Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 2659, del 16 maggio 2013
Sviluppo sostenibile.Centrale termoelettrica di cogenerazione, concetto di energia termica utile
Può essere considerata energia termica utile solo il calore direttamente destinato a usi civili o industriali, e non anche l’energia termica destinata alla produzione di energia elettrica, poiché diversamente, si andrebbe ad inficiare il concetto stesso di cogenerazione, potendosi verificare il caso limite in cui il prodotto finale della centrale termoelettrica sia costituito esclusivamente da energia elettrica. In tale modo, l’esercizio dell’impianto sarebbe finalizzato a conseguire altri benefici, segnatamente un aumento della produzione di energia elettrica, e non già un aumento del rendimento energetico complessivo, garantito da una sinergia ottimale tra utenza elettrica e utenza termica rifornite dall’impianto cogenerativo, e finirebbe dunque a perseguire finalità esulanti dalla disciplina di favore per impianti di cogenerazione assimilabili ad impianti a fonte rinnovabile. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)
N. 02659/2013REG.PROV.COLL.
N. 08570/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8570 del 2009, proposto da:
Enipower s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Luca Raffaello Perfetti e Francesco Scanzano, con domicilio eletto presso lo Studio legale Chiomenti in Roma, via XXIV Maggio, 43;
contro
Autorità per l’energia elettrica e il gas - AEEG, Cassa conguaglio per il settore elettrico - CCSE, Ministero dello sviluppo economico, in persona dei rispettivi rappresentanti, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Gestore servizi elettrici - Gse s.p.a., in personal del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Carlo Malinconico e Francesco Anaclerio, con domicilio eletto presso il primo in Roma, viale Bruno Buozzi, 109;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA - MILANO, SEZIONE III, n. 3720/2009, resa tra le parti, concernente VERIFICHE SU CENTRALE TERMOELETTRICA DI COGENERAZIONE;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti appellate;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 dicembre 2012 il Cons. Bernhard Lageder e uditi per le parti gli avvocati Perfetti e Malinconico, nonché l’avvocato dello Stato Dettori;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con la sentenza in epigrafe, il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia respingeva il ricorso n. 1753 del 2008 (integrato da motivi aggiunti), proposto dalla Enipower s.p.a. – subentrata alla Enichem s.p.a. nella gestione della centrale termoelettrica ubicata all’interno dello stabilimento petrolchimico multisocietario nel Comune di Ravenna, ampliata con la costruzione di un nuovo impianto di cogenerazione di produzione di energia elettrica e vapore (c.d. impianto di cogenerazione) alimentato con gas naturale prelevato dalla rete SNAM ed entrato in funzione il 26 febbraio 1999, all’epoca qualificato dal Ministero dell’industria come impianto assimilabile ad impianti alimentati da fonti rinnovabili con l’attribuzione di un indice energetico IEN pari al valore di 0,868 – avverso i seguenti atti:
(i) la comunicazione dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas (AEEG) del 20 maggio 2008, con la quale era stato contestato il mancato superamento del rispetto della condizione di assimilabilità per gli anni 2004 e 2005 relativamente a suddetto impianto denominato ‘TG-1’, sulla base del testuale rilievo che “risulta che il valore dell’indice energetico conseguito nell’anno 2004 è stato pari a 0,58, a fronte di un valore dichiarato pari a 0,77, e che la condizione tecnica per l’assimilabilità a fonte rinnovabile non risulta rispettato nell’anno 2005, essendo stato conseguito un indice IEN pari a 0,42 a fronte di un valore dichiarato pari a 0,84”, con conseguente correlativa rideterminazione dei valori IEN a suo tempo comunicati da Enipower, comportante la riduzione del prezzo di cessione delle eccedenze;
(ii) la nota del 21 marzo 2008 posta base del provvedimento sub (i), con la quale la Cassa conguaglio per il settore elettrico (CCSE) aveva comunicato (alla ricorrente e all’AEEG) gli esiti della verifica ispettiva, condotta nei giorni 31 agosto 2006 e 1 settembre 2006 presso l’impianto TG-1, nonché gli atti della verifica suppletiva;
(iii) le determinazioni generali dell’AEEG n. 27/1999 e n. 215/2004 – con le quali erano state fissate le procedure di controllo del rispetto della condizione di assimilabilità e le norme regolamentari per l’esecuzione di verifiche e sopralluoghi –, nella parte in cui, nel disciplinare le competenze in materia di verifiche e sopralluoghi sugli impianti, nulla avrebbero previsto in materia di esercizio del diritto di difesa;
(iv) la nota CCSE del 17 settembre 2008, con la quale alla ricorrente era stato intimato di versare entro quarantacinque giorni la somma di euro 10.920.440,86 a titolo di recupero di importi indebitamente percepiti;
(v) gli atti dell’AEEG e della CCSE, relativi al calcolo dell’energia termica utile risultante dal rapporto ispettivo suppletivo della CCSE, sempre concernenti il mancato rispetto delle condizioni di assimilabilità.
L’adito T.a.r. respingeva le censure sia di natura procedimentale sia di natura sostanziale, affermando la correttezza dell’operato dell’Autorità e dichiarando le spese di causa integralmente compensate tra le parti.
2. Avverso tale sentenza interponeva appello la ricorrente soccombente, sostanzialmente riproponendo i motivi di primo grado, seppur adattati all’impianto motivazionale dell’appellata sentenza. L’appellante chiedeva dunque, previa verificazione e/o consulenza tecnica d’ufficio tesa ad accertare gli errori di stima dell’indice IEN dell’impianto TG-1, inficianti gli impugnati provvedimenti, la riforma dell’appellata sentenza e l’accoglimento del ricorso di primo grado.
3. Si costituivano in giudizio le parti appellate, contestando la fondatezza dell’appello e chiedendone la reiezione.
4. Con ordinanza n. 2388 del 23 aprile 2012, questa Sezione disponeva una verificazione ai sensi dell’art. 66 cod. proc. amm., nominando ad organismo verificatore l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA), e formulando i seguenti quesiti:
“Esaminati gli atti di causa e ogni altra documentazione ritenuta utile, ed eseguiti gli accertamenti ritenuti necessari (compresi eventuali sopralluoghi), con facoltà di accesso all’impianto e agli uffici amministrativi delle parti e previa comunicazione alle parti medesime delle date di accesso e di compimento di eventuali atti irripetibili onde consentirne la partecipazione, provveda l’organismo verificatore:
(i) ad accertare la sussistenza e l’entità di eventuali errori metodologici e di calcolo, in cui siano incorse le amministrazioni appellate nella stima dell’indice IEN relativo all’impianto TG-1 all’interno dello stabilimento petrolchimico di Ravenna negli anni 2004 e 2005, avendo particolare riguardo alle questioni di fatto, controverse tra le parti, concernenti il rientro (o meno) di condense dal Petrolchimico, la temperatura delle eventuali condense di rientro e l’utilizzo (o la dismissione) delle caldaie del preesistente impianto RA COGEN, e considerando quale energia termica utile, (a) secondo una prima ipotesi di calcolo, il solo vapore destinato alle utenze tecnologiche dello stabilimento e, (b) secondo un’ipotesi di calcolo alternativa, anche il vapore destinato alla produzione di energia elettrica;
(ii) ad accertare la sussistenza e l’entità di eventuali errori metodologici o di calcolo nella determinazione dell’ammontare degli eventuali importi indebitamente percepiti dall’odierna appellante negli anni 2004 e 2005, tenendo conto delle risultanze delle varie ipotesi di accertamento sub (i)”.
Depositata il 1 ottobre 2012 la relazione di verificazione, la causa all’udienza pubblica dell’11 dicembre 2012 è stata trattenuta in decisione.
5. L’appello è infondato.
5.1. È opportuno premettere che il provvedimento CIP n. 6/92 fissa la condizione tecnica di assimilabilità di un impianto a quelli a fonti di energia rinnovabili attraverso l’indice energetico IEN, che esprime il rapporto fra l’energia elettrica prodotta annualmente dall’impianto al netto dell’energia assorbita dai servizi ausiliari (Ee), l’energia termica utile prodotta annualmente dallo stesso impianto (Et), e l’energia immessa annualmente nell’impianto attraverso combustibili fossili commerciali (Ec). La condizione di assimilabilità è, segnatamente, integrata, qualora il valore dell’indice IEN risulti uguale o superiore a 0,51. L’integrazione della condizione dà diritto a diversi livelli di incentivazione, a seconda che l’indice risulti uguale o superiore a tale valore, oppure si attesti fra lo 0,51 e lo 0,61, oppure ancora risulti superiore anche a tale ultima percentuale.
Nel caso di specie, in esito alla verifica ispettiva eseguita dal nucleo ispettivo della CCSE – di cui l’AEEG a tale fine si avvale secondo le previsioni della deliberazione n. 60/2004 – nei giorni 31 agosto 2006 e 1 settembre 2006, seguita da una verifica suppletiva, è rimasto accertato che:
- l’impianto in questione, con riferimento all’anno 2004, aveva conseguito un valore IEN compreso tra 0,51 e 0,60, anziché un valore maggiore di 0,60 come dichiarato, percependo un prezzo di cessione incentivante ex art. 2, comma 1, deliberazione AEEG n. 108/97 corrispondente a un valore IEN > 0,60, sicché per l’anno in questione andava applicato il trattamento economico previsto per la specifica tipologia di impianto con valore IEN compreso tra 0,51 e 0,60, determinandosi di conseguenza un indebito di euro 3.025.361,40;
- con riferimento all’anno 2005, non era stata rispettata la condizione tecnica di assimilabilità, avendo l’impianto conseguito un indice IEN inferiore a 0,51, anziché un valore maggiore di 0,60 come dichiarato, percependo i benefici CIP 6/92 commisurati a un valore Ien > 0,60, sicché per l’anno in questione andava applicato il trattamento economico in vigore per gli impianti convenzionali, determinandosi di conseguenza un indebito di euro 7.895.079,46.
5.2. Ciò precisato in linea di fatto, si osserva che la questione centrale della presente controversia si risolve nel quesito, se le valutazioni e gli accertamenti posti a base degli impugnati provvedimenti, di rideterminazione dell’indice IEN relativo all’impianto di cogenerazione TG-1 per gli anni 2004 e 2005, siano corretti e conformi ai vigenti criteri normativi e tecnico-scientifici del settore.
Alla luce delle risultanze della verificazione disposta nel presente grado di giudizio, al quesito deve darsi risposta positiva, essendo rimasta confermata la correttezza dei criteri adottati e del relativo metodo applicativo in sede di ricalcolo dell’indice IEN e di liquidazione del conseguente indebito determinatosi a carico di Enipower.
Giova al riguardo puntualizzare che le questioni relative all’autonomia funzionale (o meno) dell’impianto TG-1 rispetto all’impianto preesistente RA-Cogen e all’applicabilità (o meno) della normativa prevista per impianti “nuovi” e rispettivamente per i potenziamenti di impianti preesistenti (coi relativi riflessi sulla definizione del prezzo di cessione dell’energia elettrica eccedente) esulano dal thema decidendum, poiché gli impugnati provvedimenti presuppongono la persistente qualificazione dell’impianto TG-1 come impianto ‘virtualmente indipendente’ dall’impianto RA-Cogen, tenendo in parte qua ferma l’impostazione stabilita dalla comunicazione del 14 gennaio 1999 del Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato, con cui, sulla base della documentazione fornita dall’allora titolare Enichem s.p.a., all’impianto in questione era stato assegnato l’indice energetico 0,868 (peraltro, facendo espressamente salvo il potere dell’Amministrazione di controllare in qualunque tempo la veridicità dei dati riferiti dalla società richiedente, e sancendo l’obbligo della stessa società di comunicare entro il mese di gennaio di ciascun anno i quantitativi di energia termica ed elettrica prodotti dall’impianto nell’anno precedente e il corrispondente consumo di combustibile fossile commerciale, nonché l’eventuale variazione al programma di utilizzazione del calore cogenerato nel corso dell’esercizio dell’impianto).
5.2.1. Premesso che l’indice IEN è, tra l’altro, determinato in funzione dell’energia termica utile (Et), nel senso che l’indice aumenta in caso di aumento della quantità di Et (ad invarianza, o minor aumento, del fattore Ec), si osserva che l’energia termica considerata utile, negli impianti di cogenerazione di energia elettrica e termica, secondo la definizione fornita dall’art. 6.5 della deliberazione AEEG n. 215/2004, “(…) è quella che viene utilizzata per usi civili e/o usi industriali, con esclusione di quella fornita a processi di produzione di energia elettrica (…)”.
Trattasi di definizione ricognitiva di un concetto di energia termica utile di natura tecnico-scientifica, sotteso al quadro normativo d’incentivazione delle fonti assimilabili e degli impianti cogenerativi quale risultante dalla l. n. 10 del 1991, dal provvedimento attuativo CIP n. 6/92 e dal d.lgs. n. 79 del 1999 (secondo cui la cogenerazione è la produzione combinata di energia elettrica e calore alle condizioni definite dall'AEEG, affinché le modalità con cui tale produzione avviene garantiscano un significativo risparmio di energia; v. art. 2 d.lgs. n. 79 del 1999), già prima che venisse esplicitata dal citato art. 6.5 della deliberazione AEEG n. 215/2004.
In particolare, alla stregua del richiamato quadro normativo e regolamentare può essere considerata energia termica utile solo il calore direttamente destinato a usi civili o industriali, e non anche l’energia termica destinata alla produzione di energia elettrica, poiché diversamente – come puntualmente messo in rilievo nella relazione di verificazione del 28 settembre 2012 – si andrebbe ad inficiare il concetto stesso di cogenerazione, potendosi verificare il caso limite in cui il prodotto finale della centrale termoelettrica sia costituito esclusivamente da energia elettrica. In tale modo, l’esercizio dell’impianto sarebbe finalizzato a conseguire altri benefici, segnatamente un aumento della produzione di energia elettrica, e non già un aumento del rendimento energetico complessivo, garantito da una sinergia ottimale tra utenza elettrica e utenza termica rifornite dall’impianto cogenerativo, e finirebbe dunque a perseguire finalità esulanti dalla disciplina di favore per impianti di cogenerazione assimilabili ad impianti a fonte rinnovabile.
Poiché i benefici previsti da tale disciplina di favore possono essere concessi solo in misura limitata, essendo limitata la possibilità di carico del sistema elettrico, appare logico che l’accesso ai medesimi venga riservato – nel rispetto del principio di concorrenza – a quegli impianti che, come stabilito dalla normativa, producano un significativo risparmio di energia, attraverso il recupero in forma utile dell’energia termica utile (nelle forme di vapore, acqua calda o aria calda) per usi industriali o civili (ad es., con l’utilizzazione in processi industriali, oppure a fini di climatizzazione, riscaldamento, raffreddamento, condizionamento di ambienti residenziali, commerciali e industriali). Peraltro, già la deliberazione AEEG n. 42/2002 aveva espressamente stabilito che l’eventuale utilizzo di vapore per iniezione nelle turbine a gas (ossia, per la produzione di energia elettrica) non poteva essere considerata energia termica utile.
5.2.2. Orbene, nel caso di specie la ragione principale della divergenza tra il calcolo dell’indice IEN, effettato da Enipower in sede di comunicazione degli indici relativi agli anni 2004 e 2005, e rispettivamente dalla CCSE all’esito delle verifiche ispettive, consiste nella circostanza, che Enipower ha considerato come energia termica utile non solo il vapore inviato direttamente alle utenze tecnologiche e industriali dello stabilimento, ma anche tutto il vapore inviato alle turbine a vapore, compreso quello destinato alla produzione di energia elettrica.
Alla luce delle considerazioni sub 5.2.1., sotto un profilo metodologico, deve affermarsi la legittimità dell’operato delle amministrazioni appellate, conforme al sopra richiamato quadro normativo e regolamentare.
Sotto un profilo fattuale è, poi, rimasto accertato che a decorrere dal 2004 si è determinato un diverso assetto operativo impiantistico della centrale, che ha modificato in maniera sostanziale il programma di utilizzo dell’impianto TG-1 quale presentato al Ministero nel 1999, in quanto le caldaie convenzionali dell’impianto preesistente sono state dismesse o, comunque, rese inutilizzabili, con la conseguenza che il vapore necessario alla produzione di energia elettrica delle turbine a motore negli anni 2004 e 2005 non proviene più dalle caldaie preesistenti, ma dall’impianto TG-1, con forte riduzione dell’energia termica inviata alle utenze dello stabilimento e conseguente radicale trasformazione della destinazione d’uso dell’energia termica prodotta, comportanti una riduzione sensibile del fattore Et.
Secondo le risultanze della verificazione ne è conseguita una riduzione dell’indice IEN al valore di 0,552 nel 2004 e al valore di 0,387 nel 2005, ossia a valori addirittura inferiori a quelli calcolati dal nucleo ispettivo della CCSE (rispettivamente di 0,577 per l’anno 2004 e di 0,423 per l’anno 2005).
Le conclusioni della verificazione, confermative della metodologia adottata dalla CCSE, poggiano su un’applicazione corretta della sopra richiamata disciplina normativa e regolamentare vigente in materia di impianti di cogenerazione, escludente dall’energia termica utile quella destinata alla produzione di energia elettrica (si precisa, per inciso, che l’ipotesi alternativa di calcolo, di cui al punto (i) lett. (b) dei quesiti di verificazione, è stata formulata esclusivamente per ragioni di ordine processuale, al fine di evitare che l’ordinanza istruttoria potesse essere qualificata come sentenza non definitiva risolutiva della relativa questione di merito, in ipotesi idonea ad assurgere in parte qua a giudicato endoprocessuale e a precludere il diritto di difesa dell’appellante).
Deve, al riguardo, escludersi la fondatezza dell’assunto di Enipower attorno all’asserita immutazione postuma dell’impostazione metodologica di calcolo dell’indice IEN rispetto a quella originariamente posta a base della nota autorizzativa ministeriale del 14 gennaio 1999, in quanto:
- l’ivi indicato valore dell’indice IEN (0,868) si basa sulla documentazione e sui calcoli pervenuti dalla società richiedente, mentre non vi è contenuta alcuna enunciazione espressa sui criteri metodologici di calcolo del fattore Et, e al contempo vi risultano espressamente fatti salvi i poteri di controllo dell’Amministrazione e l’obbligo della stessa società di inviare annualmente i nuovi dati ai fini di un ricalcolo su base annuale dell’indice in questione e dell’entità degli eventuali connessi benefici, sicché per un verso si è di fronte a una determinazione soggetta alla clausola rebus sic stantibus, in quanto tale affatto immune a ricalcoli negli anni a venire (né sub specie di criteri, né sub specie di risultati), e per altro verso deve escludersi un riconoscimento della correttezza dei dati forniti e del relativo metodo di calcolo;
- la definizione di energia termica utile, contenuta nell’art. 6.5 della deliberazione AEEG n. 215/2004, assume efficacia ricognitiva del relativo concetto tecnico-scientifico presupposto dalla disciplina del settore (v. sopra sub 5.2.1.), con conseguente infondatezza della correlativa censura di applicazione retroattiva e di violazione dei principio di affidamento e di buona fede;
- come innanzi rilevato, a decorrere dal 2004 si è determinato un diverso assetto operativo impiantistico della centrale, comportante una modifica sostanziale del programma di utilizzo dell’impianto quale presentato al Ministero nel 1999, con conseguente giustificazione, anche sotto tale profilo, del diverso esito del ricalcolo dell’indice IEN.
5.2.3. In esito alla verificazione è, invece, rimasta esclusa un’incidenza rilevante delle divergenti assunzioni concernenti la temperatura dell’acqua di rientro e l’entalpia del vapore inviato alle utenze, trascurabili ai fini dell’esito del giudizio, poiché non comportano alcuna variazione sostanziale dei risultati in contestazione.
5.2.4. Deve, inoltre, ritenersi corretto il calcolo degli importi richiesti in ripetizione per effetto della rideterminazione dell’indice IEN per gli anni 2004 e 2005, essendo in esito all’espletata verificazione – le cui conclusioni sono condivise da questo Collegio, in quanto fondate su elementi oggettivi di riscontro e su un iter argomentativo scevro da vizi logici, rispondente ai correnti criteri scientifici del settore, conforme alla disciplina normativa e regolamentare vigente in materia e non scalfito in modo dirimente dalle osservazioni dell’odierna appellante – rimasta confermata la conformità della determinazione del relativo ammontare agli acquisiti dati di fatto e alla presupposta rettifica dell’indice IEN, compreso tra 0,51 e 0,60 nell’anno 2004, ed inferiore a 0,51 nell’anno 2005, con conseguente inconsistenza dei correlativi vizi d’illegittimità dedotti nelle censure riproposte coi primi tre motivi d’appello.
5.3. L’appellata sentenza ha, poi, a ragione respinto le censure di natura procedimentale, in quanto:
- risultano pienamente osservate le garanzie del contraddittorio e di partecipazione procedimentale, essendo la società ricorrente stata resa edotta delle verifiche ispettive e del relativo procedimento, ed avendo essa effettivamente e ripetutamente interloquito con osservazioni scritte, in atti, né sono ravvisabili le dedotte lacune regolamentari, dovendosi ritenere operative le norme generali in tema di procedimento amministrativo;
- devono ritenersi conformi alla disciplina regolamentare dettata dalla deliberazione AEEG n. 215/2004 gli atti di nomina del nucleo ispettivo, lo svolgimento dell’attività ispettiva e la relazione del rapporto ispettivo, per le ragioni puntualmente sviluppate nell’appellata sentenza, non scalfite dai proposti motivi d’appello, sostanzialmente ripropositivi delle correlative censure di primo grado;
- altrettanto corretta deve ritenersi la reiezione delle censure di violazione dei termini procedimentali, poiché i termini di conclusione di un procedimento amministrativo devono, in difetto di espressa previsione contraria, essere considerati come ordinatori e non perentori, potendo semmai l’interessato, in caso di loro infruttuosa scadenza, attivare la procedura circa il silenzio inadempimento, senza però che il provvedimento assunto dopo la scadenza sia da reputarsi per ciò stesso illegittimo, né può ravvisarsi la dedotta incongruità del tempo impiegato dalla CCSE per eseguire l’attività ispettiva;
- gli atti impugnati sono sorretti da congrua motivazione attraverso il richiamo per relationem delle relazioni ispettive, che ha consentito all’odierna appellante di ripercorrere l’iter argomentativo posto a base del ricalcolo dell’indice IEN e della determinazione dell’ammontare dell’indebito, con conseguente infondatezza delle correlative censure di carenza motivazionale;
- né, infine, appaiono violate le norme in tema di competenza ad assumere i provvedimenti impugnati, secondo l’assunto dell’odierna appellante adottati in assenza di una effettiva decisione del plenum collegiale dell’AEEG, risultando la nota del 20 maggio 2008 (con cui il mancato rispetto della condizione di assimilabilità è stata comunicata al Ministero per lo sviluppo economico, alla CCSE, al GSE e alla Enipower s.p.a.) adottata dalla Direzione vigilanza e controllo dell’AEEG, competente ad adottare le comunicazioni operative in materia di vigilanza, ed essendo la stessa comunque sorretta dalla previa delibera collegiale di cui al verbale di riunione del 14 maggio 2008, legittimamente adottata da due membri dell’organo collegiale (v. sul punto, per tutte, C.d.S., Sez. VI, 12 febbraio 2001, n. 652).
5.4. Per le esposte ragioni, l’appello è da respingere.
6. Tenuto conto di ogni circostanza connotante la presente controversia, si ravvisano i presupposti di legge per dichiarare le spese del presente grado di giudizio interamente compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto (ricorso n. 8570 del 2009), lo respinge e, per l’effetto, conferma l’impugnata sentenza; dichiara le spese relative al presente grado di giudizio interamente compensate tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 dicembre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Giovannini, Presidente
Rosanna De Nictolis, Consigliere
Gabriella De Michele, Consigliere
Bernhard Lageder, Consigliere, Estensore
Andrea Pannone, Consigliere
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/05/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)