TAR Veneto, Sez. III, n. 1007, del 10 luglio 2014
Rifiuti.Illegittimità compatibilità ambientale favorevole per il progetto di “revamping” dell'impianto di ricondizionamento di rifiuti speciali e pericolosi
L’aggiornamento e ammodernamento tecnologico dell'impianto, vale a dire il revamping in senso stretto, non può essere richiamato sic et simpliciter nel caso in cui siano modificati significativamente il numero di rifiuti trattati, le modalità di trattamento e anche capacità produttiva e quantità stoccabili, laddove le stesse risultino significativamente diverse da quelle originariamente autorizzate.(180000t/a di rifiuti trattati (120000) e in deposito (60000), con capacità massima raddoppiata fino a 12000 t., a fronte di 726 t/giorno dell’autorizzato). Si dovrebbe comunque definire il medesimo come comportante una variante sostanziale al progetto originario in quanto tale assoggettabile alla medesima disciplina applicabile ai nuovi impianti ai sensi dell’art. 208, comma 19, del Dlgs. n. 152 del 2006, per il quale le procedure di autorizzazione di nuovi impianti si applicano anche per la realizzazione di varianti sostanziali a seguito delle quali gli impianti non sono più conformi all'autorizzazione rilasciata. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)
N. 01007/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00942/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 942 del 2013, proposto da:
Comune di Venezia, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso per legge dagli avv. Nicoletta Ongaro, Giulio Gidoni, domiciliata in Venezia, S. Marco, 4091;
contro
Regione Veneto, in persona del Presidente della Giunta Regionale pro tempore, rappresentata e difesa per legge dagli avv. Francesco Zanlucchi, Luisa Londei, Ezio Zanon, domiciliata presso la sede dell’Ente in Venezia, Cannaregio, 23;
Provincia di Venezia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Giuseppe Roberto Chiaia, Roberta Brusegan, con domicilio eletto presso la sede dell’Ente in Venezia - S. Marco, 2662;
nei confronti di
Alles - Azienda Lavori Lagunari Escavo Smaltimenti Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Domenico Giuri, Alessandro Veronese, con domicilio eletto presso Domenico Giuri in Venezia-Marghera, via delle Industrie, 19/C P. Lybra;
e con l'intervento di
ad adiuvandum:
Comune di Mira, rappresentato e difeso dall'avv. Gianfranco Perulli, con domicilio eletto presso Gianfranco Perulli in Venezia-Mestre, via Torino, 186;
per l'annullamento
della Deliberazione della Giunta Regionale del Veneto n. 448 del 10.4.2013 "Revamping dell'impianto Alles di ricondizionamento di rifiuti speciali anche pericolosi sito in comune di Venezia", pubblicata sul B.U.R. n. 36 del 23.04.2013
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Veneto e di Provincia di Venezia e di Alles - Azienda Lavori Lagunari Escavo Smaltimenti Spa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 aprile 2014 il dott. Riccardo Savoia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il Comune ricorrente impugna la deliberazione con cui la Giunta regionale ha espresso un giudizio favorevole di compatibilità ambientale per il progetto di “revamping” dell'impianto di ricondizionamento di rifiuti speciali, anche pericolosi, sito nel territorio del Comune stesso, a Malcontenta, e gestito dalla società controinteressata, rilasciando la autorizzazione integrata ambientale ( AIA) ai sensi del decreto legislativo numero 152 del 2006, deducendo col primo motivo l'incompetenza, rientrando il potere autorizzatorio alla realizzazione delle opere edilizie in variante allo strumento urbanistico, stante il fatto che l'approvazione del progetto costituisce variante, nella competenza della provincia di Venezia e non della regione Veneto, con il secondo la violazione dell'articolo 208, comma 20 del decreto legislativo numero 152/2006, in quanto la modificazione del progetto avrebbe carattere e contenuto sostanziale rispetto a quello già autorizzato, con necessità di una nuova autorizzazione integrata, e con derivante attività istruttoria necessariamente più completa e approfondita di quella di cui al progetto presentato e approvato in Regione, risultando assente una valutazione sul rischio di dispersione di rifiuti pericolosi in corso di trasporto, degli incidenti, uno screening sulla movimentazione dei mezzi di trasporto e una verifica della dimensione delle nuove opere edilizie.
Con il terzo motivo viene dedotta violazione delle norme tecniche di attuazione delle varianti di piano regolatore per Porto Marghera e per la Terraferma, posto che il progetto di potenziamento dell'impianto presenta difformità urbanistiche, violando la normativa laddove stabilisce che le destinazioni d'uso possibili concernono gli impianti tecnologici di raccolta e trattamento di rifiuti da parte di enti pubblici, ovvero se relative ai soli rifiuti prodotti dalla propria attività in sito da parte di soggetti privati, mentre dalle relazioni progettuali risulta chiaramente che nell'impianto si tratteranno anche rifiuti di terzi, senza dire che la società controinteressata non è certamente un ente pubblico.
Con il quarto motivo viene dedotta la violazione dell'articolo 16, comma due della legge regionale del Veneto numero 11 del 2010, laddove prevede che nelle more dell'approvazione del piano regionale di gestione dei rifiuti speciali non possono essere rilasciati provvedimenti di approvazione dei progetti di impianti di smaltimento recupero di rifiuti speciali, pericolosi e non pericolosi, nè concesse autorizzazioni all'esercizio di nuovi impianti di smaltimento o recupero dei rifiuti speciali, pericolosi non pericolosi, in assenza di una deliberazione del consiglio provinciale competente per il territorio che accerti l'indispensabilità degli impianti stessi ai fini dello smaltimento e recupero, in ragione dell'osservanza del principio di prossimità tra luogo di produzione e luogo di smaltimento, mentre nel caso di specie la Giunta Regionale avrebbe autorizzato una modificazione sostanziale senza la specificazione della deliberazione del Consiglio Provinciale competente per territorio.
Con il quinto motivo viene dedotta violazione del decreto del Ministero dell'Ambiente del 20 giugno 2008 nonché la violazione dell'articolo 242, comma 13 del decreto legislativo numero 152 del 2006 in materia di bonifica, visto che l'area interessata al progetto risulta soggetta a un procedimento di bonifica dei suoli delle falde attivato nell'ambito del SIN di porto Marghera.
Il ministero ha preso atto nella conferenza dei servizi del 28 luglio 2009 del superamento del limite di concentrazione soglia di contaminazione e conseguentemente ha diffidato l'azienda dal realizzare interventi che interferiscano con le matrici ambientali potenzialmente contaminate fino all'approvazione del progetto di bonifica, e se è vero che c'è espressa attestazione che l'intervento non interferisce con le matrici ambientali, tuttavia il progetto presentato dalla società alla Regione e approvato con la deliberazione impugnata non sarebbe dovuto essere autorizzato, in quanto l'area sarebbe svincolata solo a bonifica avvenuta, condizione che però non si sarebbe avverata prima dell'emissione dell'atto autorizzatorio regionale.
Si è costituita l'amministrazione regionale, controdeducendo puntualmente, nonché la controinteressata, e hanno spiegato atto di intervento ad adiuvandum la provincia di Venezia e il comune di Mira.
All'udienza cautelare la domanda di sospensiva è stata accolta, con ordinanza che è stata annullata dal Consiglio di Stato limitatamente alla necessità di trattazione urgente del merito.
All'odierna udienza, dopo discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.
In via preliminare deve essere respinta la eccezione di carenza di interesse ad agire in capo al Comune, derivando la legittimazione e l’interesse collegato dalla posizione rivestita e respinta in sede di procedimento istruttorio, nell’ambito del quale il Comune di Venezia aveva espresso la propria contrarietà.
Parimenti deve essere ammesso l’intervento del Comune di Mira, non essendo legittimato al ricorso, mentre deve essere accolta l’eccezione nei confronti della Provincia, legittimata all’impugnazione diretta, sicchè l’intervento si traduce in violazione dei termini decadenziali per l’impugnazione.
Ritiene il Collegio che la prima censura, relativa alla incompetenza della Regione in favore dell'amministrazione provinciale debba essere scrutinata solo una volta negativamente valutate le censure di merito.
In effetti, con la declaratoria relativa all’annullamento dell’atto amministrativo per i relativi vizi, contenuto nell'articolo 21 octies della legge numero 241/90, primo comma, si è sostanzialmente innovato il disposto contenuto nella disciplina previgente in relazione al quale il primo vizio in ordine logico dell'atto amministrativo da esaminare era quello di incompetenza, rimettendosi l'affare in caso di accoglimento all'organo competente, censura il cui accoglimento inibiva al giudice la cognizione di merito del giudizio obbligandosi il ricorrente stesso a formulare la doglianza in via gradata nel caso in cui questi volesse che l'indagine del giudice si spingesse alla fase meritale.
Il disposto del citato primo comma recita oggi come sia annullabile il provvedimento amministrativo adottato in violazione di legge, o viziato da eccesso di potere o da incompetenza, e tale dizione può essere spiegata proprio con la riconosciuta valenza residuale del vizio di incompetenza, la cui espunzione era stata anche suggerita, risultando inclusa nella generale categoria della violazione di legge.
Al proposito si ritiene che nessun rilievo ostativo a tale interpretazione rivesta la considerazione che l'articolo 29 del codice del processo amministrativo, con una evidente aporia sistematica, classifichi i vizi legittimanti l'azione di annullamento in ordine del tutto diverso (l'azione di annullamento per violazione di legge, incompetenza ed eccesso di potere, dispone la citata norma).
Dunque le ridette doglianze che affermano l’incompetenza della Regione potranno essere apprezzate nel solo caso in cui siano respinte le censure sostanziali di merito, e ciò nel perseguimento di quella effettività dell'azione giurisdizionale cui le norme recenti sempre più tendono.
La seconda censura nasce da un equivoco, vale a dire dalla supposta negazione da parte dell’ente Regione della natura sostanziale della modifica richiesta.
Invero, come risulta del resto anche dalla memoria di costituzione, sono proprio le modifiche di carattere sostanziale a richiedere l’adozione di una nuova Autorizzazione rispetto a quella originale.
Il riconosciuto carattere sostanziale rileva tuttavia per quanto si dirà in sede di esame del quarto motivo di ricorso.
Con il terzo motivo viene dedotta l’illegittimità del provvedimento impugnato per contrarietà alle previsioni urbanistiche in base alle quali si stabilisce che le destinazioni d'uso possibili sono gli impianti tecnologici di raccolta trattamento di rifiuti ma solamente se esercitati da parte di enti pubblici ovvero se relativi ai soli rifiuti prodotti dalla propria attività in sito da parte di soggetti privati, e ciò sarebbe escluso sia dalla natura privata del proprietario dell'impianto tecnologico sia dal fatto che nell'impianto si tratteranno anche rifiuti provenienti da soggetti terzi.
Va osservata e condivisa la giustificazione contenuta nel provvedimento, secondo il quale ai sensi dell'articolo 208 comma sei del decreto legislativo numero 152/2006 il provvedimento regionale conclusivo del procedimento ha una funzione sostitutiva di tutti gli atti e provvedimenti ordinariamente di competenza delle altre autorità territoriali, ivi compresa un'eventuale variante urbanistica, autorizzandosi dunque la localizzazione dell'impianto anche su area incompatibile, visto che lo strumento urbanistico rimane automaticamente variato in senso conforme alla destinazione dell'impianto autorizzato senza necessità di avviare previamente la procedura di variazione dello strumento urbanistico stesso.
Con il quarto motivo di ricorso viene contestata la violazione della legge regionale numero 11 del 2010 laddove prevede che nelle more dell'approvazione del piano regionale non possono essere rilasciati provvedimenti di approvazione dei progetti nè concesse autorizzazioni all'esercizio di nuovi impianti di smaltimento in assenza di una deliberazione del Consiglio provinciale che accerti l'indispensabilità degli impianti, laddove la Giunta regionale avrebbe autorizzato una modifica sostanziale del progetto originario.
Osserva la difesa regionale come il provvedimento contestato dal Comune riguardi un impianto già esistente e che la deliberazione della Giunta che ha dettato i criteri applicativi della legge - 23 marzo 2010, numero 1210 - ha escluso dall'applicazione dell'articolo 16 le modifiche relative a impianti già esistenti e agli adeguamenti tecnici migliorativi:
A .realizzazione di interventi di ampliamento di impianti esistenti autorizzati allo smaltimento o recupero di rifiuti speciali, pericolosi e non, in termini di potenzialità, superficie e modifiche gestionali;
B. adeguamenti tecnici migliorativi sotto il profilo gestionale (quali ad esempio il cosiddetto revamping).
Il Collegio ritiene invece che la previsione legittimante l'intervento debba essere letta con stretta interpretazione, senza possibilità di considerazioni estensive, autorizzandosi interventi nelle more dell'adozione del piano regionale di gestione dei rifiuti speciali.
E dunque laddove si parla di interventi di ampliamento in termini di potenzialità, superficie o modifiche gestionali non possono essere consentiti interventi di ampliamento che attengano alla integrazione dell'elenco dei codici dei rifiuti attualmente ammessi, per potere far fronte alle mutate richieste di mercato, procedendosi anche all'attuazione delle procedure di recupero dei rifiuti, i quali risultano provenienti anche da aree esterne all'ambito lagunare e al sito di interesse nazionale di porto Marghera ( confronta sub. A descrizione dell'intervento a pagina tre dell’allegato alla delibera giuntale impugnata).
La disposizione legittimante evidentemente consente interventi di ampliamento in termini di potenzialità, relativa alle medesime tipologie di rifiuti già autorizzate, per una superficie più ampia e con modifiche gestionali più moderne (e infatti si parla di miglioramento e ammodernamento degli impianti con l'introduzione di nuove tecnologie al fine di ottimizzare processi), ma non di consentire una significativa modifica del numero di codici autorizzati e di operazioni autorizzate, quali la messa in riserva e il recupero di inerti tramite triturazione o vagliatura.
A tale proposito in sede di discussione la difesa della società controinteressata ha rammentato come molti dei codici collegati a rifiuti siano in realtà accorpabili in altri con una significativa diminuzione del numero di 50 nuovi codici riportati a pagina 49 della delibera impugnata nella tabella sinottica di descrizione delle modifiche fra stato di fatto e stato di progetto; ma ciò non è sufficiente a considerare l’intervento richiesto, per le modalità indicate, come mero adeguamento dell'impianto esistente, traducendosi invece nella realizzazione di un nuovo impianto per legittimare la realizzazione del quale risultava necessaria una esplicita delibera provinciale, la quale non è certamente evincibile – o assorbita- nel parere sfavorevole espresso dal rappresentante della Provincia che avrebbe taciuto rispetto all'accertamento degli indispensabilità degli impianti in ragione dell'osservanza del principio di prossimità, vale a dire proprio su quella valutazione di indispensabilità richiesta dall'articolo 16 della legge regionale del Veneto (confronta pagina 17 della memoria di costituzione dell'amministrazione regionale).
L’aggiornamento e ammodernamento tecnologico dell'impianto, vale a dire il revamping in senso stretto, non può essere richiamato sic et simpliciter nel caso in cui siano modificati significativamente il numero di rifiuti trattati, le modalità di trattamento e anche capacità produttiva e quantità stoccabili, laddove le stesse risultino significativamente diverse da quelle originariamente autorizzate.( 180000t/a di rifiuti trattati ( 120000) e in deposito (60000), con capacità massima raddoppiata fino a 12000 t., a fronte di 726 t/giorno dell’autorizzato)
Pare utile sul punto riportare quanto la sezione ha affermato nella sentenza n. 137 del 5 febbraio 2013: “si dovrebbe comunque definire il medesimo come comportante una variante sostanziale al progetto originario in quanto tale assoggettabile alla medesima disciplina applicabile ai nuovi impianti ai sensi dell’art. 208, comma 19, del Dlgs. n. 152 del 2006, per il quale le procedure di autorizzazione di nuovi impianti si applicano anche per la realizzazione di varianti sostanziali a seguito delle quali gli impianti non sono più conformi all'autorizzazione rilasciata.
Da quanto premesso, discende che il progetto ricade tra quelli assoggettati alla disciplina dell’art. 16 della legge regionale n. 11 del 2010, e che non può quindi essere autorizzato senza una deliberazione del consiglio provinciale competente per territorio che, previo parere dell’Osservatorio rifiuti dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente del Veneto, accerti l’indispensabilità degli impianti stessi ai fini dello smaltimento o recupero, in ragione dell’osservanza del principio di prossimità tra luogo di produzione e luogo di smaltimento.
2.1 La parte controinteressata sul punto eccepisce l’incostituzionalità dell’art. 16 della legge regionale n. 11 del 2010, per aver sospeso sine die l’approvazione di tali tipologie di impianti in attesa dell’approvazione del piano regionale di gestione dei rifiuti speciali, affidando nelle more alla discrezionalità del consiglio provinciale la loro autorizzazione, in violazione dei principi di libertà di iniziativa di cui all’art. 41 della Costituzione e di separazione tra politica ed amministrazione enucleabile dall’art. 97 della Costituzione.
Il Collegio ritiene la questione manifestamente infondata, atteso che la Regione è comunque tenuta a procedere alla suddetta pianificazione, e l’inosservanza del termine ricavabile dalla legge regionale n. 3 del 2000 e dall’art. 2, commi 2 e 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241, per la definizione dei procedimenti di pianificazione, pur non comportando la decadenza dal potere, connota in termini di illegittimità il comportamento della pubblica amministrazione, con conseguente possibilità per i soggetti interessati di ricorrere in giudizio avverso il silenzio-rifiuto ritualmente formatosi (per una fattispecie analoga cfr. Corte costituzionale, 22 giugno 2004, n. 176), e la legge regionale non prevede in realtà una assoluta non autorizzabilità dei progetti di nuovi impianti, ma la subordina ad una valutazione rimessa allo stesso organo competente all’approvazione del piano, proprio al fine di non rendere vano il raggiungimento degli obiettivi da questo previsti, nelle more della sua approvazione.”( così la richiamata decisione)
Il motivo si rivela dunque fondato.
Con il quinto e ultimo motivo viene dedotta la violazione del decreto del Ministero dell'Ambiente 20 giugno 2008 nonché dell'articolo 242 del decreto legislativo numero 152 del 2006 in materia di bonifiche, lamentando il ricorrente il fatto che il progetto autorizzato riguardi un'area contaminata, sottoposta a bonifica ambientale non ancora ultimata.
Assume la difesa dell'amministrazione regionale come in base alla valutazione ambientale non risulta che l'ampliamento dell'impianto comporti alcuna particolare interferenza con le matrici ambientali, ma sul punto il Collegio non può che richiamare quanto già affermato nella propria ordinanza di accoglimento della domanda cautelare laddove, richiamando la diffida del ministero nella conferenza dei servizi del 28 luglio 2009 dal realizzare interventi fino all'approvazione del progetto di bonifica, l'effettivo avvio dei lavori è comunque necessariamente subordinato a un atto di assenso del ministero, autorità competente in quanto l'area è ricompresa nel sito di interesse nazionale di Porto Marghera, sicché non è sufficiente affermare la mancata interferenza con le matrici ambientali in difetto di atto di assenso esplicito da parte del ministero stesso.
Ritiene poi il Collegio significativa la previsione di cui al punto 10 delle prescrizioni A.I.A., laddove si specifica che i rifiuti in ingresso in impianto potranno essere ricevuti esclusivamente accompagnati da specifica omologa del rifiuto, costituita anche da certificazione analitica. Tale omologa dovrà essere riferita a ogni singolo conferimento di rifiuti a eccezione di quelli conferiti direttamente dal produttore originario e provenienti continuativamente dall'attività produttiva ben definita e conosciuta, nel qual caso l’omologa potrà essere effettuata ogni 12 mesi e comunque ogni qualvolta il ciclo produttivo di origine subisca variazioni significative.
L'omologa del rifiuto dovrà essere inoltre effettuata ogni qual volta, a seguito di verifiche all'atto di conferimento in impianto, si manifestino discrepanze o non conformità, di carattere non meramente formale fra quanto oggetto dell'omologazione e l'effettivo contenuto del carico a seguito dei controlli effettuati dalla ditta.
La procedura di omologazione ha lo scopo, come noto, di accertare preventivamente la natura e le caratteristiche del rifiuto, nonché la sua trattabilità negli impianti esistenti.
A questo fine occorre inoltrare la richiesta di omologa (scheda omologa) e un campione significativo del rifiuto accompagnandolo con le notizie riguardanti il ciclo produttivo da cui decade e tutte le altre informazioni utili a una sua caratterizzazione secondo il giudizio del produttore stesso. La procedura si completa, dopo le verifiche di laboratorio, con la dichiarazione di accettabilità all'impianto attraverso l'emissione di un Documento di Omologa.
Anche le dette considerazioni militano per una qualificazione di nuovo impianto piuttosto che di mera operazione ampliativa dell'impianto esistente.
Il ricorso deve dunque essere accolto con annullamento della deliberazione impugnata nei sensi di cui in motivazione, e assorbimento della censura di incompetenza per quanto esposto in esordio.
Deve essere dichiarato inammissibile l’atto di intervento della Provincia di Venezia.
Le spese del giudizio possono essere integralmente compensate fra le parti costituite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, dichiarato inammissibile l’intervento della Provincia di Venezia, lo accoglie e per l’effetto annulla la deliberazione impugnata nei sensi di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 16 aprile 2014 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Di Nunzio, Presidente
Riccardo Savoia, Consigliere, Estensore
Marco Morgantini, Consigliere
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/07/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)