Amletica inquietudine: meglio il trapano del dentista o il rumore del suo compressore ?
Nota a commento della sentenza T.A.R. Puglia, Sez. I Bari, 26 settembre 2003, n. 3591
di Silvano Di Rosa (*) e Mauro Del Sordo (**)
già pubblicata su D&G del 2412200
Sommario:
Premessa; – 1. I fatti accaduti; – 2. Presunta mancanza di un corretto contraddittorio; – 3. Corretta posizione di misura; – 4. Impugnazione del verbale di contestazione-accertamento; – 5. Entità del superamento dei limiti; – 6. Utilizzabilità di una ordinanza contingibile ed urgente; – 7. Conclusioni.
Premessa
Per chi non ha da spartire pareti o solai con un attiguo studio dentistico, la scelta è indubbiamente tanto ovvia quanto scontata: il dolore causato dal trapano (per quanto oggi esistano sistemi e cautele che lo riducono) è certamente uno spauracchio temuto dai più! Tutti – a fronte del tormento arrecato, dal “temuto strumento”, sulla propria dentatura – sarebbero pronti a dichiararsi affatto preoccupati per il problema della rumorosità connessa e scaturente dall’impiego di tale apparecchiatura “nel suo complesso” (1); ritenendo tale “scoppiettio” una cosa trascurabile rispetto all’anzidetta “tortura”.
Quando, viceversa, si abita a diretto contatto(2) con uno studio dentistico (ma, ovviamente, tutto questo vale ancor più per qualsiasi altra attività che possa costituire fonte di rumore) non v’è alcun dubbio sul fatto che l’angolo visuale e, soprattutto, l’opinione del diretto interessato – che venga interpellato al riguardo – cambi in maniera, a dir poco, radicale. Se non altro per il fatto che il “rumore” lo si percepisce(3) tutti i santi giorni lavorativi dell’anno(4), mentre invece il “dolore” – derivante dall’azione diretta del trapano sugli incisivi, canini, molari, premolari e chi più ne ha ne metta –, tutto sommato, lo si prova soltanto qualche volta nella vita (ovviamente ciò vale per i più fortunati !!).
Si tratta, quindi, di mettere a confronto l’intensità di una possente, dolorosa, temporanea e – fors’anche – occasionale, sensazione fisica sgradevole, con la costante, martellante, ossessiva e deprimente sottoposizione – “non desiderata” – ad una rumorosità prodotta da altri. Situazione, quest’ultima, che implica non solo una reale esposizione ad agenti fisici, ma anche delle malaccette inquietudini psichiche, evolvibili, fra l’altro, in vere paranoie.
La questione, in apparenza, può sembrare banale – se non addirittura grottesca – ma, tanto per dimostrare il contrario, è proprio un caso del genere ad esser divenuto oggetto di ricorso giurisdizionale di fronte al Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, Sede di Bari, Sez. I. In tale contesto, il giudice di primo grado – pronunciandosi definitivamente con sentenza 3591 del 2003 – ha preso posizione sul ricorso n. 1664 del 2000, dichiarandolo, in parte, improponibile e, per il resto, rigettandolo; lasciando così del tutto indenne il provvedimento sindacale impugnato.
Riguardo ai fatti, sarà sufficiente fornirne un conciso sunto – facendo rimando, per il resto, al dettagliato testo della sentenza che viene riportata in calce al presente lavoro –; mentre invece, per quanto concerne i contenuti più rilevanti della questione, riteniamo di poter prendere spunto da questi, per affrontare, in maniera specifica, alcune particolarità che, ciclicamente, ricompaiono(5) in questo genere di contenziosi.
1. – I fatti accaduti
A seguito dell’esposto di un cittadino (da questo momento qualificato: “il lamentante”), l’organo di controllo tecnico – territorialmente competente – ha effettuato un sopralluogo presso la di lui abitazione; ciò al fine di accertare quale fosse il livello, ivi percepibile, della rumorosità proveniente dallo studio dentistico situato nel sovrastante appartamento.
In un secondo momento, il dentista, veniva edotto – dallo stesso organo di controllo tecnico – circa il fatto che gli accertamenti fonometrici effettuati superavano i valori limite differenziali di immissione, di cui all’art. 4, comma 1, del D.P.C.M. 14/11/1997 – violazione punita ai sensi dell’art. 10, comma 2, della legge 26/10/1995, n. 447 –; palesando, fra le altre cose, la possibilità di pagare, in misura ridotta, la sanzione amministrativa prevista per legge ed in tal sede quantificata (pari all’equivalente in euro di 2.000.000 del vecchio conio).
Il dentista, a tal punto, chiedeva la revoca della sanzione amministrativa, lamentando una presunta violazione del principio del contraddittorio (scaturente, a suo avviso, dall’aver eseguito dei rilievi fonometrici senza fornirne preavviso al diretto interessato: lui stesso).
Il comune di Bari, con ordinanza sindacale, stigmatizzava come la rumorosità prodotta dal compressore, utilizzato dall’anzidetto studio dentistico, non potesse considerarsi compatibile con il limite differenziale di immissione imposto dal D.P.C.M. 14/11/1997; ritenendo altresì che l’inquinamento acustico, in tal modo determinato, potesse risultare di grave pregiudizio(6) alla salute pubblica. Con tale provvedimento veniva imposto, al responsabile dello stesso studio, di porre in essere misure tecniche ed organizzative per l’abbattimento delle emissioni rumorose prodotte dal citato compressore per quanto utilizzato per finalità odontoiatriche .
Il dentista esperiva ricorso al TAR – divenendo, in tal modo, ricorrente – impugnando: · l’ordinanza sindacale; · il verbale di sopralluogo ed accertamento stilato dall’organo di controllo tecnico; · il sopralluogo e la rilevazione fonometrica eseguita; nonché · il separato verbale di contestazione-accertamento con cui era stata irrogata la sanzione amministrativa.
Il Comune di Bari, costituitosi in giudizio, confutava gli addebiti mossi dal ricorrente e precisava, fra le altre cose, come gli accertamenti fonometrici – per prassi – vengono necessariamente eseguiti, almeno una volta – in prima istanza –, con modalità discreta (e quindi senza preavviso), al fine di monitorare le normali ed effettive condizioni di funzionamento e di emissione della sorgente sonora presa in esame; precisando altresì come, nel caso di specie, il ricorrente fosse stato tempestivamente reso edotto dei risultati dei rilievi; informandolo, oltretutto, circa la facoltà di poter far intervenire persona di propria fiducia. Proprio come, di fatto, si è puntualmente verificato; avendo potuto, il dentista, partecipare – grazie a tale modalità procedurale – al completamento degli accertamenti tecnici di rumorosità, anche per il tramite di propri consulenti.
Il TAR ha rigettato l’istanza di sospensione proposta in via incidentale dal ricorrente.
Il cittadino lamentante si è costituito in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso.
2. – Presunta mancanza di un corretto contraddittorio
Lasciando da parte la cronistoria degli eventi e limitandoci ai motivi di ricorso di nostro interesse, possiamo considerare interessante la palesata nullità dell’accertamento fonometrico (effettuato dall’organo di controllo tecnico) e del relativo verbale, per presunta violazione dell’art. 223(7) del D.Lgs. 28 luglio 1989, n. 271 – in relazione all’art. 24, comma 2(8), Cost. –, oltre che per violazione ed errata applicazione sia dell’art. 2, lettere e) ed f) (9), della legge 26 ottobre 1995, n. 447, sia degli artt. 14 e 15(10) della legge 24 novembre 1981, n. 689.
E’ su tale scorta, d’altronde, che il ricorrente ha sostenuto l’illegittimità derivata dell’ordinanza sindacale, lamentando che l’autorità ispettiva – artefice delle misurazioni di rumore – avrebbe dovuto fornire “per tempo”, allo studio dentistico, l’avviso dell’ora e del luogo di effettuazione dei rilievi fonometrici successivamente contestati; tanto da consentire l’instaurarsi di un “corretto contraddittorio”, ivi compresa la possibilità di potervi presenziare ed esercitare “a pieno” il proprio diritto di difesa costituzionalmente tutelato (Vds. nota 8).
Fra le altre cose(11) il ricorrente contesta anche che i rilievi fonometrici siano stati eseguiti solo vicino ai ricettori (l’appartamento del lamentante), omettendone l’effettuazione in prossimità della sorgente di rumore (lo studio dentistico stesso); ma…. di questo vedremo nella sezione successiva.
Entrando nel merito della questione – consistente nella pretesa del dentista di essere preavvertito sul giorno e l’ora del controllo – è possibile, in primo luogo, rilevare che – nel caso di specie – se è vero, com’è vero, che le misure sono state effettuate una prima volta «in modalità “discreta”» (quindi all’insaputa del dentista), è altrettanto vero che, successivamente, sono state eseguite anche «in modalità “controllata”»; quindi, con la piena collaborazione del ricorrente. Tanto che questi ha, addirittura, acconsentito a spegnere il compressore per il tempo necessario alla verifica, ed ha altresì potuto – in un secondo momento – partecipare al completamento degli accertamenti, avvalendosi delle prestazioni di propri consulenti di fiducia. E’ così che, nella realtà degli atti, si difende il comune di Bari.
A dire il vero quest’ultima argomentazione difensiva (dell’ente locale) ci interessa fino ad un certo punto, perché, se anche non fosse stato consentito al dentista di partecipare al completamento dell’indagine, la sua pretesa – sopra descritta – risulterebbe ugualmente inaccettabile. Invero, appare consolidato l’orientamento secondo cui la particolarità tipologica degli accertamenti di cui trattasi (rilievi fonometrici), presuppone necessariamente che gli stessi vengano eseguiti – almeno una volta – senza preavviso; al fine di consentire il monitoraggio di quelle che possono qualificarsi come “normali condizioni di funzionamento e di emissione sonora” delle apparecchiature, la cui rumorosità tipizza il contesto acustico divenuto oggetto di verifica.
Ma non basta, in quanto è giusto osservare come il procedimento – conclusosi con l’ordinanza sindacale del comune di Bari – abbia avuto inizio sol quando sia stata accertata “in concreto”, da parte dell’ente locale, l’esigenza di prendersi cura dell’interesse pubblico perseguito. Pertanto, si dimostra evidente come tale avvio non potesse considerarsi già concretizzato in un momento precedente a quello in cui l’amministrazione comunale – a seguito del rapporto dell’organo di controllo – ha avuto conferma della effettiva sussistenza della situazione di inquinamento acustico denunciata dal lamentante. Ne consegue che il rapporto dell’organo di controllo tecnico non può esser visto se non come un mero atto prodromico, costituente il presupposto per l’apertura del procedimento amministrativo (inesistente prima di questa). In altre e poche parole, non appare affatto infondato chiedersi: «come si poteva pretendere, in tal senso, di essere ammessi a partecipare ad un procedimento non ancora avviatosi ?»
Tutto questo è conforme - come fondatamente argomenta l’amministrazione comunale e ribadisce il TAR Puglia – alla stessa ratio della disciplina vigente in tema di partecipazione al procedimento amministrativo (ivi compreso anche quello di irrogazione delle sanzioni amministrative ex-legge n. 689/1981); sulla cui scorta non v’è alcun dubbio che sia consentito anteporre – al procedimento stesso – dei controlli, degli accertamenti e/o ispezioni, svolti “ovviamente” senza la partecipazione del diretto interessato. Tanto da dover considerare del tutto legittimo che quest’ultimo venga ad esserne informato con una “successiva” comunicazione; ugualmente idonea a porlo nella condizione di intervenire e partecipare alla procedura – a quel punto certamente avviatasi –, tanto da poter verificare e, se del caso, contestare la veridicità o l’esattezza degli accertamenti compiuti, od anche l’idoneità degli strumenti tecnici utilizzati, ecc. (12)
Se volessimo avvalersi delle deduzioni tipiche di un particolare filone(13) della giurisprudenza, non ci verrebbe neppure impedito di poter sostenere, nel caso in cui ricorrano quelle «ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento»(14), che il provvedimento sindacale – con cui si ordini la cessazione di attività rumorose eccedenti i limiti di tollerabilità consentiti – possa essere adottato senza neppure la preventiva contestazione e/o contraddittorio con l’interessato; ma torniamo alla realtà in esame.
Il giudice di primo grado, nella sentenza di cui trattasi, ha giustamente ritenuto insussistente qualsiasi violazione del diritto alla difesa dello studio dentistico. Posizione da condividere senz’altro, dal momento in cui è del tutto sufficiente che al titolare dell’attività rumorosa siano forniti tutti i dati relativi alle misurazioni effettuate; in maniera che questi – direttamente o per interposta persona – possa rimettersi, ricreandole, nelle stesse identiche condizioni di misura, per poter procedere a sua volta ad eventuali e successive verifiche o controlli, in base ai quali fondare il proprio irrinunciabile diritto di difesa.
3. – Corretta posizione di misura
Le misurazioni di rumore finalizzate alla verifica dei valori limite differenziali di immissione (e ciò vale anche per quelli assoluti) debbono essere effettuate “in prossimità dei ricettori” (15)! Appunto per questo appare del tutto inutile la pretestuosa contestazione avanzata dal responsabile dello studio dentistico – come accennato in precedenza –, circa il fatto che i rilievi di rumorosità siano stati effettuati “solo” vicino ai ricettori (l’appartamento del lamentante) e non anche in prossimità della sorgente (lo stesso studio dentistico). Secondo la vigente normativa sarebbe stato possibile far valere tale pretesa solo e soltanto nel caso in cui l’organo di controllo stesse provvedendo alla verifica del rispetto dei valori limite differenziali di emissione (16). Trattandosi, viceversa, di una verifica del rispetto di valori limite di immissione, l’eccezione non ha alcun pregio e si svela come meramente pretestuosa.
Con l’occasione pare conveniente ricordare che, nelle misure all'interno di ambienti abitativi, il microfono della catena fonometrica deve essere posizionato a 1,5 m dal pavimento e ad almeno 1 m da superfici riflettenti; eseguendo il rilevamento sia a finestre aperte che chiuse, al fine di individuare la situazione più gravosa. Nella misura a finestre chiuse, il microfono deve, altresì, essere posto nel punto in cui si rileva il maggior livello della pressione acustica(17).
4. – Impugnazione del verbale di contestazione-accertamento
L’azione difensiva del ricorrente si è spinta fino a veder direttamente impugnato il separato verbale di contestazione/accertamento, con cui era stata irrogata la sanzione amministrativa. Il TAR, a tal proposito ha correttamente rilevato, in via preliminare, un difetto assoluto di giurisdizione dell’autorità giurisdizionale (sia essa ordinaria, che amministrativa). Difatti, non si può sottacere come detto verbale scaturisca dalla riscontrata violazione dell’art. 4, comma 1, del D.P.C.M. 14 novembre 1997; punita – ai sensi dell’art. 10, comma 2, della legge 26/10/1995, n. 447– con una sanzione amministrativa pecuniaria, sottoposta in toto alla disciplina generale della legge 689/1981. Come tale, il caso di specie, è del tutto estraneo ed esula assolutamente dal regime speciale previsto dal codice della strada; in forza del quale è previsto – unico nel suo genere – che il “processo verbale di accertamento dell’infrazione” possieda una potenziale attitudine a divenire titolo esecutivo(18), tanto da giustificarne l’immediata opposizione in sede giurisdizionale. Si tratta però di un caso singolare, che differisce da quanto comunemente previsto per le altre e diverse violazioni (depenalizzate); le quali risultano soggette all’anzidetta disciplina generale ex-legge 689/1981.
Non sembra possibile trovare una salda alternativa a quanto affermato dal Giudice amministrativo pugliese: il verbale di accertamento dell’infrazione, nel caso di specie ed in via generale – quantunque contenga l’invito ad effettuare il pagamento in misura ridotta ai sensi dell’art. 16 della citata legge dell’81) – è effettivamente privo della potenziale efficacia di titolo esecutivo, non essendo – appunto per questo e di per sé – direttamente impugnabile in sede giurisdizionale(19).
Un indomito elemento di verifica e conforto ci viene offerto dalla Corte Costituzionale(20), la quale ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 16, 18 e 22 della legge n. 689/1981, in riferimento agli artt. 3, 24, 25 e 113 Cost.. La Consulta ha rimarcato come tale questione poggi su un presupposto erroneo, consistente nel fatto che – in via generale – il verbale di contestazione-accertamento per violazioni per le quali sia prevista solo una sanzione amministrativa pecuniaria:
* costituisce meramente il primo atto di un procedimento amministrativo;
* non è, di per sé, immediatamente lesivo di posizioni del soggetto cui viene attribuita la violazione;
* non costituisce in alcun modo titolo esecutivo per il pagamento, dovendo sempre e in ogni caso intervenire “a tal fine” (21) una ordinanza-ingiunzione (o, diversamente, una ordinanza di archiviazione);
* non arreca alcuna compressione del diritto alla tutela giurisdizionale né lesione del principio di eguaglianza (in ragione di come i procedimenti, ed anche gli effetti, scaturenti dai verbali di accertamento per violazioni del codice della strada siano diversi da quelli riconducibili ai verbali di contestazione-accertamento di carattere generale).
In coerenza con quanto appena detto(22), anche nel caso in cui il “sanzionato” non si sia avvalso della facoltà di presentare osservazioni, scritti difensivi e/o documenti nell’ambito del procedimento amministrativo concernente il verbale, ciò non lo fa decadere dalla possibilità di rivolgersi, in un secondo momento, al giudice naturale precostituito per legge; il quale potrà essere liberamente adito, ma solo una volta che – e soltanto se – intervenga un vero e proprio provvedimento amministrativo, qualificabile come “lesivo”: l’ordinanza ingiunzione ex art. 18(23) legge 689/81.
Quanto sopra esposto integra, di per sé, elemento sufficientemente fondante l’improponibilità della domanda di annullamento, direttamente posta dal ricorrente avverso il verbale di contestazione-accertamento dell’organo di controllo tecnico. In tal senso, appunto, si è espresso il TAR della Puglia.
5. – Entità del superamento dei limiti
Nel contesto dei motivi di ricorso richiamati nella sentenza in esame, si evince il tentativo – del ricorrente – di sostenere come un superamento del limite differenziale, pari ad 8 dB, dimostri che l’immissione di rumore sia modestissima; tanto da azzardarsi a qualificare del tutto ingiustificata – ad avviso di questi – l’adozione di una ordinanza contingibile ed urgente. Una tale affermazione fa “sgranare gli occhi” e “drizzare i capelli” a chiunque; sol tenendo conto che il valore limite differenziale di immissione per il periodo diurno è pari a 5 dB, e che, pertanto, il rumore ambientale rilevato (quindi la rumorosità misurata in presenza della fonte disturbante) superava di ben 13 dB il rumore residuo misurato in assenza della fonte disturbante.
A tal riguardo il TAR Puglia sostiene che l’art. 4, comma 1, del D.P.C.M. 14/11/1997 non riconosce all’Amministrazione comunale il potere di distinguere – nell’ambito delle immissioni che superano i limiti previsti dalla normativa di riferimento – il grado di intensità delle immissioni stesse, al fine di provvedere o meno all’adozione delle misure necessarie al loro abbattimento entro la soglia di tollerabilità; così come rileva – sempre il Giudice pugliese – il pieno rispetto, nel caso di specie, nel disposto di cui al comma 2 del citato art. 4 D.P.C.M. 14/11/1997(24), concernente l’eventuale mancanza delle condizioni considerate come soglie di applicabilità del differenziale; atteso che la documentazione tecnica predisposta dall’organo di controllo dimostra il superamento/rispetto delle stesse.
A nostro avviso,però, esistono realmente ulteriori e fondati elementi, in base ai quali – visto un superamento di 8 dB del valore limite differenziale di immissione diurno – la rumorosità presa in esame, non può essere assolutamente essere qualificata come un’immissione modestissima. A tal riguardo, tuttavia, è essenziale premettere alcune osservazioni di carattere generale.
In primo luogo è doveroso ricordare che il suono nasce dalla vibrazione di corpi elastici e, analogamente, si propaga attraverso la vibrazione delle particelle di materia, diffondendosi nel mezzo di trasmissione – sia esso solido, liquido, aeriforme, ma non nel vuoto – sotto forma di onde oscillatorie. Onde che, raggiungendo l'orecchio, ne fanno vibrare la membrana sensibile del timpano, generando un segnale che viene quindi inviato al cervello; dove il segnale si traduce nella nostra percezione del suono. Si tratta quindi della diffusione di energia meccanica – normalmente in un fluido – per onde sinusoidali di oscillazione (generate da un corpo in vibrazione) propagantesi(25) in tutte le direzioni alla velocità di 331,8 m/s, (in aria a 0°C). Ne consegue che il suono può definirsi: un fenomeno psico-acustico(26), inteso come perturbazione vibratoria in un mezzo elastico (gassoso, liquido o solido), senza trasporto di materia, ma di sola energia.
Mutatis mutandis, il rumore deve necessariamente considerarsi come un fenomeno acustico – dovuto al sommarsi di un indefinito numero di suoni elementari – che presenta caratteristiche tali – sia come qualità, sia, soprattutto, come intensità – da produrre una sensazione uditiva “sgradevole”; tanto da risultare indesiderato, fastidioso o, addirittura, dannoso per la salute.
Le due caratteristiche più importanti per la valutazione di un suono (sia esso gradito o sgradito) sono l’ampiezza(27) e la frequenza(28). Quando si “chiacchiera” di rumore, capita, fra le altre cose, di riferirsi all’ intensità sonora(29), alla sorgente di rumore, alla potenza sonora(30), alla sensazione sonora, alla pressione sonora(31) ed al suo livello, ecc. ecc..
Con particolare riguardo a quest’ultimo, bisogna tener presente che il suono più debole rilevabile dall’orecchio umano è pari a “20 milionesimi di Pascal” (quindi 20 mPa) (32); anche se poi tale variazione di livello di pressione sonora è talmente piccola che la membrana del timpano del nostro orecchio subisce uno spostamento inferiore al diametro di un atomo. Ciononostante – in maniera quasi antitetica – l’orecchio umano riesce a tollerare(33) pressioni sonore di un milione di volte più elevate. Da ciò risulta scontato – potendosi imbattere in un simile range di grandezze – che, se misurassimo il suono in Pascal o in microPascal, sarebbe necessario dover lavorare con numeri enormi e difficilmente utilizzabili. Ci sono più modi per risolvere tale problema.
Tutti noi sappiamo che per misurare una «quantità» occorre avvalersi, in ogni caso, di una scala standard di riferimento; che non venga semplicemente fissata, ma sia anche universalmente accettata e riconosciuta(34). Il problema di trovarsi a dover misurare quantità che sono molto più piccole – ma il dilemma si pone anche quando sono tanto più grandi – rispetto a quelle “di riferimento”, può essere “comodamente” risolto utilizzando dei prefissi standard(35). Si tratta di un sistema molto conveniente che – avendo a che fare con ordini di grandezza molto diversi fra loro – può anche divenire indispensabile.
Per quanto riguarda il rumore(36), nonostante che anche per esso – come negli altri casi cui si è fatto poc’anzi riferimento – la gamma di valori a cui ci dobbiamo necessariamente riferire é molto grande, é stata scelta una soluzione completamente diversa. Si é preferito utilizzare un sistema di misura a scala non lineare, ma logaritmica. Vediamo il perché.
La ragione deriva dal fatto che l'intensità sonora assoluta non è per niente facile da misurare, così che si preferisce ricorrere alla misura dell'intensità relativa di un suono; detta anche livello sonoro, misurato in “decimi di Bell” (dB). Il dB (deciBel) è un' unità, senza dimensioni, che indica il logaritmo in base 10 del rapporto tra la pressione sonora del suono in esame ed una pressione di riferimento. A dire il vero, il dB non è una vera unità di misura, bensì un modo per esprimere una misura. In ogni caso il vantaggio derivante da tale impiego consiste nella notevolissima riduzione della scala di valutazione del rumore – in base alla pressione –, potendo, in tal modo, comprimere l’intera gamma dei rumori in un range compreso tra 0 e 140 dB (senza dover ricorrere a cifre a 6 o 7 zeri).
Ecco la ragione per cui il livello di pressione sonora é espresso in scala logaritmica. Ma non si tratta soltanto di un modo pratico per "comprimere" i possibili valori di rumorosità e poterne dare un riscontro più leggibile e maneggevole a chiunque; perché esiste anche un’altra ragione altrettanto valida. Il campo dinamico dell’udito umano è molto ampio, così che si preferisce esprimere i parametri acustici come logaritmo del rapporto tra valore misurato (p) ed un valore di riferimento (pari alla più piccola pressione in grado di produrre una sensazione sonora). La scala in dB – logaritmica –, infatti, è quella che (rispetto alla scala lineare in Pascal) riesce a dare un’approssimazione migliore per la percezione umana dell’intensità sonora relativa; non riuscendo, l’orecchio umano, ad avvertire la variazione di livello di pressione sonora – in dB – come una variazione proporzionale di percezione sonora. Sarebbe veramente assurdo trascurare o sottovalutare che la sensazione uditiva soggettiva non corrisponde linearmente all’ampiezza di un suono (essendo essa molto più vicina al logaritmo della variazione relativa fra due livelli di pressione sonora), ed il farlo non porterebbe ad ottenere alcun vantaggio; quindi meglio tenerne conto!
Per questa ragione, quel valore di 20 mPa – che si è visto essere il suono più debole che l’orecchio umano possa percepire – non fa altro che divenire il corrispondente valore di 0 dB (soglia dell’udito); definibile come nostra “pressione sonora di riferimento”, in contrapposizione al valore massimo di 140 dB (soglia del dolore) che caratterizza il culmine della scala logaritmica di cui trattasi.
Quindi, niente scala lineare (come si avrebbe se utilizzassimo i microPascal: mPa); preferendo ad essa una scala diversa e più ridotta (logaritmica), che consente l’uso di grandezze molto più “pratiche” ed attinenti!
A dire il vero, ci sarebbe anche da rilevare che una valutazione qualitativa dei suoni, basata esclusivamente su dati oggettivi (quali i livelli di pressione sonora alle diverse frequenze), non potrebbe considerarsi valida ai fini di un riscontro in termini di sensazione sonora. Solitamente, per simulare la risposta in frequenza dell’orecchio umano, occorre computare la ponderazione introdotta dall’apparato uditivo – in funzione della frequenza – attraverso la cosiddetta «scala di ponderazione “A” (37) »; cui competono le necessarie correzioni che, in genere, fanno optare per l’utilizzo del dB(A) invece del dB. Ma questa sarebbe una questione che ci porterebbe eccessivamente “fuori strada” rispetto al tema che ci siamo prefissati di trattare.
Con la sottostante tabella sono state poste a diretto confronto una scala logaritmica(38) ed una scala lineare(39), indicanti entrambe dei livelli di pressione sonora fra loro corrispondenti (tabella –1 –).
Tabella – 1 –
Comparazione di Livelli di Pressione sonora espressi in:
mPa (microPascal)
DeciBel
20
0
200
20
2.000
40
20.000
60
200.000
80
2.000.000
100
20.000.000
120
200.000.000
140
Come si può constatare, il valore di 20 mPa (soglia dell’udito) costituisce il livello di riferimento corrispondente a 0 dB(A); e, partendo da tale base, è possibile rilevare anche tutte le rimanenti correlazioni ivi rappresentate.
In tal modo è semplice verificare – anche per i non addetti ai lavori – che (ad esempio) un aumento di rumorosità di + 20 dB non sempre richiede l’impiego del medesimo (chiamiamolo) “sforzo energetico”; non sempre, cioè, si deve spendere la medesima quantità di energia per ottenerlo. Difatti (per quanto occorra precisare che si tratta di dati puramente indicativi e sommari), per generare un innalzamento(40) differenziale da 60 a 80 dB, occorrerà un incremento del livello di pressione sonora di circa 180.000 mPa (Cfr. la sovrastante tabella: 200.000 – 20.000 = 180.000). Viceversa, se prendiamo in considerazione lo stesso aumento, che però intervenga fra 20 e 40 dB, chiunque può riscontrare con i propri occhi, come basti, per ottenerlo, un incremento del livello di pressione sonora di soli 1.800 mPa (2.000 – 200 = 1.800). In quest’ultimo caso, pertanto, sarà sufficiente impiegare la centesima parte del precedente incremento di livello di pressione sonora, per ottenere lo stesso aumento di rumorosità di + 20 dB .
Questa particolarità, di estrema rilevanza, si riscontra anche prendendo in considerazione valori differenziali di minore entità: il risultato è ugualmente sconcertante. Ad esempio, se, partendo da un rumore residuo uguale a 25,0 dB(A), si attivasse una fonte di rumore disturbante, sarebbero sufficienti circa 210 mPa(41) per raggiungere un valore di rumore ambientale pari a 28,0 dB(A) (42). Raggiunta tale soglia – ove ci trovassimo in periodo notturno – da quel punto in poi si avrebbe il superamento del valore limite differenziale di immissione – pari a 3 dB –!! Occorre notare che, all'inverso, lo stesso incremento di livello di pressione sonora (quindi gli stessi + 210 mPa), nel caso in cui si verifichi – sempre a titolo esemplificativo – in presenza di (cioè a partire da) un rumore residuo pari a 50 dB(A), non porta affatto ad un valore di rumore ambientale di 53,0 dB(A), bensì solo e soltanto a 50,2 o, tuttalpiù, a 50,3 dB(A); con un differenziale risultante pari a circa + 0,3 dB(43), cioè 10 volte inferiore al precedente!!
Per avere lo stesso incremento differenziale di + 3,0 dB – verificatosi nell’altra situazione ambientale precedentemente esemplificata – occorrerebbe, infatti, un aumento di circa 2.820 mPa: valore ben 13 volte più grande di quello visto nella situazione precedente.
La particolarità derivante dall’impiego di una scala logaritmica – cui abbiamo finora fatto riferimento – porta, molto spesso, ad effettuare affermazioni azzardate; quali, ad esempio, che un incremento di 3 dB implichi il raddoppio della rumorosità e/o che un incremento di 10 dB porti addirittura a decuplicarla. Bisogna fare molta attenzione a non confondere termini – come pressione, potenza o sensazione – che solo in apparenza possono sembrare equivalenti.
Se, dal punto di vista fisico, è sicuramente vero che un suono dell’intensità di 60 decibel è dieci volte più “potente” di un suono di 50 decibel (differenza di 10 dB), così come non è negabile che ad un aumento di 20 decibel corrisponda una potenza sonora centuplicata, non può essere trascurato il fatto che si stia parlando di “potenza” sonora. Basta cambiare riferimento terminologico per notare che, invece, un incremento di 10 dB corrisponde(44) ad un raddoppio della sensazione sonora percepita dal soggetto esposto (e non ad una sua decuplicazione ); mentre invece è sufficiente una variazione di 6 dB per determinare un raddoppio della pressione sonora (SPL) misurata.
Quando si parla di raddoppio del suono, pertanto, non si può prescindere dal precisare “sempre e comunque” se ci si riferisce al raddoppio della pressione sonora, al raddoppio della potenza sonora, oppure a quello della sensazione sonora. La differenza non è da poco! Infatti, mentre un aumento di 6 dB del livello di pressione sonora – rispetto a quello originario – genera effettivamente un raddoppio della pressione sonora, un raddoppio di potenza sonora – viceversa – registra una variazione di soli 3 dB rispetto al livello iniziale; dovendo altresì notare che, in ogni caso, una variazione di 10 dB determina – a livello uditivo e non strumentale – un mero raddoppio della sensazione sonora percepita. Ciò significa e riconferma che, al di là dei dati strumentali (importantissimi in quanto oggettivi), l'orecchio umano non funziona in modo lineare e non percepisce – come invece si potrebbe pensare – gli aumenti di rumore con la debita proporzionalità; tanto che al raddoppio della pressione sonora o della potenza sonora non corrisponde un effettivo raddoppio della sensazione sonora (45).
Dopo aver tessuto una simile “ragnatela” di dati – in cui ci sforzeremo di non rimanere impigliati – la conclusione più logica che si può trarre riguardo al verificarsi di un incremento di 13 dB – com’è quello che si riscontra, rispetto al rumore residuo, nel caso di specie – dovrebbe oramai “germogliare” da sola, …spontaneamente. Una tale variazione di rumorosità, non solo determina la quadruplicazione concreta della potenza sonora iniziale ed anche un raddoppio effettivo del livello di pressione sonora inizialmente presente, ma fa altresì nascere, nel soggetto esposto, una sensazione sonora ampiamente superiore al doppio di quella che lo stesso poteva avere in assenza della fonte disturbante; quindi determina qualcosa di “più” che un raddoppio del rumore “da sopportare”. Se tutto questo è indice di un’immissione di rumore modestissima, allora vuol dire che non coabitiamo nella stessa galassia di colui che lo sostiene. Nel “nostro” mondo non v’è alcun dubbio che il “superamento” del limite (pari a 8 dB) riscontrato a monte del contenzioso in esame, è tutt’altro che modesto !
6. – Utilizzabilità di una ordinanza contingibile ed urgente
Fra le varie lagnanze del ricorrente non può essere taciuta quella secondo cui, dalla motivazione dell’ordinanza, non emerge la ricorrenza del pericolo grave di danno imminente nel settore igienico-sanitario – non fronteggiabile con i mezzi ordinari predisposti dall’ordinamento giuridico –, che viene additato (il pericolo) come presupposto necessario per l’adozione dell’ordinanza contingibile ed urgente.
Il Giudice Amministrativo per la Puglia, in maniera ineccepibile, evidenzia come il fondamento giuridico dell’impugnata ordinanza sia rinvenibile nel disposto di cui agli artt. 9(46) della legge 447/1995 e, soprattutto, nel 3 della L.R. Puglia 20 luglio1984, n. 36 «Norme concernenti l’igiene e sanità pubblica ed il servizio farmaceutico», il quale recita: «In materia di igiene e sanità pubblica il Sindaco adotta i provvedimenti autorizzativi, prescrittivi e di concessione, ivi compresi quelli già demandati al Medico Provinciale e all’Ufficiale Sanitario ed emana le ordinanze contingibili e urgenti. L’attività istruttoria, tecnica e amministrativa è espletata dal Servizio di igiene e sanità pubblica dell’Unità sanitaria locale.».
In effetti le norme sopra citate (sia l’art. 9 l. 447/1985 che l’art. 3 l.r. Puglia n. 36/1984) costituiscono espressione specifica del più generale potere di ordinanza previsto dall’art. 54, comma 2(47), del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, «Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali» (già art. 38, comma 2, della vecchia legge 142/1990). A tal riguardo il TAR – in linea con il prevalente orientamento della giurisprudenza amministrativa – sottolinea come l’art. 54 di tale Testo Unico abbia determinato un allargamento della sfera d'azione dei provvedimenti contingibili e urgenti del Sindaco(48)– quale ufficiale di governo, in materia di sanità – prevedendo che questi possano essere emanati non più per «motivi di sicurezza pubblica» o solo di quella (come prevedeva l'abrogato art. 153 T.U. 4 febbraio 1915 n. 148), ma anche e soprattutto «al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità dei cittadini»(49). In tal senso deve ritenersi del tutto legittimo(50) il provvedimento col quale il Sindaco, con riferimento alla suddetta norma, ordini la riduzione delle immissioni rumorose che superino i limiti di rumorosità consentiti e, quindi, costituiscano la fonte di rischi da esposizione ad inquinamento acustico(51); senza dover attendere che si verifichino dei danni, ma, viceversa, intervenendo doverosamente per prevenirli(52).
7. – Conclusioni
Consapevoli di esorbitare dall’ambito di un commento ad una sentenza del Giudice Amministrativo, riteniamo di poter ugualmente citare una decisione del Tribunale di Venezia(53), con la quale è stato individuato proprio nel «raddoppio della pressione sonora» il limite idoneo per valutare il grado di disturbo di una fonte di rumore; in quanto ritenuto questo come l’unico parametro praticabile al fine di apprezzare, in termini di causalità, la relazione tra l’attività immissiva e la dedotta lesione del diritto alla salute.
D’altronde, se è vero, come è vero, che l’art. 24 della Costituzione tutela il diritto alla difesa (palesato dal ricorrente), nessuno può sottacere che l’art. 32(54) della stessa Carta Costituzionale tutela, a maggior ragione, il diritto alla salute; al quale deve esser attribuito il significato più adeguato, non riducendosi a pensare – in maniera limitativa – alla salute solo e soltanto come ad una assenza di malattie(55).
A tal punto costituirebbe una grave mancanza omettere un doveroso richiamo anche alla sentenza 14 febbraio 2003 della Corte di Appello di Milano(56), Sezione seconda civile. Per quanto – lo ribadiamo – si tratti, anche in questo caso, di un giudizio in materia civile di fronte al Giudice ordinario, non appare possibile trascurare il concetto che in tal sede viene ribadito circa la sussistenza di un danno esistenziale determinato dall’inquinamento acustico: «…Non è soltanto il diritto alla serenità domestica, nel ristretto ambito della propria abitazione, ad essere violato, ma anche la menomazione delle altre attività di svago, sociali e culturali che solitamente si svolgono al di fuori della abitazione familiare e costituiscono corollario alla libera estrinsecazione della personalità che può essere lesa sia nell’ambito familiare e privato, sia esterno, cioè sociale, culturale, ricreativo, senza che insorga necessariamente una vera e propria malattia psichica.
Il danno esistenziale è, quindi, individuabile, ove sia accertata una modificazioni peggiorative, purché, come già evidenziato, apprezzabile per intensità e qualità, nella sfera personale del soggetto leso, tra cui va fatta rientrare la alterazione del diritto alla “ normale qualità della vita” e/o “alla libera estrinsecazione della personalità”».
La Corte milanese, pur prendendo atto, da un lato, dell’esistenza di una giurisprudenza che – in parte – dubita del «riconoscimento della risarcibilità del pregiudizio psichico subito, in mancanza di una lesione medicalmente accertabile» e, dall’altro, che, nel caso esaminato, ci si trovava di fronte ad un danno di natura psichica «non percettibile visivamente dal giudicante», ne ha ugualmente affermato la risarcibilità come danno esistenziale. Quindi i rumori che superano la soglia della normale tollerabilità, sottolinea la Corte milanese, determinano una sensazione di malessere e di alterazione dell’equilibrio psico-fisico che «pur senza qualificarsi come vero e proprio danno biologico» vanno a ledere la serenità domestica «suscettibile di risarcimento». C.v.d.
Le statuizioni contenute nella sentenza 3591/2003 hanno costituito l’occasione per affrontare alcuni “temi caldi”, notoriamente “ricorrenti” nelle numerose diatribe che, di volta in volta, nascono in tema di inquinamento acustico. Certamente nessuno ha la pretesa di sostenere che “sia semplice” districarsi nel groviglio delle numerosissime leggi, regolamenti, direttive, norme, disposizioni ecc. ecc. vigenti in materia; i quali, a forza di regolare astrattamente le situazioni, che potenzialmente possono verificarsi nella realtà, finiscono – in alcuni casi – per renderle irresolubili. Così come, tale situazione ingarbugliata, non potrà certamente costituire avallo alla facoltà di “molestare” impunemente il proprio prossimo, con rumori eccessivi. Non vuol neppure costituire una sorta di preventiva giustificazione per gli addetti ai lavori, ma – non nascondiamocelo!! – resta il fatto che, anche secondo i nostri padri(57), la sussistenza di un ordinamento giuridico caratterizzato da innumerevoli leggi non possa certamente considerarsi un “buon sintomo” (58).
(*) Consulente legale ambientale
membro A.N.E.A. n° 335
(**) Tecnico competente in Acustica Ambientale
socio M.R.T. Missione Rumore Toscana
NOTE
[1] Ivi compresa l’indispensabile fonte di aria compressa: il compressore
2 di fianco, sotto, o sopra
3 o, quantomeno, lo si può astrattamente percepire
4 dalle 9 alle 20
5 della serie: “…a volte ritornano…”
6 Potenzialmente incrementato, nei mesi estivi, dal sistema di condizionamento dell’aria ambiente dello studio dentistico, non sottoposto a monitoraggio durante la verifica attuata nel mese di febbraio.
7 «Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale»: Art. 223. Analisi di campioni e garanzie per l'interessato. 1. Qualora nel corso di attività ispettive o di vigilanza previste da leggi o decreti si debbano eseguire analisi di campioni per le quali non è prevista la revisione, a cura dell'organo procedente è dato, anche oralmente, avviso all'interessato del giorno, dell'ora e del luogo dove le analisi verranno effettuate. L'interessato o persona di sua fiducia appositamente designata possono presenziare alle analisi, eventualmente con l'assistenza di un consulente tecnico. A tali persone spettano i poteri previsti dall'art. 230 del codice [rubricato: attività dei consulenti tecnici].
2. Se leggi o decreti prevedono la revisione delle analisi e questa sia richiesta dall'interessato, a cura dell'organo incaricato della revisione, almeno tre giorni prima, deve essere dato avviso del giorno, dell'ora e del luogo ove la medesima verrà effettuata all'interessato e al difensore eventualmente nominato. Alle operazioni di revisione l'interessato e il difensore hanno diritto di assistere personalmente, con l'assistenza eventuale di un consulente tecnico. A tali persone spettano i poteri previsti dall'art. 230 del codice [rubricato: attività dei consulenti tecnici].
3. I verbali di analisi non ripetibili e i verbali di revisione di analisi sono raccolti nel fascicolo per il dibattimento, sempre che siano state osservate le disposizioni dei commi 1 e 2.
8 “…La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento…”.
9 Art. 2. Definizioni – 1. Ai fini della presente legge si intende per: …omissis… e) valori limite di emissione: il valore massimo di rumore che può essere emesso da una sorgente sonora, misurato in prossimità della sorgente stessa; f) valori limite di immissione [sia quelli assoluti sia quelli differenziali] : il valore massimo di rumore che può essere immesso da una o più sorgenti sonore nell'ambiente abitativo o nell'ambiente esterno, misurato in prossimità dei ricettori;
10 14. Contestazione e notificazione: La violazione, quando è possibile, deve essere contestata immediatamente tanto al trasgressore quanto alla persona che sia obbligata in solido al pagamento della somma dovuta per la violazione stessa.
Se non è avvenuta la contestazione immediata per tutte o per alcune delle persone indicate nel
comma precedente, gli estremi della violazione debbono essere notificati agli interessati residenti nel territorio della Repubblica entro il termine di novanta giorni e a quelli residenti all'estero entro il
termine di trecentosessanta giorni dall'accertamento.
Quando gli atti relativi alla violazione sono trasmessi all'autorità competente con provvedimento
dell'autorità giudiziaria, i termini di cui al comma precedente decorrono dalla data della ricezione.
Per la forma della contestazione immediata o della notificazione si applicano le disposizioni previste dalle leggi vigenti. In ogni caso la notificazione può essere effettuata, con le modalità previste dal codice di procedura civile, anche da un funzionario dell'amministrazione che ha accertato la violazione.
Per i residenti all'estero, qualora la residenza, la dimora o il domicilio non siano noti, la notifica non è obbligatoria e resta salva la facoltà del pagamento in misura ridotta sino alla scadenza del termine
previsto nel secondo comma dell'articolo 22 per il giudizio di opposizione.
L'obbligazione di pagare la somma dovuta per la violazione si estingue per la persona nei cui confronti è stata omessa la notificazione nel termine prescritto.
15. Accertamenti mediante analisi di campioni: Se per l'accertamento della violazione sono compiute analisi di campioni, il dirigente del laboratorio
deve comunicare all'interessato, a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, l'esito dell'analisi.
L'interessato può chiedere la revisione dell'analisi con la partecipazione di un proprio consulente tecnico. La richiesta è presentata con istanza scritta all'organo che ha prelevato i campioni da analizzare, nel termine di 15 giorni dalla comunicazione dell'esito della prima analisi, che deve essere allegato all'istanza medesima.
Delle operazioni di revisione dell'analisi è data comunicazione all'interessato almeno dieci giorni prima del loro inizio.
I risultati della revisione dell'analisi sono comunicati all'interessato a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, a cura del dirigente del laboratorio che ha eseguito la revisione dell'analisi.
Le comunicazioni di cui al primo e al quarto comma equivalgono alla contestazione di cui al primo comma dell'articolo 14 ed il termine per il pagamento in misura ridotta di cui all'articolo 16 decorre dalla comunicazione dell'esito della prima analisi o, quando è stata chiesta la revisione dell'analisi, dalla comunicazione dell'esito della stessa.
Ove non sia possibile effettuare la comunicazione all'interessato nelle forme di cui al primo e al quarto comma, si applicano le disposizioni dell'articolo 14.
Con il decreto o con la legge regionale indicati nell'ultimo comma dell'art. 17 sarà altresì fissata la somma di denaro che il richiedente la revisione dell'analisi è tenuto a versare e potranno essere indicati, anche a modifica delle vigenti disposizioni di legge, gli istituti incaricati della stessa analisi.
11 Cui, per il momento, non si intende dare rilievo
12 Ciò in piena conformità con quanto statuito in Consiglio di Stato, Sez. V, 5 marzo 2003, n. 1224.
13 T.a.r. Toscana, Sez. II, 19 febbraio 1999 n. 203 e 14 febbraio 2000, n. 168
14 Previste dal primo comma dell’art. 7 della legge 7 agosto 1990 n. 241
15 Previsto dall’art. 2.1, della legge 447/95, alla lettera f): valori limite di immissione [sia quelli assoluti sia quelli differenziali] : il valore massimo di rumore che può essere immesso da una o più sorgenti sonore nell'ambiente abitativo o nell'ambiente esterno, misurato in prossimità dei ricettori;
16 art. 2, comma 1, lettera e) , legge 447/1995: valore massimo di rumore che può essere emesso da una sorgente sonora, misurato in prossimità della sorgente stessa
17 punto 5) dell’allegato B al DM 16 marzo 1998.
18 In quanto si pone, per l’effetto, come atto terminale del procedimento sanzionatorio in luogo dell’ordinanza-ingiunzione prevista dall’art. 18 della legge 689/81.
19 Giurisprudenza richiamata dallo stesso Giudice di primo grado: Cass. civ., Sez. III, 5 aprile 2000, n. 4145; Cass. civ., Sez. III, 19 maggio 2000, n. 6485; Cass. civ., Sez. un., 27 maggio 1999, n. 314.
20 Ordinanza 7 maggio 2002, n. 160, riportata in calce
21 Perché possa considerarsi immediatamente lesivo
22 Sempre emulando la Consulta
23 Art. 18 – Ordinanza-ingiunzione: Entro il termine di trenta giorni dalla data della contestazione o notificazione della violazione, gli interessati possono far pervenire all'autorità competente a ricevere il rapporto a norma dell'articolo 17 scritti difensivi e documenti e possono chiedere di essere sentiti dalla medesima autorità.
L'autorità competente, sentiti gli interessati, ove questi ne abbiano fatto richiesta, ed esaminati i documenti inviati e gli argomenti esposti negli scritti difensivi, se ritiene fondato l'accertamento, determina, con ordinanza motivata, la somma dovuta per la violazione e ne ingiunge il pagamento, insieme con le spese, all'autore della violazione ed alle persone che vi sono obbligate solidalmente; altrimenti emette ordinanza motivata di archiviazione degli atti comunicandola integralmente all'organo che ha redatto il rapporto.
Con l'ordinanza-ingiunzione deve essere disposta la restituzione, previo pagamento delle spese di custodia, delle cose sequestrate, che non siano confiscate con lo stesso provvedimento. La restituzione delle cose sequestrate è altresì disposta con l'ordinanza di archiviazione, quando non ne sia obbligatoria la confisca.
Il pagamento è effettuato all'ufficio del registro o al diverso ufficio indicato nella ordinanza-ingiunzione, entro il termine di trenta giorni dalla notificazione di detto provvedimento, eseguita nelle forme previste dall'articolo 14; del pagamento è data comunicazione, entro il trentesimo giorno, a cura dell'ufficio che lo ha ricevuto, all'autorità che ha emesso l'ordinanza.
Il termine per il pagamento è di sessanta giorni se l'interessato risiede all'estero.
La notificazione dell'ordinanza-ingiunzione può essere eseguita dall'ufficio che adotta l'atto, secondo le modalità di cui alla legge 20 novembre 1982, n. 890.
L'ordinanza-ingiunzione costituisce titolo esecutivo. Tuttavia l'ordinanza che dispone la confisca
diventa esecutiva dopo il decorso del termine per proporre opposizione, o, nel caso in cui l'opposizione è proposta, con il passaggio in giudicato della sentenza con la quale si rigetta l'opposizione, o quando l'ordinanza con la quale viene dichiarata inammissibile l'opposizione o convalidato il provvedimento opposto diviene inoppugnabile o è dichiarato inammissibile il ricorso proposto avverso la stessa
24 «Le disposizioni di cui al comma precedente non si applicano nei seguenti casi, in quanto ogni effetto del rumore è da ritenersi trascurabile: a) se il rumore misurato a finestre aperte sia inferiore a 50 dB(A) durante il periodo diurno e 40 dB(A) durante il periodo notturno; b) se il livello del rumore ambientale misurato a finestre chiuse sia inferiore a 35 dB(A) durante il periodo diurno e 25 dB(A) durante il periodo notturno.»
25 Propagazione che, ovviamente, dipende anche dalla densità e temperatura dell'aria
26 Caratterizzato da parametri fisici ben determinati (altezza, intensità, timbro).
27 Che è la misura dell’intensità di una variazione di pressione sonora
28 Che è la misura della sua velocità di variazione
29 Con la quale si deve intendere la maggiore o minore energia vibratoria che un suono trasporta al nostro orecchio, riferita all'unità di tempo
30 La potenza sonora di una sorgente (l'energia che attraversa in un secondo la superficie di 1 centimetro quadrato) è una grandezza caratteristica della sorgente stessa ed è indipendente dall’ambiente in cui il rumore viene irradiato: mediante tale grandezza è possibile quindi confrontare la rumorosità di macchine diverse tra loro. Per la legge della conservazione dell'energia, il flusso di energia per unità di tempo che attraversa una superficie che racchiude totalmente una sorgente, deve essere uguale alla potenza sonora di quella sorgente (meno eventuali perdite dissipative).
31 La pressione acustica o pressione sonora è una perturbazione subita dall’aria per effetto della sorgente sonora, ed equivale alla differenza tra la pressione p(t) in un dato istante e quella p(0) esistente prima dell’inizio del fenomeno sonoro; si tratta di una grandezza scalare – caratteristica del punto di misura – che meglio descrive il fenomeno acustico. Ha per dimensione il Newton su metro quadro (N*m2) e, solitamente, viene espressa in Pascal (Pa) o microPascal (mPa). Il livello di pressione sonora SPL si esprime in decibel (dB) e viene qualificato anche come l’ intensità fisica effettiva dei suoni .
32 Che è un fattore inferiore di 5 miliardi di volte la normale pressione atmosferica
33 Che è cosa diversa dal “gradire”
34 Per il peso utilizziamo come riferimento il grammo, per le lunghezze ci serviamo del metro, per la dimensione dei file ci riferiamo ai byte, ecc. ecc.
35 Per la capienza di un hard-disk, nessuno utilizza l’indicazione "40 miliardi di byte", bensì il prefisso giga: 40 Gbyte
36 Quindi il suono non gradito.
37 La filtrazione dei valori alle diverse frequenze la ritroviamo nei filtri “A” normalmente contenuti all’interno dei fonometri comunemente commercializzati
38 da 0 a 140 dB; quindi espressi senza utilizzare il filtro di ponderazione A
39 da 20 a 200.000.000 di mPa
40 Ma il ragionamento può esser fatto anche considerando un decremento.
41 Indicazione del tutto sommaria
42 Vedasi grafico di cui alla figura « 1 » in calce al documento; precisando che trattasi di rappresentazione del tutto indicativa, che non vanta certamente pretese di esattezza.
43 Vedasi grafico di cui alla figura « 2 » in calce al documento (precisando che trattasi di rappresentazione del tutto indicativa, che non vanta certamente pretese di esattezza). Dove è facile notare come un livello di pressione sonora di 50 dB(A) equivalga, grosso modo, ad un valore di 9.000 mPa; così che con un incremento di 210 mPa (che provocherebbero un innalzamento da 25 a 28,0 dBA), in questo caso, si ottiene un differenziale di soli + 0,3 dB(A), raggiungendo al massimo un valore di rumore ambientale di circa 50,3 dB(A).
44 In psicoacustica; quindi in quella parte dell'acustica che studia il "modo" di sentire degli esseri umani.
45 Essendo necessario un effettivo incremento di 10 dB per percepire un raddoppio del volume di un suono (nonostante che nella realtà strumentale l’aumento effettivo e concreto sia stato di 10 VOLTE rispetto a quello iniziale).
46 Art. 9 – Ordinanze contingibili ed urgenti – 1. Qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessità di tutela della salute pubblica o dell'ambiente il sindaco, il presidente della provincia, il presidente della giunta regionale, il prefetto, il Ministro dell'ambiente, secondo quanto previsto dall'articolo 8 della L. 3 marzo 1987, n. 59, e il Presidente del Consiglio dei ministri, nell'ambito delle rispettive competenze, con provvedimento motivato, possono ordinare il ricorso temporaneo a speciali forme di contenimento o di abbattimento delle emissioni sonore, inclusa l'inibitoria parziale o totale di determinate attività. Nel caso di servizi pubblici essenziali, tale facoltà è riservata esclusivamente al Presidente del Consiglio dei ministri.
2. Restano salvi i poteri degli organi dello Stato preposti, in base alle leggi vigenti, alla tutela della sicurezza pubblica.
47 «…2 - Il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta, con atto motivato e nel rispetto dei princìpi generali dell'ordinamento giuridico, provvedimenti contingibili e urgenti al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità dei cittadini; per l'esecuzione dei relativi ordini può richiedere al prefetto, ove occorra, l'assistenza della forza pubblica….»
48 Non contenendo più l’elencazione delle materie in cui questi possono essere adottati
49 Senza contare che, per i provvedimenti contigibili ed urgenti, il testo unico ha introdotto una ulteriore distinzione che era ignota alle precedenti leggi, ponendo una diversificazione fra "ordinanze adottate dal sindaco quale rappresentante della comunità locale" – che possono essere emesse solo in caso di emergenze sanitarie e di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale – (art. 50) ed ordinanze del sindaco quale rappresentante del governo, che possono essere emesse solo "al fine di prevenire o eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità dei cittadini" (art. 54).
50 Senza poter sottacere la contestuale validità di quanto stabilito con la sentenza Tar Toscana, Sez. III, 19 aprile 2002, n. 803 : – Il potere extra ordinem del Sindaco quale ufficiale del governo, come disciplinato dall’art. 54 del d.lgs. n. 267/2000 … rimane pur sempre di carattere eccezionale e residuale e va esercitato ove sia ravvisabile l’impossibilità di ricorrere agli ordinari rimedi apprestati dall’ordinamento,… e il relativo provvedimento deve essere congruamente motivato
51 Vds. T.a.r. Lazio, sez. II, 22 febbraio 1995 n. 242; T.a.r. Toscana, Sez. II, 14 febbraio 2000, n. 168; T.a.r. Sicilia – Palermo, Sez. II, 1 luglio 1993, n. 564; T.a.r. Sicilia – Catania, Sez. II, 9 giugno 1992, n. 596
52 Consiglio di Stato, Sez. V - Sentenza 2 aprile 2003, n. 16782: «… L'ordinanza contingibile e urgente, quando miri a preservare la salute pubblica, può essere adottata non solo per porre rimedi a danni già verificatisi alla salute, ma anche e soprattutto, alla stregua dell'art. 32 Cost., per evitare che tali danni si verifichino… ( che richiama Cons. Stato, sez. V, 19 febbraio 1996, n. 220).
53 Trib. Venezia, 27 settembre 2000 [Pres. De Curtis]
54 art. 32 – La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.
55 Tribunale di Modena, sez. I– ordinanza 11 novembre 2003 n. 42 - Pres. Cigarini, Est. Pagliani - Franchini ed altri c. Ricchi ed altri; che richiama la sentenza del Tribunale di Milano, 21 ottobre 1999, in Giur. milanese 2000, 68: – «… è ravvisabile il danno esistenziale da inquinamento acustico nel caso in cui, a causa del superamento dei limiti di tollerabilità delle immissioni sonore fissati dalla legge, si verifichi in concreto una lesione della serenità personale dell’individuo, ossia un’alterazione del benessere psico-fisico, dei normali ritmi di vita che si riflettono sulla tranquillità personale del soggetto danneggiato, incidendo sulle normali attività quotidiane e provocando uno stato di malessere psichico diffuso che, pur non sfociando in una vera e propria malattia, provoca, tuttavia, ansia, irritazione, difficoltà a far fronte alle normali occupazioni e depressione…».
56 Presidente Odorisio – relatore Chindemi Ricorrente Centro Poligrafico Milano Srl
57 Tacito, Annali, III, 27
58 Corruptissima republica plurimae leges (Quando l'autorità pubblica è sommamente corrotta, innumerevoli sono le leggi)