Pres. De Maio Est. Fiale Ric.Crippa.
Beni Ambientali. Nulla osta e parere favorevole rilasciati dalle autorità preposte alla tutela del vincolo paesaggistico in relazione a procedura di permesso di costruire edilizio in sanatoria - Efficacia sanante del reato paesaggistico e di violazione della normativa sui parchi - Esclusione.
Il nulla - osta correlato alla procedura di rilascio del permesso di costruire edilizio in sanatoria di cui all'art. 36 del Testo Unico n.380 del 2001, già art. 13 della legge n. 47 del 1985, nonché, sempre nell'ambito di tale procedura, il parere favorevole dell'autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico, non hanno efficacia sanante del reato di cui all'art.163 del D.Lgs. 29 ottobre 1999 n. 490 e dei reati connessi alla violazione della normativa sui parchi (legge n. 394 del 1991), avendo tali provvedimenti unicamente la veste di atti autorizzativi, con efficacia "ex nunc", per eseguire le opere descritte nella domanda di accertamento edilizio di conformità.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte di Appello di Milano, con sentenza del 4.5.2005, confermava la sentenza 29.10.2003 del Tribunale monocratico di quella città, che;
a) aveva affermato la responsabilità penale di C.F. in ordine ai reati di cui;
- al D.Lgs. n. 490 del 1999, artt. 151 e 163, (per avere realizzato in zona assoggettata a vincolo paesaggistico ricompresa nel territorio del Parco delle Groane, in assenza dell'autorizzazione dell'autorità preposta alla tutela del vincolo, interventi edilizi consistiti nella demolizione pressochè totale di un manufatto esistente e nella riedificazione dello stesso con caratteristiche diverse quanto ad altezza e sagoma - acc. in (OMISSIS), il (OMISSIS) con lavori proseguiti fino al (OMISSIS));
- La L. n. 394 del 1991, artt. 6, 13 e 30, (per avere realizzato i lavori edilizi anzidetti senza il preventivo nulla-osta dell'Ente parco) e, riconosciute circostanze attenuanti generiche; unificati i reati nel vincolo della continuazione ex art. 81 cpv. c.p., lo aveva condannato alla pena complessiva di giorni venti di arresto ed Euro 11.000,00, di ammenda, sostituendo la pena detentiva con quella pecuniaria corrispondente di Euro 760,00, di ammenda e concedendo i doppi benefici di legge;
b) aveva dichiarato non doversi procedere nei confronti dell'imputato, in ordine alle contravvenzioni di cui alla L. n. 47 del 1985, art. 20, lett. b) e c), perchè estinte in seguito al rilascio di concessione in sanatoria L. n. 47 del 1985, ex artt. 13 e 22.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il C., il quale ha eccepito;
- la erronea qualificazione del fatto contestato alla stregua della categoria della nuova edificazione non conforme previa demolizione, in quanto egli, alla data dell'accertamento ((OMISSIS)), si era limitato alla mera demolizione parziale di una tettoia preesistente ed alla parziale ricostruzione dei pilastri di sostegno, sicchè dovrebbe considerarsi "del tutto ininfluente la successiva riedificazione della tettoia, fatto non oggetto di contestazione e dunque totalmente estraneo al processo";
- la insussistenza dei reati, in quanto la L. 29 agosto 1988, n. 43 della Regione Lombardia (con cui è stato introdotto il piano territoriale di coordinamento del Parco delle Groane) esclude che, per le demolizioni, sia necessario un titolo autorizzativo ambientale;
- la possibilità che il realizzato intervento rientri tra quelli penalmente irrilevanti, ai sensi della L. 15 dicembre 2004, n. 308, art. 1, comma 36, lett. c), recepito poi nel D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, art. 181, essendo stata presentata la prevista domanda di accertamento della compatibilità ambientale; sicchè la Corte territoriale avrebbe illegittimamente definito il processo malgrado la pendenza di detta procedura di "sanatoria ambientale" e della domanda di "condono edilizio" pure presentata da esso ricorrente;
- la mancata valutazione dei pareri ambientali favorevoli espressi in occasione del rilascio di sanatoria edilizia in seguito ad accertamento di conformità della L. n. 47 del 1985, ex art. 13;
- la illegittima applicazione della sanzione di cui alla L. n. 47 del 1985, art. 20, lett. c), laddove si sarebbe dovuta applicare quella di cui alla lettera a) del medesimo articolo, vertendosi in ipotesi di lavori eseguiti "in difformità" dell'autorizzazione ambientale.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, perchè manifestamente infondato.
1. Palese è la manifesta infondatezza dei primi due motivi di gravame, in quanto i giudici del merito hanno accertato, in punto di fatto, che - il C., in data 10.8.2000, aveva ottenuto dal Comune di (OMISSIS), concessione edilizia per l'esecuzione di lavori "di risanamento conservativo e parziale cambio di destinazione d'uso" di un immobile residenziale in duplice elevazione sito al n. (OMISSIS) della via (OMISSIS), su area distinta in catasto al foglio (OMISSIS), mappale (OMISSIS):
- L'11 ed il 12 dicembre 2000, veniva rilevato che un fabbricato, esistente sul diverso e contiguo mappale (OMISSIS) (non costituente oggetto della concessione edilizia anzidetta), era stato pressochè completamente demolito ed era già stata ricostruita parte dei pilastri di sostegno. In relazione a tale accertamento il C. comunicava al Comune che "un autoveicolo da lavoro, nell' eseguire una manovra, aveva urtato accidentalmente un pilastro, facendo crollare la struttura e creando una situazione pericolosa", sicchè egli era stato "costretto a provvedere al ripristino dei pilastri, prestando attenzione a mantenere inalterata la configurazione della struttura esistente";
- il 3 luglio 2001 veniva rilevato l'avvenuto avanzamento dei lavori, in quanto; era stata completata la costruzione dei pilastri perimetrali, con posa di travi a sostegno del futuro tetto; era stato rinforzato il muro perimetrale in mattoni; era stato realizzato un locale ripostiglio che poneva in comunicazione il manufatto in oggetto con l'edificio per il quale era stata rilasciata concessione edilizia in violazione anche di un'ordinanza comunale di sospensione, emessa il 14.12.2000 sul presupposto che nessun lavoro era stato assentito sul mappale (OMISSIS) e che la conservazione del fabbricato poi demolito era condizione essenziale pure per il mantenimento della volumetria esistente sul mappale (OMISSIS);
- in data 17.6.2003 veniva rilasciata concessione edilizia in sanatoria, della L. n. 47 del 1985, ex art. 13, per la demolizione e la ricostruzione di una tettoia adibita a ripostiglio / rimessa / deposito, con contestuale autorizzazione paesaggistica (sub delegata ai Comuni dalla legislazione regionale) e previa formulazione, da parte dell'Ente Parco delle Groane, di parere favorevole all'intervento, che però sarebbe risultato conforme al piano di coordinamento territoriale soltanto a condizione che venisse modificata la copertura del manufatto.
Nella situazione dianzi descritta appare del tutto pretestuosa la prospettazione difensiva che vorrebbe limitare ad una "mera demolizione" l'intervento effettuato svii mappale essendo stato invece oggetto di contestazione espressa l'attività edilizia, anche di ricostruzione difforme, posta in essere fino al 3.7.2001.
Appaiono assolutamente irrilevanti, di conseguenza (ed incongruamente vengono richiamate in ricorso dalla difesa), le previsioni riferite alle mere demolizioni nella L.R. Lombardia 29 agosto 1988, n. 43 (con cui è stato introdotto il piano territoriale di coordinamento del Parco delle Groane).
2. Quanto alla terza ed alla quarta doglianza, va ribadito che la concessione edilizia rilasciata in seguito al positivo riscontro dello "accertamento di conformità" disciplinato dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 36 (T.U) (già L. n. 47 del 1985, art. 13), estingue - ai sensi del successivo art. 45 - soltanto i reati di cui all'art. 44 del cit. (T.U.) (cioè i reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti"), mentre l'effetto estintivo non si estende alle violazioni del D.Lgs. n. 490 del 1999 (T.U.) (oggi del D.Lgs. n. 42 del 2004) e della L. n. 394 del 1991, che pongono una disciplina difforme e differenziata, legittimamente e costituzionalmente distinta, avente oggettività giuridica diversa rispetto a quella che riguarda l'assetto del territorio sotto il profilo edilizio vedi, tra le molteplici pronunzie: Cass. Sez. 3; 20.5.2005, n. 19256; 19,5,2004, n. 23287; 25.10,2002, n. 35864; 11,2,1998, n. 1658.
La Corte Costituzionale, al riguardo - con l'ordinanza n. 327 del 21.7.2000 - ha ritenuto manifestamente infondata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, la questione di legittimità della L. n. 47 del 1985, art. 22, comma 3, nella parte in cui non prevedeva che il rilascio della concessione in sanatoria della L. n. 47 del 1985, ex art. 13, estinguesse, oltre alle violazioni di natura strettamente urbanistica, anche il reato ambientale, pure nella "ipotesi in cui, nel rispetto dei tempi ristretti di durata del procedimento amministrativo disciplinato dall'art. 13 cit., l'interessato abbia ottenuto anche il provvedimento favorevole di cui alla L. n. 1497 del 1939, art. 7, da parte dell'autorità preposta alla tutela del vincolo".
2.1 Regola comune è che il rilascio postumo dell'autorizzazione paesaggistica, da parte dell'autorità preposta alla tutela del vincolo, non determina l'estinzione del reato di cui al D.Lgs. n. 490 del 1999, art. 163, (oggi D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181), poichè tale effetto non è espressamente previsto da alcuna disposizione legislativa avente carattere generale (vedi Cass. 3, 12.12.1995, ric. P.M, in proc, Mingardi; 30.5.1996, rie Giusti; 18.2.1998, ric. P.M. in proc. Cappelli; 15.6.1998, ric. P.M. in proc. Stefan; 6.7.1998, ric. Capolino; 17.11.1998, ric. Antognoli ed altro; 4.2.1999, ric. De Laurentiis).
Anche la Corte Costituzionale - con l'ordinanza n. 158 del 1998 - ha osservato che "la sopravvenienza dell'autorizzazione è irrilevante ai fini della sottoposizione a sanzione penale ai sensi della L. n. 431 del 1985, art. 1 sexies, (sentenza n. 318 del 1994); infetti, l'autorizzazione intervenuta dopo l'inizio dell'attività soggetta al necessario previo controllo paesaggistico non è sufficiente per rimuovere in via generale l'antigiuridicità penalmente rilevante dell'attività già compiuta in assenza di titolo abilitativo".
2.2 Il D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 146, comma 10, lett. c), ha perentoriamente stabilito che l'autorizzazione paesaggistica "non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale degli interventi".
In difformità da tale principio - però - il della L. n. 308 del 2004, art. unico, comma 36, ha introdotto la possibilità di una valutazione postuma della compatibilità paesaggistica di alcuni interventi minori, all'esito della quale - pur restando ferma l'applicazione delle misure amministrative ripristinatorie e pecuniarie di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 167, non si applicano le sanzioni penali stabilite per il reato contravvenzionale contemplato dal del stesso D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1.
Si tratta, in particolare:
- dei lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;
- dell'impiego di materiali in difformità dall'autorizzazione paesaggistica;
- dei lavori configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria, ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 3 (T.U.).
Nei casi anzidetto la non applicabilità delle sanzioni penali è subordinata all'accertamento della compatibilità paesaggistica dell'intervento "secondo le procedure di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1 quater, introdotto dalla L. 15 dicembre 2004, n. 308: deve essere presentata, in particolare, apposita domanda all'autorità preposta alla gestione del vincolo e detta autorità deve pronunciarsi entro il termine perentorio di 180 giorni, previo parere vincolante della Soprintendenza, da rendersi entro il termine, anch'esso perentorio, di 90 giorni.
Non è prevista la sospensione del procedimento penate per il tempo correlato all'esaurimento della procedura.
Nella fattispecie in esame;
- il ricorrente non poteva fare utilmente ricorso alla procedura appena descritta, poichè risultano realizzate "nuove volumetrie", - in ogni caso, l'istanza di riconoscimento della compatibilità ambientale è stata presentata il 31.1.2005 e - non essendo intervenuta pronunzia dell'autorità preposta alla gestione del vincolo entro il termine perentorio di 180 giorni - deve ritenersi formato il silenzio-rifiuto, che (tra l'altro) non risulta impugnato dal ricorrente davanti al giudice amministrativo.
Ne consegue che - in una situazione di non applicabilità della procedura disciplinata dal comma 36 dell'articolo unico della L. n. 308 del 2004, o comunque di esito negativo della stessa - va affermata l'assoluta irrilevanza, ai fini della pretesa estinzione del reato paesaggistico e di quello connesso alla violazione della L. n. 394 del 1991:
- sia del nulla-osta (concesso il 17.6.2003) correlato alla procedura di rilascio del permesso edilizio in sanatoria D.P.R. n. 380 del 2001, ex art. 36 (T.U.);
- sia del parere favorevole (comunque non avente efficacia immediata, perchè subordinato alla modificazione della copertura del manufatto già realizzata) espresso dal Parco delle Groane il 30.4.20O2.
Tali atti amministrativi non si configurano, infatti, quali "provvedimenti sananti" (perchè provvedimenti di tale tipo non sono previsti dalla normativa di tutela del paesaggio e dei parchi), ma quali atti di autorizzazione, aventi efficacia ex mine, per eseguire le opere descritte nella domanda di accertamento edilizio di conformità.
2.3 Legittima deve ritenersi la mancata sospensione del procedimento pure in seguito alla domanda di "condono edilizio" proposta il 10.12.2004, dovendosi riaffermare l'orientamento costante di questa Corte Suprema secondo il quale non sono suscettibili di sanatoria, ai sensi del D.L. n. 269 del 2003, art. 32, le nuove costruzioni realizzate, in assenza del titolo abilitativo edilizio, in area assoggettata a vincolo imposto a tutela degli interessi paesistici vedi, tra le molteplici e più recenti decisioni in tal senso, Cass. Sez. 3: 12.1.2007, n. 6431, Sicignano ed altra (con ampia confutazione delle divergenti posizioni dottrinarie, integralmente condivisa da questo Collegio); 5.42005, n. 12577, Ricci; 1.10.2004, n. 38694, Canu ed altro; 24.9.2004, n. 37865, Musio.
3. In relazione al quinto motivo di ricorso, va ribadito - pure in presenza di qualche remota decisione discorde vedi Cass., Sez. 3:
11.6.1992, n. 6898, Ferrerò; 31.1.1994, Capparelli; 23.4.1994, n. 4707, Fanelli; 14.4.1995, Cerniti ed altro; 13.11.1995, n. 11085, Romano ed altri; 7.12.2000, n. 12873, Panattoni - il principio secondo il quale l'unica sanzione applicabile alte violazioni della L. n. 431 del 1985, art. 1 sexies (poi D.Lgs. n. 490 del 1999, art. 163 ed ora D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, art. 181, comma 1), qualunque sia la condotta violatrice concretamente accertata, è quella fissata dalla L. n. 47 del 1985, art. 20, lett. c), attualmente riprodotta dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, comma 1, lett. c), (T.U.), per l'affermazione di tale principio, che può considerarsi ormai pacifico, vedi Cass. Sez. 3: 9.2.1990, Serraglini; 8.5.1990, n. 6672, Giovannoni; 7.1.1991, Ventura; 9.2.1994, Morrea; 23.5.1994, n. 5878, P.M. in proc. Solla; 9.3.1995, n. 2351, P.M, in proc Ceresa; 27.11.1997, n. 2357, Zauli ed altri; 3.3.1998, n. 2704, Cattalini; 28.2.2001, n. 8359, Giannone; 15.6.2001, n. 30866, Visco ed altro; 28.9.2004, n. 38051, Coletta.
4. La inammissibilità del ricorso, infine, non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione, per cui non può tenersi conto della prescrizione dei reati venuta a scadere il 24.7.2006 dovendosi computare una sospensione dei termini prescrizionali, per complessivi mesi 6 e giorni 21, in seguito a rinvio disposto su richiesta del difensore (dal 16.12.2002 al 7.7.2003) non per esigenze di acquisizione della prova nè a causa del riconoscimento di termini a difesa (secondo quanto stabilito dalle Sezioni Unite con la sentenza 11.1.2002, n. 1021, ric. Cremonese), cioè in epoca successiva alla pronuncia (iella sentenza impugnata ed alla presentazione dell'atto di gravame (vedi Cass. Sez. Unite, 21.12.2000, n. 32, ric. De Luca).
5. Tenuto conto della sentenza 13.6.2000, n. 186 della Corte Costituzionale e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria della inammissibilità medesima segue, a norma dell'art. 616 c.p.p., l'onere delle spese del procedimento nonchè quello del versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1.000,00.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Visti gli artt. 607, 615 e 616 c.p.p..
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro mille/00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 24 maggio 2007.