Consiglio di Stato Sez. IV n. 19 del 2 gennaio 2023
Urbanistica.Annullamento del permesso di costruire
In caso di annullamento del permesso di costruire, giusta la disposizione dell’
art. 38, D.P.R. n. 380/2001 l’amministrazione, prima di valutare la possibilità di irrogare la sanzione pecuniaria in luogo di quella demolitoria, deve accertare la possibilità di rimuovere i vizi delle procedure amministrative, da intendersi quali vizi che attengono esclusivamente al procedimento autorizzativo
Pubblicato il 02/01/2023
N. 00019/2023REG.PROV.COLL.
N. 02423/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2423 del 2022, proposto dai signori -OMISSIS- e -OMISSIS-, rappresentati e difesi dagli avvocati Guido Giovannelli e Ilaria Castellani, con domicilio digitale come da pec da registri di giustizia;
contro
i signori -OMISSIS- e -OMISSIS-, nonché la ditta -OMISSIS- s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, tutti rappresentati e difesi dagli avvocati Alberto Caretti, Riccardo Tagliaferri e Daniele Burgassi, con domicilio digitale come da pec da registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Riccardo Tagliaferri in Roma, via Bisagno, n. 14;
il Comune di -OMISSIS-, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Pietro Gustinucci, con domicilio digitale come da pec da registri di giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana (Sezione Terza) n. -OMISSIS-, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dei signori -OMISSIS-, -OMISSIS- e della ditta -OMISSIS- s.p.a. e del Comune di -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 novembre 2022 il consigliere Michele Conforti e uditi per le parti gli avvocati, come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Giunge alla decisione del Consiglio di Stato l’appello proposto dai signori -OMISSIS- e -OMISSIS- avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana (Sezione Terza) n. -OMISSIS-.
2. L’odierno giudizio costituisce un ulteriore sviluppo processuale di un’articolata vicenda amministrativa e giudiziaria intercorsa tra le parti che si rende necessario riassumere per la comprensione dei fatti del giudizio.
2.1. La ditta -OMISSIS- s.p.a. ha domandato ed ottenuto dal Comune di -OMISSIS- il permesso di costruire n. 29 del 12 ottobre 2016, riguardante la demolizione di un fabbricato (un edificio di un piano fuori terra, a destinazione commerciale) con sua successiva riedificazione con sopraelevazione (edificio di quattro piani, di cui uno seminterrato e tre fuori terra, con tetto spiovente).
2.1.1. Il titolo edilizio è stato impugnato dai signori -OMISSIS-e -OMISSIS-(ricorso n.r.g. -OMISSIS-), proprietari di un appartamento limitrofo all’area interessata dall’edificazione, innanzi al competente T.a.r. per la Toscana che ha annullato il permesso di costruire con la sentenza n.-OMISSIS-.
2.1.2. La sentenza è stata appellata dai dai signori -OMISSIS-e dalla ditta -OMISSIS- (ricorso n.r.g.-OMISSIS-).
2.2. Successivamente all’annullamento del primo titolo edilizio, la società ha presentato una nuova istanza per il rilascio del permesso di costruire.
2.2.1. Il Comune di -OMISSIS- ha rilasciato il permesso n. 30 del 31 agosto 2017, nuovamente impugnato dai signori -OMISSIS-e -OMISSIS-(ricorso n.r.g. -OMISSIS-) innanzi al T.a.r. per la Toscana che lo ha annullato con la sentenza n. -OMISSIS-.
2.2.2. La sentenza è stata appellata dai signori -OMISSIS-e dalla ditta -OMISSIS- (ricorso n.r.g. -OMISSIS-).
2.3. Nei giudizi incardinati davanti al Consiglio di Stato si sono costituiti sia il Comune di -OMISSIS-, che ha domandato l’accoglimento degli appelli, sia i ricorrenti di primo grado, che ne hanno domandato il rigetto e hanno riproposto le doglianze di primo grado.
2.3.1. Con l’ordinanza n.-OMISSIS-, questo Consiglio ha riunito gli appelli a norma dell’art. 70 c.p.a., considerata la loro connessione soggettiva e, almeno in parte, oggettiva.
2.4. Con la sentenza n. -OMISSIS-, le cause riunite sono state decise.
2.4.1. Il Collegio ha respinto l’appello n.r.g.-OMISSIS- e statuito la conferma della sentenza n. -OMISSIS-.
2.4.2. Il Collegio ha invece accolto il quinto motivo dell’appello n.r.g. -OMISSIS-, ha conseguentemente esaminato le censure di primo grado riproposte dai signori -OMISSIS-e -OMISSIS-ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a. e, “accogliendo il quarto motivo del ricorso introduttivo del giudizio [di prime cure] n.r.g. -OMISSIS-, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione”, ha confermato il decisum della sentenza n. -OMISSIS-, sia pure con diversa motivazione.
2.5. Successivamente alla pubblicazione della sentenza n. -OMISSIS-, i signori -OMISSIS-e -OMISSIS-hanno inviato due diffide al Comune di -OMISSIS- affinché adottasse i provvedimenti amministrativi per ripristinare lo status quo ante dell’area, dove erano presenti, ormai da diversi anni, i ruderi della costruzione avviata e poi sospesa.
2.5.1. Con nota del 21 aprile 2021, il Comune di -OMISSIS- ha avviato il procedimento ripristinatorio rispetto alle opere realizzate sulla base dei titoli edilizi annullati.
2.5.2. Con la comunicazione del 7 maggio 2022, i signori -OMISSIS-hanno inviato le loro controdeduzioni nelle quali hanno domandato, nell’ordine di preferenza, di archiviare il procedimento avviato, di sospenderlo e, infine, di avviare il procedimento di cui all’art. 38 d.P.R. n. 380/2001.
2.5.3. Il Comune di -OMISSIS- ha comunque adottato l’ordinanza n. 69 del 9 luglio 2021, con il quale ha ordinato la demolizione delle opere già eseguite in forza dei due permessi di costruire annullati e il ripristino dei luoghi.
2.5.4. Nel suddetto provvedimento, in risposta alle controdeduzioni di parte, il Comune ha affermato che “non è possibile accettare le controdeduzioni per le motivazioni sotto riportate:
-le opere eseguite non sono di minima entità in quanto consistenti;
1. nella demolizione delle volumetrie esistenti;
2. nello scavo dell’intero piano seminterrato;
3.nella realizzazione delle opere di fondazione con i pilastri fino alla quota di imposta del primo solaio;
-la sospensione richiesta, nelle more di presentazione di nuovo titolo, non è accettabile in mancanza di data certa di deposito di nuova istanza che peraltro dovrà tenere di conto delle opere realizzate in assenza di titolo e quindi verificare la possibilità di sanatoria edilizia delle stesse secondo il principio della doppia conformità;
-la fiscalizzazione dell’abuso ai sensi dell’art. 38 del DPR 380/2001 non è ritenuto un procedimento congruo in quanto risulta possibile la rimozione dei vizi rilevati dalle citate sentenze amministrative con adeguata modifica del progetto così come risulta ovviamente possibile la rimessione in pristino”.
2.6. I signori -OMISSIS-, -OMISSIS- e la ditta -OMISSIS- hanno impugnato la citata ordinanza di demolizione innanzi al competente T.a.r., domandando la concessione della tutela cautelare.
2.6.1. Con il primo motivo di ricorso, la parte ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 38 del d.P.R. n. 380/2001, oltre alla lesione dei principi di proporzionalità, ragionevolezza e tutela dell’affidamento. Secondo i ricorrenti, il Comune avrebbe dovuto conformarsi alle statuizioni del giudice di appello e rimuovere il vizio formale del titolo edilizio costituito dalla carenza d’istruttoria e di motivazione sui profili relativi all’avvenuto cambio di destinazione d’uso.
2.6.2. Con il secondo motivo di ricorso, si censura l’ordinanza di demolizione, evidenziandosene l’illegittimità per eccesso di potere, sotto i profili della illogicità manifesta, del difetto di istruttoria e di motivazione, in quanto la demolizione sarebbe stata irrogata dal Comune nonostante le opere già eseguite siano di “entità minore” rispetto a quelle del fabbricato originario da ripristinare, che dovrebbero perciò essere ricostruite in esecuzione dell’ordine impartito dall’amministrazione.
2.6.3. Il Comune di -OMISSIS- si è costituito in giudizio, resistendo al ricorso.
2.6.4. Sono intervenuti ad opponendum i signori -OMISSIS- e -OMISSIS-, eccependo, in rito, l’inammissibilità del ricorso per la mancata notifica nei loro confronti.
2.6.5. L’istanza cautelare formulata con il ricorso è stata respinta dal T.a.r. con l’ordinanza n. -OMISSIS-.
2.6.6. In sede di appello cautelare, con l’ordinanza n. -OMISSIS-, il Consiglio di Stato ha riformato l’ordinanza del T.a.r. e ha concesso la tutela cautelare, sul rilievo che “il giudicato di annullamento del secondo permesso di costruire (quello del 31 agosto 2017) ‒ in quanto incentrato sul difetto di istruttoria e motivazione del mutamento di destinazione in ordine alla effettiva collocazione dell’intervento edilizio progettato (ed assentito) «in un ambito periferico o di margine urbano» ‒ sembrerebbe richiedere un tratto conformativo di azione amministrativa”.
3. Con la sentenza n. -OMISSIS-, il T.a.r. per la Toscana ha accolto il ricorso “nei limiti e per gli effetti precisati in motivazione” e compensato le spese del giudizio.
3.1. Segnatamente, il T.a.r.:
a) ha respinto l’istanza di rinvio formulata dai ricorrenti nel corso del giudizio;
b) ha respinto l’eccezione preliminare formulata dai signori -OMISSIS-e -OMISSIS-, in quanto i ricorrenti hanno successivamente notificato, nei termini di legge, il ricorso introduttivo del giudizio anche nei loro confronti;
c) ha accolto il primo motivo di ricorso, affermando che la sentenza n. -OMISSIS- di questo Consiglio ha accolto il ricorso e annullato il permesso di costruire, ravvisando un difetto di motivazione sul disposto cambio di destinazione d’uso: l’annullamento, dunque, è avvenuto “per un vizio di natura formale”;
d) ha respinto il secondo motivo di ricorso, in quanto la dichiarata modesta entità delle opere già realizzate “non comporta di per sé la possibilità di sanarle, qualora esse risultino definitivamente abusive e non passibili di regolarizzazione, previo accertamento del requisito della doppia conformità all’esito dell’apposito procedimento”;
e) ha statuito che “il Comune dovrà riprovvedere, valutando preliminarmente la possibilità - ai sensi dell’art. 38 del d.P.R. n. 380/2001 - di emendare il vizio di motivazione e di istruttoria in ordine alla ammissibilità del mutamento di destinazione d’uso dell’edificio al piano terra, oppure dando contezza di tutte le ragioni che ostano, invece, alla convalida del titolo e alla fiscalizzazione dell’abuso, imponendo perciò la demolizione delle opere abusivamente realizzate”.
4. Con ricorso notificato in data 17 marzo 2022 e depositato in data 22 marzo 2022, gli interventori ad opponendum hanno proposto appello avverso la sentenza di primo grado, formulando tre distinti motivi di censura.
4.1. In data 25 marzo 2022, gli appellanti hanno formulato istanza di riunione del giudizio n.r.g. 2423/2022 con quello recante n.r.g. 10633/2021, stante la connessione soggettiva ed oggettiva che intercorrerebbe tra i due giudizi.
4.2. Si è costituito in giudizio il Comune di -OMISSIS-, aderendo all’appello e domandandone l’accoglimento.
4.3. Si sono costituiti in giudizio anche gli appellati, i quali hanno esposto le loro prime difese nella memoria di replica depositata in data 9 giugno 2022, evidenziando, preliminarmente, che l’udienza di discussione del 30 giugno 2022 è stata fissata senza il rispetto dei termini di costituzione e domandandone pertanto il rinvio.
4.4. Con l’istanza del 14 giugno 2022, gli appellati hanno reiterato la domanda di rinvio dell’udienza di discussione.
4.5. Con il decreto n. -OMISSIS-, il Presidente della Quarta Sezione ha rinviato l’udienza di discussione per causa di forza maggiore.
4.6. In data 21 ottobre 2022, il Comune ha depositato un ulteriore scritto difensivo, con il quale si è riportato alla precedente memoria e ha, in sintesi, eccepito l’inammissibilità ai sensi dell’art. 104, comma 2, c.p.a., dell’ulteriore (nuova) produzione documentale depositata in atti dagli appellanti.
4.7. In data 24 ottobre 2022, gli appellanti hanno depositato la loro memoria difensiva, con la quale hanno sostanzialmente ribadito le censure già articolate nell’appello.
4.8. In pari data, gli appellati hanno depositato una loro memoria difensiva, con la quale hanno affermato l’inopponibilità della nuova disciplina urbanistica approvata dal Comune e insistito per l’infondatezza dell’appello.
4.9. Tutte le parti hanno depositato memorie di replica.
5. All’udienza del 24 novembre 2022, la causa è stata trattenuta in decisione.
6. In limine litis, prima di procedere all’esame dei motivi di appello, va accolta l’eccezione di inammissibilità della documentazione depositata dagli appellati, per la prima volta nel corso del giudizio di appello, in data 14 ottobre 2022, in violazione dell’art. 104 c.p.a., ed individuata dal Comune nei documenti numerati da 9 a 17; non si terrà conto, pertanto, di questi nuovi documenti, depositati nel presente grado del processo.
6.1. Sempre in limine, non si ritiene opportuno procedere alla riunione del presente giudizio con quello rubricato al n.r.g. 10633/2021, anche alla luce della diversità del rito (ordinario qui, ottemperanza lì).
6.2. In applicazione del criterio della ragione più liquida (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., n. 5 del 2015, § 5.3.), reputando l’appello infondato, il Collegio ritiene che non sia necessario procedere alla disamina delle questioni, rilevabili d’ufficio ed involgenti la stessa ammissibilità dell’appello, relative, da un lato, alla qualificabilità dei signori -OMISSIS-e -OMISSIS-come controinteressati in senso tecnico nel presente processo, secondo i principi delineati in materia nelle più recenti sentenze di questo Consiglio (in particolare, Cons. Stato, Sez. VI, 3 febbraio 2022, n. 771); dall’altro, qualora dovesse essere negata la qualifica di controinteressati agli odierni appellanti, alla facoltà di proporre appello da parte di chi in prime cure ha rivestito la posizione processuale di mero interventore ad opponendum (ex multis, Cons. Stato, sez. IV, n. 567 del 2020; sez. V, 11 luglio 2017, n. 3409; 22 febbraio 2016, n. 724; sez. VI 15 gennaio 2020, n. 384; Cass., sez. un., 29 novembre 2019, n. 31266 e17 aprile 2012, n. 5992).
7. Venendo al merito, con il primo motivo, con articolate argomentazioni di carattere sostanziale e processuale, gli appellanti hanno impugnato il capo della sentenza che ha respinto l’eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio, argomentata, in primo grado, in considerazione del fatto che tale ricorso è stato notificato, in principio, al solo Comune, mentre, soltanto successivamente all’eccezione di inammissibilità da loro formulata nell’atto di intervento ad opponendum, i signori -OMISSIS-e la ditta -OMISSIS- hanno proceduto a notificare ai signori -OMISSIS-e -OMISSIS-un atto, denominato “atto di integrazione del contraddittorio”, recante il medesimo contenuto del ricorso introduttivo del giudizio.
7.1. Il primo motivo di appello è infondato.
7.2. Il Collegio rileva, infatti, che la sentenza di primo grado risulta correttamente motivata sui profili relativi all’instaurazione del contraddittorio.
7.3. Prima della scadenza del termine per la proposizione del ricorso per l’annullamento dell’ordine di demolizione emanato dal Comune di -OMISSIS-, i ricorrenti, signori -OMISSIS-e la ditta -OMISSIS-, destinatari del provvedimento lesivo, dopo aver instaurato il contraddittorio nei confronti dell’amministrazione comunale, hanno proceduto, con l’atto denominato “atto di integrazione del contraddittorio”, a notificare il ricorso per l’annullamento anche ai “potenziali” controinteressati signori -OMISSIS-e -OMISSIS-, che, in passato, avevano impugnato i permessi di costruire rilasciati alla società e, dopo la pronuncia della sentenza del T.a.r. per la Toscana n. -OMISSIS-, hanno diffidato il comune a darne esecuzione.
7.4. L’art. 41 c.p.a. prevede che “Qualora sia proposta azione di annullamento il ricorso deve essere notificato, a pena di decadenza, alla pubblica amministrazione che ha emesso l'atto impugnato e ad almeno uno dei controinteressati che sia individuato nell'atto stesso entro il termine previsto dalla legge, decorrente dalla notificazione, comunicazione o piena conoscenza, ovvero, per gli atti di cui non sia richiesta la notificazione individuale, dal giorno in cui sia scaduto il termine della pubblicazione se questa sia prevista dalla legge o in base alla legge.”.
7.4.1. L’art. 45, comma 1, c.p.a. prevede, inoltre, che “Il ricorso e gli altri atti processuali soggetti a preventiva notificazione sono depositati nella segreteria del giudice nel termine perentorio di trenta giorni, decorrente dal momento in cui l'ultima notificazione dell'atto stesso si è perfezionata anche per il destinatario. I termini di cui al presente comma sono aumentati nei casi e nella misura di cui all'articolo 41, comma 5.”.
7.4.2. Le norme in esame non prevedono che la notificazione della domanda introduttiva del giudizio e il suo successivo deposito debbano avvenire contestualmente nei confronti dell’amministrazione e del controinteressato, richiedendo soltanto, invece, che tali incombenti siano svolti “entro il termine previsto dalla legge”.
7.4.3. Nel caso di specie, questo termine risulta essere stato rispettato, perché, a fronte dell’ordinanza di demolizione notificata in data 9 luglio 2021, i ricorrenti hanno notificato il ricorso ai signori -OMISSIS-e -OMISSIS-(in tesi, possibili controinteressati) in data 8 ottobre 2021 e provveduto a depositare l’atto notificato il 29 ottobre 2021.
7.5. Occorre inoltre evidenziare che la mancata notifica al controinteressato può essere sanata dalla costituzione in giudizio di quest’ultimo, anche, eventualmente, nelle forme dell’intervento ad opponendum.
7.6. Rileva, in tal caso, la tempestività di questa costituzione rispetto al termine per impugnare, cosicché l’effetto sanante si verifica nel caso in cui questo termine non sia spirato (e, quindi, il controinteressato conservi intatte le proprie facoltà processuali in relazione all’azione proposta), dovendosi invece escludere tale effetto in caso di costituzione tardiva (Cons. Stato, Sez. VI, 6 dicembre 2013 n. 5852; Sez. IV, 12 maggio 2009, n. 2923).
7.7. Nel caso in esame, i controinteressati appellanti si sono costituiti in giudizio il 6 settembre 2021, mediante il deposito di un atto di intervento ad opponendum e, dunque, anche questa circostanza conferma che il contraddittorio processuale è stato correttamente ritenuto integro dal T.a.r..
7.8. Il Collegio ritiene infondate le deduzioni degli appellanti circa l’avvenuta lesione del loro diritto di difesa a causa della mancata originaria notificazione del ricorso nei loro confronti, risultando le loro facoltà processuali intatte e pienamente esercitabili sia al momento della loro costituzione quali interventori ad opponendum (il 6 settembre 2021) sia al momento dell’avvenuta notificazione e deposito dell’atto di integrazione del contraddittorio (l’8 ottobre 2021 e il 29 ottobre 2021), evidentemente per mero scrupolo, da parte dei ricorrenti.
8. Con il secondo motivo di appello, gli appellanti hanno censurato il capo della sentenza che ha accolto il primo motivo di ricorso, deducendo che la statuizione del T.a.r. per la Toscana sul punto sarebbe fondata sul travisamento della portata della sentenza n. -OMISSIS-, nonché dell’art. 38 del d.P.R. n. 380/2001, in quanto il permesso di costruire n. 30/2017/C sarebbe stato a suo tempo annullato per un vizio di carattere sostanziale del provvedimento/procedimento e non per un vizio di carattere formale.
Gli appellanti si soffermano, poi, con ampie argomentazioni, sulle ragioni di carattere urbanistico per le quali l’intervento non sarebbe stato ammissibile.
8.1. Il secondo motivo di appello è infondato.
8.2. Giova muovere dalla disamina della sentenza n. -OMISSIS- di questo Consiglio, che ha confermato, con diversa motivazione, la sentenza di annullamento del secondo permesso di costruire, e, precisamente, dal punto della motivazione che risulta controverso tra le parti.
8.3. Segnatamente, questo Consiglio ha ivi testualmente statuito: “36.2. Quanto al merito del motivo di ricorso, il Collegio osserva che il permesso n. C/2017/30 del 31 agosto 2017 (secondo permesso), oggetto del giudizio definito dalla sentenza n. -OMISSIS- (seconda sentenza), confligge con quella previsione dell’art. 37 del Piano strutturale del Comune che prevede: “Gli esercizi commerciali e i servizi di vicinato dovranno essere mantenuti e valorizzati con il divieto di variazione delle destinazioni d’uso dei piani terreno. Tale cambio d’uso potrà essere consentito solo in ambiti periferici e di margini urbano”.
Alla luce della regola richiamata vanno svolte due considerazioni.
36.2.1. La prima è che non può seriamente dubitarsi che il locale pizzeria rientri nel novero degli esercizi commerciali, essendo la destinazione d’uso dei locali in cui essa era ubicata proprio quella di tipo commerciale (cfr. art. 23 ter, comma 1, lett. c), d.P.R. n. 380 del 2001).
36.2.2. La seconda è che il provvedimento gravato, in motivazione, non ha giustificato in alcun modo l’avvenuto cambio di destinazione d’uso, di regola vietato dal richiamato art. 37 del P.S., mentre avrebbe dovuto dare atto e comprovare che l’intervento edilizio progettato (ed assentito) si colloca in un “ambito periferico” o di “margine urbano”.
Non possono assumere alcun rilievo, nel presente giudizio, le deduzioni che parte appellante espone a pag. 31 e 32 dell’atto di appello, perché esse, a prescindere da una loro eventuale fondatezza, costituiscono un’inammissibile motivazione postuma delle ragioni giustificatrici del provvedimento, invero, silenti e mancanti su quest’aspetto relativo all’avvenuto cambio di destinazione d’uso.
36.3. Il quarto motivo del ricorso introduttivo va pertanto accolto”.
8.4. Il tenore testuale della motivazione rende evidente che il quarto motivo del ricorso introduttivo del giudizio di prime cure n.r.g. -OMISSIS- è stato accolto riscontrandosi un vizio di carattere “formale”, con salvezza dell’ulteriore istruttoria e delle ulteriori determinazioni dell’amministrazione.
8.5. La circostanza, variamente enfatizzata dalle parti nel corso del giudizio, secondo cui nella sentenza n. -OMISSIS- si afferma che il provvedimento annullato “avrebbe dovuto dare atto e comprovare”, in motivazione, la sussistenza dei presupposti legittimanti il cambio di destinazione d’uso, non smentisce quanto appena affermato né rende il motivo di annullamento pronunciato di carattere sostanziale.
8.5.1. La motivazione, infatti, deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione, proprio “in relazione alle risultanze dell’istruttoria” (art. 3 legge n. 241/1990), di cui costituisce il “precipitato” e alla quale si collega logicamente, oltre che giuridicamente.
8.5.2. L’amministrazione comunale, per consentire legittimamente il cambio di destinazione d’uso dell’immobile controverso, avrebbe dovuto accertare nel corso del procedimento che «l’intervento edilizio progettato (ed assentito) si colloca in un “ambito periferico” o di “margine urbano”» e dare conto di ciò in motivazione.
8.6. Conseguentemente, la sentenza di primo grado in questa sede impugnata ha interpretato correttamente il significato delle motivazioni a suo tempo spese dal Consiglio di Stato in sede di annullamento del rilasciato permesso di costruire, rilevando con motivazioni che vanno ribadite anche in questo grado di giudizio e che non avrebbe senso parafrasare con parole diverse che: “Il titolo edilizio, pertanto, è stato annullato per un difetto di motivazione che, di per sé, costituisce un vizio di natura formale; lo stesso, infatti, necessita di essere concretamente scandagliato per poter comprendere se si tratti di una mera omissione formale, colmabile con la semplice esplicitazione delle ragioni giuridiche e fattuali poste a sostegno della scelta amministrativa, oppure se celi una sostanziale difformità dell’atto rispetto alla disciplina vigente, in quanto tale non emendabile.
Ciò stante, prima di procedere all’adozione del provvedimento di demolizione e ripristino, il Comune di -OMISSIS- avrebbe dovuto verificare la possibilità di emendare tale carenza motivazionale, ai sensi dell’art. 38 del d.P.R. n. 380/2001, dando espressamente conto dell’esito delle verifiche svolte sul punto ed esplicitando nel provvedimento stesso le ragioni di fatto e di diritto che eventualmente impediscono, nella fattispecie, di rimuovere il vizio della procedura amministrativa.
È vero che nelle proprie memorie difensive il Comune e gli intervenienti invocano oggi una serie di norme urbanistiche che - in base ad una articolata interpretazione letterale e sistematica - osterebbero al mutamento di destinazione d’uso; di tali argomentazioni, tuttavia, non vi è traccia nel provvedimento che ha ingiunto la demolizione delle opere realizzate in base ai titoli rilasciati e poi annullati.
Le stesse, dunque, come già evidenziato dal Consiglio di Stato in riferimento al provvedimento di rilascio del permesso di costruire n. 30/2017, costituiscono una motivazione postuma delle ragioni poste a sostegno dell’ingiunzione di demolizione, mai rappresentate e - in quanto tali - espressione di un potere mai espressamente esercitato dall’amministrazione comunale sul quale, pertanto, il giudice non può pronunciarsi, ai sensi di quanto disposto dall’art. 34, comma 2 c.p.a..
Peraltro, va evidenziato che nel provvedimento impugnato, per escludere la possibilità di procedere alla fiscalizzazione dell’abuso ai sensi del citato art. 38, si fa esclusivo riferimento - in modo assai succinto - alla possibilità di operare la demolizione e il ripristino.
La disposizione in esame, tuttavia, prevede che l’amministrazione, prima di valutare la possibilità di irrogare la sanzione pecuniaria in luogo di quella demolitoria, debba accertare la possibilità di rimuovere i vizi delle procedure amministrative, da intendersi - in base all’esegesi fornita dall’Adunanza Plenaria - quali vizi che attengono esclusivamente al procedimento autorizzativo.
[…]
Ebbene, contrariamente a quanto previsto dall’art. 38 cit. - che impone all’amministrazione di svolgere una motivata valutazione - nel provvedimento gravato non si dà alcun conto delle verifiche e delle considerazioni svolte in ordine alla possibilità (o alla impossibilità) di mutare la destinazione d’uso del fabbricato oggetto di intervento”.
9. Con il terzo motivo di appello, gli appellanti deducono ancora che sarebbe viziata la motivazione della sentenza del T.a.r. che ha ritenuto sussistente il legittimo affidamento dei ricorrenti, deducendo le circostanze e gli elementi che escluderebbero la sussistenza dell’affidamento o quantomeno che esso possa definirsi “legittimo”.
9.1. Il motivo è inammissibile per carenza d’interesse.
9.2. Gli appellanti si dolgono, infatti, di un passaggio della motivazione della sentenza che costituisce, chiaramente, un obiter dictum della motivazione sviluppata dal Giudice di primo grado.
9.3. Questo passaggio della motivazione risulta enunciato soltanto per rafforzare il principio di diritto precedentemente illustrato al paragrafo della sentenza del T.a.r. sopra riportato, costituente l’unica ratio decidendi che ha portato alla pronuncia di annullamento.
10. In conclusione, dunque, per le motivazioni sin qui esposte, l’appello deve essere respinto, meritando integrale conferma la sentenza di primo grado.
11. Nella assoluta peculiarità della vicenda sottesa al gravame in trattazione si ravvisano le eccezionali ragioni sancite dal combinato disposto degli artt. 26 comma 1 c.p.a. e 92 comma 2 c.p.c. per compensare integralmente le spese del grado di giudizio, fermo restando che il contributo unificato è da porsi a carico integrale ed esclusivo degli appellanti e del Comune di -OMISSIS-, in solido tra loro.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello n.r.g. 2423/2022, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza di primo grado.
Compensa le spese del giudizio di appello.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità delle persone citate nel presente provvedimento.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 novembre 2022 con l'intervento dei magistrati:
Luca Lamberti, Presidente FF
Alessandro Verrico, Consigliere
Giuseppe Rotondo, Consigliere
Michele Conforti, Consigliere, Estensore
Emanuela Loria, Consigliere