte della pubblica amministrazione dell'impatto sul paesaggio di ogni tipo di intervento intrinsecamente idoneo a comportare modificazioni ambientali e paesaggistiche.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. SAVIGNANO Giuseppe - Presidente - del 12/02/2004
Dott. ZUMBO Antonio - Consigliere - SENTENZA
Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere - N. 206
Dott. GRILLO Carlo M. - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. FIALE Aldo - Consigliere - N. 42041/2003
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli;
avverso l'ordinanza 22.9.2003 del Tribunale per il riesame di Napoli pronunciata nei confronti di:
SIGNORINI PAOLO, n. a Napoli il 22.9.1939;
Sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FIALE Aldo;
udito il Pubblico Ministero nella persona del Dott. CONSOLO S. che ha concluso per l'annullamento con rinvio della ordinanza impugnata limitatamente al reato di cui all'art. 163 D.lgs. n. 490/1999. FATTO E DIRITTO
Con ordinanza del 22.9.2003 il Tribunale di Napoli - in accoglimento dell'istanza di riesame proposta nell'interesse di Signorini Paolo - annullava il decreto 29.7.2003 con cui il G.I.P. di quello stesso Tribunale aveva disposto il sequestro preventivo di due piazzali delle dimensioni di mi 50 x 10 realizzati in un'area circostante l'albergo "Cassar Augustus" di Anacapri utilizzando materiali di risulta (provenienti da lavori di ristrutturazione di un fabbricato, denominato Villa California, appartenente al complesso alberghiero) consistenti in materassi, materiale ferroso, porte, bottiglie in plastica ed altro, deturpando in tal modo parte della proprietà che si affaccia sul mare e modificando lo stato dei luoghi. Detto sequestro era stato adottato in relazione agli ipotizzati reati di cui agli artt. 44 DPR. n. 380/2001 e 163 D.Lgs. n. 490/1999. Rilevava il Tribunale:
- che non era configurabile il "fumus" della contravvenzione di cui all'art. 44 del DPR. n. 380/2001, non sussistendo la dimostrazione di recenti lavori di sbancamento finalizzato a creare lo spazio per l'accumulo dei materiali ne' dell'esecuzione di opere che possano qualificarsi edilizie per le quali sia necessario un provvedimento abilitativo;
- che, quanto al reato di cui all'art. 163 del D.Lgs. n. 490/1999, "l'accumulo di rifiuti è circostanza che indubbiamente deturpa una zona ricoperta da macchia mediterranea, ma l'impossibilità di ricondurre tale effetto ad opere edilizie di spianamento del terreno non consente di configurare, neppure in astratto, la contravvenzione ipotizzata dall'accusa".
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso, per violazione di legge - unicamente in relazione alla contestazione relativa al D.Lgs. n. 490/1999 - il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, il quale ha eccepito che "non sussiste una connessione necessaria tra violazioni edilizie ed il reato di cui all'art. 163 del D.Lgs. n. 490/1999, di modo che, una volta venuto meno il reato edilizio, venga meno anche la possibilità di configurare la violazione penale delle norme paesaggistiche pure in presenza di interventi che rechino pregiudizio all'aspetto esteriore del bene ed allo stato dei luoghi".
Il ricorso del P.M. è fondato e merita accoglimento.
Devono ribadirsi, in proposito, i principi già enunciati da questa Corte Suprema (vedi, tra le molteplici pronunzie più recenti, Cass., Sez. 3^: 27.11.1997, ric. Zauli ed altri; 7.5.1998, ric. Vassallo;
13.1.2000, ric. Mazzocco ed altro, 5.10.2000, ric. Lorenzi;
29.11.2001, ric. Zecca ed altro; 15.4.2002, ric. P.G. in proc. Negri;
14.5.2002, ric. Migliore; 4.10.2002, ric. Debertol) secondo i quali il reato di cui all'art. 1 sexies della legge n. 431/1985 (attualmente art. 163 del D.Lgs. n. 490/1999) è reato di pericolo astratto e, pertanto, per la configurabilità dell'illecito, non è necessario un effettivo pregiudizio per l'ambiente, polendo escludersi dal novero delle condotte penalmente rilevanti soltanto quelle che si prospettano inidonee, pure in astratto, a compromettere i valori del paesaggio e l'aspetto esteriore degli edifici. Nelle zone paesisticamente vincolate è inibita - in assenza dell'autorizzazione già prevista dall'art. 7 della legge n. 1497 del 1939, le cui procedure di rilascio sono state innovate dalla legge n. 431/1985 e sono attualmente disciplinate dall'art. 151 del D.Lgs. 29.10.1999, n. 490 - ogni modificazione dell'assetto del territorio, attuata attraverso qualsiasi opera non soltanto edilizia ma "di qualunque genere" (ad eccezione degli interventi consistenti: nella manutenzione, ordinaria e straordinaria, nel consolidamento statico o restauro conservativo, purché non alterino lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore degli edifici; nell'esercizio dell'attività agro silvo-pastorale, che non comporti alterazione permanente dello stato dei luoghi con costruzioni edilizie od altre opere civili e sempre che si tratti di attività ed opere che non alteralo l'assetto idrogeologico; nel taglio colturale, forestazione, riforestazione, opere di bonifica, antincendio e di conservazione da eseguirsi nei boschi e nelle foreste, purché previsti ed autorizzati in base alle norme vigenti in materia).
Il legislatore, imponendo la necessità dell'autorizzazione, ha inteso assicurare una immediata informazione e la preventiva valutazione, da parte della pubblica Amministrazione, dell'impatto sul paesaggio nel caso di interventi (consistenti in opere edilizie ovvero in altre attività antropiche) intrinsecamente capaci di comportare modificazioni ambientali e paesaggistiche, al fine di impedire che la stessa P.A. sia posta di fronte al fatto compiuto. L'ambito di applicazione della normativa penale in materia di tutela dei beni ambientali non è ristretto, dunque, alla esecuzione di opere edilizie per le quali sia necessario un titolo abilitativo e ben può rientrare nella previsione dell'art. 151 del D.Lgs. n. 490/1999 anche lo scarico ed il deposito di rifiuti e di materiali di risulta.
L'impugnata ordinanza, conseguentemente, deve essere annullata - limitatamente all'ipotizzato reato di cui all'art. 163 del D.Lgs. n. 490/1999 - con rinvio al Tribunale di Napoli, che dovrà valutare la sussistenza sia del "fumus" di tale reato, alla stregua dei principi di diritto dianzi enunciati, sia dell'attualità e concretezza del "periculum in mora".
P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione, visti gli artt. 127 e 325 c.p.p., annulla l'ordinanza impugnata - limitatamente al reato di cui all'art. 163 del D.Lgs. n. 490/1999 - con rinvio al Tribunale di Napoli.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 dicembre 2004. Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2004