T.a.r. Veneto Sez. III sent. 3369 del 10 ottobre 2006
Chiusura di pubblico esercizio per schiamazzi degli avventori
Ric. n. 1660/95
Sent. n. 3369/06
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Avviso di Deposito
del
a norma dell’art. 55
della L. 27 aprile
1982 n. 186
Il Direttore di Sezione
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, terza sezione,
costituito da:
Angelo De Zotti
Presidente
De Piero Rita
Consigliere
Riccardo Savoia
Consigliere, relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 1660/95 proposto da Taverna degli Scaligeri s.a.s. in
persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata
e difesa dagli avvocati Franco Dalla Mura e Giovanni B. Maggiolo, con
elezione di domicilio presso il secondo, in Venezia, San Marco 2566,
come da mandato a margine del ricorso;
CONTRO
il Comune di Verona, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato
e difeso dagli avvocati Giovanni R. Caineri, Fulvia Squadroni, e
domiciliato presso la Segreteria del TAR, come da mandato in calce al
ricorso notificato;
PER
l’annullamento dell’ordinanza n. 184
dell’8 maggio 1995 con cui il sindaco ordina alla ricorrente
la chiusura anticipata dell’esercizio alle ore 0,30 per
giorni 30;
Visto il ricorso, ritualmente
notificato e depositato presso la Segreteria con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio
del Comune di Verona;
Viste le memorie prodotte dalle parti costituite;
Vista l'ordinanza di questo TAR n. 828
del 1995 che ha accolto l'istanza cautelare proposta da parte
ricorrente.
Visti gli atti tutti della causa;
Uditi, nella pubblica udienza del 30
marzo 2006 - relatore il consigliere Riccardo Savoia – i
procuratori delle parti costituite come da verbale d’udienza;
Ritenuto in fatto e in diritto quanto
segue:
FATTO e DIRITTO
1. La ditta ricorrente fa presente di essere titolare di una regolare
autorizzazione; sennonché, sia i locali sia la zona sono
divenuti centro di ritrovo per giovani, i quali non sempre si
comportano civilmente a tutte le ore. Dopo una serie di sopralluoghi e
di lamentele il comune ordinava la chiusura anticipata
dell’esercizio – ordinariamente fissata alle ore
2,00- alle ore 0,30 per un periodo di 30 giorni.
Il provvedimento appare lesivo e comunque illegittimo per i seguenti
motivi:
1. violazione dell'articolo 7, 7° comma del PCR 28 maggio 1993
n.743 “ criteri regionali ai sensi dell’art. 54 del
DPR 616/77 per la fissazione da parte dei comuni degli orari di
apertura e chiusura dei pubblici esercizi” e falsa
applicazione dell’art.5 della LR Veneto n.40/94: posto che
l’atto impugnato risulta emanato ai sensi di tale ultima
disposizione, rileva la ricorrente che l’art. 18 di tale
legge dispone con norma transitoria l’applicazione del citato
PCR fino all’emanazione dell’ordinanza sindacale
che disciplina gli orari dei pubblici esercizi; dunque in difetto di
detta adozione si sarebbe dovuta applicare la previsione del comma 7
dell’art. 7 del PCR, laddove si consente la modifica degli
orari per obiettive esigenze di interesse pubblico previo interpello
delle associazioni di categoria: la mancata audizione vizierebbe
irrimediabilmente l’atto impugnato.
Con il secondo motivo si deduce lo sviamento, in quanto non si intende
reprimere il rumore ma altri fenomeni, e il provvedimento, che avrebbe
contenuto sostanzialmente sanzionatorio, non potrebbe prescindere
dall’accertamento della colpevolezza del gestore
dell’esercizio piuttosto che degli avventori dello stesso.
L’atto sarebbe poi contraddittorio con gli accertamenti
effettuati, dato che i rumori disturbanti sarebbero stati rilevati
sempre in orario antecedente le 0,30, tranne un episodio posteriore,
sicchè semmai sarebbe giustificato un posticipo della
chiusura, non un anticipo, poiché i rumori si attenuano col
passare delle ore.
Vi sarebbe poi incompetenza dell’organo che ha adottato il
provvedimento, essendo questo di pertinenza esclusiva del Sindaco e non
delegabile.
Si è costituita in giudizio l’amministrazione, che
puntualmente controdeduce nel merito del ricorso, concludendo per la
sua reiezione, siccome infondato.
Con successiva articolata memoria le parti hanno ulteriormente ribadito
le proprie argomentazioni.
2. La questione all'esame del collegio riguarda la
legittimità del ricorso alle ordinanze limitative
dell’orario dei pubblici esercizi.
Ora, a mente dell’art.5 della legge regionale citata il
Sindaco può per ragioni di ordine pubblico, pubblica
sicurezza o comunque di interesse pubblico adottare limitazioni orarie
o in via permanente o per situazioni contingenti.
Come esattamente rilevava l’ordinanza cautelare, nella
specie, evidentemente, la valutazione effettuata, alla luce dei
riscontri istruttori, era di una situazione contingente, risolvibile
cioè intanto con l’atto impugnato, salva
l’adozione di altri atti, una volta verificatane
l’efficacia nei 30 giorni di vigenza.
Sul punto la detta ordinanza conclude affermando come il protrarsi
della situazione contingente ne escluda la natura urgente, il che
invero non è condivisibile, posto che al contrario ben
può essere la sommatoria delle occasioni di intervento a
legittimare, quale misura “tampone”,
l’adozione di atti che in precedenza per episodi isolati si
era evitato di emanare; se è vero poi che gli accertamenti
risalivano al 1994, già nel 1993 il Questore aveva
rappresentato l’opportunità di anticipare la
chiusura del locale.
Va poi osservato che gli schiamazzi notturni possono
senz'altro costituire un elemento fondante per le ordinanze
contingibili e urgenti, qualora il disagio della popolazione, e quindi
l’interesse pubblico, al riposo delle persone vengano violati
da rumori generati da un locale aperto al pubblico.
Conseguentemente prive di pregio si rivelano le censure di
contraddittorietà dell’atto impugnato,
perché col passare delle ore muta anche la tipologia di
avventore, tale per cui il protrarsi dell’apertura
costituisce quell’occasione di accentuato disturbo alla
quiete pubblica che l’atto impugnato vuol cercare di
limitare; e ciò che rileva non è la
responsabilità soggettiva del gestore
dell’esercizio, ma l’oggettiva e causale
ascrivibilità della situazione di pregiudizio
all’espletamento dell’attività (cfr.
Cds, sez.V, n.4457/02).
Infondato è poi il primo motivo di ricorso, atteso che la
previsione dell’art. 5 della legge regionale citata si
applica a prescindere dall’adozione della ordinanza di
disciplina degli orari dei pubblici esercizi ex art.18, posto che
quest’ultima ha contenuto generale riguardando la
totalità degli esercizi, laddove la facoltà
connessa all’art.5 risponde al diverso fine di tutela
speciale dell’interesse pubblico.
Infine anche la doglianza postulante l’incompetenza
è infondata, recando l’atto impugnato la chiara
indicazione della delega (cfr. da ultimo CDS, sez.V, 6406/05).
“Quello che conta è l'interesse pubblico a che il
rumore venga limitato, indifferentemente da quante sono le
persone lese in concreto dal comportamento dei soggetti
interessati.”, ha affermato la sezione nella sentenza n.42/04
resa tra le medesime parti in causa , avente a oggetto ordinanza
limitativa l’orario di chiusura alle ore 23, e annullata per
la natura permanente e sproporzionata: ” Quanto al fatto che
l'ordinanza risulta non limitata nel tempo, anche tale censura risulta
fondata, in quanto per loro natura le ordinanze contingibili e urgenti
devono avere un'efficacia limitata, anche perché
l'ordinamento risulta dotato di altri strumenti idonei.”
Per le considerazioni su esposte il ricorso va respinto.
Vi sono tuttavia valide ragioni per compensare le spese di giudizio tra
le parti in causa.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, terza
Sezione, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, definitivamente
pronunciando sul ricorso in premessa, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia
eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia, in
Camera di Consiglio, il 30 marzo 2006.
Il Presidente
l’Estensore
Il Segretario
SENTENZA DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il……………..…n.………
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Direttore della Terza Sezione
Rumore. Schiamazzi
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