Pareschi in proprio e nella qualità (Romanelli ed altro) contro Com. Jesolo (Zambelli)
(Rigetta, Trib. Venezia, 13 marzo 2000).
IGIENE E SANITÀ PUBBLICA - SANITÀ DELL'AMBIENTE - IN GENERE - Inquinamento acustico - Legge quadro n. 447 del 1995 - Possibilità per i comuni di fissare fasce orarie per l'esercizio di determinate attività rumorose - Configurabilità.
In tema di inquinamento acustico, l'art. 6, comma terzo, della legge quadro 26 ottobre 1995, n. 447 consente ai comuni, il cui territorio presenti un rilevante interesse paesaggistico - ambientale e turistico, di attuare una più specifica regolamentazione dell'emissione ed immissione dei rumori, e, in questo ambito, di disciplinare l'esercizio di professioni, mestieri ed attività rumorose anche con l'istituzione di fasce orarie in cui soltanto possano essere espletati, e di prendere così in considerazione, oltre al dato oggettivo del superamento di una certa soglia di rumorosità, anche gli effetti negativi di quest'ultima sulle occupazioni o sul riposo delle persone, e quindi sulla tranquillità pubblica o privata.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE MUSIS Rosario - Presidente -
Dott. PANEBIANCO Ugo Riccardo - Consigliere -
Dott. ADAMO Mario - Consigliere -
Dott. SALVAGO Salvatore - rel. Consigliere -
Dott. FORTE Fabrizio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PARESCHI LUCIANO, in proprio quale legale rappresentante e
amministratore unico de L'ANCORA S.R.L., elettivamente domiciliato in
ROMA VIA COSSERIA 5, presso l'avvocato GUIDO FRANCESCO ROMANELLI, che
lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato MASSIMO STEFANUTTI,
giusta procura in calce;
- ricorrente -
contro
COMUNE
DI JESOLO, in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA LIMA 15, presso l'Avvocato MARIO
ETTORE VERINO, rappresentato e difeso dall'avvocato FRANCO ZAMBELLI
giusta mandato a margine del controricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 2/2000 del Tribunale di VENEZIA, depositata il 13/03/2000;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 30/04/2003 dal Consigliere Dott. Salvatore SALVAGO;
udito per il ricorrente l'Avvocato PECORA, con delega, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
udito per il controricorrente l'Avvocato VERINO, con delega, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
Vincenzo GAMBARDELLA che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Venezia, con sentenza del
13 marzo 2000, ha respinto l'opposizione di Luciano Pareschi, n. q. di
rappresentante della s.r.l. L'Ancora contro l'ordinanza del 23 marzo
1998 con cui il comune di Jesolo aveva ingiunto il pagamento della
somma di L. 246.400 per aver accertato che l'8 settembre 1997 alle ore
14, 55 dal parco Acqualandia fuoriusciva della musica a quell'ora
vietata dall'art. 64 del Regolamento comunale. Ha osservato, al
riguardo, che detta norma che tutela la quiete pubblica, e cioè la
tranquillità ed riposo delle persone non è stata abrogata dalla legge
447 del 1995 che tutela, invece, la salute pubblica, individuando la
soglia di tollerabilità delle emissioni ed immissioni sonore; e che,
nel caso, gli accertamenti compiuti dai vigili urbani avevano
confermato che la musica proveniente dal parco aveva attitudine a
determinare un oggettivo turbamento e disturbo del riposo delle
persone. Per la cassazione della sentenza il Pareschi ha proposto
ricorso per due motivi; cui resiste il comune di Jesolo con
controricorso illustrato da memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo del ricorso, Luciano Pareschi, denunciando
violazione della legge 447 del 1995 e del d.p.c.m. 1 marzo 1991,
censura la sentenza impugnata per aver confermato la sanzione
amministrativa irrogata dal comune senza considerare che quest'ultima
legge aveva riformato l'intera materia dell'inquinamento acustico,
facendo obbligo ai comuni di adeguare i propri regolamenti di igiene e
sanità entro un anno e perciò abrogando ogni altra norma contraria o
incompatibile, a maggior ragione se di natura regolamentare; con la
conseguenza che nessuna efficacia poteva attribuirsi al regolamento di
polizia urbana del comune. Con il secondo motivo, deducendo omessa e
contraddittoria motivazione si duole che il Tribunale abbia ritenuto
configurabile la violazione in base alle sole dichiarazioni dei vigili
urbani, laddove nel caso occorrevano mezzi e strumenti oggetti vamente
e tecnicamenti idonei quali i fonometri, idonei a stabilire con
appositi rilevamenti tecnici che era stata oggettivamente superata la
soglia della normale tollerabilità.
Entrambi i motivi sono infondati.
La legge quadro sull'inquinamento acustico 447 del 1995 ha inteso
stabilire i principi fondamentali in materia di tutela dell'ambiente
esterno e dell'ambiente abitativo dall'inquinamento acustico, ai sensi
e per gli effetti dell'articolo 117 Costit. (art. 1), definendone le
categorie, stabilendo valori limite di emissione e di immissione di
rumuori e sorgenti sonore (art. 2), riservando alla competenza dello
Stato la determinazione mediante appositi decreti ministeriali dei i
valori limite di emissione, di quelli di immissione, nonché i valori di
attenzione e di qualità menzionati da quest'ultima norma (art. 3); e
facendo carico ai comuni, entro un anno dalla data di entrata in vigore
della legge, di adeguare i regolamenti locali di igiene e sanità o di
polizia municipale, mediante apposite norme contro l'inquinamento
acustico, con particolare riferimento al controllo, al contenimento e
all'abbattimento delle emissioni sonore derivanti dalla circolazione
degli autoveicoli e dall'esercizio di attività che impiegano sorgenti
sonore (art. 6).
Queste norme, espressamente dichiarate dall'art. 1
"fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica",
comportano dunque che nessun ente pubblico territoriale può
disapplicarle introducendo categorie diverse ed in contrasto con quelle
previste dalla menzionata legge, ovvero valori limite di emissione o
immissione dei rumuori diversi e comunque inferiori rispetto a quelli
stabiliti dal d.p.c.m. 14 novembre 1997 (art. 3 e 4), adottato proprio
per dare attuazione a quanto disposto dalla menzionata legge 447/1995;
e che eventuali disposizioni difformi contenuti nei regolamenti
comunali debbano considerarsi implicitamente abrogati dalla fonte
normativa suddetta di rango superiore, la quale consente alle
amministrazioni in questione soltanto (art. 6, 1 comma lett. h):
"l'autorizzazione, anche in deroga ai valori limite di cui all'articolo
2, comma 3, per lo svolgimento di attività temporanee e di
manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico e per spettacoli
a carattere temporaneo ovvero mobile, nel rispetto delle prescrizioni
indicate dal comune stesso".
Ma questi limiti, il cui contenuto è
espressamente ed in modo inequivoco prefissato dalla legge statale non
comportano, a meno di stravolgerne il significato, che nel loro ambito
ai comuni non sia consentita di attuare una più specifica
regolamentazione dell'emissione ed immissione dei rumuori nel loro
territorio, come del resto è ribadito dal 3 comma dello stesso art. 6,
secondo cui "I comuni il cui territorio presenti un rilevante interesse
paesaggistico-ambientale e turistico, hanno la facoltà di individuare
limiti di esposizione al rumore inferiori a quelli determinati ai sensi
dell'articolo 3, comma 1, lettera a), secondo gli indirizzi determinati
dalla regione di appartenenza, ai sensi dell'articolo 4, comma 1,
lettera f)". E non comportano a maggior ragione, come già ripetutamente
affermato dalle sezioni penali di questa Corte, che dette
amministrazioni non possano disciplinare l'esercizio di professioni,
mestieri ed attività rumuorose anche con l'istituzione di fasce orarie
in cui soltanto possono essere espletati e, sempre nell'ambito del
limite dettato dalla legge 447/1995, prendere in considerazione non il
dato oggettivo del superamento di una certa soglia di rumuorosità
(indipendentemente dall'accertamento che sia stato arrecato o meno un
effettivo disturbo alle persone), bensì gli effetti negativi di
quest'ultima sulle occupazioni o sul riposo delle parsone e quindi
sulla tranquillità pubblica e/o privata (Cass. pen. 2316/1998,
1295/1998, 8589/1997). E proprio fra queste ultime disposizioni rientra
l'art. 64 del regolamento del comune di Jesolo, il quale, come
accertato dal Tribunale e non contestato dal ricorrente che non lo ha
neppure prodotto, è inserito nel titolo 4^ dedicato alla "Quiete
pubblica" e rivolto a tutelare la tranquillità ed il riposo degli
abitanti del comune, proibendo (comma 1) determinate dislocazioni ai
locali esercenti mestieri rumorosi o incomodi e vietandone (comma 2)
comunque l'esercizio in talune fasce orarie onde impedire disturbo al
vicinato: a prescindere, dunque dall'avvenuto obbiettivo superamento
del limite di rumuorosità fissato dalla legge 447/1995 e dal d.p.c.m.
14 novembre 1997, integrante l'autonoma violazione prevista dall'art.
10 della legge statale, che nel caso non è stato contestato al
ricorrente.
Pertanto, non si trattava di stabilire se fossero stati
osservati i limiti massimi al riguardo introdotti dalle tabelle
indicate dagli art. 2 e 3 di detto decreto, ne' di compiere le
rilevazioni nelle località e con i criteri individuati da queste norme,
perciò richiedenti l'utilizzazione di appositi apparecchi di precisione
aventi proprio siffatta peculiare funzione; bensì di accertare se la
condotta produttiva di rumuore addebitata alla soc. L'Ancora avesse
avuto una tale diffusività da comportare che l'evento di disturbo era
potenzialmente idoneo ad essere risentito da un numero indeterminato di
persone, pur se poi concretamente solo taluna (come è avvenuto nel caso
concreto) o addirittura nessuna se ne era di fatto lamentataci da avere
inciso sulla tranquillità pubblica. Sicché, del tutto correttamente la
sentenza impugnata ha fondato il suddetto accertamento sulle indagini
espletate al riguardo dalla Polizia municipale la quale, per un verso,
ha evidenziato la circostanza (del tutto incontestata) che l'attività
rumuorosa era stata percepita alle ore 14,55, in una fascia oraria,
dunque in cui era vietata. E per altro verso, malgrado lo scarso
traffico veicolare della zona dovuto proprio all'ora suddetta, la
musica si udiva distintamente in punti diversi dell'abitato, tutti
esterni al parco Acqualandia, gestito dalla società, in ciascuno dei
quali erano ubicati numerosi edifici: si da arrecare disturbo ad un
numero rilevante ed indeterminato di persone.
E trattandosi di un
accertamento di fatto, congruamente motivato ed immune da vizi
logico-giuridici che il ricorrente non ha neppure prospettato,
limitandosi a dedurre la circostanza del tutto inconducente al fine di
contestarne la validità che il parco Acqualandia è ubicato a crea
100/200 metri dalle abitazioni più vicine, lo stesso si sottrae al
giudizio di questa Corte di legittimità; sicché anche il secondo motivo
del ricorso deve essere respinto.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali che liquida in favore del comune di Jesolo in
complessivi euro 560,00 di cui euro 400,00 per onorario di avvocato
oltre spese generali ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 30 aprile 2003.
Depositato in Cancelleria il 9 ottobre 2003