Cass. Sez. III n. 16570 del 19 aprile 2023 (UP 21 feb 2023)
Pres. Andreazza Rel. Corbo Ric. Aerochetto
Rumore.Esercizio di una attività o di un mestiere rumoroso
In tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, l'esercizio di una attività o di un mestiere rumoroso, integra: A) l'illecito amministrativo di cui all'art. 10, comma 2, della legge 26 ottobre 1995, n. 447, qualora si verifichi esclusivamente il mero superamento dei limiti di emissione del rumore fissati dalle disposizioni normative in materia; B) il reato di cui al comma 1 dell'art. 659, cod. pen., qualora il mestiere o l’attività vengano svolti eccedendo dalle normali modalità di esercizio, ponendo così in essere una condotta idonea a turbare la pubblica quiete; C) il reato di cui al comma 2 dell'art. 659 cod. pen., qualora siano violate specifiche disposizioni di legge o prescrizioni della Autorità che regolano l'esercizio del mestiere o della attività, diverse da quelle relativa ai valori limite di emissione sonore stabiliti in applicazione dei criteri di cui alla legge n. 447 del 1995
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa il 22 marzo 2022, la Corte d’appello di Caltanissetta, in riforma della sentenza di assoluzione pronunciata dal Tribunale di Enna, e pronunciando su appello di alcune delle parti civili, ha dichiarato di non doversi procedere nei confronti di tutti gli imputati, tra i quali Carlo Durante, per il reato di cui all’art. 659, primo comma, cod. pen., perché lo stesso è estinto per prescrizione.
L’imputazione ha ad oggetto le condotte degli amministratori della società “Aerochetto s.r.l.”, tra i quali Carlo Durante e Corrado Barberis, consistite nell’aver procurato rumori molesti, allocando alcune torri eoliche in siti diversi da quelli indicati nel progetto autorizzato, le cui turbine, per il loro funzionamento, disturbavano in modo continuo le occupazioni ed il riposto delle persone abitanti nella zona. La sentenza della Corte d’appello ha precisato che il reato, come già precisato dal Tribunale, deve ritenersi già estinto alla data della pronuncia della sentenza di primo grado, con conseguente giuridica impossibilità di statuizioni risarcitorie o di rifusione delle spese processuali in favore delle parti civili.
2. Hanno presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello indicata in epigrafe Carlo Durante, con atto a firma dell’avvocato Lodovico Mangiarotti, e “Aerochetto s.r.l.”, citata come responsabile civile, con atto a firma dell’avvocata Raffaella Quintana.
3. Il ricorso di Carlo Durante è articolato in tre motivi.
3.1. Con il primo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento all’art. 597 cod. proc. pen., nonché vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., avuto riguardo alla riforma dell’assoluzione dell’imputato in violazione del divieto di reformatio in peius.
Si deduce che illegittimamente la Corte d’appello ha riformato la sentenza di assoluzione in sentenza di non doversi procedere per prescrizione, in quanto il gravame è stato proposto esclusivamente dalla parte civile. Si osserva che, a norma dell’art. 576 cod. proc. pen., la parte civile è legittimata a proporre impugnazione esclusivamente agli effetti civili (si citano tra le altre: Sez. 6, n. 43644 del 11/09/2019; Sez. 2, n. 22170 del 24/04/2019, Tonello, Rv. 275589; Sez. 4, n. 48781 del 23/09/2016, Amato, Rv. 268344).
3.2. Con il secondo motivo, si denuncia vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., avuto riguardo alla riforma dell’assoluzione dell’imputato in violazione dell’obbligo di motivazione rafforzata.
Si deduce che la sentenza impugnata è pervenuta a conclusioni opposte rispetto a quella pronunciata in primo grado, senza un puntuale confronto con le argomentazioni di quest’ultima, limitandosi a riportare una parte delle dichiarazioni dell’unico testimone risentito ex art. 603 cod. proc. pen., ed omettendo di valutare altri passaggi della medesima deposizione, decisivi in una prospettiva assolutoria.
3.3. Con il terzo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento all’art. 659 cod. pen., nonché vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., avuto riguardo alla ritenuta configurabilità del reato in violazione del principio di offensività e della non applicabilità dei valori limite.
Si deduce che illegittimamente la sentenza impugnata, per affermare la sussistenza del fatto, ha valorizzato le dichiarazioni del teste Enrico Alberto Croce, laddove ha riferito del superamento, in alcuni siti, dei c.d. “valori limiti differenziali”. Si osserva, in primo luogo, che la disciplina dei “valori limiti differenziali” di cui all’art. 2, comma 3, lett. b), legge n. 447 del 1995, e di cui all’art. 8 d.P.C.M. 14 novembre 1997 non è applicabile nella specie, perché la stessa presuppone la sottoposizione dell’area interessata alla c.d. “zonizzazione acustica”, di cui all’art. 6 d.P.C.M. 1 marzo 1991; si aggiunge, inoltre, che gli scostamenti rilevati sono solo due, a fronte di decine di rilevazioni, e che il bene giuridico della pubblica quiete richiede una lesione interessante «un numero indeterminato di persone. Si rileva, in secondo luogo, che, secondo la giurisprudenza, il mero superamento dei limiti di emissione fissati secondo i criteri di cui alla legge n. 447 del 1995 configura solo l’illecito amministrativo di cui all’art. 10, comma 2, legge cit. (si citano Sez. 3, n. 39454 del 06/04/2017, e Sez. 3, n. 5735 del 21/01/2015).
4. Il ricorso di “Aerochetto s.r.l.”, citata come responsabile civile, è articolato in sei motivi, preceduti da una premessa sullo svolgimento del processo.
4.1. Con il primo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 538, 576, 591 e 649 cod. proc. pen., a norma dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., avendo riguardo alla legittimità della pronuncia di accoglimento del gravame da parte della Corte d’appello nonostante l’inammissibilità dello stesso per la dichiarazione di prescrizione del reato in primo grado.
Si deduce che il giudice dell’impugnazione ha il potere di affermare la responsabilità agli effetti civili solo se tale potere spettava al giudice di primo grado, e che, però, nella specie, neppure questi avrebbe potuto pronunciarsi, data il decorso del termine di prescrizione, oggetto di puntuale indicazione anche nella sentenza del Tribunale con statuizione ormai irrevocabile, perché non impugnata né dal Pubblico Ministero, né dalle parti civili.
4.2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 576 e 597 cod. proc. pen., a norma dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., avendo riguardo alla intangibilità delle statuizioni penali in ragione della mancata impugnazione del Pubblico Ministero.
Si deduce che illegittimamente la Corte d’appello ha messo in discussione l’affermazione di insussistenza della responsabilità penale degli imputati, posta la mancata proposizione del gravame da parte del Pubblico Ministero. Si rappresenta che l’art. 576 cod. proc. pen., consente l’impugnazione della parte civile esclusivamente agli effetti civili (si cita Sez. 4, n. 48781 del 23/09/2016).
4.3. Con il terzo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 659 cod. pen. e 8 d.P.C.M. 14 novembre 1997, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., avendo riguardo alla ritenuta configurabilità del reato di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone, in particolare per il superamento dei c.d. “valori limiti differenziali”.
Si deduce, in primo luogo, che il reato di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone richiede un pregiudizio per la tranquillità pubblica e per un numero indeterminato di persone (si cita Sez. 3, n. 25424 del 20/06/2016), mentre, nella specie, il funzionamento delle turbine è stato oggetto di doglianze da parte di un numero circoscritto di persone.
Si deduce, in secondo luogo, che illegittimamente, nella specie, si è data rilevanza al superamento dei c.d. “valori limiti differenziali” di cui al d.P.C.M. 14 novembre 1997, in quanto, da un lato, questi valori, a norma degli artt. 4, comma 1, lett. a), e 6, comma 1, lett. a), legge n. 447 del 1995, e dell’art. 8 del medesimo d.P.C.M., cit., costituiscono parametri di riferimento esclusivamente per i Comuni il quali abbiano provveduto alla c.d. zonizzazione, e, dall’altro, il Comune di Nicosia, nel quale è stato realizzato il parco eolico da cui proviene il “rumore”, non ha ancora proceduto alla zonizzazione acustica del suo territorio.
4.4. Con il quarto motivo, si denuncia vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., avendo riguardo alla omessa valutazione, da parte della Corte d’appello, delle note scritte depositate nel corso del giudizio di secondo grado.
Si deduce che la Corte d’appello ha omesso di esaminare le questioni indicate in tre memorie depositate nel corso del giudizio di appello; in queste memorie si erano prospettate le questioni esposte nei primi tre motivi del presente ricorso, tutte risolutive ai fini della decisione della regiudicanda.
4.5. Con il quinto motivo, si denuncia vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., avendo riguardo alla violazione dell’obbligo di c.d. “motivazione rafforzata”.
Si deduce che la sentenza impugnata ha violato l’obbligo di “motivazione rafforzata”, sussistente anche quando l’impugnazione si stata proposta dalla sola parte civile (si cita Sez. U, n. 27620 del 2016). Si osserva che la Corte d’appello non solo si è limitata all’escussione di un unico teste, Enrico Alberto Croce, omettendo di sentire anche il teste Daniele Parlascino, ma ha valorizzato dichiarazioni generiche, prive di indicazioni sui soggetti i quali avrebbero riportato i pregiudizi dal funzionamento delle turbine del parco eolico gestito dalla società chiamata in giudizio come responsabile civile, e non si è confrontata con le dichiarazioni della pronuncia assolutoria di primo grado, né ha evidenziato le criticità o le implausibilità di quest’ultima.
4.6. Con il sesto motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento all’art. 125, cod. proc. pen., e vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen., avendo riguardo alla totale carenza di motivazione.
Si deduce che la sentenza impugnata espone una motivazione apparente. Si evidenzia che la stessa non precisa né perché ritiene provati gli elementi costitutivi del reato di cui all’art. 659 cod. pen., né perché, in ogni caso, non sia configurabile il meno grave illecito amministrativo di cui all’art. 10, comma 2, legge n. 447 del 1995, e neppure quali siano i valori limite di immissione, i valori differenziali e le soglie di trascurabilità di cui ha tenuto conto.
5. Nelle more del di giudizio di cassazione, sono pervenute le revoche della costituzione di parte civile di Francesco Ridolfo, di Giacomo Fascetto e di Domenica Iraci Sareri.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono fondati nei limiti di seguito precisati.
2. Occorre innanzitutto precisare che la Corte deve comunque esaminare i ricorsi agli effetti penali, pur essendo il reato in contestazione, previsto dall’art. 659, primo comma, cod. pen., divenuto procedibile a querela nelle more del giudizio di cassazione, in forza di quanto disposto dall’art. 3 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150.
Non ricorre, infatti, nella specie, il difetto della querela richiesta dall’art. 3 d.lgs. n. 150 del 2022, perché, in relazione al reato per cui si procede, sono rimaste ferme alcune costituzioni di parte civile e una delle parti civili ha anche presentato le sue conclusioni in udienza.
Invero, secondo un principio enunciato dalle Sezioni Unite, «la sussistenza della volontà di punizione da parte della persona offesa, non richiedendo formule particolari, può essere riconosciuta dal giudice anche in atti che non contengono la sua esplicita manifestazione», e, quindi, «può essere riconosciuta anche nell'atto con il quale la persona offesa si costituisce parte civile, nonché nella persistenza di tale costituzione nei successivi gradi di giudizi», con la conseguenza che questi atti e comportamenti possono ritenersi equivalenti ad una querela nel caso in cui la proposizione di quest’ultima sia divenuta necessaria per disposizioni normative sopravvenute nel corso del giudizio (così Sez. U, n. 40150 del 21/6/2018, Salatino, in motivazione, § 3.2, con riferimento ai reati divenuti perseguibili a querela per effetto del d.lgs. 10 aprile 2018, n. 36, ed ai giudizi pendenti in sede di legittimità). Va aggiunto che questo principio si collega ad una consolidata elaborazione giurisprudenziale (le Sezioni Unite citano diverse pronunce, tra le quali, in particolare, Sez. 5, n. 43478 del 19/10/2001, Cosenza, Rv. 220259), ed è stato ribadito da successive decisioni (cfr., per tutte, Sez. 2, n. 5193 del 05/12/2019, dep. 2020, Feola, Rv. 277801-01, relativa a fattispecie di condanna per appropriazione indebita aggravata ex art. 61, n. 11, cod. pen., delitto divenuto procedibile a querela ex art. 10, comma 1, d.lgs. 10 aprile 2018, n. 36, dopo la sentenza di primo grado, in relazione alla quale la Corte ha rilevato che la sussistenza della condizione di procedibilità era desumibile dalla riserva di costituzione di parte civile formulata dalla persona offesa nella denunzia).
3. Per ragioni di ordine logico, si esamineranno dapprima le censure esposte nel primo motivo del ricorso di Carlo Durante e nel secondo motivo del ricorso di “Aerochetto s.r.l.”, le quali contestano la legittimità della riforma agli effetti penali della sentenza di assoluzione di primo grado in sentenza di non doversi procedere, nonostante l’appello sia stato proposto dalle sole parti civili.
Si scrutineranno poi le censure formulate nel primo motivo di ricorso di “Aerochetto s.r.l.”, attinenti alla legittimità della riforma agli effetti civili della sentenza di assoluzione di primo grado, nonostante l’avvenuta maturazione della prescrizione già anteriormente alla pronuncia della sentenza di primo grado.
Si valuteranno quindi le censure enunciate nel secondo motivo del ricorso di Carlo Durante e nel quinto motivo del ricorso di “Aerochetto s.r.l.”, concernenti la violazione dell’obbligo di “motivazione rafforzata”.
Si preciserà infine perché le decisioni sui precedenti motivi implica l’assorbimento delle ulteriori censure, e quali sono gli effetti che seguono a tali decisioni.
4. Fondate, innanzitutto, sono le censure esposte nel primo motivo del ricorso di Carlo Durante, le quali contestano la legittimità della riforma, agli effetti penali, della sentenza di assoluzione pronunciata in primo grado nei confronti dell’imputato in sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato per prescrizione, deducendo che tale statuizione non era consentita in quanto l’appello era stato proposto esclusivamente dalle parti civili.
Invero, secondo un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità, la parte civile è sì legittimata a proporre appello avverso la sentenza di primo grado di assoluzione dell'imputato per insussistenza del fatto al fine di chiedere al giudice dell'impugnazione di affermare la responsabilità dell'imputato, ma incidentalmente e ai soli fini dell'accoglimento della domanda di risarcimento del danno, ancorché in mancanza di una precedente statuizione sul punto, sicché resta ferma, nel caso di appello della sola parte civile, l'intangibilità delle statuizioni penali (cfr., tra le tantissime, Sez. 3, n. 3083 del 18/10/2016, dep. 2017, Sdolzini, Rv. 268894-01, e Sez. 4, n. 48781 del 23/09/2016, Amato, Rv. 268344).
Nella specie, come risulta anche dalla sentenza impugnata, con la pronuncia di primo grado gli imputati erano stati assolti con la formula perché il fatto non sussiste, e gli appelli sono stati proposti esclusivamente dalle parti civili.
Di conseguenza, deve ritenersi illegittima la statuizione della Corte d’appello nella parte in cui, agli effetti penali, ha riformato la sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste in sentenza di non doversi procedere perché il reato è estinto per intervenuta prescrizione.
5. Inammissibili, invece, sono le censure esposte nel secondo motivo del ricorso di “Aerochetto s.r.l.”, sebbene identiche a quelle formulate nel primo motivo del ricorso di Carlo Durante.
Invero, come si desume dalla complessiva disciplina dell’art. 575 cod. proc. pen., il responsabile civile è legittimato a proporre impugnazioni esclusivamente agli effetti civili (cfr., in questo senso, Sez. 4, n. 37992 del 09/07/2008, Surigo Compagnia Assicurazioni S.a., Rv. 241026-01, e Sez. 1, n. 31130 del 17/06/2004, Santangelo, Rv. 229154-01).
6. Infondate, poi, sono le censure enunciate nel primo motivo del ricorso di “Aerochetto s.r.l.”, le quali contestano la legittimità della riforma, agli effetti civili, della sentenza di assoluzione pronunciata in primo grado in sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato per prescrizione, deducendo che tale statuizione non era consentita in quanto la prescrizione, come evidenziato sia dal Tribunale, sia dalla Corte d’appello, era maturata prima della pronuncia della sentenza di primo grado.
6.1. Può essere utile osservare che diverse decisioni di legittimità hanno riconosciuto il diritto della parte civile ad impugnare sentenze di assoluzione pronunciate in primo grado in relazione a reato in quel momento già prescritto.
In particolare, una decisione ha osservato che è ammissibile l'appello della parte civile avverso la sentenza di assoluzione per insussistenza del fatto relativa a un reato già prescritto al momento della pronuncia, essendo in tal caso l'oggetto del giudizio costituito dall'accertamento della condotta illecita ai soli effetti della responsabilità civile e dall'eliminazione degli effetti preclusivi del giudicato di insussistenza del fatto, con possibilità di condanna al risarcimento dei danni, in quanto l'art. 576 cod. proc. pen. conferisce al giudice dell'impugnazione il potere di decidere sul capo della sentenza anche in mancanza di una precedente statuizione sul punto (così Sez. 6, n. 43644 del 11/09/2019, Murone, Rv. 277375-01).
Altra decisione, poi, ha rilevato che la parte civile costituita è legittimata a proporre impugnazione ai sensi dell'art. 576 cod. proc. pen. avverso la sentenza di primo grado di assoluzione dell'imputato pronunciata ex art. 129, comma secondo, stesso codice, in relazione a reato a quella data già prescritto, ma al solo scopo di rimuoverne l'efficacia di giudicato nell'azione di danno nei suoi confronti (cfr. Sez. 1, n. 13941 del 08/01/2015, Ciconte, Rv. 263065-01, la quale ha annullato senza rinvio ai soli effetti civili la sentenza emessa ex art. 129 comma secondo, cod. proc. pen., dopo aver ravvisato nella stessa vizi di motivazione, ed ha conseguentemente dichiarato, sempre limitatamente a tali effetti, estinto il reato per prescrizione).
6.2. La soluzione secondo cui la parte civile è legittimata ad impugnare sentenze di assoluzione pronunciate in primo grado in relazione a reato in quel momento già prescritto risulta in linea con il dato normativo.
Occorre premettere che, a norma dell’art. 576, comma 1, primo periodo, cod. proc. pen., la parte civile può proporre impugnazione, oltre che contro i capi della sentenza di condanna che riguardano l’azione civile, anche, «ai soli effetti della responsabilità civile, contro la sentenza di proscioglimento pronunciata nel giudizio».
Va poi rilevato che, a norma dell’art. 652, comma 1, cod. proc. pen., la sentenza irrevocabile di assoluzione, pronunciata a seguito di dibattimento o di giudizio abbreviato, «ha efficacia di giudicato, quanto all’accertamento che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto è stato compiuto nell’adempimento di un dovere o nell’esercizio di una facoltà legittima, nel giudizio civile […] per le restituzioni e il risarcimento del danno promosso dal danneggiato o nell’interesse dello stesso, sempre che il danneggiato si sia costituito […] parte civile […]».
Sulla base di quanto previsto dalle indicate disposizioni, può evincersi che la parte civile, in linea di principio, è legittimata ad impugnare tutte le sentenze di proscioglimento, e che la stessa, inoltre, ha specifico interesse ad impugnare una sentenza di assoluzione perché, se questa diviene irrevocabile, nei suoi confronti «ha efficacia di giudicato, quanto all’accertamento che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto è stato compiuto nell’adempimento di un dovere o nell’esercizio di una facoltà legittima, nel giudizio civile […] per le restituzioni e il risarcimento del danno».
Ne discende che deve ritenersi consentito che la parte civile proponga appello avverso una sentenza di assoluzione pronunciata in primo grado in relazione a reato in quel momento già prescritto per ottenerne la riforma agli effetti civili in sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione, e che il giudice, in accoglimento del precisato gravame, decida in conformità con tale richiesta.
7. Fondate sono le censure enunciate nel secondo motivo del ricorso di Carlo Durante e nel quinto motivo del ricorso di “Aerochetto s.r.l.”, concernenti la violazione dell’obbligo di “motivazione rafforzata”.
Innanzitutto, è fuori discussione l’obbligo, per il giudice di appello che riformi, ai soli fini civili, la sentenza assolutoria di primo grado, di adottare una motivazione cd. “rafforzata”. In questo senso si è ripetutamente pronunciata la giurisprudenza di legittimità (cfr., tra le tante, Sez. 4, n. 42868 del 26/09/2019, Miceli, Rv. 277624-01, e Sez. 3, n. 29253 del 05/05/2017, C., Rv. 270149-01) e l’adesione a tale principio è formalmente affermata anche nella sentenza impugnata.
Ciò posto, però, la sentenza impugnata non risulta aver dato corretta applicazione all’obbligo di motivazione cd. “rafforzata”.
Come precisato anche dalle Sezioni Unite, in tema di motivazione della sentenza, il giudice di appello che riformi totalmente la decisione di primo grado ha l'obbligo di delineare le linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio e di confutare specificamente i più rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dando conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza, tali da giustificare la riforma del provvedimento impugnato (così Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231679-01; più di recente, tra le tante, Sez. 6, n. 10130 del 20/01/2015, Marsili, Rv. 262907-01)
Nella specie, la Corte d’appello non solo ha risentito uno solo dei testi esaminati nel giudizio di primo grado, ma non si è confrontata con le specifiche ragioni poste a fondamento della sentenza di assoluzione pronunciata in primo grado.
Invero, anche dal punto di vista grafico ed espositivo, non è rinvenibile nella sentenza impugnata il benché minimo esame delle ragioni addotte dal Tribunale a fondamento della pronuncia assolutoria. La Corte di appello, precisamente, per affermare l’ipotizzabilità della sussistenza della responsabilità civile degli imputati, si è limitata a poche righe, nelle quali ha esaminato le dichiarazioni del teste riesaminato, Enrico Alberto Croce. Tra l’altro, nella sentenza impugnata, come puntualmente denunciato nel ricorso del responsabile civile, non risulta compiuto alcun confronto con le dichiarazioni del teste Daniele Parlascino, non riesaminato in appello, ed abbondantemente citato nella sentenza di proscioglimento emessa in primo grado.
8. Assorbite sono le censure esposte nel quarto e nel sesto motivo del ricorso di “Aerochetto s.r.l.”, le quali contestano ulteriori vizi di motivazione della sentenza pronunciata dalla Corte d’appello.
Invero, l’annullamento della sentenza di appello per difetto della motivazione c.d. “rafforzata”, e la necessità di un nuovo giudizio di merito, rendono superfluo l’esame di queste ulteriori doglianze.
9. Assorbite sono anche le censure enunciate nel terzo motivo del ricorso di Carlo Durante e nel terzo motivo del ricorso di “Aerochetto s.r.l.”, che contestano la configurabilità del reato di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone sia per la violazione del principio di offensività, sia per la non applicabilità dei c.d. “valori limiti differenziali”.
Il Collegio non intende discostarsi dal principio consolidato secondo cui, in tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, l'esercizio di una attività o di un mestiere rumoroso, integra: A) l'illecito amministrativo di cui all'art. 10, comma 2, della legge 26 ottobre 1995, n. 447, qualora si verifichi esclusivamente il mero superamento dei limiti di emissione del rumore fissati dalle disposizioni normative in materia; B) il reato di cui al comma 1 dell'art. 659, cod. pen., qualora il mestiere o l’attività vengano svolti eccedendo dalle normali modalità di esercizio, ponendo così in essere una condotta idonea a turbare la pubblica quiete; C) il reato di cui al comma 2 dell'art. 659 cod. pen., qualora siano violate specifiche disposizioni di legge o prescrizioni della Autorità che regolano l'esercizio del mestiere o della attività, diverse da quelle relativa ai valori limite di emissione sonore stabiliti in applicazione dei criteri di cui alla legge n. 447 del 1995 (cfr., per tutte, Sez. 3, n. 56430 del 18/07/2017, Vazzana, Rv. 273605-01).
Tuttavia, il Collegio, alla luce degli atti legittimamente esaminabili in questa sede, non è in condizione di escludere che l’attività svolta dalla società “Aerochetto s.r.l.”, e dai suoi amministratori, sia stata svolta eccedendo dalle normali modalità di esercizio di essa, ponendo così in essere una condotta idonea a turbare la pubblica quiete. Invero, la sentenza impugnata ha dato atto della produzione di rumore e non ha affermato l’ipotizzabilità del fatto produttivo di responsabilità civile solo perché si era verificato il superamento dei limiti di emissione del rumore fissati dalle disposizioni di cui alla legge 26 ottobre 1995, n. 447.
10. In conclusione, la sentenza impugnata, agli effetti penali, in accoglimento del primo motivo del ricorso di Carlo Durante, deve essere annullata senza rinvio, con conseguente riviviscenza, a tali effetti, della pronuncia assolutoria di primo grado perché il fatto non sussiste.
La medesima sentenza impugnata, poi, agli effetti civili, in accoglimento del secondo motivo del ricorso di Carlo Durante e del quinto motivo del ricorso di “Aerochetto s.r.l.”, deve essere annullata con rinvio al giudice civile competente in grado di appello, a norma di quanto previsto dall’art. 622 cod. proc. pen.
Deve escludersi, ancora, che, in questa sede, possa procedersi all’estensione degli effetti delle impugnazioni proposte dall’imputato Carlo Durante e dalla responsabile civile “Aerochetto s.r.l.” in favore dell’imputato non impugnante Corrado Barberis. Invero, l’art. 610 cod. proc. pen., a differenza di quanto stabiliscono gli artt. 601 e 627 cod. proc. pen., relativi l’uno al giudizio di appello e l’altro al giudizio di rinvio, non prevede l’intervento nel giudizio di legittimità dell’imputato che può giovarsi dell’effetto estensivo dell’impugnazione. E questa disciplina, da un lato, è coerente con la natura del giudizio di legittimità, e, dall’altro, non pregiudica l’interesse dell’imputato possibile beneficiario dell’estensione dell’impugnazione, potendo il medesimo far valere le proprie ragioni a tal proposito mediante l’attivazione di un incidente di esecuzione (cfr., tra le tante, Sez. 6, n. 29408 del 14/06/2018, M., Rv. 273437-01, e Sez. 1, n. 16678 del 01/03/2013, Antonelli, Rv. 255847-01).
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata senza rinvio agli effetti penali nonché agli effetti civili con rinvio al giudice civile competente in grado di appello.
Così deciso in data 21/02/2023