TAR Lombardia (MI), Sez. IV n. 3042, del 14 dicembre 2012
Rifiuti.Ordinanza di sgombero di rifiuti rivolta al proprietario del fondo
E illegittima l'ordinanza di sgombero di rifiuti rivolta al proprietario del fondo, in mancanza di adeguata dimostrazione da parte dell'Amministrazione procedente dell'imputabilità soggettiva della condotta, ancorché fondata su ragionevoli presunzioni o su condivisibili massime d'esperienza, atteso che, ai sensi dell'art. 192, d.lg. 3 aprile 2006 n. 152, la responsabilità solidale del proprietario del fondo, non è di natura oggettiva, ma è ravvisabile soltanto se l'Amministrazione dimostri la sussistenza dell'elemento psicologico di dolo o colpa alla base della condotta omissiva o commissiva. Nel caso di specie i rifiuti non sono peraltro stati rinvenuti sull'area di proprietà della ricorrente, ma come detto, nelle vicinanze di una piazzola ecologica il cui accesso non risultava adeguatamente regolamentato, ciò che induce ad applicare i detti principi di limitazione di responsabilità in termini maggiormente restrittivi. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)
N. 03042/2012 REG.PROV.COLL.
N. 02663/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2663 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Martina Manzoni, rappresentata e difesa dagli avv.ti Annalisa Carù e Carla Caputo, con domicilio eletto presso quest’ultima in Milano, Piazza Cinque Giornate, 5;
contro
Comune di Parabiago, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Pietro Ferrarsi ed Enzo Robaldo, con domicilio eletto presso il primo in Milano, Via Mascagni, 24;
Agenzia Regionale Protezione Ambiente Lombardia (Arpa), non costituita in giudizio.
per l'annullamento
dell'ordinanza n. 3754 in data 20.7.2010, della nota comunale prot. 20100031354 in data 15.9.2010, di conferma dell'ordinanza precedente, e di ogni altro atto ad essi preordinato, consequenziale e comunque connesso, con particolare riferimento alla comunicazione di avvio di procedimento amministrativo prot. 20100018220 in data 17.5.2010, e dei verbali di sopralluogo del 13.5.2010 e del 20.5.2010;
atti impugnati con il ricorso principale, e per l’annullamento
dell' ordinanza sindacale n. 3796 in data 30.11.2010, e di ogni altro atto preordinato e connesso, con particolare riferimento alla comunicazione di avvio procedimento amministrativo prot. 20100035219 in data 13.10.2010, del verbale in data 17.11.2005, del verbale di sopralluogo in data 1.10.2010, e della nota comunale prot. n. 9/2010 in data 2.10.2010.
atti impugnati con i motivi aggiunti.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Parabiago;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 novembre 2012 il dott. Mauro Gatti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I) Nel corso del mese di maggio dell’anno 2010, il Comune di Parabiago ha effettuato taluni sopralluoghi sulla proprietà della ricorrente, che hanno evidenziato uno “scolturamento”, e la realizzazione di rampe di accesso per mezzi meccanici, che sarebbero state utilizzate per il riempimento di talune aree, con “terre e rocce da scavo e rifiuti da demolizione misti a terra”. In considerazione del quantitativo stimato dei detti rifiuti l’Amministrazione ha ritenuto che il loro collocamento nell’area della ricorrente presupponesse “attività necessariamente protratte nel tempo”, e pertanto una responsabilità della stessa, a titolo di colpa o dolo, quantomeno in relazione all’omessa corretta custodia e sorveglianza del proprio terreno.
Conseguentemente, con ordinanza n. 3754 del 20.7.2010, impugnata con il ricorso principale, l’Amministrazione Comunale resistente ha ordinato alla ricorrente, “in qualità di proprietario dell’area”, di smaltire i rifiuti giacenti presso la stessa, come accertati nel sopralluogo del 13.5.2010, ai sensi dell’art. 192 del D.Lgs. n. 152/2006.
La ricorrente respinge gli addebiti del Comune, sostenendo in particolare che il materiale accertato nel detto sopralluogo è stato dalla stessa rinvenuto nell'ambito di alcuni lavori di preparazione del terreno, peraltro acquistato in tempi molto recenti, e provvisoriamente cumulato su tale area.
Può tuttavia prescindersi dallo scrutinio del merito del ricorso principale, dovendosi accogliere l’eccezione sollevata dalla difesa Comunale.
La stessa ricorrente conferma infatti che in data 22.10.2010 gli inerti rinvenuti “sono stati asportati" (v. pag. 10 del ricorso per motivi aggiunti), avendo ottemperato all’ordine impartito nel provvedimento impugnato, provvedendo alla pulizia delle aree, come risulta anche dall’ordinanza di archiviazione del g.i.p. nell’ambito del procedimento penale a suo tempo avviato per i fatti per cui è causa, in cui si da atto “dell’avvenuta asportazione del materiale”.
La ricorrente non contrasta inoltre la detta eccezione, presente in tutti gli scritti difensivi, limitandosi a evidenziare la permanenza di un suo interesse alla decisione del successivo ricorso proposto con motivi aggiunti.
Il ricorso principale deve pertanto essere dichiarato inammissibile per acquiescenza.
II) A seguito di un ulteriore sopralluogo effettuato in data 17.11.2010, il Comune ha accertato che una parte dei rifiuti rinvenuti in precedenza risultava occultata mediante miscelazione con terreno coltivo e interramento, come desumibile dal fatto che “la proprietà non ha prodotto documenti comprovanti l’affidamento ad impianti di trattamento dei rifiuti rinvenuti durante il sopralluogo del 13.5.2010”.
Si osservava inoltre che l’impresa edile Manzoni Pierantonio, padre dell’attuale ricorrente, aveva svolto lavori nell'area, su incarico della stessa, ritenendosi pertanto che avesse posto in essere anche le predette operazioni di interramento.
Conseguentemente, con la successiva ordinanza n. 3796 del 30.11.2010, impugnata con i motivi aggiunti, considerato che dopo la notificazione dell’ordinanza dirigenziale n. 3754 del 20.7.2010 lo stato dei luoghi ha subito ulteriori modificazioni, si è ritenuto necessario integrare i precetti precedentemente imposti, ordinando alla ricorrente di provvedere, ai sensi dell’art. 192 D.Lgs. n. 152/2006, alla rimozione dei rifiuti occultati dallo strato di coltura, con conseguente ripristino anche morfologico dello stato dei luoghi.
Con ordinanza cautelare n. 402/2011, premesso che gli accertamenti per il ripristino dello stato dei luoghi non sono stati effettuati in contraddittorio, risultando pertanto dubbia sia l’esistenza che la qualità dei rifiuti di che trattasi, il Tribunale ha ordinato all’amministrazione la ripetizione degli stessi.
In data 20.7.2012 si è provveduto ad un nuovo sopralluogo, in contraddittorio tra le parti, nel quale si è accertata la presenza di sassi frammisti a mattonelle, piastrelle, materiale plastico, cavi elettrici, ed altri materiali di scarto dell’attività edilizia.
III) Preliminarmente il Collegio deve respingere l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla difesa Comunale, per mancata proposizione della querela di falso nei confronti dei verbali di accertamento. Come correttamente osservato dalla ricorrente, la stessa non contesta infatti le risultanze di fatto contenute nei detti verbali, ciò che avrebbe effettivamente richiesto la proposizione della querela di falso, deducendo invece vizi ulteriori dei provvedimenti che hanno presupposto i detti fatti, ed incentrati sulle conseguenze che l’Amministrazione ha inteso trarre dagli stessi.
IV) Osserva ancora preliminarmente il Collegio come i provvedimenti impugnati con il ricorso principale e con quello per motivi aggiunti, abbiano presupposti differenti, in fatto e in diritto.
L’ordinanza n. 3754/2010 muove dal rinvenimento di rifiuti sulla proprietà della ricorrente, la quale peraltro non è stata ritenuta penalmente responsabile, anche in considerazione dell’avvenuta asportazione del materiale, ciò che, come già esposto, rende altresì inammissibile il ricorso principale.
La successiva ordinanza n. 3796/2010, non menzionata nell’ambito del procedimento penale di cui si è detto, si fonda invece sul presunto interramento dei rifiuti precedentemente presenti sul fondo, a prescindere dalla loro precedente provenienza, ad opera dell’impresa edile di proprietà del padre della ricorrente, e su incarico della stessa.
Alla luce di quanto precede il Collegio deve pertanto prendere atto che esulano dell’oggetto del ricorso per motivi aggiunti tutti gli argomenti difensivi svolti dalla ricorrente finalizzati a contestare la mancanza di responsabilità in ordine all’abbandono dei predetti rifiuti sul proprio fondo, talché la detta ordinanza n. 3796/2010 non contesta alla stessa tali circostanze, quanto invece le modalità seguite dalla ricorrente onde smaltire i predetti rifiuti. Conseguentemente, è errata l'affermazione secondo cui "in questa sede non sono in discussione le modalità di avvenuto smaltimento" (v. pag. 6 memoria finale), essendo invece proprio ciò che il provvedimento impugnato con motivi aggiunti contesta alla ricorrente. Analogamente, il verbale del 13.5.2010 e quello del 17.11.2010 sono preordinati all’accertamento di fatti differenti, e cioè, quanto al primo, alla presenza di rifiuti sull'area, e quanto al secondo, alla loro presenza ne nel sottosuolo.
V) Con il primo motivo la ricorrente sostiene di aver regolarmente conferito i rifiuti rinvenuti, producendo a tal fine tre ricevute, rilasciate alla predetta Ditta edile di proprietà del padre (docc. 28-30).
Osserva sul punto il Collegio che in data 13.10.2010 l’Amministrazione comunale ha inviato alla ricorrente l’avviso di avvio del procedimento, concedendo un termine di dieci giorni per la formulazione di memorie scritte. I visti documenti, che la ricorrente invoca onde contestare il provvedimento impugnato, non risultano tuttavia prodotti nel procedimento, né in adempimento al predetto avviso, né successivamente, nonostante, almeno la prima ricevuta, poteva ben essere comunicata all’Amministrazione, che avrebbe avuto l’obbligo di valutarla (il primo documento è datato 22.10.2010, gli altri due 7.12.2010 e 9.12.2010).
La ricorrente non ha invece fornito all’Amministrazione i documenti dalla stessa richiesti, pretendendo poi di utilizzarli, ex post, onde contestare il provvedimento finale, senza neppure allegare alcuna ragione onde giustificare la loro mancata comunicazione ex ante, ciò che non rende attendibile il presente motivo di ricorso, che deve pertanto essere dichiarato infondato.
La ricorrente ritiene che il detto avviso di avvio del procedimento fosse "esclusivamente finalizzato all'accertamento della responsabilità per l'abbandono di rifiuti lungo la strada vicinale del Firagnone", e pertanto preordinato a contestare un fatto diverso da quello relativo all'occultamento di rifiuti sul mappale di proprietà, da cui l'inidonietà del detto avviso, in quanto relativo ad un differente procedimento. L'argomento non può essere condiviso, come emerge dalla lettura dell'avviso di che trattasi, poiché in tale occasione l'Amministrazione osservava, tra l'altro, come "la disposizione del materiale evidenzia un lavoro di spostamento del medesimo dal campo di vs. proprietà al bordo nord della strada" (v. punto n. 3). La ricorrente è stata pertanto informata della necessità di interloquire con la resistente proprio in ordine alle modalità seguite onde smaltire il materiale precedentemente rinvenuto sul proprio fondo. A fronte della specifica contestazione di aver semplicemente "spostato" i predetti rifiuti, è del tutto evidente che la ricorrente avrebbe potuto, e dovuto, dimostrare che gli stessi non potevano essere stati trasferiti dal proprio mappale alla detta strada, poiché erano in realtà già stati inviati in discarica, con ciò mostrando inequivocabilmente la necessità di non proseguire il procedimento de quo, per mancanza di oggetto. La ricorrente, non ha invece risposto alle richieste del Comune, non potendo così in questa sede sopperire all'ingiustificata tempestiva produzione di documenti, che avrebbero certamente modificato gli esiti del provvedimento finale, invocando un'interpretazione dell'art. 7, l. n. 241 del 1990, che non trova in realtà conforto in giurisprudenza. Tale norma, lungi dall'imporre un adempimento formalistico, è invece finalizzata alla realizzazione del principio sostanziale della partecipazione procedimentale, diretto a consentire al privato di avere conoscenza del provvedimento in itinere e, eventualmente, di interloquire con l'Amministrazione, introducendo nella dinamica procedimentale l'apprezzamento degli interessi di cui è portatrice, per consentirne la comparazione con gli altri interessi coinvolti, pubblici e privati (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II 5.1.2010 n. 41, T.A.R Campania, Napoli Sez. I 1.12.2008 n. 20700).
VI.1) Con il terzo motivo, e con il secondo motivo, sotto un primo profilo, la ricorrente sostiene che “l’ordinanza impugnata è pertanto illegittima nella parte in cui impone la rimozione di terre al fine di ricondurre la quota di campagna ad una misura più bassa che in realtà non era pre-esistente”.
Il motivo è inammissibile in parte qua, non avendo il provvedimento impugnato il contenuto avversato dalla ricorrente. Il dispositivo dell’ordinanza gravata, lungi dall’imporre alla ricorrente, sic et simpliciter, di modificare la quota della propria proprietà, espressamente collega tale necessità alla preventiva “rimozione” dei rifiuti, da cui deriva un “conseguente ripristino anche morfologico dello stato dei luoghi”, in particolare “secondo le quote pre-esistenti”.
VI.2) Nel secondo motivo, sotto altro profilo, si evidenzia che l’area di che trattasi sarebbe interessata dalla pre-esistente presenza di terra e rocce da scavo, ciò che non costituirebbe rifiuto ai sensi dell’art. 186 D.Lgs. n. 152/2006.
Preliminarmente, osserva il Collegio come il provvedimento impugnato, letto congiuntamente alla precedente ordinanza n. 3754/2010, in realtà imputa alla ricorrente di aver occultato “rifiuti da demolizione”, sebbene “misti a terra”, ed in particolare “mattoni, piastrelle e altri inerti da demolizione”, non essendo in contestazione che gli stessi siano ascrivibili alla nozione di rifiuto.
Conseguentemente, a prescindere dalla pre-esistenza di terre e rocce da scavo, ciò che rileva in questa sede è la presenza nel sottosuolo di "rifiuti da demolizione", ed in particolare, se l'interramento degli stessi sia o meno ascrivibile alla responsabilità della ricorrente.
VI.3) Con un ultimo ordine di censure, sempre formulate nell’ambito del secondo motivo, si contesta in fatto l’esistenza di rifiuti occultati nella proprietà della ricorrente, nonché la sommarietà degli accertamenti compiuti, peraltro in assenza di contraddittorio.
Come esposto in precedenza, in data 20.7.2012, si è provveduto ad un nuovo sopralluogo, in contraddittorio tra le parti, mediante l’escavazione di tre trincee della profondità di oltre 1 metro, nelle quali si è accertata la presenza di sassi frammisti a mattonelle, piastrelle, materiale plastico, cavi elettrici, ed altri materiali di scarto dell’attività edilizia, risultando così confermata la presenza nel sottosuolo dell’area di che trattasi di rifiuti provenienti dallo scarto di lavorazioni edilizie, come affermato nel provvedimento impugnato.
Gli accertamenti effettuati nell’ambito del giudizio dimostrano pertanto la correttezza di quelli esperiti in precedenza, da cui deriva anche l’infondatezza della censura incentrata sulla loro inadeguatezza. Né in contrario depone la succinta perizia di parte prodotta dalla ricorrente, la quale, genericamente, ipotizza che la messa in posto dei materiali "non sia avvenuta in tempi recenti", ciò che pare non essere incompatibile con il provvedimento impugnato, tenuto conto che tra i fatti contestati e la verificazione sono trascorsi quasi due anni.
Ulteriormente, la sostanziale affidabilità del contenuto del verbale del 17.11.2010, come confermato dal detto sopralluogo del 20.7.2012, consente di superare anche la censura di mancanza di contraddittorio, tenuto conto che il medesimo è stato invece osservato nell’ambito degli accertamenti effettuati in data 20.7.2012. L'invalidità di un atto per vizi procedurali può infatti essere riconosciuta, solo quando gli adempimenti formali omessi non ammettano equipollenti, per il raggiungimento dello scopo perseguito (C.S. Sez. VI 2.3.2009 n. 1180).
Conclusivamente, a fronte dell’accertamento dell’esistenza di rifiuti sulla proprietà della ricorrente, (sopralluogo del 13.5.2010), di materiale della medesima specie nel sottosuolo di tale fondo (sopralluogo del 17.11.2000, confermato da quello del 20.7.2012), deve ritenersi che legittimamente l’Amministrazione abbia ritenuto sussistente la responsabilità della ricorrente nell’interramento degli stessi, tenuto conto che la stessa, alla data di emanazione del provvedimento impugnato “non ha prodotto documenti comprovanti l’affidamento ad impianti di trattamento”, e che l'impresa edile di proprietà del padre dell’attuale ricorrente, ha svolto lavori su incarico della stessa sul detto fondo, nell’arco temporale rilevante.
VII) Risulta invece fondato l’ultimo motivo di ricorso, volto a censurare l’ordine rivolto alla ricorrente “nella sua qualità di responsabile di abbandono di rifiuti, alla rimozione dei rifiuti inerti abbandonati sulla strada vicinale adiacente al lotto Ovest”, non essendo tale imposizione giustificabile in relazione ai presupposti di fatto descritti nel precedente punto.
La detta porzione di terreno si trova infatti in prossimità di un piazzola ecologica, la cui recinzione risulta in parte rimossa, ciò che, in assenza di elementi più specifici che avrebbero dovuto essere enunciati nel provvedimento impugnato, rende illegittima la presunzione di responsabilità in capo alla ricorrente, in ordine all'abbandono di rifiuti..
La giurisprudenza ritiene infatti illegittima l'ordinanza di sgombero di rifiuti rivolta al proprietario del fondo, in mancanza di adeguata dimostrazione da parte dell'Amministrazione procedente dell'imputabilità soggettiva della condotta, ancorché fondata su ragionevoli presunzioni o su condivisibili massime d'esperienza, atteso che, ai sensi dell'art. 192, d.lg. 3 aprile 2006 n. 152, la responsabilità solidale del proprietario del fondo, non è di natura oggettiva, ma è ravvisabile soltanto se l'Amministrazione dimostri la sussistenza dell'elemento psicologico di dolo o colpa alla base della condotta omissiva o commissiva (T.A.R. Basilicata Sez. I 3.5.2010 n. 223). Nel caso di specie i rifiuti non sono peraltro stati rinvenuti sull'area di proprietà della ricorrente, ma come detto, nelle vicinanze di una piazzola ecologica il cui accesso non risultava adeguatamente regolamentato, ciò che induce ad applicare i detti principi di limitazione di responsabilità in termini maggiormente restrittivi.
Il ricorso per motivi aggiunti va pertanto accolto, limitatamente all’ordine rivolto alla ricorrente di rimuovere i detti rifiuti “abbandonati sulla strada vicinale adiacente al lotto Ovest”, e per il resto respinto.
Sussistono tuttavia giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio, in considerazione del complessivo andamento della controversia, e della soccombenza reciproca.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, dichiara inammissibile il ricorso principale, in parte respinge, ed in parte accoglie, il ricorso proposto con i motivi aggiunti, nei limiti di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 20 novembre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Adriano Leo, Presidente
Mauro Gatti, Primo Referendario, Estensore
Antonio De Vita, Primo Referendario
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/12/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)