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Sez. 3, Sentenza n. 47621 del 04/11/2004 Cc. (dep. 09/12/2004 ) Rv. 230474
Presidente: Savignano G. Estensore: Mancini F. Relatore: Mancini F. Imputato: Mancini. P.M. Fraticelli M. (Conf.)
(Rigetta, Trib. Firenze, 9 Dicembre 2003)
EDILIZIA - COSTRUZIONE EDILIZIA - Eseguita in zona sottoposta a vincolo cimiteriale - Condono edilizio di cui al D.L. n. 269 del 2003 - Applicabilità - Esclusione.

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MASSIMA (Fonte CED Cassazione)
Le opere abusive realizzate in zona sottoposta a vincolo cimiteriale non possono essere oggetto di sanatoria ai sensi del D.L. 30 settembre 2003 n. 269, convertito con legge 24 novembre 2003 n. 326, stante il disposto dell'art. 32, comma secondo lett. d), del citato D.L. n. 269.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. SAVIGNANO Giuseppe - Presidente - del 04/11/2004
Dott. TERESI Alfredo - Consigliere - SENTENZA
Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere - N. 01322
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. MANCINI Franco - Consigliere - N. 000231/2004
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) MANCINI PIERO, N. IL 25/04/1941;
avverso ORDINANZA del 09/12/2003 TRIBUNALE di FIRENZE;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MANCINI FRANCO;
lette le conclusioni del P.G. rigetto del ricorso.
FATTO
Pronunciando sull'incidente di esecuzione proposto da Mancini Piero, il tribunale di Firenze in composizione monocratica ed in veste di giudice dell'esecuzione, con un complesso ed articolato provvedimento, emesso il 9 dicembre 2003, così provvedeva:
a) dichiarava inammissibile il ricorso quanto alla opposizione alla demolizione operata in forza dell'ordinanza sindacale n. 365 del 15 novembre 1993. L'abusiva realizzazione di un manufatto da parte del Mancini, avvenuta prima del giugno del 1983, aveva provocato l'intervento dell'autorità comunale che aveva ingiunto, inutilmente, la cessazione dei lavori, onde l'avvio di un procedimento penale conclusosi con il patteggiamento cui non si era accompagnato, per mera dimenticanza, l'ordine di demolizione. Aveva sopperito il Sindaco con l'omologo provvedimento, la cui legittimità era stata confermata in entrambi i gradi della giustizia amministrativa;
b) rigettava il ricorso proposto ex art. 666 c.p.p. e
conseguentemente ordinava l'esecuzione della sanzione amministrativa della demolizione comminata con sentenza, irrevocabile, del Pretore di Firenze del 19 marzo 1999.
Era infatti accaduto che sull'originario abuso, quello ultimato nel 1983, in data più recente il condannato avesse realizzato un ampliamento, perimenti abusivo e questa volta, all'esito del conseguente procedimento penale, la sanzione della demolizione era stata regolarmente comminata;
c) respingeva l'istanza di sospensione della procedura di demolizione avanzata sul presupposto che non erano ancora scaduti i termini per la domanda di condono.
Quest'ultimo punto dell'ordinanza forma oggetto del ricorso per Cassazione proposto dal condannato il quale in primo luogo precisa di non avere affermato di avere presentato domanda di condono ma solo di avere chiesto la sospensione che, a suo avviso, opererebbe ope legis in pendenza dei termini per la presentazione della domanda stessa. Afferma il giudice che nella specie il condono non potrebbe essere concesso in quanto gli abusi si sono verificati in zona sottoposta a vincolo cimiteriale. L'affermazione è contestata dal ricorrente il quale sostiene che nella legge sul nuovo condono non sarebbe contenuta tale limitazione, aggiungendo che il TU sulle leggi sanitarie, come novellato, consente ormai in zone quale quella di che trattasi opere edilizie ben più importanti di quelle realizzate nella specie.
Il ricorrente sostiene inoltre che, contrariamente all'avviso espresso nell'impugnata ordinanza, l'esistenza di provvedimenti sanzionatori non ancora eseguiti non impedirebbe il conseguimento della sanatoria. Con successiva memoria il difensore del condannato ha ulteriormente illustrato le ragioni del proprio assistito. Il Procuratore generale presso questa Suprema Corte chiede il rigetto del ricorso, osservando che il giudice dell'esecuzione si è attenuto a consolidati principi giuridici allorché ha affermato che la sospensione non si applica nel caso manchino le condizioni per la possibile applicazione del condono. Nella specie queste condizioni sono state puntualmente indicate dal giudice di merito, in particolare quella della assoluta inedificabilità della zona. Conclude, il Procuratore generale, che è ininfluente la circostanza che il comma 27 dell'art. 32 del D.L. 269/2003 non indichi esplicitamente il vincolo in questione in quanto lo stesso comma richiama gli artt. 32 e 33 L. 47/85 che fanno riferimento a tutti i vincoli che prevedono l'inedificabilità.
DIRITTO
Il ricorso è infondato e deve essere respinto.
A mente del comma 27 dell'art. 32 della L. 24 novembre 2003 n. 326, di conversione con modifiche del D.L. 269/2003, recante disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici, invero, non sono suscettibili di sanatoria le opere abusive quando siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali ..............in assenza del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici. La norma peraltro richiama e fa proprio quanto stabilito dagli artt. 32 e 33 L. 47/85 la quale, all'art. 33, ancora più lapidariamente, esclude dalla sanatoria le opere realizzate in contrasto con i vincoli imposti "da leggi statali e regionali nonché dagli strumenti urbanistici a tutela di interessi storici, artistici ..............ambientali...........".
L'opera in questione, realizzata in zona sottoposta a vincolo cimiteriale e dunque ambientale, rientra a pieno titolo in tale previsione normativa e pertanto non può essere oggetto di sanatoria. Conseguentemente neppure può fruire della sospensione del presente procedimento, possibile solo in caso di possibile condono. La reiezione del ricorso comporta la condanna alle spese, come da dispositivo.
P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 novembre 2004. Depositato in Cancelleria il 9 dicembre 2004