TAR Marche Sez. I n. 91 del 5 febbraio 2018
Rifiuti. Discariche e copertura mediante sostituzione dei materiali naturali con materiali geosintetici
E' vero che il punto 2.4.3. dell’Allegato al D.Lgs. n. 36/2003 non prevede espressamente la sostituibilità dei materiali naturali con materiali sintetici, ma è anche vero che la norma non pone alcun divieto in tale senso. Ma, del resto, l’esigenza a cui sono finalizzate le pertinenti prescrizioni del D.Lgs. n. 36/2003 (le quali sono di per sé abbastanza risalenti nel tempo, come ancor più risalente è la direttiva comunitaria di riferimento) è quella di evitare che dalla discarica fuoriescano emissioni nocive e dunque qualsiasi soluzione tecnica che consenta di raggiungere tale obiettivo non può essere vietata in via di principio (visto anche il notevole progresso tecnico che si è registrato nel settore dei materiali c.d. geosintetici). Naturalmente l’autorità competente deve verificare in sede autorizzatoria l’equivalenza dei materiali ed imporre specifiche prescrizioni inerenti la fase attuativa.
Pubblicato il 05/02/2018
N. 00091/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00437/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
A) sul ricorso numero di registro generale 437 del 2017, proposto da:
Comune Castelbellino, Comune Monte Roberto, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi dagli avvocati Gianfranco Borgani, Aldo Alessandrini, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Franco Boldrini, in Ancona, via Volturno 5;
contro
Provincia di Ancona, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Claudia Domizio, Fabrizio Basso, con domicilio eletto presso l’Ufficio Legale della Provincia, in Ancona, Strada di Passo Varano 19/A;
Provincia di Ancona - Settore IV Area Valutazioni Ambientali, Provincia di Ancona - Settore IV Area Tutela Gestione Rifiuti, non costituiti in giudizio;
Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio delle Marche, in persona dei legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliati presso la sede della stessa, in Ancona, piazza Cavour, 29;
nei confronti di
Comune di Maiolati Spontini, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato M. Cristina Mattiacci, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Alessandra Moneta, in Ancona, viale della Vittoria, 27;
So.Ge.Nu.S. S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato Andrea Calzolaio, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Alessandra Moneta, in Ancona, viale della Vittoria, 27;
Regione Marche, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato Pasquale De Bellis, con domicilio eletto presso il Servizio Legale della Regione, in Ancona, piazza Cavour, 23;
ARPAM, Azienda Sanitaria Unica Regionale Marche, Comune di Castelplanio, Comune di Poggio San Marcello, Regione Marche Servizio Tutela, ARPAM Dipartimento Provinciale Ancona, Azienda Sanitaria Unica Regionale - Dipartimento di Ancona, non costituiti in giudizio;
e con l'intervento di
ad adiuvandum:
ACU Associazione Consumatori Utenti - Onlus, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato Maria Raffaela Mazzi, con domicilio eletto presso la Segreteria TAR Marche, in Ancona, Via della Loggia, 24;
B) sui ricorsi incidentali proposti dal Comune di Maiolati Spontini e da So.Ge.Nu.S. S.p.A., rappresentati e difesi come sopra;
per l'annullamento
previa sospensione
per quanto riguarda il ricorso principale
- della determinazione 7 giugno 2017, n. 641, del Dirigente del Settore IV 4.3. – Area Valutazioni e Autorizzazioni Ambientali 4.3.1. – UO Valutazioni Ambientali Provincia di Ancona avente ad oggetto: “Procedura di valutazione di impatto ambientale ex capo III l.r. 3/2012 e artt. 23 e ss. del d.lgs. n. 152/2006 e ss.mm.ii. - d.p.r. 160/2010 - ampliamento discarica ‘La Cornacchia' 4° stralcio - richiesta di innalzamento temporaneo delle quote di Abbancamento nel rispetto dei profili finali autorizzati. Proponente: Comune di Maiolati Spontini. Giudizio di compatibilità ambientale positivo con prescrizioni”;
- della determinazione 7 giugno 2017, n. 642, del Dirigente del Settore IV 4.3.- Area Valutazioni e Autorizzazioni Ambientali 4.3.1 U.O Area Valutazioni e Autorizzazioni Ambientali Provincia di Ancona avente ad OGGETTO: “Procedura di valutazione di impatto ambientale ex capo III l.r. 3/2012 e artt. 23 e ss. del d.lgs. n. 152/2006 e ss.mm.ii. - d.p.r. 160/2010 - ampliamento discarica ‘La Cornacchia' 4° stralcio – Variante sostanziale IV e V lotto – Modifica del pacchetto di copertura Proponente: Comune di Maiolati Spontini. Giudizio di compatibilità ambientale positivo con prescrizioni”;
- della determinazione 26 giugno 2017, n. 715, del Dirigente del Settore IV 4.2. Area Tutela e valorizzazioni dell'ambiente, rifiuti, suolo 4.2.1. – UO Gestione rifiuti Provincia di Ancona avente ad “OGGETTO: D.lgs. n. 152/2006, art. 29-nonies. Ditta So.Ge.Nu.S. spa - sede legale e sede discarica: Via Cornacchia 12, Maiolati Spontini (AN). Autorizzazione integrata ambientale n. 138/2017/AIA - modifica sostanziale della aia n. 58 del 10/4/2013 - variazione del pacchetto di copertura superficiale finale e innalzamento temporaneo delle quote di abbancamento di progetto della discarica”;
- di ogni altro atto precedente e presupposto, conseguente, e comunque connesso, anche non conosciuto dai Comuni ricorrenti;
per quanto riguarda i ricorsi incidentali:
1) del Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti della Regione Marche, adottato con deliberazione della Assemblea Legislativa della Regione Marche n. 128 del 14 aprile 2015 (in breve PRGR), limitatamente al cap. 12 rubricato “I criteri per la localizzazione degli Impianti di Gestione dei Rifiuti” e specificamente al par. 12.4 rubricato “Ambito di applicazione, definizione di nuovo impianto, di tipologia, di modifica, all'impianto esistente ed esclusioni”;
2) si opus, in parte qua e per quanto di ragione, delle determinazioni della Provincia di Ancona n. 641 del 7.6.2017, n. 642 del 7.6.2017 e n. 715 del 26.6.2017 nonché degli atti presupposti e connessi, ivi inclusi la nota Provincia di Ancona prot. n. 6784 del 24.1.2017, la nota Regione Marche prot. n. 185089 del 6.3.2017, la nota Regione Marche prot. n. 455884 del 18.5.2017, nella parte in cui tra le motivazioni di non applicazione del par. 12 all'impianto di discarica “La Cornacchia”, non includono gli argomenti esposti nei seguenti motivi in diritto;
3) ogni altro atto presupposto, preparatorio, connesso e consequenziale, espressamente menzionato nel presente ricorso o anche non menzionato, atti tutti che s'intendono senz'altro pure impugnati.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Ancona, del Comune di Maiolati Spontini, di So.Ge.Nu.S. S.p.A., della Regione Marche, del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio delle Marche;
Visti i ricorsi incidentali;
Visto l’atto di intervento ad adiuvandum;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 gennaio 2018 il dott. Tommaso Capitanio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. I Comuni ricorrenti impugnano gli atti indicati in epigrafe, con i quali la Provincia di Ancona ha rilasciato i pareri favorevoli di V.I.A. (determinazioni nn. 641 e 642) e l’A.I.A. (determinazione n. 715, recante modifica sostanziale all’A.I.A. rilasciata con determinazione n. 58 del 10 aprile 2013), relativamente all’innalzamento temporaneo delle quote di abbancamento e alla modifica del pacchetto di copertura superficiale finale di una parte della discarica “La Cornacchia” del Comune di Maiolati Spontini (impianto gestito da molti anni dalla ditta So.Ge.Nu.S.).
2. Gli enti ricorrenti, che hanno preso parte ai procedimenti culminati con gli atti summenzionati, sul presupposto che le modifiche approvate dalla Provincia perpetuano nel tempo gli effetti nocivi che la discarica è idonea a produrre per la salute umana e l’ambiente (visto che grazie a tali modifiche la vita operativa della discarica viene perpetuata per altri 15/18 mesi, mentre in base ai precedenti atti autorizzativi rilasciati nel 2005 l’impianto avrebbe dovuto cessare l’attività di abbancamento alla fine del 2017), deducono i seguenti motivi di impugnazione, non senza premettere una sintetica ricostruzione degli antecedenti fattuali:
a) violazione e falsa applicazione della normativa sulla V.I.A. ed in particolare violazione e falsa applicazione dell’art. 5, comma 1, lett c), del D.Lgs. n. 152/2006, per omessa valutazione degli effetti cumulativi. Eccesso di potere per carenza di istruttoria e motivazione (motivo di impugnazione riferito ai pareri di V.I.A. adottati con le determinazioni nn. 641 e 642).
Con questo primo motivo, i ricorrenti deducono che l’avvenuta presentazione di due progetti autonomi e la conseguente celebrazione di due distinti procedimenti hanno impedito la valutazione degli effetti cumulativi che gli interventi in parola sono idonei a cagionare sulle matrici ambientali. Ciò si pone in violazione dello spirito della V.I.A., quale evidenziato dal citato art. 5 del T.U. n. 152/2006;
b) eccesso di potere per carenza dei presupposti di legge e di fatto per l’emanazione dell’A.I.A. e illegittimità consequenziale dell’A.I.A. per vizi dei procedimenti di V.I.A. (motivo di impugnazione riferito al procedimento di A.I.A. e alla determinazione n. 715).
I Comuni ricorrenti evidenziano al riguardo che i vizi dei procedimenti di V.I.A. (o anche di uno solo di essi) determinano in via consequenziale l’illegittimità dell’A.I.A.;
c) violazione e falsa applicazione del paragrafo 12.4. del Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti (PRGR) 2015, approvato con D.A.C.R. n. 128 del 14 aprile 2015. Violazione e falsa applicazione dell’art. 13 della direttiva 1999/31/CE e violazione dell’obbligo di disapplicazione della normativa interna in favore della normativa comunitaria. Difetto di istruttoria e di motivazione. Eccesso e/o sviamento di potere per carenza di istruttoria e motivazione (motivi di impugnazione riferiti a tutti i provvedimenti impugnati).
Con questo gruppo di censure i Comuni ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione del paragrafo 12.4. del PRGR, nella parte in cui lo stesso indica i criteri localizzativi relativi a nuovi impianti e ad ampliamenti “sopra soglia” degli impianti esistenti. In particolare, i ricorrenti contestano le argomentazioni attraverso cui la Provincia, in ciò supportata da pareri favorevoli della Regione, ha ritenuto che gli interventi in parola non diano luogo ad un ampliamento della discarica e ciò in ragione della nozione di “progetto originario” che le predette amministrazioni hanno ritenuto di desumere dal par. 12.4. del PRGR. I ricorrenti, richiamando le vicende relative alla costruzione dei primi lotti della discarica e al successivo ampliamento autorizzato nel 2005, ritengono che la nozione di “progetto originario” debba comprendere anche i lotti attualmente esauriti e ciò quantomeno per il fatto che nel 2005 tali lotti non erano stati ancora formalmente chiusi (la chiusura è stata dichiarata dalla Provincia solo nel 2009). Se così fosse, nessun ulteriore ampliamento potrebbe essere autorizzato, visto che l’ampliamento del 2005 ha completamente esaurito il limite del 30% previsto dal PRGR;
d) violazione e falsa applicazione del principio di precauzione ex art. 3-ter del D.Lgs. n. 152/2006 e art. 191 TFUE. Violazione e falsa applicazione art. 32 Cost. Difetto di istruttoria e di motivazione. Eccesso e/o sviamento di potere per carenza di istruttoria e motivazione (motivi di impugnazione riferiti a tutti i provvedimenti impugnati).
Con questo gruppo di censure i Comuni ricorrenti evidenziano che, non avendo voluto approfondire i profili relativi ai rischi per la salute umana che la presenza della discarica è idonea a produrre (rischi che nel corso del procedimento erano stati segnalati a vario titolo dall’ARPAM, dall’ASUR, dagli stessi Comuni ricorrenti nonché da vari soggetti privati intervenuti), la Provincia ha violato il principio di precauzione;
e) violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 36/2003 e della direttiva 1999/31/CE. Eccesso e sviamento di potere per difetto di istruttoria e motivazione. Istruttoria insufficiente o perplessa (motivi di impugnazione riferiti alle determinazioni nn. 642 e 715).
I Comuni ricorrenti contestano i suddetti provvedimenti nella parte in cui la Provincia ha approvato il progetto di modifica del pacchetto di copertura superficiale, laddove si prevede la sostituzione dei materiali naturali (ghiaia e argilla) indicati dal D.Lgs. n. 36/2003 e dall’A.I.A. del 2013 con materiali geosintetici, dei quali non è stata nemmeno dimostrata l’equivalenza in termini prestazionali;
f) violazione della direttiva 1993/31/CE, del D.Lgs. n. 36/2003, dei DD.MM. 3 agosto 2005 (criteri e procedure di ammissibilità dei rifiuti nelle discariche) e 27 settembre 2010 (principi basilari di ingresso rifiuti in discarica), nonché del “pacchetto economia circolare” approvato dal Parlamento Europeo nella seduta del 14 marzo 2017. Totale carenza di motivazione dell’atto, comunque palese contraddittorietà della motivazione (motivi di impugnazione riferiti a tutti i provvedimenti impugnati).
Con questo articolato gruppo di censure i ricorrenti affrontano vari profili.
Anzitutto, deducono la contraddittorietà dell’operato della Provincia, la quale, a fronte di una situazione fattuale immutata, ha ritenuto di rilasciare atti autorizzativi che consentono di fatto l’ampliamento della discarica quando appena pochi mesi prima la stessa Provincia aveva denegato l’approvazione di altro progetto di ampiamento dell’impianto (determinazione n. 961/2016, impugnata dal Comune di Maiolati Spontini e da So.Ge.Nu.S. con i ricorsi nn. 618/2016 R.G. e 406/2016 R.G., che sono stati respinti da questo TAR con sentenze nn. 63 e 72 del 2017).
In secondo luogo, evidenziano come negli atti impugnati non vi è alcuna traccia della normativa indicata in epigrafe;
g) carenza procedimentale e difetto grave di istruttoria (motivi da intendersi riferiti a tutti i provvedimenti impugnati).
Con queste doglianze i Comuni ricorrenti evidenziano che nella progettazione di una discarica è fondamentale prevedere ab origine quali sono gli assestamenti che nel corso degli anni i rifiuti abbancati subiscono per effetto dei naturali processi di decomposizione e/o dell’azione degli agenti atmosferici. In questo senso già in sede progettuale si deve tenere conto di tali elementi, i quali condizionano anche il piano economico-finanziario (nel senso che il PEF tiene conto dei volumi di rifiuti abbancabili durante la vita tecnica della discarica e degli introiti che derivano da tale abbancamento). L’ampliamento progettato da So.Ge.Nu.S. e dal Comune di Maiolati Spontini obbedirebbe invece solo a logiche speculative,
3. Si sono costituiti in giudizio la Provincia di Ancona, il Comune di Maiolati Spontini, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e il Turismo, la Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio delle Marche, la Regione Marche e So.Ge.Nu.S. S.p.A.
Ha spiegato intervento ad adiuvandum l’Associazione Consumatori Utenti - ACU - Marche Onlus.
Il Comune di Maiolati Spontini e So.Ge.Nu.S. hanno inoltro proposto due pressoché identici ricorsi incidentali, impugnando i pareri favorevoli rilasciati dalla Provincia in sede di V.I.A. e il PRGR 2015, nella parte in cui non sono stati indicati ulteriori profili che rendevano inapplicabili nella specie i criteri escludenti dettati dal PRGR (i quali vengono a loro volta censurati laddove fossero da interpretare nel senso patrocinato nel ricorso principale).
Alla camera di consiglio del 13 settembre 2017 tutte le parti hanno concordato per la celere definizione del giudizio nel merito, di talché è stata fissata per il 10 gennaio 2018 l’udienza pubblica di trattazione.
DIRITTO
4. Il ricorso principale va respinto, dal che discende l’inammissibilità dei ricorsi incidentali per difetto di interesse.
5. Il primo motivo del ricorso principale va respinto, in quanto, come emerge dalla piana lettura degli atti del procedimento, sia il proponente che le amministrazioni interessate, pur avendo svolto due diversi procedimenti di V.I.A., hanno valutato congiuntamente gli effetti che gli interventi in parola sono idonei ad arrecare, nel loro complesso, alle matrici sensibili. Si vedano, in particolare:
- lo Studio di Impatto Ambientale (S.I.A.) presentato dal proponente, dal quale emerge chiaramente che gli impatti sono stati valutati congiuntamente (vedasi i documenti depositati dal Comune di Maiolati Spontini in data 8 settembre 2017);
- le note della Provincia prot. n. 8528/2017 e 8532/2017, con cui sono state chieste integrazioni progettuali tese a verificare proprio l’impatto cumulativo;
- i paragrafi 5 (“Conclusioni”) delle impugnate determinazioni nn. 641 e 642 del 2017.
Anche se non è oggetto specifico del primo motivo di ricorso, il Collegio osserva inoltre che i procedimenti culminati nell’adozione degli atti impugnati sono stati molto articolati (come del resto risulta dalla minuziosa ricostruzione operata dai Comuni ricorrenti) e si sono caratterizzati, ai fini che qui interessano, per la costante interlocuzione fra la Provincia, le altre amministrazioni pubbliche interessate e i soggetti privati che a vario titolo sono intervenuti. In particolare, la Provincia ha preso in esame tutte le osservazioni presentate e le ha sottoposte all’attenzione degli enti coinvolti (soprattutto ARPAM e ASUR) e al soggetto proponente, il quale ha replicato nel merito alle varie osservazioni.
Sotto questo profilo, dunque, non può ravvisarsi alcune violazioni delle norme e dei principi che caratterizzano il giusto procedimento.
6. Il secondo motivo non è in realtà una vera e propria censura, visto che spetta al giudice stabilire quali sono gli effetti che l’annullamento del parere favorevole di V.I.A. esplica sugli atti conseguenti. In ogni caso:
- il rigetto delle censure avverso i pareri di V.I.A. elide la rilevanza del motivo;
- come correttamente eccepito dal Comune proponente e da So.Ge.Nu.S., nel caso di specie sarebbe stato ben possibile per il Tribunale annullare uno solo dei pareri di V.I.A. (visto che i due interventi sono autonomi dal punto di vista tecnico, così come sono specifiche alcune delle doglianze inerenti la modifica delle tecniche di capping), il che avrebbe implicato un annullamento solo parziale dell’A.I.A.
7. Il terzo motivo costituisce invece il vero fulcro della controversia. Al riguardo, l’odierno Collegio è chiamato ad una sorta di interpretazione autentica delle sentenze di questo Tribunale nn. 62 e 73 del 2017, aventi ad oggetto i ricorsi proposti dal Comune di Maiolati Spontini e da So.Ge.Nu.S. avverso la determinazione provinciale n. 961/2016, recante il parere negativo di V.I.A. sul progetto di ampliamento della discarica “La Cornacchia”.
7.1. Al riguardo va anzitutto disattesa la doglianza con cui si evidenzia la contraddittorietà dell’operato della Provincia, la quale, a distanza di circa un anno, avrebbe mutato orientamento in merito alla medesima questione (ossia l’ampliamento dell’impianto per cui è causa). In realtà, il fatto che la Provincia, a fronte di due interventi sostanzialmente diversi, abbia espresso pareri di segno opposto è al contrario indice di un’accurata istruttoria, che nell’un caso ha portato al rilascio di un parere sfavorevole per il proponente (ma si trattava dell’ampliamento della capacità ricettiva della discarica di circa 950.000 mc e del conseguente prolungamento della vita tecnica dell’impianto di ulteriori 11 anni) e nell’altro al rilascio di pareri favorevoli di V.I.A. e dell’A.I.A. (con riguardo, invece, a modifiche certamente rilevanti dal punto di vista ambientale ma neutre rispetto alla pianificazione di settore).
Va infatti osservato che il precedente progetto, come statuito dal Tribunale nelle citate sentenze del 2017, si poneva in contrasto con i criteri localizzativi stabiliti dal PRGR 2015, mentre, a giudizio della Provincia, dal punto di vista dell’impatto ambientale non sussistevano tutte le problematiche denunciate nel corso del procedimento dai Comuni limitrofi e da cittadini ed associazioni locali.
Al contrario, i progetti in questione – come si dirà infra – sono compatibili con il PRGR, mentre dal punto di vista dell’impatto ambientale sono stati giudicati favorevolmente.
7.2. Passando dunque a trattare della questione di diritto oggetto del terzo motivo, il Collegio osserva quanto segue.
7.2.1. Anzitutto va sgombrato il campo da un equivoco, in cui indulgono i ricorrenti. Che nella specie vengano in rilievo interventi di modifica sostanziale dell’impianto, ai sensi e per gli effetti del D.Lgs. n. 152/2006, della L.R. n. 3/2012 e della D.G.R. n. 1600/2004 è pacifico, tanto è vero che i progetti sono stati sottoposti a V.I.A. e sono stati autorizzati con A.I.A. Il problema consiste dunque nello stabilire su quale dato di partenza va calcolato l’incremento del 30% di cui parla il paragrafo 12.4. del PRGR.
Altra questione irrilevante, come risulterà dall’esposizione che segue, è la qualificazione dell’intervento approvato nel 2005, se cioè lo stesso sia da qualificare come “ampliamento” o come “nuova discarica”.
7.2.2. Nella vicenda decisa con le sentenze nn. 63 e 72 del 2017 non era in discussione la natura dell’intervento progettato dal Comune di Maiolati Spontini (pacificamente definito come “ampliamento” del IV stralcio della discarica - vedasi anche il paragrafo 6.3.2. della sentenza n. 63/2017), mentre erano controversi l’applicabilità del nuovo criterio localizzativo fissato con la D.A.C.R. n. 66/2013 (che aveva modificato in parte qua il PRGR 1999 aumentando a 2.000 metri la distanza minima dai centri abitati, in precedenza fissata in 500 metri), sia per questioni legate alla successione nel tempo degli atti pianificatori regionali, sia per ciò che concerne il superamento della soglia del 30% di cui al pag. 12.4. del PRGR.
In particolare, nel ricorso n. 406/2016 R.G. So.Ge.Nu.S. aveva sostenuto:
- in prima battuta, l’inapplicabilità, ratione temporis, della D.A.C.R. n. 66/2013;
- in seconda battuta, che l’ampliamento progettato era da ritenere “sotto soglia”, dovendosi computare anche le parti della discarica già esaurite e attualmente interessate dalla gestione post portem.
Il Tribunale ha disatteso entrambi gli argomenti, statuendo che:
- la D.A.C.R. n. 66/2013 si applicava al procedimento, sia in ragione della data di presentazione dell’istanza di modifica dell’A.I.A., sia per il fatto che, a differenza di quanto opinavano il Comune di Maiolati Spontini e So.Ge.Nu.S., la deliberazione regionale era auto-esecutiva e non richiedeva alcun recepimento da parte dei Piani Provinciali;
- con riguardo alle modalità di calcolo dell’incidenza percentuale dell’ampliamento, che “….In ogni caso va osservato che la soglia-limite andrebbe comunque calcolata considerando solo la parte di discarica ancora esistente (cioè ricettiva), e ciò si desume dalla norma cui al citato punto 12.4 (pag. 346) in cui si parla di aumento volumetrico “superiore al 30% di quelle che caratterizzano l’opera esistente”. Quest’ultimo concetto (“opera esistente”), pare infatti diverso dal concetto di “opera autorizzata”, che invece includerebbe anche le parti ormai esaurite della discarica. Al fine di evitare abusi ed applicazioni strumentali del criterio, la stessa norma specifica inoltre che “Per ampliamento o modifica si considera anche il cumulo di interventi parziali effettuati in fasi successive nel progetto originario”…” (paragrafo 6.5.2. della citata sentenza n. 63/2017). Va rilevato al riguardo che con il progetto poi bocciato dalla Provincia la capacità abbancativa della discarica era incrementata di 950.000 mc (a fronte di una potenzialità delle vasche autorizzate nel 2005 pari a 1.957.000 mc circa) e che l’ampliamento si sviluppava in direzione dei centri abitati più vicini.
7.2.3. Nel presente giudizio l’odierno Collegio non può approdare ad una diversa conclusione, se non contraddicendo frontalmente ed immotivatamente quanto statuito nelle sentenze nn. 63 e 72 del 2017.
Peraltro, in questa sede il Tribunale deve farsi carico di esaminare argomenti ulteriori, derivanti sia dalle censure svolte nel ricorso principale, sia dal fatto che l’amministrazione a cui compete la redazione e l’approvazione del PRGR ha fornito la propria interpretazione autentica delle prescrizioni qui contestate (con ciò arricchendo ovviamente il materiale a disposizione del Tribunale), sia dagli ulteriori argomenti di riflessione introdotti con i ricorsi incidentali.
7.2.4. Va pure evidenziata la non applicabilità al caso di specie delle conclusioni a cui il Consiglio di Stato è pervenuto nella richiamata sentenza n. 572/2007 (recante la riforma di una decisione del TAR Veneto), visto che in quel caso il giudice di appello si è limitato ad osservare che la normativa regionale di riferimento contemplava la distinzione fra “discarica esistente” e “discarica non più in attività” e che il giudice di primo grado, pur dichiarando di volersi rifare a tale distinzione, l’aveva poi in sostanza bypassata, assimilando impropriamente le due fattispecie.
Nella specie non esiste alcun problema di questo genere, come si dirà nel successivo paragrafo.
Né può rilevarsi contrasto con specifiche norme comunitarie, perché le disposizioni richiamate in ricorso riguardano il diverso problema delle responsabilità che incombono sul gestore di una discarica anche in relazione alla fase di gestione post mortem. Nessuno nega che il gestore sia responsabile anche con riguardo a tale fase post gestionale, ma il diritto comunitario non vieta certo ampliamenti delle discariche già esistenti. Spetta agli enti competenti pianificare la costruzione di nuovi impianti e/o l’ampliamento delle discariche preesistenti e, in questo senso, la Regione Marche ha ritenuto di dettare le disposizioni oggetto del presente giudizio, le quali non escludono certo l’applicazione delle norme in materia di V.I.A. o di altre disposizioni finalizzate alla tutela della salute umana e dell’ambiente.
7.2.5. Venendo dunque in medias res, si deve osservare anzitutto che né il PRGR 1999 né la D.A.C.R. n. 66/2013 contengono disposizioni in merito ai parametri quantitativi in base ai quali va verificata l’applicabilità dei criteri localizzativi in presenza di ampliamenti delle discariche già esistenti. Solo con il PRGR 2015 sono stati introdotti per la prima volta i criteri in discussione, per cui si deve gioco forza ritenere che il pianificatore regionale non poteva che avere presente la situazione impiantistica in essere al momento dell’approvazione del Piano.
Non avrebbe infatti senso consentire ampliamenti “sotto soglia” in deroga ai nuovi criteri localizzativi (ed in specie a quello della distanza minima dai centri abitati) che, alla prova dei fatti, si rivelino inattuabili in ragione della storia dei singoli impianti.
A parte il fatto che una questione così rilevante avrebbe imposto una prescrizione chiara ed inequivoca (la quale, in pratica, stabilisse che la soglia del 30% si calcola prendendo a riferimento tutte le parti dell’impianto, ivi incluse quelle definitivamente dismesse, ed a prescindere dalla data in cui le singole vasche sono state realizzate o chiuse per avvenuto esaurimento della capacità abbancativa), l’interpretazione del par. 12.4. a cui sono pervenute la Provincia e la Regione appare quella più coerente con i principi informatori del PRGR (ed in particolare con la volontà del pianificatore di evitare il più possibile l’ulteriore consumo del suolo).
Né può sostenersi che in questo modo si consentirebbero ulteriori illimitati ampliamenti delle discariche, perché è ovvio che il dato di partenza su cui calcolare l’incremento del 30% è la capacità abbancativa autorizzata in forza di provvedimenti in essere al momento dell’approvazione del PRGR 2015.
In sostanza, la volumetria autorizzata per la singola discarica al momento dell’entrata in vigore del PRGR 2015 costituisce il limite invalicabile su cui calcolare i futuri incrementi “sotto soglia”, per cui i vari ampliamenti che dovessero essere autorizzati nella vigenza del PRGR non possono superare, sommati fra loro, il 30% della superficie e/o della volumetria in attività al momento dell’entrata in vigore del Piano.
Questo, però, non implica che le autorità competenti debbano necessariamente autorizzare ulteriori futuri progetti di ampliamento “sotto soglia”, dovendo questi essere sottoposti a V.I.A./A.I.A.
7.2.6. In ogni caso, e con specifico riguardo alla vicenda per cui è causa, occorre inoltre considerare che:
- per sua stessa natura, il criterio localizzativo di cui al par. 12.4. del PRGR finalizzato alla tutela dei centri abitati si applica solo in presenza di interventi che comportino modifiche della superficie e/o della volumetria e/o della tipologia di una discarica;
- il criterio escludente non trova invece applicazione in presenza di modifiche gestionali che si sviluppino all’interno della superficie e della volumetria autorizzate (le quali modifiche vanno dunque valutate solo in relazione all’impatto ambientale, come è avvenuto nella specie). A quest’ultimo proposito, va infine osservato che la volumetria a suo tempo autorizzata dalla Provincia rimane immutata, in quanto l’innalzamento temporaneo della quota di abbancamento è destinato a rientrare all’interno del range a suo tempo autorizzato per effetto dei cedimenti naturali del banco. Si modifica invece il quantitativo di rifiuti che verrà conferito, ma questo è un elemento estraneo ai criteri localizzativi di cui al par. 12.4. del PRGR (che menziona solo ampliamenti della superficie e della volumetria autorizzate).
7.2.7. La questione della qualificazione dell’intervento autorizzato nel 2005 diviene quindi irrilevante, atteso che:
- non sono applicabili i criteri dettati dalla D.G.R. n. 1600/2004, in quanto gli stessi rilevano solo ai fini dell’assoggettamento a V.I.A. del progetto (e l’intervento, al pari di quelli odierni, è stato sottoposto a V.I.A.);
- l’intervento del 2005 costituiva un ampliamento sia in senso fisico (perché incrementava la capacità abbancativa di un impianto già esistente) sia in base alle norme del Piano Provinciale dei Rifiuti vigente all’epoca (che per il sito di Maiolati Spontini prevedeva solo ampliamenti e non nuovi impianti);
- tale ampliamento, però, ai fini dell’applicazione dei criteri localizzativi dettati dal PRGR 2015 è autonomo rispetto alle parti della discarica autorizzate negli anni precedenti e non più operative alla data di entrata in vigore del Piano Regionale attualmente vigente.
8. Anche il motivo sub d) va respinto.
8.1. Come è abbastanza agevole osservare, il principio di precauzione non costituisce di per sé un parametro di legittimità dei provvedimenti in materia di V.A.S./V.I.A./A.I.A., trattandosi di un concetto giuridico indeterminato che non può essere ovviamente applicato nel senso patrocinato in ricorso, pena il sostanziale blocco di qualsiasi attività umana potenzialmente idonea ad incidere sulla salute umana.
Il principio de quo diviene invece un utile parametro di valutazione laddove esistano documentati rischi per la salute umana derivanti da attività in grado di produrre emissioni nocive per le matrici ambientali sensibili o direttamente per l’uomo (e in questo senso è da leggere la richiamata sentenza del Consiglio di Stato n. 163/2015, le cui conclusioni non possono essere estese a vicende diverse da quella che era alla base di quel contenzioso, essendo diverso il contesto ambientale di riferimento e trattandosi in quel caso di intervento che apportava modifiche sostanziali ad un impianto preesistente – vedasi il paragrafo 1.2. della sentenza. Inoltre, come risulta dal successivo par. 8.2. in quel caso erano stati accertati superamenti dei valori di legge con riguardo ad alcune sostanze inquinanti, per cui l’assunto del soggetto proponente, incautamente condiviso dalle amministrazioni competenti, secondo cui dalla realizzazione dell’impianto non sarebbe derivato alcun peggioramento del bilancio ambientale, è stato ritenuto dal Consiglio di Stato privo di fondamento scientifico).
Dal punto di vista più strettamente processuale va poi osservato che le valutazioni in parola sono riservate all’amministrazione competente, mentre al giudice spetta il compito di verificare se tali valutazioni sono congruamente motivate, alla luce dei presupposti di fatto emersi in sede di istruttoria e delle censure svolte in ricorso.
8.2. Applicando tali coordinate ermeneutiche al caso di specie, il Collegio evidenzia che:
- la discarica di Maiolati Spontini esiste da molti anni, per cui sono disponibili dati statistici significativi;
- gli interventi in parola non sono idonei, già dal punto di vista meramente quantitativo, a peggiorare il bilancio ambientale. La situazione non è pertanto paragonabile nemmeno lontanamente a quella del noto sito di Malagrotta (che serve il territorio della Capitale), al quale si riferiscono gli studi epidemiologici citati in ricorso;
- il fatto che i Comuni limitrofi abbiano richiesto approfondimenti circa le relazioni potenzialmente intercorrenti fra l’esposizione alle emissioni provenienti dalla discarica e l’insorgenza di determinate gravi malattie non significa che sono automaticamente illegittimi i provvedimenti che autorizzino ampliamenti o varianti gestionali dell’impianto. Fra l’altro, se anche i provvedimenti impugnati fossero annullati, non per questo la situazione ambientale migliorerebbe, visto che le emissioni sono prodotte dai rifiuti attualmente stoccati nelle vasche ancora in esercizio e da quelli ancora abbancabili in base ai pregressi atti autorizzativi;
- in ogni caso, è decisivo il fatto che gli enti competenti in materia (ARPAM e ASUR) hanno espresso pareri favorevoli alla realizzazione degli interventi in parola. In particolare, nella nota del 22 marzo 2017 l’ARPAM, commentando lo studio epidemiologico relativo alle discariche romane, ha evidenziato che allo stato attuale non vi sono evidenze scientifiche consolidate circa il rapporto fra l’insorgenza di determinate gravi malattie e la presenza di impianti di discarica e che la sostanza utilizzata nello studio come indicatore di diffusione di eventuali contaminanti atmosferici non è di per sé pericolosa nelle concentrazioni rilevate nei siti laziali.
9. Il motivo sub e), riferito solo alla modifica del capping, è anch’esso infondato.
Al riguardo, si osserva quanto segue:
- anche in questo caso l’ARPAM ha rilasciato pareri favorevoli (note del 7 giugno 2016, del 20 dicembre 2016 e del 22 marzo 2017);
- è vero che il punto 2.4.3. dell’Allegato al D.Lgs. n. 36/2003 non prevede espressamente la sostituibilità dei materiali naturali con materiali sintetici, ma è anche vero che la norma non pone alcun divieto in tale senso. Ma, del resto, l’esigenza a cui sono finalizzate le pertinenti prescrizioni del D.Lgs. n. 36/2003 (le quali sono di per sé abbastanza risalenti nel tempo, come ancor più risalente è la direttiva comunitaria di riferimento) è quella di evitare che dalla discarica fuoriescano emissioni nocive e dunque qualsiasi soluzione tecnica che consenta di raggiungere tale obiettivo non può essere vietata in via di principio (visto anche il notevole progresso tecnico che si è registrato nel settore dei materiali c.d. geosintetici). Naturalmente l’autorità competente deve verificare in sede autorizzatoria l’equivalenza dei materiali ed imporre specifiche prescrizioni inerenti la fase attuativa.
Nella specie, come risulta dal dispositivo della determinazione n. 715/2017 (che rimanda al Rapporto Istruttorio Integrato allegato al provvedimento), la Provincia ha imposto al proponente che:
“… f) i geosintetici da utilizzare per la realizzazione del capping dovranno avere le opportune certificazioni, ottenute mediante specifiche prove di laboratorio, attestanti caratteristiche di perfomance analoghe o superiori a quelle riportate nella relazione tecnica;
g) la verifica dei materiali deve essere eseguita nelle condizioni cautelativamente più sfavorevoli assumendo il valore del coefficiente di sicurezza inferiore, che dovrà comunque essere superiore a 2, tra quelli che si ottengono applicando le due differenti equazioni riportate nella relazione tecnica….” (pag. 37 del R.I.A.);
- con specifico riguardo ai profili da valutare in sede di V.I.A., il proponente ha dimostrato che l’utilizzo di materiali geosintetici migliora il bilancio ambientale complessivo, visto che si evita l’escavazione e il trasporto di notevoli quantitativi di ghiaia e di argilla.
10. Il motivo sub f) è infondato in quanto muove da un presupposto giuridico errato.
In effetti, le misure necessarie per conseguire gli obiettivi della riduzione dei quantitativi di rifiuti da portare in discarica e dell’incremento del riuso, del riciclo, etc. sono di pertinenza degli atti pianificatori (e prima ancora di quelli legislativi o regolamentari), mentre in sede autorizzativa le autorità competenti debbono solo verificare se i singoli progetti sono conformi alla legge e agli atti pianificatori. Fra l’altro, il gestore della singola discarica è autorizzato (ma nello stesso tempo obbligato) a ricevere solo i rifiuti contraddistinti dai codici CER indicati negli atti autorizzativi. Inoltre, con l’A.I.A. è stata imposta al gestore l’effettuazione di una serie di verifiche merceologiche e analitiche sui rifiuti in ingresso, compiutamente descritte nel R.I.A. (paragrafo PRO 11 – Sistema di gestione ambientale).
11. Il motivo sub g), infine, è inammissibile in quanto formulato in termini ipotetici e apodittici.
In effetti, come correttamente eccepito dalla Provincia (e come del resto risulta dal punto VII del dispositivo della determinazione n. 715/2017), l’efficacia dell’A.I.A. è subordinata all’integrazione da parte del proponente, entro 60 giorni, delle garanzie finanziarie di cui all’art. 14 del D.Lgs. n. 36/2003. Dall’art. 14 (e anche dal successivo art. 17) si desume il principio generale per cui è sempre possibile modificare le condizioni dell’A.I.A., purché a ciò faccia seguito l’adeguamento del Piano economico di gestione dell’impianto e, di conseguenza, anche delle garanzie finanziarie di cui all’art. 14 del D.Lgs. n. 36/2003.
Pertanto è del tutto neutra, sotto questo profilo, l’affermazione dei Comuni ricorrenti secondo cui il P.E.F. presentato dal gestore in sede di rilascio dell’originaria A.I.A. costituisce un elemento che condiziona il piano di gestione industriale dell’impianto. Questa equazione è certamente vera, ma da essa non si può trarre il corollario per cui sarebbe preclusa qualsiasi modifica dell’A.I.A. (e ciò per il fatto che, come i ricorrenti affermano a pag. 44 dell’atto introduttivo, nella specie vi sarebbe “…L’assenza di un quadro economico finanziario che attesti come gli introiti della discarica siano proporzionati alle previsioni progettuali delle quantità abbancate. Se tale quadro economico è rispondente alle ipotesi progettuali originarie, ciò confermerebbe che è stata raggiunta e quindi esaurita la fase gestionale….”).
E’ vero che al momento della presentazione del progetto iniziale il proponente opera una stima dei quantitativi di rifiuti abbancabili e, in base a tale stima, elabora il piano economico-finanziario, ma ciò non vuol dire che tali dati siano immodificabili, l’unico limite essendo la fattibilità tecnica dell’intervento di modifica proposto.
I ricorrenti contestano i provvedimenti impugnati anche sotto questo profilo (chiedendo che il Tribunale disponga una c.t.u. sul punto), ma senza allegare alcun dato di natura tecnica idoneo a mettere in discussione la relazione tecnica predisposta dai progettisti comunali (allegato n. 15 al ricorso principale) e le verifiche che su tale relazione hanno svolto i competenti uffici provinciali.
In questo senso va respinta l’istanza di c.t.u., visto che la stessa avrebbe natura meramente esplorativa.
Dalla relazione tecnica dei progettisti emerge che:
- anzitutto, le stime operate prevedono cedimenti del banco anche maggiori di 1 metro, per cui l’innalzamento temporaneo proposto si colloca ad una quota prudenziale e assolutamente verosimile;
- nei paragrafi 5. e seguenti sono indicate le metodologie seguite per verificare la correttezza delle stime operate (ricerche bibliografiche, calcolo dei cedimenti mediante l’utilizzo di formule consolidate, osservazione dei cedimenti verificatisi nelle vasche dell’impianto che si trovano già nella fase di gestione post mortem);
- nel paragrafo 6. sono esposti risultati delle verifiche di stabilità, a premessa dei quali i progettisti evidenziano che le stesse sono state effettuate ipotizzando la realizzazione del pacchetto di copertura inizialmente autorizzato (avente lo spessore di 2,5 m e dunque molto più pesante di quello oggetto della variante di cui al parere di V.I.A. n. 642/2017).
Parte ricorrente, come detto, non confuta nel merito i calcoli dei progettisti, limitandosi ad evidenziare che il modello teorico di Sowers all’uopo utilizzato è stato concepito e viene comunemente utilizzato per gli interventi inerenti la fase della gestione post mortem. A questo riguardo, si osserva però che, dal punto di vista fisico, non vi è differenza fra le due situazioni, visto che le verifiche di stabilità delle discariche hanno sempre la medesima finalità, sia che esse vengano svolte durante la fase di gestione operativa, sia che esse vengano svolte dopo la chiusura delle vasche. Potrebbe benissimo accadere, infatti, che all’esito di tali verifiche l’autorità competente vieti l’ulteriore abbancamento di rifiuti anche se non si è raggiunto il quantitativo a suo tempo autorizzato (e ciò in ragione del pericolo di cedimenti dovuti ad assestamenti anomali del banco che abbiano reso non più attuali i calcoli progettuali iniziali).
Dal punto di vista giuridico, invece, si rimanda alle considerazioni esposte al precedente paragrafo 7.2.6., evidenziando che non esiste alcun divieto normativo di autorizzare l’incremento del quantitativo di rifiuti abbancabili in una discarica (sempre che ciò sia conforme agli atti pianificatori e che venga espresso il parere favorevole per ciò che riguarda l’impatto ambientale, presupposti che nella specie sussistono entrambi).
12. Da ultimo, il Collegio ritiene di non poter trarre alcuno spunto di segno diverso dalla documentazione versata in atti dai Comuni ricorrenti in data 29 novembre 2017, in quanto il progetto elaborato da So.Ge.Nu.S. in merito alla riprofilatura del I° stralcio della discarica dovrà essere esaminato nel merito dalle autorità competenti e valutato in base alle norme di legge e pianificatorie applicabili ratione temporis.
Naturalmente da tale documentazione non può desumersi alcuno sviamento di potere in cui sarebbe incorsa la Provincia in sede di adozione degli atti impugnati, e ciò per la semplice ragione che il citato studio di fattibilità risulta elaborato nel mese di luglio 2017, mentre gli atti impugnati sono stati adottati nel precedente mese di giugno 2017 (né risulta che la Provincia fosse a conoscenza di tale progetto).
13. In conclusione, il ricorso principale va respinto, mentre i ricorsi incidentali vanno dichiarati inammissibili per difetto di interesse.
La complessità delle questioni trattate giustifica la compensazione integrale delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Prima), definitivamente pronunciando:
- respinge il ricorso principale e dichiara inammissibili i ricorsi incidentali;
- compensa le spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Ancona nella camera di consiglio del giorno 10 gennaio 2018 con l'intervento dei magistrati:
Gianluca Morri, Presidente FF
Tommaso Capitanio, Consigliere, Estensore
Giovanni Ruiu, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Tommaso Capitanio Gianluca Morri